PARROCCHIA DI CAMPOLONGO DI CONEGLIANO  

ritiro  operatori pastorali 2006

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RITIRO CON GLI OPERATORI PASTORALI 

   

Ogliano 11 giugno 2006

 

Nello stendere questa meditazione mi hanno accompagnato:

 

o        Il mio carisma di parroco, il dono che mi è stato dato con l’imposizione delle mani e che non posso delegare a nessuno nella comunità.

Sono chiamato e consacrato a rappresentare Gesù pastore.

Questo carisma va tenuto presente e onorato nella comunità.

 

o        Il Consiglio pastorale e il rapporto del Consiglio con gli operatori.

E’ un rapporto che va rafforzato con incontri, come il 5 maggio e oggi.

Aiuta ad essere responsabili e a creare solidarietà.

 

o        Il contatto con i gruppi, famiglie e singole persone.

 

o        L’amore alla comunità nella quale il Signore ci ha posto a vivere.

La Chiesa è un organismo vivente in cui ogni parrocchia è membro della diocesi e in cui la diocesi non sostituisce le singole parrocchie.

 

Sviluppo quattro punti:

1  Essere degni di fede.         2  Gli Israeliti di fronte alla terra promessa.

3  La nostra comunità oggi.   4  La giornata di ritiro, tempo di verifica.

 

1         Essere degni di fede.

 

La Chiesa è popolo sacerdotale, regale e profetico.  Occorre essere degni di fede per i rapporti con Dio, con la comunità e con il mondo. Gesù era degno di fede (cf. Eb 2,17). Paolo era degno di fede cf. 1Ts 2,2-6).

 

1Ts 2:  2Abbiamo preso l’ardire nel nostro Dio di annunciarvi il vangelo di Dio in molta lotta.

La Scrittura parla di scontro di tenebre e luce, di grano e zizzania.

E’ importante riconoscere questa realtà. Di fronte ai limiti e ai problemi occorre prendere l’ardire di Dio. Gesù dice che il seminatore esce a seminare con abbondanza e dappertutto e che la crescita richiede tempo.

Le situazioni possono compromettere il raccolto e bisogna saper gestirle.

Ci gloriamo nelle tribolazioni sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza poi la fedeltà provata, la fedeltà provato poi la speranza.

La speranza poi non delude, poiché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo, quello dato a noi (Rm 5,3).

Nella festa dell’appartenenza abbiamo scoperto che Dio agisce nella nostra comunità e noi riconosciamo le sue opere, nonostante i nostri limiti.

 

3 La nostra esortazione non nasce da errore né da impurità, né nell’inganno.

Occorre essere nella verità, perché Gesù è verità e non inquinamento o diplomazia. Occorre prendersi cura dei pastori e riconoscere i carismi distribuiti da Dio nella comunità. La verità viene prima della comunione, perché ci può essere anche la comunione nella menzogna (cf. Lc 11,18).

 

4 ma come siamo stati trovati idonei da Dio per affidar­ci il vangelo, cosi parliamo.

Ogni operatore pastorale è un chiamato e deve poter parlare. Se ha la fiducia di Dio merita anche quella della comunità. Per essere degni di fede occorre partecipare alla missione di Cristo ed essere autorevoli come lui.

Egli dice: Come il Padre ha mandato me così io mando voi.

 

non cercando di piacere agli uomini ma a Dio, che prova i nostri cuori.

Il buonismo contraddice le esigenze del regno e presuppone che siamo noi a giudicare. Il vangelo annuncia che Dio prova nella tentazione.

 

5 Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né con pretesto di guadagno, Dio è testimone, 7 né cercando gloria da uomini, né da voi né da altri.

Le persone cercano la gratificazione ma la gioia vera nasce dalla fedeltà. Guadagno indica denaro ma anche carriera e protagonismo.

Gesù chiede al Padre la gloria che aveva prima che il mondo fosse.

