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La
giornata della vita consacrata Quest’anno
la giornata
mondiale della vita consacrata,
il 2 febbraio, è di domenica e la liturgia celebra la festa della
Presentazione del Signore al
Tempio. È la festa della consacrazione di Gesù al Padre. In
Cristo, ci riscopriamo amati da Dio, consacrati a Lui mediante il
battesimo, chiamati all’offerta di noi stessi nell’amore,
sostenuti dalla grazia dello Spirito. In Lui ritroviamo ogni
giorno il senso della nostra vocazione e la gioia di essere
discepoli e testimoni. In modo particolare trova significato la
vocazione di coloro che sono chiamati a una speciale
consacrazione, nelle diverse forme ed espressioni: contemplazione,
apostolato, vita comunitaria o eremitica, appartenenti a Ordini o
Istituti religiosi, all’Ordine delle Vergini, a Istituti
secolari, Società di vita apostolica, a comunità antiche e
nuove. La
vita consacrata è custode del senso ultimo, pieno e radicale
della vita. In quanto totalmente consacrata al Signore,
nell’esercizio di povertà, castità e obbedienza, è il segno
di un mondo futuro che relativizza ogni bene di questo mondo. I
consacrati hanno una missione apostolica insostituibile nella
nuova evangelizzazione. Operano in vari modi perché gli uomini e
le donne del nostro tempo aprano la porta del loro cuore al dono
della fede. Il contesto in cui viviamo è segnato da problemi
relazionali, solitudini, divisioni, lacerazioni familiari e
sociali; essi attendono presenze amorevoli, segni di fiducia nei
rapporti umani, inviti concreti alla speranza che la comunione è
possibile. Elio
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Gennaio,
partiamo un
gruppo “dei senza gruppo” Nell’Annuncio
di domenica 19 gennaio abbiamo presentato il cammino pastorale di
questi mesi, le sue tappe e lo scopo al quale tende. Abbiamo fatto
riferimento agli incontri, già avviati, rivolti ai genitori dei
bambini e dei ragazzi del catechismo, e auspicato che anche tra gli
adulti e gli anziani che non fanno parte di nessuno gruppo nasca la
volontà di incontrarsi e di avviare un cammino di dialogo riguardo
alla fede. Rilanciamo
questo invito ed esortiamo a provare
Provare
a mettersi assieme ad altri per aiutarsi a riprendere in mano il
dono di essere cristiani, per comunicarsi ciò che questo dono offre
alla propria vita: se la cambia, se la mette in crisi, se la fa
migliore o la lascia indifferente. In una comunità cristiana il
percorso dei singoli non è sganciato da quello degli altri, per cui
la propria disponibilità a riprendere il cammino può favorire
altre disponibilità e può aprire percorsi di fede per chi è
incerto, si sente distante o non ha un gruppo di persone al quale
fare riferimento. E’ un accompagnamento reciproco
verso la scelta evangelica convinta e convincente, si diceva nell’Annuncio
di due domeniche fa, sapendo che in questo siamo tutti
principianti e tutti nell’età o nella fase di vita giusta per
ricominciare. Tempi
e modi Per lasciare a ciascuno il
tempo necessario per maturare una scelta serena e libera rispetto a
tale proposta, dedichiamo questo mese alla riflessione personale, al
dialogo e al confronto fraterno e informale. Verso fine febbraio faremo un incontro, la
cui data sarà indicata su Annuncio,
e in quella sede raccoglieremo le disponibilità a dare vita ad un
gruppo e vedremo come procedere. Rita
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Io sono un
peccatore
Vedere Pietro. al
quale il Signore ha guardato
a
cura di don Carlo
[
4 ] Paolo
racconta di essere salito due volte a Gerusalemme per esporre il
vangelo che annunciava tra le genti: voleva vedere Pietro, per
evitare di correre o aver
corso invano. Ero sceso a Roma la prima volta come pellegrino in
cerca di emozioni e la seconda, con molti preti venuti da tutta
Europa, per ascoltare da Paolo VI il vangelo da annunciare al
lavoro. Questa volta non avevo attese particolari: ero venuto per
pregare su tre tombe a
me care. Siamo
entrati a S. Marta nella festa di San Tommaso, quello dei Dodici che
aveva intrapreso un percorso solitario alla fede. Papa Francesco ha
detto che era un testardo, attaccato alla propria convinzione e
deciso a non cedere nulla agli altri apostoli. Ma il Signore lo ha
portato, primo fra tutti, a riconoscere in Gesù il suo Dio. Era
dunque importante mettere il proprio dito nella piaga dei chiodi e
la propria mano nel costato di Gesù. Ero
stato educato, come i miei confratelli, a cercare Dio nei percorsi
dell’ascesi: la meditazione e le preghiere, lo spirito di
sacrificio e l’obbedienza. Ora il papa stava dicendomi
che sono strade senza sbocco e mi esortava ad entrare nelle
piaghe di Gesù praticando le opere di misericordia verso i fratelli
emarginati. Dovevo frequentare queste piaghe toccandole, curandole e
baciandole: mani consumate nel lavoro, piedi feriti nel cammino,
cuore squarciato dall’amore. Per farlo non occorre un corso di
aggiornamento ma è sufficiente uscire per la strada. Quell’omelia
mi ha avvolto di intima gioia. Il mio lavoro pastorale è stato
scendere per strada, fuori dei recinti creati e difesi dalle
istituzioni, ai cancelli e dentro le fabbriche e nelle piazze
accanto a persone avvolte da una tuta che soffocava la loro
solidarietà e private anche del diritto delle pagine del vangelo
che mancavano nella bibbia dei preti. Era dura essere segno di
contraddizione quando anche gli amici che mi vogliono bene da sempre
seguivano perplessi il mio diario di bordo. Dopo l’eucaristia papa
Francesco ed io ci siamo presi le mani: le nostre parole erano
schive ma lo sguardo accarezzava l’anima. Era il segno di
comunione che mi mancava. E così papa Francesco mi ha confermato che non sono corso e non corro invano: sono come Tommaso un peccatore al quale il Signore ha guardato.
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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo in Conegliano (TV)
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