Omelie
di Pasqua
a cura di
don Carlo Salvador
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PALME
A 2005
(Mt 27,11-54)
.
Dio
oggi ci parla nella passione di Gesù. Ho scelto la lettura breve
per lasciare spazio per riflettere insieme. Mi accorgo infatti che
tanti cristiani non conoscono le cose fondamentali alla fede e della
celebrazione e hanno difficoltà a meditare da soli.
Non
basta che conosciamo la parola di Dio; per la preghiera e la
crescita nella santità è importante che la parola scenda nel cuore
e si inserisca nel tempo attuale e nella vita.
Il
nostro tempo non è esente dai peccati che hanno provocato la
passione del Signore.
Anzi
nell’epoca della globalizzazione i peccati sono più visibili e
opprimenti.
Mi
fermo alle posizioni che le persone prendono di fronte alla passione
di Gesù.
La
passione non è stata scritta per sottolineare il giudizio che gli
uomini danno di Gesù; conta poco perché Dio lo ha già
glorificato; è scritta perché giudichi noi, per convertirci.
o
Pilato 18sapeva
bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Pilato
conosceva l’ambiente religioso; religione e politica si
controllavano a vicenda.
Il
problema delle autorità religiose, al di là dei pretesti, era che
la gente andava con Gesù ed essi rimanevano spiazzati, senza
potere, consenso, sicurezza e futuro.
Gesù
li mandava a spasso. Da qui nasce in loro l’invidia. Al posto
dello zelo per il Regno di Dio e della ricerca del suo disegno di
amore subentra la difesa delle tradizioni, del tessuto umano e della
carriera religiosa. I nemici dei profeti sono coloro che non
conoscono la volontà di Dio; le persone da cui guardarsi sono
quella zelanti e ignoranti.
Quanta
invidia c’è nel ns comportamento, nei giudizi e nelle esclusioni
che operiamo?
o
Pilato
24 si
lavò le mani davanti alla folla.
Si mise con la folla e
stava col potere.
Stare
con la maggioranza e il potere significa evitare problemi ma
anche disperdere il proprio volto. Se Gesù fosse stato con la
maggioranza cosa gli sarebbe accaduto?
Sicuramente
non conosceremmo il suo bellissimo volto tratteggiato nel vangelo.
I
cristiani oggi stanno con quello che lo Spirito ha detto alla Chiesa
o assecondano le politiche ecclesiastiche? Dio li ha chiamati ma
essi preferiscono le sicurezze presenti invece il futuro che Dio
indica; si disimpegnano di fronte alle urgenze del regno di Dio.
Gesù
è stato crocifisso dagli uomini del potere religioso che hanno
strappato il consenso del popolo. Basta il consenso del popolo per
uccidere in nome della democrazia?
o
Le persone di fede
ebraica: 33-39
passanti,
sacerdoti, scribi, anziani, ladroni.
Pensano
che se Gesù è in croce significa che non è figlio di Dio; perché non
può salvare se stesso e perché Dio non lo libera. E’ la
religione che giudica secondo criteri umani e non prevede il grande
evento della pasqua di Cristo. Mentre l’innocente muore si
giustificano accusandolo e prendendo a testimone Dio. La parola
mette così in risalto la trama del peccato: l’orgoglio e la
presunzione di sé e della missione ricevuta.
o
54
Gli ultimi. Di fronte
alla morte di Gesù le guardie armate, violente con l’uomo per
professione, stranieri che non conoscono la parola rivelata,
professano che Gesù è figlio di Dio. Quale vergogna per il popolo
ebreo che ha chiesto a Erode la sua morte.
o
E noi? Come ci
poniamo di fronte a Gesù innocente perseguitato dal mondo?
Siamo seguaci di un
crocifisso o degli uomini del successo mondano e religioso?
A
Pasqua siamo invitati a riconciliarci con Dio. Lunedì sera e martedì
pomeriggio sono dedicati alla riconciliazione. Proviamo a fare
l’esame di coscienza partendo dalla passione del Signore, essa ci
interroga e ci giudica più in profondo dei comandamenti. La
riconciliazione riguarda la fede prima che la morale. E preghiamo
per tutti gli uomini perché ritornino a Dio, alla giustizia e
all’amore. Abbiamo l’adorazione oggi, lunedì e mercoledì e il
triduo pasquale, una liturgia che educa alla fede e ricca di grazia.
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GIOVEDI'
SANTO 2005
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Siamo
venuti a celebrare la cena del Signore. Questa liturgia richiede tre
disposizioni.
1 Preparare l’animo a partecipare a un evento straordinario.
Dio
dice a Mosè ed ad Aronne: Questo mese sarà per voi l’inizio
dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Avviene un
evento da porre in principio; riscriviamo la storia partendo
da esso. Come Gesù è nuovo Adamo, nuovo
e vero principio dell’umanità.
