ritiro di Avvento 2005

a cura di don Carlo Salvador

 

LA CONTEMPLAZIONE

 

Introduzione.

 

Facciamo il ritiro nel primo giorno di avvento. Ci proponiamo di:

- Crescere nella spiritualità alla scuola dello Spirito di Dio che conosce il mistero e ce lo comunica in progressione, guidandoci in tutta la verità (Gv 16,13).

La religione vive entro i ritmi del tempo. Oggi ci sono molteplici culture e religiosità e vivere da cristiani non è facile, anche perché la nostra pastorale è ancora in gran parte pre-conciliare e apologetica, impegnata a difendersi invece che a essere e a comunicare. Trascurare il Concilio porta a non seguire i suggerimenti dello Spirito per vivere da cristiani nel nostro tempo e l’ecumenismo oggi è necessario anche all’interno della nostra Chiesa.

La meditazione tiene viva la ricerca in modo da non essere legati a una spiritualità datata. La preghiera consolida la comunione con Dio e tra di noi, il dialogo d’amore.

- Vivere l’avvento come preparazione alle venute di Gesù.

In primo luogo celebriamo la venuta nella liturgia, secondo il ritmo dell’anno liturgico.

Natale è il tempo in cui contempliamo Gesù bambino. Non che contemplare.

Noi contempliamo ogni bambino, tanto più il bambino figlio di Dio e figlio dell’uomo.

Costruiamo il presepio con Maria e Giuseppe e la mangiatoia come icona dell’evento storico, ma lo inseriamo entro sfondi che richiamano la vita d’oggi e i temi della rivelazione.

In secondo luogo celebriamo la venuta alla fine della storia che inaugura il regno glorioso.

Anche quel giorno contempleremo la gloria. “Quando il figlio dell’uomo verrà nella sua gloria e tutti gli angeli con lui, allora siederà sul trono della sua gloria” (Mt 25,31).

Come crescere nella spiritualità e preparare queste venute del Figlio dell’uomo?

Quest’anno impariamo meglio la contemplazione e la rendiamo più sicura.

 

 

1  La contemplazione nel giardino creato da Dio.

 

Il cristiano è in relazione con la realtà che lo circonda: Dio, l’umanità e la creazione.

In queste relazioni cresce in sapienza, si santifica, e cammina con il regno di Dio.

L’uomo non lo vede ma conosce l’origine della vita e lo sviluppo che ha avuto nella storia. La storia della salvezza rivela il Regno. Richiamandola scopriamo la contemplazione.

I primi capitoli della Genesi che mettono in luce Dio nel suo operare e contemplare.

 

Gen 1: la creazione.

Dio crea la terra e quanto contiene ma, non trovando nel creato qualcosa di simile a sé, crea l’uomo “a sua icona e somiglianza”, come interlocutore con cui parlare.

“E vide Dio tutte quante le cose che aveva fatto, ed ecco erano belle assai”.

Dio contempla la creazione e in particolare la sua icona: l’uomo e la donna.

 

Gen 2: l’umanità.

Dio modella la creta e soffia in essa un soffio di vita ed essa diventa uomo vivente.

Dio pone l’uomo nel giardino in Eden perché lo lavori e lo custodisca.

Adamo contempla il creato e dà il nome a tutto il bestiame, ma, come era accaduto a Dio, “non trova un aiuto simile a lui” (Gen 2,20). Dio gli dona Eva e Adamo la contempla.

La contemplazione suscita l’attrazione reciproca fra uomo e donna.

La contemplazione è presente in ogni giorno della creazione ed occupa un tempo distinto dall’operare: non si contempla mentre si lavora e non si lavora mentre si contempla.

Il lavoro rende possibile la contemplazione, perché prepara le cose da contemplare.

La contemplazione prepara il lavoro, perché porta a fare altre cose da contemplare.

L’amore umano ha una dinamica simile: il tempo per il lavoro e il tempo per contemplare le cose fatte, l’attività e l’intimità orientate l’una all’altra. Sono eventi complementari.

 

Gen 2: il giorno settimo.

Il settimo giorno è un tempo speciale, diverso e distinto dai sei giorni della creazione.

“E si riposò nel giorno settimo da tutte le sue opere, che aveva fatto”.

C’è un giorno dedicato in modo esclusivo e totale al riposo.

Dio e l’uomo lavorano e contemplano per godere.

Dio passeggia nel giardino e parla con l’uomo. Questa passeggiata in cui Dio e l’uomo contemplano e comunicano tra di loro è simbolo del godimento e della festa.

Il settimo giorno è il tempo della comunità, perché per far festa occorre la compagnia.

Le parabole del perdono in Lc 15 dicono che chi trova quello che aveva perduto chiama i parenti e gli amici a far festa insieme.

