Omelie
di Avvento
a cura di
don Carlo Salvador
AVVENTO
1 A
2004
Andiamo
con gioia incontro al Signore. Questa esortazione esprime
la spiritualità del tempo di avvento che iniziamo oggi, ed
anche la spiritualità di Israele e della Chiesa.
La
pagina profetica di Isaia e il salmo 121 dicono la gioia di
salire sul monte del Signore, dove c’è il tempio/la casa
del Signore, e esprimono in pienezza la vita spirituale.
L’AT
indica l’importanza del giorno di Dio, del
tendere/salire a lui.
Il
Signore indica le sue vie e noi possiamo camminare per i suoi
sentieri.
Sono
i percorsi della vita con Dio: la Parola, la celebrazione e la
carità.
o
conoscere la parola del Signore e i seggi del
giudizio/di Davide, luoghi da cui la parola è
scandita/attualizzata per la comunità. /parola/
o
lodare il nome del Signore, che è legge per
Israele. /celebrazione/
o
domandare/inaugurare la pace per la comunità e
il bene per i fratelli/amici. /carità/
Il
NT indica l’importanza del giorno di Gesù, di salire
con lui per celebrare la pasqua.
Gesù
inizia a salire a Gerusalemme a 14 anni. Egli cammina i
sentieri indicati dal Padre, ma soprattutto si occupa delle
cose del Padre, una sorpresa anche per Giuseppe e Maria.
Nel
tempio egli dice e attualizza la parola del Padre ai dottori
della legge, al popolo, ai venditori; prega, rivendicando che
il tempio è la casa del padre suo e della preghiera; si
consegna alla persecuzione/morte, che avverrà poco lontano
dal tempio.
Ma
di fronte alla sua morte la violenza si placa, le Scritture
illuminano il mistero di Gesù, i cuori ardono e ai credenti
viene donata la pace.
Cosa
comporta andare con gioia incontro al Signore? Come è
possibile a noi mortali?
o
Gesù fa riferimento ai giorni del diluvio; li
legge come parabola.
Noè
camminava ogni giorno con Dio mentre i suoi contemporanei
erano assorbiti nella quotidianità: mangiare, bere, lavorare,
sposarsi, le cose indicate anche nella parabola degli invitati
al banchetto di Dio. Gesù non dice, come fa la Genesi, che
sono persone malvagie; sono persone normali che però
dimenticano il Signore e la sua chiamata, non vedono
l’avvicinarsi del diluvio, non si preparano ad affrontarlo e
ne rimangono travolti.
Il
Signore educa a non rimanerne travolti e ad approdare alla
terra dove vivere la pace.
o
Gesù insegna che non possiamo disporre delle
nostra vita.
Saremo
pescati o lasciati nella normalità della vita, come i due
uomini che lavorano nel campo e le due donne che macinano alla
mola.
Essere
salvati o lasciati a se stessi nell’imminenza della fine non
dipende dalla nostra onestà o operosità ma dal fatto che la
vita umana è mortale.
Educhiamoci
a temere il Dio di Gesù e a non escluderlo mai dalla nostra
vita, perché egli è l’unico Salvatore. Per non essere
sorpresi impreparati dalla fine, occorre vigilare e attendere il
giorno di Dio, che si compie nel giorno di Gesù Cristo,
in cui il Crocifisso risorto e glorioso verrà a salvare gli
eletti dalla fine.
La
Parola ci invita a coltivare la dimensione spirituale della
vita, nella potenza dello Spirito santo, che ci rende creature
nuove, la sposa splendente di bellezza che Gesù verrà a
prendere e a portare con sé.
L’avvento ci educa ad attendere da Dio, in un tempo in cui siamo
derubati delle speranze grandi e riempiti di quelle caserecce
del consumismo. Siamo davanti a un palcoscenico abitato in
modo permanente da marionette, i nuovi idoli che hanno bocca e
non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non
odono, hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano.
Lasciamo gli idoli, guardiamo al Dio vivente e attrezziamoci
per entrare nella terra della pace, partecipando con
convinzione al cammino ecclesiale.
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AVVENTO
2 A
2004
Abbiamo
iniziato l’avvento, domenica scorsa, ricordando le venute di
Dio nella storia.
Nel
nostro tempo Gesù viene a noi benedicente e noi gli
andiamo incontro con gioia per essere risanati e salvati.
Isaia presenta alcuni tratti caratteristici del Messia e il
vangelo svela che essi si sono compiuti in Gesù. Facciamo tre
sottolineature.