Io non prendo gloria dagli uomini (Gv 5,41).

La gloria vera a cui aspirare è quella che abbiamo nel disegno di Dio.

 

 

 

2  Gli Israeliti di fronte alla terra promessa.

 

Nel cap. 13 del libro dei Numeri è raccontato un evento importante.

E’ richiamato in Dt 1, nel salmo 94 (95) e in altri testi.

 

Il popolo contesta Mosè presso Massa (tentazione) e Meriba (ribellione).

Dio giura che quel popolo non entre­rà nella terra promessa.

Noi pensiamo che i 40 anni impiegati per attraversare il deserto e raggiunge­re la terra promessa fossero il tempo voluto da Dio. Invece la Bibbia racconta che, dopo essere usciti dall'Egitto ed essere stati un breve tempo nel deserto del Sinai, gli israe­liti furono esortati da Dio ad entrare subito nella ter­ra promessa. Il Deuteronomio si apre con il discorso che Mosè fece a tutto Israele nel deserto vicino al Mar Rosso.

Dt 1,1 precisa che dalla montagna del Sinai fi­no alla frontiera della terra promessa, ci sono soltanto undici giornate di cammino. Dio invita il popolo a prendere subi­to in possesso la terra promessa.

In Dt 1,6-8.21 Mosè ricorda che Dio aveva detto: Avete sostato abbastanza su questa montagna. Voltatevi indietro, levate le tende e andate verso il monte degli amorrei e nelle regioni vicine. Mosè ripete al po­polo: Ecco, il Signore vostro Dio ha posto davanti al vostro volto la terra; salite ad ereditarla, nel modo che vi ha detto il Signore Dio dei vostri padri ; non abbiate paura né timore.

Il popolo chiede che vengano mandati alcuni uo­mini ad esplorare il paese.

Mosè accetta la proposta e manda 12 uomini, uno per tribù, dando loro queste istruzioni: "Salite per questo deserto e salirete alla montagna e osserverete la terra qual è, e il popolo insediato su di essa: se è forte o debole, se poco o molto numeroso, e qual’è la terra nella quale essi sono insediati, se è buona o cattiva, come siano le città nelle quali essi abitano: se in città cinte da mura o sprovviste di mura e con coraggio prendete dei frutti della terra (Nm 13,17-20).

Di ritorno dall'esplorazione i dodici uomini fanno due relazioni contrastanti al popolo e a Mosè (cf. Nm 13,27-33).

La prima è positiva: "Noi siamo andati nella terra dove ci avevi mandato, terra stillante latte e miele e questo è il suo frutto". Gli uomini mostrano un grappolo d'uva di dimen­sioni tali che ci volevano due uomini per portarlo.

Questo grappolo è di­ventato il simbolo della terra promessa.

Chalet dice: Noi saliremo e la erediteremo, poiché avremo potere contro di loro. Insieme con Giosuè parla a tutta la comunità dei figli di Israele dicendo che la terra che avevano esplorato era molto buona. “Se ci sceglie il Signore, ci farà entrare in questa terra e ce la darà (cf. Nm 14,6-20).

L'altra relazione è negativa: Noi non saliamo perché non siamo in grado di salire a quel popolo in quanto è più forte di noi, davvero. E riportarono dalla terra che avevano esplorato una impressione di smarrimento ai figli d’Israele, dicendo: la terra che abbiamo percorso per esplorarla è una terra che divora quelli che vi dimorano; tutta la popolazione che abbiamo veduto in essa, sono uomini smisurati. E là abbiamo visto anche i giganti, ed eravamo di fonte a loro come locuste.

Il futuro del popolo dipende da queste due relazioni contrastanti.

Gesù parla di due padroni alternativi di fronte ai quali bisogna scegliere.

Nascono nel popolo due reazioni.

 

  • Alcuni credono alla parola di Dio.

 

Dio aveva detto "entrate" e Chalet e Giosuè vogliono entrare.

