ritiro
di Avvento 2006
a cura di
don Carlo Salvador
.
RITIRO
DI AVVENTO
Campolongo
03.12.06
S.
Bernardo abate, nei “Discorsi”, parla di tre venute di Gesù
(cf. 1 avvento, mercoledì, letture). Esse sono:
-
la venuta del figlio di Dio nella debolezza della carne. A
Natale celebriamo la memoria di un evento che ha messo radici
nel passato e iniziò la nostra redenzione.
-
la venuta del Risorto nella maestà della gloria. Oggi
attendiamo un evento futuro a noi in cui Gesù si manifesterà
come nostra vita.
-
la venuta del Risorto nella storia: partecipazione ad un
evento che cresce nell’oggi.
Il
tempo delle apparizioni continua nella storia. Gesù ci ha
assicurato: Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del
mondo (Mt 28,20). Questa venuta è intermedia tra la prima e
l’ultima e le unisce. L’avvento celebra insieme queste tre
venute.
In
questo ritiro ci interessiamo alla venuta di Gesù nel nostro
tempo, per rispondere all’attesa universale di vita nuova (cf.
Rm 8,19). Il
prefazio di Avvento I/A recita: Ora egli viene incontro a noi
in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede
e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno.
Il
Concilio ci ha insegnato a ritornare
alla purezza delle origini.
Anche
noi meditiamo sul dna della vita cristiana. Ci affidiamo allo
Spirito, grande protagonista della vita in Cristo. Ci aiuterà
a ritornare alle qualità essenziali
e a rimuovere le incrostazioni che si sono formate in venti
secoli di storia.
La
vita cristiana ha bisogno di un restauro per ritrovare il suo
vero volto.
Il
Regno viene oggi nella Chiesa: che cosa ci domanda per
crescere?
Consideriamo
tre urgenze: l’identità del cristiano, la visibilità della
Chiesa e la laicità.
1
L’identità.
Che
cosa vuol dire essere cristiani, oggi?
E’
urgente recuperare due aspetti della vita cristiana, i
più veri e i più in crisi.
-
essere autentici: Il regno viene da Dio e non
dal mondo (cf. Gv 3,3; 39,19).
Il
cristiano sceglie quale padrone servire; non può essere a
servizio di due (cf. Mt 6,24).
L’80%
dei cristiani ha abbandonato
la Chiesa. E
il 20% che pratica è
cristiano? Cristiano è il praticante che testimonia quello
che la pratica matura in lui.
Nella
carta d’identità cristiana sono evidenziate due note.
La
comunione con
Cristo.
L'esperienza
che origina il cristiano è l'incontro con il Risorto.
L’atto
di nascita della Chiesa è
la Pentecoste. S.
Paolo descrive la vita cristiana con l’espressione: per
me vivere è Cristo e morire è guadagno
(Fil 1,21).
La
dignità cristiana è vivere Cristo, lasciare che egli viva in
noi, essere membra attive del suo corpo (cf. 1Cor 12,12-31; Gv
15). La morte non è la fine. Partecipare alla risurrezione è
guadagno, lo scopo
per cui viviamo.
La
fede adulta.
Il
cristiano e la comunità cristiana si confrontano con la
cultura e la vita del loro tempo. Siamo cristiani dentro la
storia. Il mondo muta in continuità e coinvolge
la Chiesa
nel mutamento. Siamo passati dall’essere cristianità
all’essere minoranza. Nel passaggio la maggioranza dei
cristiani ha lasciato
la Chiesa. Prendiamone
atto con serenità.
Le
persone adulte sono libere; ogni persona è responsabile delle
sue scelte.
Ci
sono persone che abbandonano la fede in famiglie di fede e
persone in ricerca di Cristo
in famiglie non praticanti. C’è il bene anche fuori
della comunità e il male anche nella comunità. I cristiani
si maturano nel contesto moderno di pluralità di scelte.
Gesù
responsabilizza i discepoli: Chi rinnegherà me davanti
agli uomini, anch’io rinnegherò lui davanti al Padre mio
(Mt 10,33).
Non
basta essere cristiani; occorre esserlo con la maturità che
oggi è richiesta.
-
amare i fratelli.