Il
Messia è germoglio spuntato dal tronco di Iesse, virgulto
germogliato dalle sue radici. Nella catechesi abbiamo meditato
che la vita è legata, nel bene e nel male, alla comunità.
Gesù non ha vita propria ma si nutre alla vita dei padri,
alla loro fede e alla loro grazia. Egli condivide la
condizione umana e religiosa del suo popolo, porta il suo
peccato, e ha un legame forte con il Battista: la loro
predicazione adopera a volte le stesse espressioni.
Convertitevi!
E’ prossimo ormai il regno dei cieli. Il regno che viene
domanda di accoglierlo cambiando modo di pensare: conversione
e Regno camminano insieme. Infatti non si può presumere di
salvarsi in quanto discendenti di Abramo. Discendere da Abramo
è un dono e un impegno e non una garanzia di salvezza.
Il
Battista aveva un grande seguito: accorrevano a lui da
Gerusalemme, dalla Giudea e dalla zona adiacente il Giordano;
Gesù partecipa a un movimento penitenziale diffuso.
Il
Battista afferma: Colui che viene dietro a me
è più potente di me.
Οπίσω σου significa dietro
di me più che dopo di me. Gesù è un discepolo di
Giovanni, vive il clima di attesa che caratterizza il suo
tempo, accoglie la sua predicazione e riceve da lui il
battesimo, si comporta come il popolo, come germoglio della
pianta di Israele. Ma il battesimo rivela la differenza fra
Giovanni e Gesù. Mt, a differenzia di Mc e Lc, non dice che
il battesimo del Battista è per il perdono dei peccati; è un
battesimo per la conversione. Per lui, solo Gesù può
rimettere i peccati grazie alla sua morte sulla croce. Questo
è il mio sangue dell’alleanza versato in remissione dei
peccati (26,28).
Il Battista accetta di battezzare Gesù ma lui stesso
ha bisogno del battesimo che darà Gesù, di diventare
discepolo di Gesù. Egli non è degno di togliere i calzari a
Gesù, il servizio che il discepolo faceva al proprio maestro.
Questa consonanza fa capire che Gesù è inserito nel cammino
di Israele.
Isaia
dice che sul Messia si posa lo Spirito santo, con i suoi doni
divini. La presenza e la forza spirituale di Dio lo rende
capace di discernere basandosi non sul sentito dire, sulle
apparenze e sulle convenienze, come fanno gli uomini, ma sulla
sapienza di Dio.
Possiede
un marcia in più,
il dono pieno dello Spirito per compiere la sua missione
speciale. A differenza di Giovanni, Gesù battezza in Spirito
santo e fuoco, con una forza purificatrice più grande
dell’acqua, per donare una grazia più grande: vivere da
figli.
Isaia
dice che il Messia fa una scelta stupenda che gli uomini non
riescono né ad apprezzare né a realizzare. Egli sta dalla
parte degli umili, dei poveri e dei deboli, degli
svantaggiati, destinatari privilegiati dell’amore del
Signore e della sua provvidenza e agisce solo con la parola di
Dio e la testimonianza della vita. E riesce a fare ciò che
gli uomini con il potere, la forza e la ricchezza non riescono
a fare: risana conflitti umanamente insanabili e dona la sua
pace. Essa è indicata con le immagini di animali che vivono
una pace mutando la loro stessa natura: le fiere sono
pacifiche, i serpenti sono senza veleno, nessuno lotta con
l’altro o ha bisogno di difendersi dall’altro.
Attendere
con gioia Gesù che viene ci educa ad assumere la sua
spiritualità.
o
Essere germoglio che si nutre della vita della
comunità cristiana, senza presumere di salvarsi per il solo
fatto di essere nella Chiesa, perché è un dono che si può
perdere e Dio fa nascere figli anche fuori della Chiesa.
o
Lasciarsi guidare dallo Spirito santo, la forza
che Dio ci dà per compiere la missione.
Discernere,
giudicare e decidere in base alla sapienza divina non a quella
umana.
o
Fare la scelta dei poveri e della pace, segno
forte in un mondo che privilegia i ricchi e usa la forza, la
violenza, la guerra e il potere invece che l’amore.
Preghiamo
per andare incontro a Gesù che viene, diventando, come lui,
radicati e nuovi.
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IMMACOLATA
2004
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Il
racconto dell’annunciazione è costruito sui racconti di
vocazione dell’AT.
Luca
inserisce la chiamata a Maria nelle chiamate precedenti
documentate nella Scrittura.
Dio
visita, in modi diversi, una persona e le affida un compito.
