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Abbiamo scelto di fare nostra la domanda posta da Filippo
all'eunuco ("capisci
quello che stai leggendo?") At 8,30) per
invitarci e aiutarci a riflettere su ciò che viviamo,
facciamo e siamo: "Capisci
ciò che stai vivendo?"
È
una domanda sulla quale invitiamo a sostare per diventare più
presenti a noi stessi, per avere maggiormente coscienza di
quello che siamo e di come viviamo, per non soffocare o
smarrire dentro la complessità, la frenesia e la precarietà
che ogni giorno sperimentiamo, il bisogno di senso e di
verità che comunque ci abita.
E
come l'eunuco, provocato da questa domanda e aiutato da
Filippo, ha trovato il senso della propria vita comprendendo
il passo della Scrittura che stava leggendo, così può
essere per noi. Le Sacre Scritture raccontano il modo
autenticamente umano di stare al mondo, il modo che Gesù ha
incarnato e che tanti cercatori di senso hanno trovato e
fatto proprio aderendo a Lui.
"Capisci
ciò che stai vivendo?". Può essere
l'inizio di una ricerca, l'aprirsi di uno spazio interiore
in cui trova ospitalità la grazia di Dio, generatrice di
senso e di vita nella misura in cui viene quotidianamente
accolta in spirito e verità.
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Quando
questo accade la vita riprende a camminare con una postura
diversa e una direzione più chiara e desiderata. "Alzati
e va".
L'alzarsi
evoca la risurrezione, la posizione eretta di chi,
riconsegnato alla vita, ha vinto le forze mortifere che
mettono paura e tengono bloccati. L'andare evoca la
missione, l'inoltrarsi in modo evangelico sulle strade che
ci sono abituali e sulle quali è possibile scoprire e
tracciare il venire del Regno di Dio. Questo
"alzati e va" è nutrito dai sacramenti
della Chiesa, evocati dal battesimo dell'eunuco (cfr. At
8,36- 40), tappe essenziali del cammino del cristiano.
L'invito "alzati
e va" è rivolto al singolo perché ogni
cristiano si riconosca missionario e senta la dolce
responsabilità di rendere sempre più missionaria l'intera
comunità dei credenti in Gesù Cristo, dentro un intreccio
di relazioni evangeliche.
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L'"alzati
e va" non esaurisce il compito del credente,
ma si accompagna ad un altro invito: "ospita
la domanda di Gesù e annuncialo".
Intendiamo
ospitare la domanda che ci portiamo dentro riguardo a Gesù,
la sua vita, le sue parole, le sue scelte
(chi è Gesù per me?), ma vogliamo fare spazio anche
alle domande che Gesù stesso, in un modo o nell'altro,
sempre ci pone
(Cosa mi chiede oggi Gesù?).
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In
questa duplice ospitalità prende forma e cresce l'incontro
con Gesù, e dall'incontro con Lui scaturisce per ciascun
credente il compito di annunciarlo. Anche qui l'appello è
personale perché la risposta libera, consapevole e
appassionata di ognuno costruisce la risposta comunitaria,
fa crescere comunità ospitali e missionarie.
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ICONA
Il
particolare specifico del dialogo tra Filippo e l'eunuco
rimarrà davanti a noi come icona. Ci aiuterà a ricordare
l'idea guida e ad esprimerla in questo nuovo anno pastorale.
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INIZIATIVE
Per
quanto riguarda le iniziative pastorali, la parrocchia
ritiene prioritario, visto l'avvio positivo nello scorso
anno, investire ulteriori energie sull'iniziazione cristiana
dei ragazzi e sulla catechesi degli adulti ponendo al centro
la famiglia. Si tratta di un impegno che sta chiedendo
notevoli energie e che va strutturato nel medio-lungo
termine. Insieme alle iniziative già avviate negli anni
scorsi intendiamo dunque mantenere al centro della vita
pastorale questa attenzione specifica.
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NOTA
DEL PARROCO
Fratelli
e sorelle, ritengo sia giunto il momento di dare un seguito
alla "nota" comunicata tre anni fa' in occasione
della presentazione dell'idea guida dell'anno pastorale
2016-2017.
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Son
passati tre anni da quel tempo in cui ho sentito il dovere
di manifestare il pensiero che andava chiarendosi nel mio
cuore dopo un anno di permanenza in mezzo a voi. Non si è
trattato di un giudizio sul passato ma di una constatazione
del presente in cui mi sono trovato. A partire dall'ottobre
2015 ho iniziato a riconoscere tutto il bene che era/è
presente a Campolongo ma anche delle rispettive
problematiche, cercando di andare alla radice delle
questioni di cui appunto il tema comunitario è, a mio
giudizio, espressione eloquente.
