Omelie
di Natale
a cura di
don Carlo Salvador
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NATALE
2004 NELLA
NOTTE
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Nella
notte di Natale leggiamo il vangelo di Lc. Egli ci dà il
racconto più esteso e circostanziato della nascita di Gesù,
una pagina di storia e insieme una lettura di fede.
Nel
natale Dio adempie le promesse. La Genesi scrive che in
principio la terra era invisibile, informe e coperta di
tenebre e Dio creò la luce e trasformò il caos in un mondo
ordinato in cui fiorisce la vita. E quanto aveva fatto era
molto bello. Isaia allude a una nuova creazione quando dice
che sul popolo che abitava in terra tenebrosa rifulse una
grande luce. Dio trasforma il mondo abitato dall’umanità
sconvolta dal peccato e minacciata dalla morte in una
creazione nuova in cui fiorisce la vita eterna. Propongo alla
vostra attenzione quattro aspetti del natale.
1
Lo zelo del Signore spezza il giogo che opprimeva il
popolo, la sbarra con cui veniva percosso e il bastone del
torturatore. Quando fa questo Dio vince le tenebre con la
luce.
Il
vangelo questa notte rivela l’atto con cui Dio inizia la
redenzione/creazione del mondo.
Oggi
è nato un salvatore: Cristo Signore. Non siamo venuti a
celebrare l’anniversario di un evento compiuto 2000 anni fa
ma un’azione attuale, che Dio sta compiendo oggi.
Gesù
è salvatore, viene cioè in nostro favore, come segno
vivente che Dio ci ama.
Gesù
è Cristo Signore, vincitore delle tenebre/morte che
hanno tentato di fermarlo.
Dio
libera il mondo dalle tenebre e dal
peccato e lo trasforma in regno dei cieli.
Gesù,
uomo nato da Maria, crocifisso e ucciso dagli uomini, è
Signore e re (At
2,36).
Il
Natale, prima che un evento intimo alle persone, è un evento
cosmico e universale, il recupero del creato, un evento che
moltiplica la gioia di quando Dio ha creato il mondo.
2
Gesù nasce in una grotta senza porte, trovata aperta e
lasciata aperta, dono di Dio a suo Figlio, a Giuseppe e Maria,
ma anche agli angeli e ai pastori e a noi. La grotta è più
adatta alla nascita di Gesù di un albergo, perché egli nasce
per tutti, è il bambino di tutti.
Non
c’era posto per loro nell’albergo perché Dio decide
che l’albergo non è adatto.
Egli
trasforma la stalla aperta in tempio, in cui viene offerta la
comunione con l’uomo. Noi trasformiamo templi magnifici in
luoghi di vanità, di desolazione e di mercato.
Il
vero tempio è il luogo in cui avviene la comunione, in
spirito e verità. Natale ci chiede di mantenere la libertà
interiore per essere fraterni.
3
Maria avvolse Gesù in fasce e lo adagiò nella
mangiatoia. Mentre Cesare conta i suoi sudditi come un
ricco conta i suoi beni, Dio espone il Figlio come segno
profetico.
Vivere
non è possedere ma donare, non è mangiare ma essere
mangiati, non è dominare ma servire. Gesù si è consegnato
agli uomini ed anche alla creazione e agli inferi.
E’
il natale che gli angeli annunciano ai pastori, quello bello,
il cuore del vangelo.
Il
Natale scioglie due nodi: fa riconoscere Dio che crea un mondo
“altro” dal presente segnato dal peccato e indica nella
condivisione dei beni la legge nuova. Noi l’abbiamo relegata
tra le utopie mentre è il cuore del vangelo. La pace verrà
solo quando i beni saranno condivisi. Le religioni, gli stati,
le parrocchie, le persone e perfino gli ordini religiosi che
fanno voto di povertà non sanno condividere.
Noi
stimiamo/invidiamo i ricchi senza badare a come sono arrivati
a esserlo; riteniamo che essere benestanti è il segno del
successo, mentre Gesù è un lattante che si nutre della
creazione e che cresce con il popolo, perché umano e divino
diventino una sola carne.