La persona scelta da Dio non si sente adatta allo scopo e
risponde con un domanda. Dio allora chiarisce la proposta: la
missione resta di Dio e non va portata avanti con criteri
mondani ma in obbedienza a Dio. Dio poi assicura la persona
che chiama: Non temere, io sarò con te.
Le
dona anche un segno, piccolo e paradossale, da interpretare e
applicare alla vita.
A
Maria viene dato questo segno: una donna anziana, la cugina
Elisabetta, sta per generare una nuova vita. Maria sa che Dio
può fare queste cose, come aveva fatto a Sara, moglie di
Abramo, ad Anna e ad altre donne. Il chiamato si dice
disponibile a far suo il progetto indicato da Dio; è un
progetto per il futuro e quindi rimane in gran parte
sconosciuto, affidato alla potenza dello Spirito e alla fedeltà
della persona chiamata.
Essa
si fida di Dio, perché ha imparato dall’esperienza del suo
popolo con Dio che egli è fedele. Maria si attribuisce il
ruolo di serva del Signore, come il suo popolo e tutti i
chiamati, che hanno portato avanti il disegno di Dio, come
Abramo, Mosé, i profeti.
L’annuncio
dell’incarnazione viene dato a noi, come a Maria, con un
racconto biblico, tipico nella storia della salvezza, e ci
chiede di credere a Dio e di diventare servi del Signore e del
suo progetto che continua a realizzarsi fino alla fine del
mondo.
A
noi oggi non viene raccontato un evento passato ma un evento
che è in divenire e che chiede il nostro sì, che continua
quello di Maria e di Gesù, finché non sia compiuto.
Dio
nella prima lettura annuncia una lotta tra la discendenza
della donna, la Chiesa, e il male simboleggiato dal serpente,
che sarà sconfitto in questa lotta a cui partecipiamo.
La
lotta continua. Siamo infatti scelti ad essere santi e
immacolati prima della creazione del mondo, in vista della
vittoria finale. Dio non dipende dagli eventi ma li governa e
li rigenera facendoli storia di salvezza. Ci è chiesto di
saper passare dal racconto dell’annunciazione alla salvezza
che l’evento dell’incarnazione porta nella storia.
Paolo
inizia la lettera agli Efesini con un inno a Cristo, in uso
nella liturgia del suo tempo, che dice: Dio ci ha benedetti
con ogni benedizione spirituale in Cristo: essere santi e
immacolati, essere figli adottivi in Cristo, essere eredi a
lode della sua gloria.
E’
il sogno di Dio prima della creazione di ogni cosa. Siamo nati
da un pensiero di amore che prende carne in noi. Oggi
celebriamo come evento di festa il fatto che Maria è
immacolata fin dalla sua nascita. E’ un privilegio e insieme
un evento a cui tutti siamo chiamati e che arriveremo a
vivere. Questo destino ci avvolge da prima della creazione del
mondo. Non è una strada impossibile perché ciò che è
impossibile a noi è la strada normale di Dio. Anzi questo
avverrà dei piccoli, degli ultimi, dei disprezzati e delle
creature ferite. Essi, secondo il vangelo di Gesù, sono
beati. Avverrà di chi fa scelte che il mondo non capisce,
come consacrare la vita a Dio nella virginità o nell’ordine
sacro.
Essere immacolati non è opera degli uomini ma è opera di Gesù,
ottenuta da lui per tutti. Questa sorte immacolata viene
donata in tempi e i modi che variano nelle storie individuali
delle persone e del mondo. Maria è immacolata fin
dall’inizio perché tale la rende il Figlio di Dio,
attingendo dalla redenzione che realizza nell’incarnazione.
Immacolati saremo noi in paradiso perché lì Dio vivrà
tutto in tutti. Allora i santi vivono nelle pieghe della
storia e crescono all’ombra di Dio come le violette nel
bosco. Occorre saperli incontrare. Un giorno Gesù e i suoi
erano nel tempio. Vi era la sfilata delle grandezze religiose
ma anche di una donna semplice che possedeva solo due
monetine. Gesù la nota e insegna ai suoi a vedere in essa la
vera grandezza. La festa odierna è di Maria e di coloro che
credono che l’annunciazione apre cammini interessanti e
possibili.
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AVVENTO
3 A
2004
Il
Battista è in carcere, alla fine della missione per cui ha
speso la sua esistenza.