Mosè esorta il popolo: "Non spaventatevi, non abbiate paura di lo­ro, il Signore stesso vostro Dio vi precede, combatterà per voi, come ha fatto tante volte sotto gli occhi vostri in Egitto e come ha fatto nel deserto".

Chi ha fede in Dio e nella sua fedeltà affronta le situazioni con coraggio e fiducia. Tutto è possibile per chi crede ché niente è impossibile a Dio.

 

  • Gli altri esasperano le difficoltà.

 

Gli Israeliti, infatti:

 

- dicono: "Dove possiamo andare noi? I nostri fratelli ci hanno scoraggiato dicendo: quella gente è più grande di noi, le città sono grandi e fortificate fino al cielo; abbiamo visto perfino dei figli di annakiti, dei giganti" (Dt 1,28).

 

- dubitano del Signore: “Il Signore ci odia, per questo ci ha fatto uscire dal paese d'Egitto, per darci in mano agli amorrei e per sterminarci" (Dt 1,27).

- si lamentano: "Allora tut­ta la comunità alzando la voce diede un grido e continuava a piangere il popolo tutta quella notte. E mormorarono contro Mosè e Aronne e tutta la comunità disse loro: ”Magari fossimo morti in terra d'Egitto o in questo deserto! E perché il Signore ci fa entrare in questa terra a cadere in guerra? Meglio per noi è tornare indietro, in Egitt0  (Nm 14,1-4).

 

- si ribellano: “ E si dissero l’un l’altro: diamoci un capo e torniamo in Egitto”.

 

Il Signore reagisce:

 

o        "Fino a quando mi esaspera questo popolo e fino a quando non credono in me, dopo tutti i miracoli che ho fatto in mezzo a loro?" (Nm 14,11).

 

o        "Per la mia vita, come è vero che tutta la terra sarà ter­ra della gloria del Signore, tutti quegli uomini che han­no visto la mia gloria, i prodigi compiuti da me in Egitto, nel deserto, e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno obbedito alla mia voce, certo non vedranno la terra che ho giurato di dare ai loro padri (Nm 14,21-24).

 

o        Darò la terra ai loro figli che sono con me qui; quanti non conoscono bene e male (Nm 14,24). Coloro che hanno indotto gli altri alla sfiducia mori­rono colpiti da un flagello davanti al Signore" (Nm 14,37).

 

Dio decide che il popolo vada errando per 40 anni nel deserto.

“Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare il paese, 40 giorni, sconterete le vostre iniquità per 40 anni, un anno per ogni giorno e conoscerete la mia ostilità. Non entrerete nella terra, eccetto Chalet e Giosuè. Io, il Signore ho parlato” (Nm 14,34-35).

Quando Dio giura­ non torna indietro. L'indomani gli Israeliti fanno un tentativo di entrare nella terra promessa ma risulta inutile; devono per forza prendere la direzione del deserto ed errare nel deserto per 40 anni.

Il Salmo 94,10 prega:  “Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato,non conoscono le mie vie; 11 perciò ho giurato nel mio sdegno:non entreranno nel luogo del mio riposo”.

 

3   La nostra comunità in questo tempo della salvezza.

 

Oggi la nostra comunità si trova di fronte a una situazione analoga.

La Bibbia non racconta un passato ma l’oggi in cui l’evento iniziato nel passato ci raggiunge, ci coinvolge e ci interpella. Lasciamoci guidare dal salmo 94: “8 Ascoltate oggi la sua voce: «Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, 9 dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere”.

 

Noi siamo davanti alla terra promessa. Gesù venne predicando il vangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete alla bella notizia (Mc 1,14-15).

Gesù invita ad entrare nel Regno che annuncia.

 

Di fronte all’offerta del Regno le scelte sono diverse.

 

o        Alcuni capiscono che il Regno è dono che compie le promesse.

Lasciano tutto con gioia per procurarsi questo tesoro: Maria, Zaccheo, i discepoli, i martiri, una folla numerosa che non si riesce a contare.