4
La voce degli angeli celebra il natale e anticipa la
professione di fede della Chiesa.
Gloria
a Dio nelle altezze e sulla terra pace agli uomini che egli
ama.
Gli
angeli contemplano il volto del bambino ma anche quello di Dio
e di ogni uomo.
Se
il Natale segna la gloria di Dio e la pace sulla terra, allora
è festa per chi accoglie l’amore di Dio e confida in lui, e
per chi ama i fratelli e condivide i beni della vita.
Il
natale è ancora un germoglio che deve fiorire e fruttificare,
una missione da compiere.
Adottiamo questo bambino, che ci farà crescere con lui verso la pienezza
della vita.
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NATALE
2004 NEL
GIORNO
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La
liturgia del giorno di Natale propone il prologo del vangelo
di Giovanni come risposta e compimento alla profezia di Isaia.
Egli proclama al popolo di Dio: il tuo Dio regna.
Chi
è di sentinella vede il ritorno del Signore e grida di gioia.
Gv, in una meditazione teologica e poetica, descrive cosa sa
la sentinella per riconoscere il ritorno di Dio.
Non
si può riconoscere uno di cui nessuno ci ha parlato, che non
si sa com’è o chi è.
Siamo
chiamati anche noi a modulare le nostra attesa sulla parola di
Dio che descrive chi è o come è Gesù per noi. Il testo può
apparire difficile ma è scritto per noi ed è proposto dalla
liturgia del natale. Evidenziamo quattro aspetti del natale.
1
Il testo si apre con l’espressione in principio,
come fa la Genesi, ma presenta non il caos coperto dalle
tenebre ma l’armonia creata dalla Parola uscita da Dio. Essa
è rivolta verso Dio ed esprime comunione piena con lui, come
l’unione tra colui che parla e la parola detta, tra colui
che genera e colui che è generato; ognuno è la vita,
l’amore e la gioia dell’altro. La Parola è rivolta verso
il creato ed ha con esso un legame stretto, perché esso è
fatto per mezzo della parola e nella parola. La parola è
dunque fonte di vita e di armonia tra Dio, il creato e
l’uomo, perché è vita e luce di tutti. Il Natale congiunge
cielo e terra, passato e futuro; è evento storico, evento che
cambia e fa nuova la storia.
2
La meditazione è interrotta da alcuni versetti
narrativi che collocano la Parola in rapporto al Battista,
alla sua predicazione e al suo battesimo. Egli è mandato
perché tutti credano alla luce. Egli non è la luce vera ma
il crepuscolo, che precede la luce. Giovanni prepara il popolo
ad accogliere la Parola e i credenti che seguono la sua
testimonianza incontrano
la luce piena. La parola dell’AT prepara la parola fatta
carne, che è la pienezza della rivelazione. Maria, Giuseppe e
i pastori sono gente dell’attesa, mentre il popolo che non
attende non si accorge di niente. La funzione del Battista
indicata nel prologo è simile a quella dell’evangelista,
indicata al conclusione del vangelo: condurre a credere in Gesù
per valorizzarlo e avere la vita nel suo nome.
3
La Parola viene εισ τά
ίδια, nelle le cose intime, nel creato che
è la casa della parola.
Come
viene accolto Gesù? Gli uomini accetteranno di vivere alla
sua luce?
Si
crea la contraddizione predetta nel cantico di Zaccaria. I
suoi non l’accolgono e così rinnegano se stessi e non
raggiungono la vera vita. Il mondo per loro resta avvolto
nelle tenebre e destinato alla morte. Quando Gesù muore le
tenebre coprono la croce e la terra. La creatura umana può
rinunciare a τά ίδια, a ciò di
cui è costituita e di cui ha bisogno.
Altri l’accolgono. Ad essi Dio dà il potere di
diventare figli di Dio. Sono generati di nuovo non da sangui né
dalla volontà di carne, ma dall’alto, cioè da Dio.
Il
natale rende possibile questo evento: la parola diventa carne
e la carne si divinizza.
4
Oggi contempliamo questo mistero, la sua gloria e la
grazia che porta all’uomo.