Manda
i suoi discepoli a Gesù per domandargli: Sei tu il
veniente o aspettiamo un altro? La domanda attraversa i
secoli, fino a noi, conservando la sua attualità. Ho speso
l’esistenza nel ministero presbiterale: è questa la chiesa
veniente o aspettiamo un’altra? Ho annunciato il vangelo
alle attese dell’uomo ed esse sono più drammatiche di
prima.
La
mia predicazione è stata inutile? Gesù non risponde alla
domanda del Battista; osserva e fa osservare la realtà che lo
circonda: la realtà non è redenta ma è in fermento, secondo
la profezia: la terra arida e la steppa fioriscono come
fiori di narciso, cantano di gioia.
Neppure
oggi il mondo è redento ma ci sono i fermenti, quelli che la
Scrittura descrive come grandi eventi: persone che vedono
quello che i lungimiranti non vedono, storpi che camminano
sentieri sconosciuti ai camminatori, lebbrosi che sono guariti
da ferite mortali, sordi che sentono parole piene di senso,
parole di Dio, morti nel cuore che risuscitano all’amore. Il
Signore fa vivere esistenze credenti fuori dagli occhi del
mondo.
Se
siamo presi dal dubbio che la nostra predicazione venga
contraddetta da Dio, siamo chiamati a gioire perché il
progetto di Dio va avanti nelle modalità di Dio. Sono le
modalità indicate da Giacomo nella seconda lettura:
l’agricoltore aspetta pazientemente il prezioso frutto della
terra, perché è in crescita e ha bisogno di tutte le piogge
dell’anno. Dalla parola di Gesù che viene benedicente
emergono due urgenze:
o
La buona novella è predicata ai poveri.
Occorre
che noi siamo poveri, assetati del vangelo e che, grazie a
questa esperienza, diffondiamo l’annuncio del Natale, perché
ci sono sempre poveri
che sperano in Dio.
o
Beato è chiunque non si scandalizza per me.
Il
Battista rappresentava l’ora del rigore, del giudizio e del
cambiamento che il Messia avrebbe impresso alla storia. Gesù
rappresenta la misericordia e il perdono; egli viene a cercare
e salvare ciò che era perduto. Gesù non è in contraddizione
con il Battista, anzi ha accolto la sua parola, ha partecipato
insieme con il popolo al suo battesimo di conversione. Gesù
viene dopo il Battista, nel tempo dei fermenti e della
salvezza.
Non
si tratta di due periodi storici ma di due eventi che accadono
insieme nella storia.
Anche
oggi occorre convertirsi per partecipare alla novità portata
da Gesù.
E’
questa la spiritualità dell’avvento. Il Risorto è mandato
benedicente ai discepoli, a noi che abbiamo partecipato alla
sua pasqua ed abbiamo fede in lui.
Stiamo
facendo uno sbaglio: credere che si possa accogliere Gesù
senza vivere il tempo del Battista, mentre egli prepara anche
oggi la via di Gesù, una via alterativa al mondo, seria ed
esigente. Credere che Dio abbia licenziato il Battista
significa sconfessarlo.
Lo
zelo di battezzare tutti e subito, di sposare in chiesa
chiunque lo chiede, il celebrare i sacramenti come se
operassero automaticamente tutto, anche quello che non
crediamo e non conosciamo, non è zelo per il Signore. Dio è
buono anche quando esige la nostra conversione. Gesù non
ripete il Battista ma non agisce senza quello che Dio opera
prima in lui. Egli ci insegna che neppure una sillaba della
Scrittura va trascurata.
Il
peccato aveva operato il passaggio dal Dio buono e amico al
Dio giudice e lontano.
Per ritornare al Dio buono e amico dobbiamo passare per il
giudizio e il pentimento. Non separiamo ciò che Dio ha unito,
i tempi diversi e complementari della salvezza.
Il
Signore che viene ci chiede di sopportare come i profeti, come
il Battista che prepara la via di Gesù davanti a lui, perché
venendo possa portare salvezza.
Come amici dello sposo gioiremo perché egli incontra la sposa che
è in attesa di lui.
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AVVENTO
4 A
2004
S.
Paolo apre la lettera ai romani, presentando se stesso come
schiavo di Gesù Cristo, e precisa: quello nato dalla
stirpe di Davide secondo la carne, quello costituito
figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità,
dalla risurrezione dei morti (1,1-4).
Conosciamo
Gesù unendo due eventi: il natale, che lo presenta come nato
da donna e dalla stirpe di Davide, e la pasqua, che lo
presenta come figlio di Dio dalla risurrezione.