I
cristiani sono riconosciuti dall’amore ablativo ai fratelli.
E’
il comando di Gesù, quello che egli esige dai suoi discepoli.
Il
Risorto conduce coloro che credono in lui alla comunità perché
vivano nell’amore fraterno.
E’
il dono di Dio. L’amore divino è infuso in noi dallo
Spirito santo che Dio ci dona. Egli ci porta
a camminare con
la Chiesa
nella comunione.
La
parrocchia non offre solo servizi ma Cristo che mette in
comunione.
La
moltitudine dei credenti era un cuore solo e un’anima sola
(At 4,32: 2,43-47).
Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni
gli altri, come ho amato voi che anche voi vi amiate gli uni
gli altri. In questo conosceranno tutti che siete miei
discepoli; se amore abbiate gli uni per gli altri (Gv
13,34-35). Il comando di Gesù è nuovo e quindi sostituisce
quelli vecchi. Occorre capire che la vita cristiana è
un’avventura comunitaria.
Non si vede ancora.
Lo
schema preconciliare gerarchia-popolo poneva la salvezza come
evento singolare.
Sono
autentico? La mia comunità è autentica? La comunione con
Cristo è profonda? L’incontro con il Risorto mi porta a
realizzarmi nella comunità?
2
La visibilità.
Come
essere città che giace sopra il monte? (cf. Mt 5,14).
La
Chiesa
è visibile quando vive la sua identità, seguendo Cristo suo
signore.
La
comunità è visibile nel cammino ecclesiale: parola –
sacramenti – fraternità.
I
cristiani sono luce, una
città che giace sul monte, visibile a chi è in cammino.
La
visibilità socio
culturale politica
non manifesta il Regno, né lo fa crescere.
Il
regno non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno
dirà: eccolo qui o eccolo là (Lc 17,21). Esempi: processioni
con il corteo delle autorità, spazi e sale, asili e scuole a
disposizione, centri
culturali ed
esposizione mediatica.
Il
regno di Dio viene nella testimonianza che offre negli
ambiti comuni della vita.
Siamo
minoranza. Impostiamo la vita e la pastorale partendo da qui.
Il
regno di Dio è come lievito rispetto alla pasta e come luce
rispetto alle tenebre: una minoranza feconda che mette in
movimento. Quando
la Chiesa
è cristianità prevale il lato umano della religione. Se
viviamo come i pagani non siamo cristiani.
Il
Concilio ha optato per una Chiesa come alle origini.
Gesù
è sempre stato minoranza, testimone di un’altra verità.
La
verità di Dio non è statica ma dinamica, si conosce nella
crescita esistenziale.
Oggi
la società è frammentata in tanti interessi settoriali e
corporativi.
La
Chiesa
non può cedere alla rivendicazione della gente ma deve
educare ai valori.
Non
vale solo per alcuni temi etici, come l’etica familiare o
genetica, ma anche per la giustizia, la legalità e la
solidarietà. Se
la Chiesa
assorbe il sentire della maggioranza non merita visibilità;
comunque se la ottiene non è visibilità del Regno.
La
Chiesa
è visibile nei martiri, nelle vergini e negli sposi, che
sanno essere sacramento del regno dei cieli, e nei poveri.
Sono realtà scomparse. Quando i valori evangelici sono
negati o deprezzati occorrono testimonianze più fedeli alle
origini.
L’economia
ci porta alla globalità mentre i costumi sostengono le
tradizioni.
La Chiesa
è
chiamata a significare che i diversi costruiscono
una realtà comune.
Finché
presumiamo di possedere tutta la verità costruiremo l’unità
attorno a noi.
Accettiamo
che la verità è dovunque agisce Dio in Cristo e nello
Spirito, anche nei diseredati del mondo e nelle rivendicazioni
dei poveri. Cerchiamo la verità assieme a tutti, anche se
l’essere cristiani ci fa già partecipi della parola.
La verità è Cristo e quindi è
più vasta e profonda di quella che conosciamo ora.
Se
la comunità
cristiana riuscirà a
fare unità nella diversità delle sue
componenti, dei carismi e delle funzioni, realizzando la
giustizia nella verità, diventerà interessante
in un mondo che ha bisogno di unità nella diversità, a tutti
i livelli.