La
parola pone la sua tenda tra noi. Contempliamo una cosa
attuale, che i nostri occhi possono vedere e che ci provoca a
decidere. La tenda piantata da Gesù nel creato diventa la
nostra casa o resteremo cittadini di un mondo contrapposto a
Dio?
Il
natale pone una alternativa che non possiamo dribblare. Essere
fuori della sua tenda significa essere fuori del suo regno e
della salvezza. Perché Dio viene per regnare, anche se a noi
non interessa o se noi ci opponiamo.
Nel
nostro tempo molti cristiani convertono il natale, ne fanno
una tradizione umana. Come dirà Gesù, sostituiscono la
parola di Dio con la tradizione degli uomini.
Il
natale diventa la festa della famiglia, evento che libera i
buoni sentimenti, i regali, i consumi e gli auguri, cose che
fanno festa all’uomo e non onorano le attese di Dio.
Sta
a noi e solo a noi scegliere. Dio viene perché ci ama e per
la nostra vera gioia.
Accogliamolo,
abitiamo nella sua tenda, diventiamo amici del Figlio e in lui
figli di Dio.
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SANTA
FAMIGLIA A
2004
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La
prima domenica dopo il natale la Chiesa celebra la santa
famiglia. E’ la prima realtà che Gesù ha conosciuto;
abitandola si è santificato e la ha santificata. Dio stesso
ha preparato a Gesù una famiglia dove potesse formarsi nella
fedeltà all’umano e al divino.
La
famiglia di Gesù è un modello perché è composta di persone
sante ed anche perché corrisponde al disegno di Dio che
l’ha educata ad essere famiglia secondo il suo cuore.
Non
parlo della famiglia sotto il profilo pedagogico e
sociologico, ma come la presenta la liturgia, cioè
secondo la parola di Dio proclamata nella memoria
eucaristica.
La
prima lettura riporta esortazioni riconducibili alla sapienza
di Israele, attenta alla volontà di Dio. Il salmo sviluppa il
timore di Dio: Benedetta la casa che teme il Signore.
Paolo
augura ai Colossesi che Cristo, parola fatta carne, abiti
in loro nella sua ricchezza Il vangelo propone la fuga in
Egitto e il ritorno a Nazaret, dicendo per tre volte che
l’angelo guida Giuseppe nel sogno e la famiglia segue le
indicazioni di Dio.
Giuseppe
è figura antitetica ad Erode: favorisce i piani divini mentre
Erode li ostacola.
Alla
luce della parola, questa ed altre pagine bibliche, vi
propongo quattro riflessioni.
1
La famiglia è inserita in un contesto sociale e
conosce la sofferenza e la persecuzione.
Anche
oggi ci sono famiglie costrette ad emigrare per vivere,
famiglie profughe a causa di persecuzioni e miseria, famiglie
lacerate da conflitti e da separazioni, famiglie esaurite a
causa dei ritmi di lavoro e di una cultura debole rispetto al
mondo che le circonda.
La
Parola ci presenta Dio che protegge la famiglia perseguitata
da politiche dissennate.
Occorre
credere nella provvidenza divina, perché tutte le famiglie
sono sue, e non lasciarci cadere le braccia di fronte alle
delusioni.
Mettere
in atto iniziative di sostegno per salvare la famiglia è una
missione che Dio ci dà.
2
La famiglia nella bibbia non viene considerata un
assoluto ma una realtà relativa.
Essa
è relativa ai figli e al loro futuro, alla comunità
cristiana, alla futura famiglia di Dio. Questa apertura non è
sempre capita e accettata. Gesù nel tempio risponde ai suoi
genitori che deve occuparsi delle cose del padre suo, ma essi
non capiscono. Gesù nella famiglia è sottomesso nella
libertà interiore e mai prigioniero. Il vangelo esalta poco
la famiglia ed invece racconta situazioni familiari che Dio
apre a spazi nuovi.
3
La famiglia cristiana è un sacramento, segno di una
realtà invisibile.
L’amore
umano esprime anche il divino. Dio assume il volto di padre,
di sposo, di figlio, il volto dell’amore. La vita familiare
è una strada per conoscere e far conoscere Dio.
