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L’INQUIETUDINE DEL
DISCEPOLO «Se
qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra
coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la
luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una
comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di
vita. fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete
senza sosta: “Voi stessi
date loro da mangiare” (Mc
6,37). Esorto
tutte le comunità ad avere una “sempre vigile capacità di
studiare i segni dei tempi”. È
opportuno chiarire ciò che può essere un frutto del Regno e
anche ciò che nuoce al progetto di Dio. Si
devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle
persone. Non possiamo
tuttavia dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle
donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, con
conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la
disperazione, la mancanza di rispetto e la violenza, l’iniquità
diventano sempre più evidenti…. oggi dobbiamo dire “no a
un’economia dell’esclusione e della iniquità”. Questa
economia uccide. Non si può più tollerare il fatto che si getti
il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Grandi
masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza
lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Gli esclusi non
sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”. Quasi senza
accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi
al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al
dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto
fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete”. Dalla esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di papa Francesco
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1°
MAGGIO - FESTA DEI LAVORATORI
E’
una giornata di festa per il mondo del lavoro. Resta però una
giornata di lotta tutti insieme, sempre necessaria, per la crescente
crisi. È quel lottare per il lavoro, che ci ha indicato papa
Francesco nella sua visita in autunno in Sardegna: Signore Gesù, a te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci
a lottare per il lavoro e benedici
tutti noi!
La liturgia di questo giorno celebra S. Giuseppe lavoratore e
il messaggio che ci consegna è la grande dignità del lavoro, in
quanto voluto da Dio, che chiama l’umanità a cooperare al suo
disegno di salvezza. Gesù stesso ha lavorato per un lungo periodo
della sua vita.
Il lavoro rende liberi i
lavoratori, affrancandoli dalle dipendenze ed è fonte di promozione
umana. Ma, come ogni attività umana, è anche compromesso dal male.
C’è in esso ambiguità e idolatria per i tanti ritmi forsennati
che soffocano le altre dimensioni della vita e perché il suo
significato viene travisato, quando prevale l’obiettivo del potere
e l’accumulo della ricchezza. Conosciamo, dalle cronache
quotidiane, un lavoro che origina morte: più di mille morti ogni
anno in Italia e migliaia di feriti.
C’è poi la mancanza di lavoro
che genera disperazione, sfiducia nella vita, disgregazione sociale
Ci
rendiamo conto che senza lavoro nessun giovane e nessun padre di
famiglia ha dignità né sicurezza. Senza il lavoro, non c’è
umanesimo. Siamo in un’economia che ci ruba la speranza, perché
il denaro governa invece
di servire! È una
sudditanza agli idoli.
Liberare il lavoro dal male e
dall’idolatria è una lotta che da tre secoli i lavoratori ci
insegnano e consegnano alle nuove generazioni. Il 1° maggio è la festa dei lavoratori, i quali fanno memoria della lotta e si mobilitano per la liberazione. Dio li benedice come benedisse il popolo eletto liberandolo da una nazione di oppressori. Elio
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Ordo
Virginum
E’
il primo documento
a livello di Chiesa nazionale su un fenomeno antico nelle sue
radici, ma riscoperto nella pratica dopo il Concilio. L’Ordo
consacrationis virginum è del 1970, tradotto in italiano nel
1980. La
nota definisce così la vocazione delle consacrate: “si
caratterizza nel seguire più da vicino Cristo Signore, in
particolare nell’impegno della verginità, quale segno della
Chiesa sposa, pronta per il suo Sposo. Tale vocazione si attua
nella Chiesa diocesana, in riferimento diretto al Vescovo, vivendo
la realtà secolare”. Le
vergini consacrate hanno una consacrazione pubblica, non hanno
vita comune, vivono del proprio lavoro, non si distinguono per
l’abito e non si riconoscono nel carisma di un fondatore, vivono
la consacrazione nella Chiesa diocesana secondo una regola di vita
personale. La
loro identità spirituale è indicata con quattro termini: SPOSA,
per l’esperienza dell’intima e indissolubile unione con
Cristo; FIGLIA, perché sperimenta la maternità della Chiesa che
l’ha generata al battesimo e che è manifestata dal particolare
legame con la diocesi e il vescovo; SORELLA, per l’impegno della
condizione comune all’interno del contesto ecclesiale e sociale;
MADRE, perché fa fruttificare in sé la vita divina attraverso il
suo amore totale di vergine. Riguardo
alla formazione la nota pastorale indica quattro tappe: periodo
propedeutico, di almeno un anno; formazione iniziale, che prevede
un primo tempo di due o tre anni e un secondo tempo di uno o due
anni; discernimento conclusivo e celebrazione; formazione
permanente. La
nota “viene ora affidata ai Vescovi delle Chiese in Italia,
anzitutto come invito a riconoscere l’infaticabile opera dello
Spirito che continua a suscitare vocazioni alla santità nel
popolo di Dio”. Ringraziamo
il Signore In
Italia l’Ordo Virginum è
presente in 113 diocesi. Alle 500 consacrate se ne affiancano
quasi altrettante in fase di discernimento e formazione. Nella
nostra Diocesi l’Ordo
è presente da venticinque anni. Attualmente
siamo in cinque consacrate e altre sono in formazione.
Rita
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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo in Conegliano (TV)
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