E
non è a rimorchio
del cammino del mondo ma
lievito e luce del mondo.
Per
essere visibili occorre metterci in dialogo.
Il
dialogo
può essere un metodo; come tale è usato anche per dimostrasi
superiori e inglobare gli altri. La rivelazione
cristiana insegna che è la spiritualità di Dio:
il Figlio è parola, lo Spirito è
comunicazione. Gesù è ascolto di fronte a Dio e
dialogo con il mondo. La sua morte è frutto del dialogo
rifiutato. Infatti era Gesù la luce vera che veniva nel mondo
ma Israele non l’ha riconosciuta. Anche nella Chiesa del
dopo Concilio succede così.
La
Chiesa
nell'intensità
dell’esperienza
spirituale si rende visibile come messaggio di Dio
all’umanità, nel dialogo
con gli uomini che cercano la verità.
Chi
è nella verità, anche se ancora parzialmente, non può
negare il dialogo.
Sono
testimone del carisma cristiano nella globalità?
La
mia comunità è segno di una unità nella diversità?
Do
spazio ai carismi: impiego i miei talenti e accolgo quelli dei
fratelli?
Il
dialogo è il nostro linguaggio ecclesiale e il modo di porci
nel territorio?
3
La laicità.
La
chiesa come popolo di Dio.
Abbiamo
bisogno, nella
società e nella
Chiesa,
di ripensare la laicità.
Nella
relazione con la società.
Oggi
non si mette in dubbio l’influenza sociale
della religione.
Il
laicismo
illuministico, che era rottura
con la religione, è
alle nostre spalle.
La
religione ha influsso
sociale e non è solo un fatto personale e privato.
Nei
Paesi dell'Est
la coscienza religiosa è stata determinante per la
caduta del comunismo e in America Latina i martiri sono
stati determinanti contro
le dittature.
Oggi
la laicità non significa contrapposizione
ma collaborazione
per il bene comune.
La
Costituzione
europea
sottolinea la valenza sociale della religione e
dice che le istituzioni politiche
europee dovranno mantenere un dialogo con
le Chiese.
Negli
anni '70 Berlinguer disse: "Mi
impegno a rendere laico il Partito
Comunista”.
L’ideologia
ostacola
il
cammino verso l'unità nella pluralità.
Nelle
relazioni ecclesiali.
Anche
le famiglie sono talora composte di laici e di credenti. La
testimonianza da dare è il saper volersi bene nella diversità,
collaborando nel bene comune.
Dobbiamo
fare un passo avanti anche nei
rapporti tra ministri ordinati e laicato, partendo dalla
scoperta che
la Chiesa
è popolo di Dio. Prima della varietà delle membra c’è
l’unità del corpo, perché il corpo comprende anche le
membra. Solo se siamo convinti di essere tutti figli amati da
Dio possiamo onorare le diversità e amarci complementari e
non subordinati l’uno all’altro.Il laico è consacrato per
essere sacramento della Chiesa nel mondo, e i ministri con il
laico.
Un
laicato
maturo che interviene nelle scelte che gli competono evita che
i
ministri ordinati invadano
il suo campo, lasciato sguarnito di testimoni.
A
livello
di comunità cristiana deve nascere uno spazio di dialogo
in cui le persone crescono insieme nella libertà.
Il
Concilio ha elaborato la teologia delle realtà terrene, ha
riconosciuto che la laicità è un valore cristiano e non una
moda o una necessità per il tempo in cui mancano i ministri
ordinati.
Se
il cristiano non vive la spiritualità laicale non dà gloria
a Dio.
Nella
spiritualità.
I
laici cristiani devono maturare una
spiritualità laicale. Non sono chiamati ad imitare i
domenicani, i
francescani o i preti.
Occorre onorare la spiritualità laica che faccia sintesi con
la professionalità e la cittadinanza civile.
Occorre
collegare l’iniziazione cristiana e la teologia delle realtà
terrene.
La
nostra comunità è segno di fede, di giustizia e di
solidarietà entro il territorio? Vivo la spiritualità
dell’iniziazione, della consacrazione religiosa
e del matrimonio?
Viviamo
la teologia delle cose terrene?
|