Ma
la famiglia radicata in Cristo non ha paura neanche dei
conflitti e dei fallimenti, perché il divino che vive in lei
aiuta le persone a realizzarsi in forme superiori di amore.
Gli
sposi cristiani vivono la paternità anche se non hanno figli
e comunque oltre il numero dei figli che è possibile avere
oggi e oltre il tempo in cui vivono con i figli, proprio
perché, avendo in se stessi la vita divina possono
partecipare alla paternità di Dio che non è limitata dalla
corporeità. Anche i vergini e i ministri ordinati partecipano
alla paternità di Dio; una volta venivano chiamati: padre,
madre. Chi accoglie la parola e la pratica vive tutte le
dimensioni dell’amore, perché vive nella famiglia di Dio in
cui l’umano spazia nel divino
La cosa vale per tutti gli aspetti dell’amore
familiare. Ad esempio, l’amicizia cristiana, come l’ha
vissuta e insegnata Gesù, è una fraternità che ha
dimensioni divine per cui chi riceve l’amore del Padre lo
condivide con gli amici.
Accogliere
nell’amore sponsale l’amore di Cristo per la Chiesa
amplifica le possibilità umane della sponsalità.
4
Formare una famiglia cristiana significa anche
conoscere forti tensioni interiori.
Gesù
insegna a mettere il vino nuovo in otri nuovi e non nei
vecchi, perché si spaccano.
Noi
non possiamo rinunciare alla novità del vangelo, ad essere
famiglia e piccola chiesa. Noi che abitiamo la famiglia e la
Chiesa siamo chiamati a far crescere insieme relazioni umane e
divine, perché questa è la novità portata dal natale di
Gesù.
Chiediamo
al Signore che la Chiesa evangelizzi la famiglia in modo che
conosca la realtà divina che è chiamata a vivere e che le
famiglie cristiane siano testimoni del vangelo della famiglia.
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MARIA,
MADRE DI DIO 2005
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La
liturgia è affollata di eventi celebrativi, tutti importanti per il
culto e per la vita:
Il
natale, con la presentazione dei pastori che vanno in fretta
a vedere il bambino e a far conoscere la parola che era stata detta
a loro. L’annuncio degli angeli mette loro fretta; non fanno
aspettare Dio. Anche Maria aveva raggiunto in fretta la casa di
Elisabetta. Impariamo che non è possibile celebrare bene il natale
e restare dove eravamo prima.
La
circoncisione, offerta sacrificale delle primizie nel tempo
delle deportazioni, segno fisico della benedizione e dell’alleanza
e dell’identità religiosa, richiamo al battesimo.
L’anno
nuovo, tempo che Dio dona alla speranza dell’uomo, anno
segnato dalla benedizione di Dio che annulla la maledizione
provocata dal peccato di origine. Non siamo più lontani da Dio ma
lo chiamiamo nostro padre, perché il Figlio si è fatto uomo. La
benedizione infatti segna la vita in modo irreversibile, come la
benedizione di Isacco che è rimasta su Giacobbe anche se era stata
strappata con l’inganno.
La
pace, un bene che l’umanità desidera tanto ma che non
raggiunge mai. La pace donata da Dio non è frutto degli equilibri
armati dei potenti ma viene dall’accettazione della nostra
dipendenza da Dio ed è frutto del natale, perché il Figlio per
primo si è svuotato per farsi uomo e farsi obbediente fino alla
morte di croce. L’unione a Dio genera la pace.
La
liturgia oggi fa riferimento soprattutto a Maria, che presenta come madre
di Dio.
Cosa
significa l’espressione: madre di Dio? Che cosa intende la
Chiesa e che cosa invece significa nell’immaginario cristiano?
Sono evidenti due problemi. Le parole hanno il senso inteso
all’origine quando sono state usate e quindi occorre conoscere
come si è mosso il Concilio di Efeso nel contesto ecclesiale in cui
è stato fatto.
Le
parole sono comunque inadatte a definire/racchiudere il mistero,
qualunque sia.