Il lavoro e la contemplazione di ogni giorno domandano un giorno in cui godere insieme.

Il settimo giorno è il tempo per la santificazione e la benedizione. Come si gode?

“E benedisse Dio il giorno settimo e lo santificò, poiché in esso si era riposato” (3).

La benedizione.

Dio e l’uomo passeggiano e condividono il godimento benedicendo.

Danno alle cose contemplate la loro gloria, che è quella di rallegrare il cuore.

Che pensare del nostro tempo in cui prevale il maledire e dei cristiani che maledicono e non sanno benedire? Non sappiamo contemplare il bene che c’è nella vita.

 

Contemplare e dire bene sono corollario del godimento: lo generano e lo seguono.

La santificazione.

Quando Dio si manifesta comunica la sua vita intima. Anche l’uomo manifesta a Dio il suo amore riconoscente e libero. Dio e l’uomo benedicendo condividono il sentire della vita.

Crescono nella comunione. Questa presenza santificante irradia dal Signore e raggiunge l’umanità, che diventa santa come Dio è santo. Insieme irradiano la santità sulla creazione.

L’eucaristia santifica la creazione. Altrimenti come potrebbe diventare paradiso?

Essa infatti attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (Rm 8,19).

Dio e l’uomo lavorano sei giorni per fare e contemplare e il settimo giorno godono insieme.

E benedicono e comunicano nell’amore crescendo nella loro santità.

La contemplazione è il tempo in cui ci si lascia amare, si sta l’uno verso l’altro, in osmosi l’uno con l’altro, e si dice il bene, espandendo l’amore nella creazione.

 

 

2  La contemplazione nel tempo del peccato.

 

Gen 3: le conseguenze del peccato.

Il peccato costringe l’uomo a  nascondersi a Dio, perché si vergogna dell’intimità con la sua donna e con Dio stesso, intimità che prima era la sua gloria. L’uomo resta carne della donna e icona di Dio, perché essi sono suoi interlocutori, ma ha paura di loro.

L’uomo viene escluso dal giardino, il luogo del lavoro e della contemplazione e del riposo con Dio, il tempo della benedizione e della santificazione. Adamo mangia il frutto che avvelena per possedere quello che non appartiene alla sua natura. L’uomo non comunica più come prima con Dio e con la sua donna e fa esperienza di un rapporto drammatico con le cose, di cui si ha bisogno ma che si negano e della deriva della morte.

La contemplazione e il dialogo richiedono la fatica di innalzarsi a Dio, di trasformarsi, di santificarsi e di essere quelli che non si è più, e non danno il godimento atteso.

Nella vita si è intromesso satana, che possiede alcune chiavi della storia.

Ha detto a Gesù senza essere smentito che la creazione e la sua gloria  è stata data a lui, che la dà a chi vuole (Lc 4,6). Ma satana può dare solo di consumare i beni e le relazioni.

 

Gen 3: il protovangelo.

All’uomo che si trova lacerato nelle relazioni vitali Dio promette la salvezza.

“Inimicizia porrò di mezzo a te e di mezzo alla donna, di mezzo al tuo seme e di mezzo al seme di lei: Lui insidierà il tuo capo e tu insidierai il suo calcagno” (3,15). Oggi possiamo dire: Cristo ha vinto il demonio e la morte ma non ha scacciato satana dalla terra; ha dato vita al regno dei cieli ma esso in questo mondo soffre violenza (Gv 18,36-37).

Dio ci dà il tempo per decidere. L’uomo non ha recuperato l’innocenza e le relazioni belle, da godere, ma ha ricevuto la grazia di poter aderire a Dio e  di crescere nel Regno.

 

NT:  la contemplazione nella vita di Gesù.

E’ necessario che io sia nelle cose del padre mio. Non lo sapevate?

E discese con loro e venne a Nazaret ed era sottomesso a loro, come lo era a Dio.

E Gesù progrediva in sapienza ed età e grazia davanti a Dio e agli uomini (cf. Lc 2, 51-52).  

La domanda oggi è rivolta a noi. Gesù è cresciuto nella sottomissione, nell’obbedienza e nello stare nelle cose del Padre.

Stare nelle cose del Padre per Gesù significa vivere le relazioni come erano nel loro inizio:

- nella vita della Trinità. Il prologo al vangelo di Giovanni dice da dove parte questo stare nelle cose del Padre.  La Parola era in principio verso Dio e il Padre fa tutte le cose in lui. Ciò che è stato fatto in lui era vita e la vita era luce degli uomini (cf. Gv 1,2-3). All’inizio c’è la contemplazione tra il Padre e il Figlio. Il Figlio porta alla contemplazione e alla benedizione. “E la Parola carne divenne e pose la sua tenda fra noi e contemplammo la sua gloria, gloria come da unigenito da il Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).