 

o        Altri tornano indietro scoraggiati dalle esigenze del vangelo.

Il ricco invitato da Gesù a vendere i beni e a seguirlo diventa triste (Lc 18,24). Dopo il discorso di Gesù sul pane molti suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui (Gv 6,66).

 

o        Altri mettono alla prova Dio, perché conciliano il regno dei cieli con il mondo. Sono cristiani e sono del mondo.

Quando resta la mentalità passata non si è ascoltato la Parola.

 

Che cosa dovrebbero fare gli operatori pastorali?

Davanti agli ostacoli alla vita cristiana e alla pastorale è necessario:

 

-  interrogarci seriamente sulla qualità della nostra fede e su come possiamo diventare degni di fede nei rapporti con Dio, la comunità e il mondo.

Paolo scrive ai Romani:

"Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?

Ma in tutte queste circostanze siamo più che vincitori" (Rm 8,35-37).

Fede è avere un animo da più che vincitori di fronte alle difficoltà, credere a Dio, che ci dice di entrare nel suo regno.

 

-  non ingigantire gli ostacoli per non lasciarci sopraffare da essi.

 

La mancanza di fede sta alla radice dell’iniquità e allontana dal Dio vivente. Abbiamo veramente una fede corrispondente ai doni del Signore?

Preghiamo il Signore di aggiungere fede alla nostra fede (cf. Lc 17,5).

 

-  vincere le critiche e i malumori diffusi.

 

Alcuni nella nostra parrocchia provocano ne­gli altri uno stato d'animo di sfiducia insistendo sulle difficoltà che la comunità attraversa.

Alcuni esempi:

- Chi partecipa alla preghiera di lode e di comunione e poi semina zizzania criticando in modo sistematico e dando voce a voci maligne e non verificate.

- I gruppi che vivono autonomi, che agiscono nella comunità e non sono comunità.

La parrocchia non può legittimare chiusure né mettere insieme liturgia rinnovata e devozioni popolari vecchie.

 

La società contemporanea, pur in mezzo alla sua contraddizioni mostra segni di speranza: il rifiuto della violenza e della guerra, il rispetto della persona umana e dei suoi diritti, il desiderio di giustizia e di fra­ternità.

 

La nostra comunità quali segni di speranza offre?

Occorre riconoscerli per riconoscere l’azione dello Spirito santo, per generare speranza e credere nella possibilità della missione.

Come coniugare tribolazione, pazienza, fedeltà provata e speranza?

Occorre partire dalla convinzione che nelle difficoltà siamo più che vincitori, perché Dio vince la sofferenza e la morte.

4   La giornata di ritiro, tempo per pregare e verificare, insieme.

 

Il salmo 94 ci invita a riconoscere e a lodare il Signore.

1 Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
2 Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia.

3 Poiché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dei.
4 Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti.
5 Suo è il mare, egli l'ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra.

6 Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
7 Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce.

 

Il nostro ritiro sia caratterizzato non dalla preoccupazione ma dalla fede e dalla gratitudine per le opere che Dio ha compiuto e compie ancora, anche in noi e per mezzo di noi, se consolideremo la fede in lui.

 

2Tm 2 ricorda:

10 La  parola di Dio non è incatenata. 11 Certa è questa parola: Se moriamo con lui, vivremo anche con lui; 12 se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà; 13 se noi manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

 

Dio ci dà la possibilità della vittoria se noi non abbiamo paura della sconfitta.

 

Questa mattina celebreremo l’eucaristia con la comunità di Ogliano, una comunità in cui ci sono luce e tenebre come nella nostra.

Il pomeriggio ci lasciamo interrogare dalla parola che abbiamo meditato e ci ascoltiamo, per condividere sia le risonanze della parola sia i percorsi da fare insieme nel futuro che il Signore vuole aprire per noi. 

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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo di Conegliano (TV)