Stiamo
aderenti alla Scrittura, la massima autorità, più grande anche dei
Concili.
Paolo
scrive ai Galati: Dio inviò il suo figlio, nato da donna.
Gesù dunque è figlio di Dio nato da Maria. Maria è madre di Gesù.
Gesù è figlio che, per essere vero uomo, ha svuotato se stesso, è
cresciuto davanti a Dio e agli uomini in età sapienza e grazia ed
è stato costituito figlio di Dio nella risurrezione. Madre non
significa che ha generato tutto quello che Gesù è diventato dopo
la sua nascita. Anche noi quando diciamo che una donna è madre di
un sacerdote non intendiamo dire che lo ha generato sacerdote.
E’
meglio dire che Maria è madre di Gesù, che è nello stesso tempo
uomo e Dio.
Maria
prova stupore di fronte alle cose dette dai pastori e di fronte a
Gesù in mezzo ai maestri del tempio. Lo stupore indica che si è
sorpresi da una cosa sconosciuta.
Maria
medita e conserva nel suo cuore le cose che vede e le parole che
sente; ha difficoltà a comprendere tutto e si impegna a conoscere
la rivelazione di Dio e a confrontare e valutare gli eventi per
giungere alla comprensione. Maria si afferra agli eventi in modo da
mantenere la conoscenza del Figlio e il contatto con lui. In altre
parole Gesù diventa sempre più il maestro spirituale di Maria. Così
appare in particolare a Cana di Galilea e sulla croce, quando Gesù
dispone di lei e lei gli obbedisce. Maria si impegna ad approfondire
la propria fede, a capire sempre di più e sempre meglio il mistero
fino a riconoscere il Figlio di Dio nel figlio che le cresceva
accanto e che moriva sulla croce. L’obbedienza a Dio è accogliere
un punto di vista diverso per lasciarsi coinvolgere pienamente con
il cuore, la mente e le forze. Non basta, neppure a noi, vivere in
prima persona gli eventi operati da Dio, ma occorre comprenderli
nella fede e lasciarci trasformare nell’obbedienza. Celebriamo
questi eventi ringraziando Dio di cuore e do-mandiamogli di riuscire
a afferrarci, come Maria, per conoscere e accogliere il mistero a
mano a mano che ci è donato.
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NATALE
2 2005
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Le
tre letture odierne si riferiscono al bambino che nasce a Betlemme e
dicono che viene a realizzare un disegno che è stato concepito da
Dio in principio, prima di creare il mondo. Il mondo è fatto in
vista dell‘incarnazione e della glorificazione.
Il
Figlio fatto uomo e risorto porta il mondo nella gloria. E’
interessante conoscere che questo progetto di Dio è presentato in
testi diversi sia del VT che del NT. Oggi ascoltiamo tre cammini del
progetto di Dio.
La
sapienza, secondo il Siracide e i proverbi, è creata da Dio prima
di ogni cosa, abita presso Dio e presso gli uomini ed entra in
Israele prendendo stabile dimora nella legge.
La sapienza divina si manifesta nella rivelazione fatta
attraverso Mosè e nella storia del popolo eletto fedele alla parola
di Dio, rivelazione e storia che danno senso alla vita.
La
Parola, secondo il prologo di Giovanni che abbiamo meditato nel
giorno di Natale, è da sempre presso Dio, si incarna in Gesù e
dona al creato e all’umanità di partecipare alla vita divina.
Coloro che credono in Gesù sono stati generati da Dio.
Il
Cristo, secondo Paolo ci ha portato la benedizione di Dio.
La
lettera agli Efesini inizia così: Dio ci ha benedetti con ogni
benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. Il bambino ci porta
la benedizione di Dio. Dio benedice, cioè dice in questo bambino la
parola che cambia in bene la nostra vita. E’ una parola che
nessuno può annullare, perché facendosi carne si è immersa dentro
l’umanità e la creazione.
Chi
si pone contro questa parola o non la accoglie, si esclude da ogni
possibile salvezza, perché non c’è altra salvezza per gli uomini
sotto il cielo.