Il
natale è indicato dal profeta e dall’evangelista con le
stesse parole: Vedi, la vergine avrà in ventre e partorirà
un figlio e chiameranno il suo nome Emmanuele, nome che
significa Dio è con noi. Questo segno è dato da Dio
stesso agli uomini che chiama a prendere decisioni difficili
da cui dipende la loro esistenza e quella del popolo. Dio lo dà
a tutti, sia a chi non lo vuole, come il re Acaz, che si
attiene alla logica politica, sia a chi si trova solo di
fronte a cose più grandi di lui, come Giuseppe. Il natale di
Gesù è un segno forte offerto oggi a noi che accogliamo Gesù
in un mondo che non riconosce Dio.
La
vergine riceve in ventre Gesù da Dio. Così è uomo vero
perché nato da donna, germoglio della pianta dell’umanità,
ma anche uomo nuovo perché fatto santo dalla potenza
dello Spirito. E’ il messia atteso dal popolo, perché
nasce dalla stirpe di Davide, secondo la promessa. Giuseppe è
chiamato a realizzare un disegno che supera la
sua comprensione, la quale si fonda nell’esperienza
umana. Giuseppe è sposo vero della vergine e padre
vero di Gesù ma in un’esperienza diversa da quella che
fanno e comprendono gli uomini. Dio offre all’esperienza di
Giuseppe qualcosa che viene dall’alto, dalla novità che è
iniziata nella vita di Gesù. Giuseppe e Maria sono persone
che accolgono e praticano la parola, che Dio manifesta loro
attraverso segni, e in questo modo diventano padre e madre di
Gesù, uomo e Dio. Gesù è il messia perché nasce da Maria
che lo veste con la sua carne e da Giuseppe che lo accoglie
come figlio di Davide nell’obbedienza della fede alla
Parola. Paolo scrive che tutti devono questa obbedienza.
Il
natale ci educa a dipendere dall’alto, da Dio, perché la
vita di Gesù uomo-dio cambia anche la nostra. L’angelo che
appare a Maria e a Giuseppe è segno di Dio che indica le
novità di Dio, le segnalazioni interiori. Oggi possono essere
il confessore, il padre spirituale e chiunque svolge la
funzione di guida nel cammino delle persone e della comunità
cristiana. Sono presenze da valorizzare, perché nella vita
con Dio non si cammina da soli, nemmeno chi è buono e pieno
di fede, come Maria e Giuseppe.
Se
Dio comunica attraverso segni dobbiamo imparare a leggerli; se
nel battesimo si è aperto su di noi il cielo non possiamo
presumere di camminare fuori dalle indicazioni di Dio. Invece
di chiudere Dio nelle nostre logiche umane e di pensare che la
verginità di Maria non si concilia con la sua maternità o
che la paternità di Giuseppe è solo putativa o adottiva,
pensiamo alle nuove modalità di vita introdotte dalla nascita
di Gesù.
Prima
del Natale la virginità era privazione di un bene,
dell’amore di una famiglia propria e dello sviluppo verso la
pienezza della propria vita; dopo è un modo di amare che
anticipa quello del cielo ed è reso possibile dalla vita
divina ricevuta nel battesimo.
La
pienezza che gli sposi cercano nel sacramento del matrimonio,
i vergini la cercano nell’amore per il Signore e nel dono
della vita spesa per lui e per il regno dei cieli.
Non
aver paura di prendere con te Maria tua moglie. Acaz ha
paura di chiedere un segno perché poi è tenuto a seguirlo
mentre è più comodo seguire le logiche umane.
Prendere
con sé il disegno di Dio incute a tutti paura. Eppure bisogna
coniugare la fedeltà alle proprie radici e alla propria
storia con la fedeltà alle segnalazioni divine che vengono
dall’alto e ai nuovi cammini che esse aprono per noi.
Come
il Figlio di Dio ha assunto in tutto la vita umana rimanendo
radicato in quella divina, così noi dobbiamo assumere la vita
divina rimanendo radicati in quella umana. Saremo soggetti a
una continua tensione ma da essa nasceremo come creature
nuove.
E’
la fatica di ogni parto, che è comunione di vita ed insieme
lotta tra due vite.
Solo quando il parto è accaduto viene salutato e vissuto come evento
lieto che arricchisce la vita di tutti. Domandiamo al Signore
di accogliere Gesù che viene come lo ha accolto Giuseppe,
giusti nell’obbedienza alla fede e aperti alle dinamiche che
la vita umana e insieme divina, inaugurata dalla nascita di
Gesù e partecipata a noi, rende possibili.
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