- nel giardino in Eden, dove L’umanità ancora innocente viveva il lavoro e la contemplazione, la benedizione e la santificazione per il godimento.

A Natale contempliamo la gloria della carne, divenuta figlio di Dio e pienezza della verità.

Il Padre contempla la Parola incarnata e la Parola contempla il Padre.

E la carne vive secondo i desideri di Dio e partecipa alla contemplazione. Anche noi.

Qualche sottolineatura sulla contemplazione di Gesù.

- Il lavoro: Le modalità del lavoro di Gesù non sono rivelate: stanno sotto il verbo che le introduce: era “sottomesso”. Gesù trasforma le cose le condivide, le contempla e gode.

- La famiglia: Gesù vive le relazioni nella famiglia, nel parentado e nella comunità.

La famiglia terrena diviene propedeutica alla famiglia del padre. “E avendo guardato coloro che sedevano in cerchio attorno a lui Gesù dice: “Ecco mia madre e i miei fratelli.

Chiunque infatti fa la volontà di Dio, questi è mio fratello e sorella e madre” (Mc 3,34-35).

- Il sabato: Gesù celebra il giorno del Signore entro la comunità riunita.

Ascolta e spiega la parola, interroga l’assemblea e prega con essa, abita i luoghi solitari e i silenzi della notte e dell’aurora e coniuga obbedienza e contemplazione.

Il lavoro missionario e la preghiera silenziosa e contemplativa scandiscono la sua crescita e la aprono al godimento.

 

 

3  La contemplazione nel nostro tempo.

 

Che cosa manca oggi? Il lavoro o il godimento? Ci manca la contemplazione.

Essa permette di scartare ciò che non è bello e qualifica il lavoro e il godimento.

Nazaret è l’icona della contemplazione, insignificante per gli uomini e gloriosa per Dio.

Anche qui il Padre dice: “Questi è il mio Figlio, l’amato, in cui mi sono compiaciuto”.

Il Padre si compiace nel figlio, cioè gode in lui, dopo averlo fatto e contemplato.

La contemplazione dà alle persone la facoltà di abitare nel cammino difficile del Regno.

Il cammino del Regno richiede una difficile trasformazione.

L’uomo è chiamato allo stesso fine di quando era innocente, pur non essendolo più.

Allora siamo sollecitati a scegliere tra alcune possibilità di vita.

 

o        L’ateismo.

Le persone vivono come se Dio non ci fosse, si nutrono all’albero della vita terrena nell’intento di essere come Dio e di godere come lui, lavorano e servono l’uomo nella lotta per la sopravivenza e per il godimento personale o nella lotta dell’umanità.

 

o        La religione civile.

La terra è la città di Dio. I cristiani si riuniscono ai non credenti per costruire una città secondo il pensiero di Dio. La religione cristiana diventa religione del mondo.

La parola e la celebrazione servono a gratificare l’uomo che vive del mondo.

 

o        La fatica e la gioia della contemplazione.

- La fatica.

Nella dinamica della vita c’è la croce, la lacerazione che ogni trasformazione richiede.

Il lavoro e la contemplazione sono faticosi e impegnativi e magri di consolazioni.

A volte l’uomo preferisce sudare, faticare, fare di tutto pur di non stare con Dio.

Dio è una presenza difficile da sopportare, perché fatichiamo a vincere il male e non lo vinciamo mai definitivamente. Noi e il creato non viviamo per noi stessi ma per entrare nel riposo di Dio, perché Dio possa godere di noi e noi di lui e insieme della creazione.

- La gioia.

L’uomo è icona di Dio, mai diminuita di valore; è sacerdote del dialogo con Dio, della santificazione e della benedizione. Il suo grande compito è far confluire, attraverso il lavoro e la contemplazione, i giorni della storia nel giorno del riposo e del godimento.

Conclusione.

 

L’avvento ci renda uomini di azione e di contemplazione per bonificare il mondo e far crescere il Regno. Oggi è urgente l’azione pastorale, la testimonianza di una vita secondo Cristo in un mondo ex cristiano, in cui il vangelo non è più buona notizia. Il consiglio pastorale. L’avvento ci renda uomini di contemplazione partendo dall’ascolto della parola, dal vivere i sacramenti come segni di santificazione e dal ricercare sempre la comunione, con azioni di grazie e con canti di lode. L’avvento ci renda più sensibili a vivere il giorno del Signore come tempo prezioso della compagnia, riposo e del godimento della relazione con Dio, che è fondamento e culmine di tutte le relazioni della vita.

 

 

Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo di Conegliano (TV)