Richiamo
le sei benedizioni presentate in questo inno, che ripropongono il
progetto di Dio, rivelato dalla Sapienza e dalla Parola.
1
Dio ci ha scelti in Cristo, prima della creazione del mondo,
per essere santi.
Egli
progetta e prepara dall’eternità una realtà in cui creare
l’uomo senza decidere il suo destino annullando la sua libertà.
Egli mette Cristo al centro della storia e del cosmo per creare e
santificare tutte le cose e gli uomini in lui. Così gli uomini
possono vivere in Cristo e con Cristo e divenire ad immagine di Dio,
secondo il progetto creativo.
2
Dio ci ha predestinati ad essere figli adottivi per opera di
Gesù Cristo.
Dio
ci comunica la santità facendoci figli. La santità è la vita
divina partecipata agli uomini per mezzo di Gesù che si è fatto
uomo. Egli è fonte e modello di questa santità. La gloria che
Cristo possiede penetra sempre più il cristiano e cresce con lui
fino a quando il suo stesso corpo sarà rivestito della stessa
gloria.
3
Abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati mediante il
sangue di Cristo.
La
redenzione si compie nella storia mediante la croce di Cristo. Sul
bambino si proietta da subito la pasqua, meta ultima della sua
crescita a pienezza di tutti e di tutto.
4
Dio vuole ricapitolare in Cristo tutte le cose,
quelle del cielo e quelle della terra.
Dio
ha un segreto sapiente che rivela in Cristo. La salvezza ad opera
della croce porta alla restaurazione dell’universo nel Cristo,
capo di tutto, risorto e glorioso.
5
In Cristo siamo stati fatti anche eredi.
Il
popolo di Dio, Israele e la Chiesa, diventano per primi e fin
d’ora depositari della promessa per testimoniare al mondo che
l’attesa universale della salvezza trova in Cristo la risposta che
cerca. Dio ha sottomesso tutto a Cristo e
lo ha costituito a capo della Chiesa, il suo corpo e la sua
pienezza, il suo sposo.
6
In Cristo abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, caparra
dell’eredità eterna.
Il
dono dello Spirito è necessario per compiere il cammino previsto
nel disegno di Dio.
Egli
ci è donato da Cristo perché operi in noi ciò che ha operato in
lui sulla terra.
La Scrittura in queste tre pagine, ma anche in altre
non ricordate nella liturgia del natale, rivela che esso non è solo
il farsi uomo del Figlio ma anche l’attuazione del disegno di Dio.
Partecipiamo con
riconoscenza e con amore al cammino di Gesù verso la gloria.
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EPIFANIA
2005
L’infanzia
di Gesù è come un prologo: racchiude i temi sviluppati nel
vangelo. L’epifa-nia prelude alla passione, in cui avviene il
rifiuto di Israele e l’accoglienza dei pagani.
La
nascita di Gesù origina un movimento che continua nella storia.
I
pastori vanno dai loro greggi alla grotta e i magi vengono
dall’oriente a Gerusalemme. Gesù adulto va verso il Battista e
poi passa di villaggio in villaggio. La Chiesa
percorre tutto il mondo e tutta la storia per annunciare il
vangelo. La religione cristiana continua il movimento del mondo
verso Gesù annunciato da Isaia e quello di Gesù verso il mondo.
La
nascita di Gesù non è un evento da consumare ma salvezza da
portare al mondo. Gesù e il mondo sono fatti l’uno per l’altro
ma l’incontro non è facile perché il mondo è abitato da tenebre
dense che contrastano la luce. Dio però non cessa di provocare il
cammino.
Noi
che abbiamo incontrato Gesù nella sua nascita, dobbiamo ora
portarlo al mondo.
Il
racconto dell’apparire e del cammino della stella è pieno di
simboliche.
Il
cosmo annuncia la nascita di Gesù. Questo significa che la vita è
in ricerca di Dio, che l’ha creata, e che Dio fa vivere tutti con
la sua parola. La parola però non porta a Dio da sola ma ha bisogno
dell’uomo che la cerca e l’accoglie come luce al proprio
cammino.
