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La
sfida della democrazia
e le risposte della fede
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La Settimana Sociale diocesana
del febbraio scorso ha fornito importanti stimoli di riflessione e di impegno
per le nostre comunità cristiane. È di notevole interesse la relazione della
terza serata, tenuta dall’arcivescovo emerito di Pisa Alessandro Plotti, già
vice presidente della Conferenza Episcopale Italiana, sulle problematiche della democrazia
e le risposte della fede.
Riferendosi ai documenti del
Concilio Dignitatis Humanae, n.6
e Gaudium et Spes, nn. 73-74,
l’arcivescovo richiama la priorità e la centralità della persona umana nella
sua dimensione individuale e comunitaria. Esercitare la democrazia significa
indirizzare le energie della società civile perché tutte le diversità abbiano
uguale dignità e autorevolezza. C’è una democrazia sociale, prima che
politica, che esige come condizione la cittadinanza e la partecipazione di tutti
alla vita civile.
Oggi il bene
comune è compromesso dalla intolleranza, dalla ricerca del potere e dalla
incompetenza.
Quale forza morale può
capovolgere questa situazione? Che cosa può fare la Chiesa in questo contesto?
La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire, ma promuove e difende valori
ritenuti irrinunciabili, quali i diritti essenziali della persona, della
famiglia, della libertà anche religiosa.
Ma nell’agire politico
questi valori diventano negoziabili, perché devono passare al vaglio del
pluralismo. I cristiani sono chiamati a vivere la radicalità dell’etica
evangelica, ma devono esprimere tolleranza e accoglienza verso chi è di diversa
opinione.
Nello Stato laico
occorre convivere con chi non accetta l’etica cattolica. La Chiesa non può
arroccarsi in posizioni conflittuali condannando soltanto. Ma, fedele alle verità
rivelate, deve cercare l’anima di verità presente nel cuore di ogni uomo,
portando con umiltà e chiarezza il Vangelo dentro la complessità del
pluralismo.
Si ha l’impressione, a
volte, che la Chiesa nutra più simpatie con i governi conservatori, perché
appaiono difensori dei valori cristiani. Dietro a questa tendenza, si nasconde
il desiderio di uno Stato etico e clericale. Lo Stato e
l’attività politica hanno un valore per se stante. Sono preposti alla cura
del bene comune, ma non sono tenuti a formulare giudizi di valore
sul piano religioso. Lo Stato è per sua natura laico,
non confessionale. In democrazia vige la libertà di coscienza e
l’indipendenza dello spirituale dal temporale.
Compito dei cristiani è di
nutrire la politica con valori profetici. Allora la democrazia non sarà più
una «sfida», ma un «evento» che apre al futuro, dove il destino dell’uomo
e la sua dignità ritrovano il posto centrale.
E sarà anche mezzo per
smascherare i falsi profeti, che si spacciano per difensori della fede e dei
valori cristiani solo per consolidare il proprio potere.
La sfida si capovolgerà: sarà la profezia evangelica a sfidare la
democrazia.
È disponibile il testo integrale della relazione