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La
parrocchia non è proprietà del parroco anche se questi, in
forza del sacramento dell'ordine, è chiamato ad agire come-e-con
il Buon Pastore, ad aver cura del gregge che gli è stato
affidato innanzitutto difendendolo - strategicamente - da
tutto ciò che lo può disgregare e quindi disperdere. Una
parrocchia è simile ad un corpo costituito da diverse
parti:
il
capo è Gesù Cristo e tutte le sue membra sono chiamate ad
agire in armonia
evangelica,
ciascuna per la sua vocazione e come il Signore suggerisce. Il
parroco è chiamato ad essere una sorta di direttore
d'orchestra, ricordando doverosamente che egli è "di
passaggio" e al contempo che (per la specifica grazia
sacramentale a cui partecipa) gli è stata assegnata una
precisa ed insostituibile responsabilità: far in modo che il
coro canti in armonia, a più voci, spinto prima di tutto
dall'amore per il canto e per la musica, per ciò che di volta
in volta si riesce a realizzare. Non è la voce del parroco-
direttore che si deve sentire anche se egli è chiamato a
conoscere e a cantare tutte le voci dello spartito.
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Ritengo
essere questa la sfida decisiva per la Chiesa e per ogni
comunità cristiana.
La
dimensione comunitaria di una parrocchia costituisce un tema
tanto fondamentale quanto difficile da vivere in modo
evangelico. Se da un lato è vero che essa non può dirsi
pienamente raggiunta una volta per tutte, d'altro lato occorre
vigilare e lavorare con attenzione su di essa.
La
situazione che intendo evidenziare può essere paragonata alla
trama di un tessuto sulla quale si innesta e si sviluppa
l'ordito delle questioni quotidiane. Se questa trama, per
quanto bella possa essere (stata) in un certo momento,
iniziasse a sviluppare significative lacerazioni sarebbe
necessario intervenire perché possa riprendere compattezza.
Come la semente della parabola
evangelica
che inizialmente può germogliare anche in mezzo alle spine ma
che poi soffoca, così è la Parola che in un terreno del
genere muore e di fatto non porta frutto.
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In
questi ultimi tre anni sono state numerose le occasioni in cui
ho avuto la possibilità di ritornare sull'argomento, di
spiegare il mio pensiero, di ascoltare e confrontarmi e
approfondire la questione. È stato significativo per me
capire le reazioni che il tema sollevato ha suscitato in tante
persone.
Oltre
all'affetto, alla preghiera, all'incoraggiamento che continuo
a percepire nei miei confronti posso in ogni caso attestare
che, insieme a nuove fatiche, ci sono state chiare e
significative testimonianze di impegno da parte di numerose
persone di Campolongo che con dedizione ed umiltà si sono
sentite chiamate a lavorare nella direzione auspicata.
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Questa
strada evidentemente passa, come in ogni famiglia, attraverso
la concretezza delle scelte di ogni giorno, mai scontate e
prevedibili, in mezzo ad imprevisti di ogni tipo, in cui la
grazia di Dio è mescolata alla fragilità della condizione
umana. Se dunque permane la fiducia per la presenza della
grazia di Dio in mezzo a noi e dell'impegno di tante persone
per il Regno di Dio, desidero al contempo rinnovare l'invito a
lavorare
insieme sul terreno indicato e a rilanciarlo.
Insieme
significa non "solo" all'interno del
proprio gruppo specifico, ma anche nel dialogo fraterno con le
altre realtà parrocchiali e non (unità pastorale, forania,
diocesi). È una dimensione che a mio giudizio dev'essere
maggiormente assunta e sulla quale occorre investire di più,
nel rispetto dei diversi ruoli e con spirito costruttivo
(contro la nota sindrome de "la
volpe e l'uva").
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In
quest'opera complessiva rimane centrale la celebrazione
eucaristica a cui noi possiamo partecipare per grazia. Essa è
il momento fondamentale in cui il Signore, ancor prima di ogni
nostra attività o pensiero, edifica la Sua Chiesa, la Sua
Sposa, la Sua Comunità. È in questa celebrazione, radicata
nella Parola di Dio e nel sacrificio di Gesù Cristo, che noi
fondiamo la nostra fede. È primariamente da questa
celebrazione che possiamo comprendere
ciò che viviamo, è da qui che possiamo pensare di
alzarci e andare, come l'idea guida di quest'anno
pastorale ci esorta a vivere.
d.
Roberto