A
Gerusalemme avviene l’incontro della ricerca dell’uomo e della
parola di Dio.
I
magi uniscono la loro ricerca alla parola della Scrittura e trovano
il Messia.
Israele
invece non accoglie la parola perché non cerca il Messia che i magi
annunciano.
Qui
c’è un’indicazione preziosa per noi: non basta l’impegno
dell’uomo senza la Parola ma neppure la parola che non incontri la
vita. Coloro che amano e servono la vita e coloro che amano le cose
di Dio devono parlarsi e ascoltarsi. L’uomo che soffoca dentro di
sé la domanda religiosa e non cerca forme più alte di vita, si
esaurisce e muore, come l’uomo che coltiva lo studio della
Scrittura e la preghiera ma si chiude alle esigenze della vita. l
bambino continua a gridare la sua fame finché non gli viene dato da
mangiare.
L’uomo
invece soffoca la domanda che porta in sé e si sazia con le cose
che consuma. Marx diceva che la religione era alienazione dalla vita
e aveva tante ragioni, perché i cristiani allora si dimostravano
egoisti di fronte ai problemi dell’economia e della società. Oggi
possiamo dire che il mondo è alienazione da Dio perché annega
l’uomo nel consumismo che soffoca le sue energie vitali e le sue
aspirazioni più profonde. Dobbiamo imparare di nuovo a cercare ed
amare Dio, perché l’uomo senza interrogativi interiori è un
povero senza cammino. La stella invita a riscoprire la dualità
materia e spirito, che porta comunione e fecondità, come la dualità
maschio e femmina. Impariamo ad amare il senso della vita più che
la vita stessa, perché essa si salva quando incontra un senso più
alto di sensi che può are l’uomo.
A
Gerusalemme si manifesta il difficile rapporto tra religione e
politica, tra le cose di Dio e le cose della terra. Erode
convoca il Sinedrio per sapere dove è nato il Messia. La politica
convoca la religione. Il Sinedrio dà una riposta interlocutoria.
Nonostante che in quel tempo tra i poveri di Jwh sia viva l’attesa
del Messia, non si interessa della sua nascita, o forse non pensa a
un Messia bambino. La Scrittura non serve alla religione ma alla
politica. Erode, che teme per il suo regno, si dimostra più
interessato, e dice ai magi: quando avrete trovato il bambino
annunciatelo a me. Anche oggi la religione viene usata a scopo
politico, per giustificare la guerra o per fare i propri interessi.
Quando si dà per avere non ci guadagna né la Chiesa né la
politica. Viene qui prefigurato Gesù re dei giudei, come
apparirà nella condanna a morte, la complicità tra sinedrio e
Pilato nel decidere la sua morte e il passaggio dell’alleanza da
Israele ai pagani. Il cristiano si deve impegnare per la vita della
πόλισ/città, ma per farlo da cristiano
deve mantenersi libero dal potere e dal denaro. La Chiesa deve
occuparsi delle realtà terrene ma mantenersi libera dalle scelte
politiche che sono responsabilità politica.
Epifania
è festa: lo adorarono e gli offrirono in dono oro, incenso e
mirra.
La
nascita di un bambino chiede agli adulti di amarlo e di occuparsi di
lui.
Noi che celebriamo il natale come festa dobbiamo decidere come aiutare la
causa di questo bambino, che adoriamo come figlio di Dio e salvatore
del mondo.
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BATTESIMO
DEL SIGNORE A 2005
Questa
celebrazione conclude il tempo di natale e apre il tempo ordinario,
in cui ogni settimana l’assemblea, riunita intorno al vescovo o al
parroco, celebra la domenica, il giorno del Signore risorto, la
pasqua settimanale. Il natale ricorda l’inizio della vita di Gesù,
uomo e Dio, e il nuovo inizio del mondo. Anche il battesimo di Gesù
costituisce un nuovo incipit, dopo i lunghi anni di Nazaret,
trascorsi nel nascondimento e nella contemplazione. Il battesimo
realizza nella storia quello che il Natale significa. Gesù dopo il
battesimo di Giovanni inizia la sua missione, passa beneficando e
risanando. In realtà Matteo non racconta il battesimo ma quello che
accade prima e dopo. Del prima racconta un incontro-scontro tra
Giovanni e Gesù, che fa chiarezza sulle due persone e la loro
missione. Esse appaiono collegate ma diverse.
Gesù
è superiore a Giovanni, viene dopo ma è più forte, battezza in
Spirito santo e fuoco.
Giovanni
riconosce Gesù come il Messia che egli stesso aveva indicato a
Israele.
Gesù
invita Giovanni a lasciare perché ambedue possano compiere in
maniera piena la giustizia, il disegno di Dio. Gesù è il servo
chiamato nella giustizia, di cui parla Isaia nella prima lettura.
Infatti, egli è in grado di farla risplendere come luce per tutti i
popoli poiché vive nella giustizia piena. Giovanni lascia Gesù. Il
verbo è quello che Matteo usa per dire che il diavolo lascia Gesù
dopo le tentazioni nel deserto. Si tratta di un ritirarsi
completamente, di un morire per Giovanni e di un inizio pieno per
Gesù, una manifestazione. Anche
il modo con cui Mt introduce il racconto rende questa idea: Gesù
sopraggiunge dalla Galilea sul Giordano: è un giungere
per prendere possesso. Matteo mette in luce il disegno di Dio che
Giovanni e Gesù sono venuti a compiere in tempi e in modi diversi.
Essi compiono ciò che Gesù stesso insegnerà: Cercate prima il
regno di Dio e la sua giustizia. Dopo che Gesù è battezzato
Matteo racconta l’identità e la missione di Gesù con quattro
espressioni.
Gesù
sale dall’acqua. Era disceso per essere immerso, come lo è il
bimbo nelle acque materne; da lì sale per venire alla luce. Così
il popolo con Mosè è salito dal mare Rosso, libero dalla schiavitù,
e con Giosuè è salito dal Giordano per entrare nella terra
promessa. Il tentatore ha esaurito le sue possibilità e Dio dona la
sua misericordia.
Il
Battesimo esprime una simbolica adottata da tutte le grandi
religioni nel rito di iniziazione, qualcosa legata alla vita e alla
morte dell’uomo e della creazione. Per il cristianesimo è segno
della morte e risurrezione di Gesù, primizia della risurrezione in
lui di tutte le cose. Esse morendo e risuscitando on lui si salvano.
I
cieli si aprono a Gesù. Il desiderio del cielo ha occupato
l’umanità fin dalla prima caduta, la salita al cielo è nostalgia
coltivata da tutte le religioni. Qui Dio stesso squarcia i cieli e
risponde al bisogno dell’uomo: egli dona all’uomo la vita divina
e immortale. Infatti si manifesta la Trinità: il Padre nella voce,
lo Spirito nella colomba che scende, il Figlio in Gesù che viene
riconosciuto dal Padre. Questo riconoscimento si rinnoverà nella
trasfigurazione e nella risurrezione, che concluderà il cammino
verso il cielo.
Gesù
vede lo Spirito che discende come colomba e che viene su di lui.
Gesù
vede compiersi in lui quanto è iniziato in principio: la creazione
per mezzo dello Spirito che aleggiava sulle acque. Gesù che fino
allora era vissuto sulla terra, confuso tra gli uomini, conosce la
sua nuova identità, indicata e quindi creata dalla voce di Dio.
Questi
è il figlio mio, l’amato.
La voce parla a coloro che sono testimoni del battesimo e dice quanto è
scritto nella profezia di Is 42, proclamata nella prima lettura. Il
vangelo la applica a Gesù. Nel
battesimo il servo scelto diventa il figlio amato in cui riposa la
compiacenza di Dio. Nella sua obbedienza, infatti, egli servirà la
giustizia piena e sovrabbondante, nella quale anche noi troveremo
salvezza. Oggi facciamo memoria del natale e del battesimo di Gesù,
nel battesimo di sei bambini e nell’eucaristia. Riconosciamo
l’amore di Dio che apre i cieli su di noi. Cerchiamo la giustizia
di Dio perché egli si compiaccia in noi.
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