Pietro
dice a Gesù: tu lavi i piedi a me?; tu a me? Una cosa
impensabile, inaccettabile. Gesù conferma: Quello che io
faccio, tu ora non lo capisci, lo capirai dopo. Con Dio è
sempre così: bisogna credere e lasciarsi amare e poi
nell’esperienza con lui lo si conosce.
Significa
dopo la pasqua, lungo la vita, nella vita eterna. Dio sorprende.
Dice la Scrittura: Ecco, io faccio una cosa nuova. Curiamo
un’attesa giusta e intensa; per vivere l’evento.
Se
celebriamo quello che già conosciamo siamo solo cultori di
tradizioni religiose.
2
Capire i segni posti da Gesù. Gesù non vive la pasqua ma i
segni che lo contengono.
o
Il corpo di Gesù, quello dato per noi. Viene
dato per esser mangiato e assimilato.
E’
il vero agnello pasquale, raffigurato nella cena pasquale del popolo
ebreo in Egitto.
E’
dunque un corpo sponsale e domanda una risposta sponsale, per fare
una sola carne.
Il
pane è dato per essere mangiato, per assimilarci a Gesù.
o
Il calice, nuova alleanza nel sangue di Gesù.
Quando Dio passa nel paese d’Egitto,
per
fare giustizia degli dei, è la fine di tutti quelli che credono in
essi. Ma gli ebrei riuniti nella famiglia, oltre la porta segnata
con il sangue dell’agnello, che stanno consumando, sono salvi. La
salvezza non viene perché sono più onesti degli egiziani ma in
virtù dell’agnello a cui sono assimilati e segnati. La nuova
alleanza sponsale è donata da Dio in Gesù. Egli viene consegnato
da Dio per fare con noi un corpo solo. Senza questo amore per primo
di Dio in Gesù non è possibile nessuna alleanza vera ed eterna.
o
La lavanda dei piedi. il deporre la propria
vita nella fede di riprenderla di nuovo.
Nel
mondo chi vuole salvare la sua vita cerca la ricchezza e il potere e
le alleanze giuste e diventa signore allontanandosi e dominando. Gesù
è il Signore e il Maestro per nascita e per la sua pienezza di
vita. A lui la peccatrice lava i piedi con lacrime d’amore e li
asciuga con i capelli, li bacia e li unge con unguento e Maria,
sorella di Lazzaro, gli unge i piedi con nardo assai prezioso e li
asciuga e li asciuga anch’essa con i suoi capelli. E’ una cosa
giusta e bella. Ma Gesù nella sua pasqua pone un nuovo inizio: si
toglie le vesti, si curva sui piedi dei discepoli e li lava e poi si
rimette le vesti; egli si sveste della vita presente per rivestirla
nella risurrezione ed è primizia di una signoria nuova, da imparare
e diffondere nelle relazioni dell’uomo. Chi ama fino in fondo si
fa servo, come i genitori e coloro che si dedicano a chi è nel
bisogno, come chi perdona.
o
Il ministero consacrato in cui agisce il Cristo
pastore. Senza ministri ordinati non c’è
né
eucaristia né Chiesa. Come leggere la progressiva diminuzione dei
ministri? Il ministro è segno di Cristo pastore, che pone i segni
di Gesù. Se diventa altro da questo è destinato a non essere
sostenuto da Dio. Se si realizzerà e sarà apprezzato e valorizzato
come pastore resterà. Oggi domina la critica o l’indifferenza.
Occorre che la Chiesa sappia onorare e valorizzare i suoi ministri.
L’amore al pastore è come l’amore all’eucaristia. Chi
respinge voi respinge me. Deve crescere il diaconato e il
laicato. Lo spazio profetico, sacerdotale e regale, la responsabilità
di salvare è di tutti.
3
Compiere i segni di Gesù nella vita. Gesù li fa perché siano
completati dai discepoli.
Gesù
pone la primizia e i discepoli devono seguire con l’abbondanza dei
frutti.
L’eucaristia
come il matrimonio inizia nella celebrazione e fruttifica nella vita
d’amore.
I
segni vanno fatti in memoria di Gesù, cioè in continuità con lui
per costruire una umanità che ama come lui. Il giovedì santo dà i
segni della pasqua e la rende possibile.
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VENERDI'
SANTO 2005
.
Il
giovedì santo la Chiesa celebra i segni compiuti da Gesù per
perpetuare la sua pasqua.
Il
venerdì santo e la domenica di risurrezione riempiono questi segni.
Gesù vive ciò che essi significano. I segni diventano portatori
della salvezza che Gesù offre a chi crede.
Essi
vengono celebrati dalla Chiesa, cioè resi contemporanei a noi che
li completiamo realizzando in noi quello che manca alla passione e
risurrezione di Cristo.
La
pasqua storicamente si compie in tre giorni ma la morte e la
risurrezione sono unite.
Il
corpo è donato per noi sulla croce e la risurrezione è vita che
nasce dal sepolcro.
Il
legno della croce resta il simbolo di questo mistero di amore, il
segno della fede.
Il
discepolo che Gesù amava esprime la sua fede, sotto la croce,
citando la Scrittura che dice: Guarderanno colui che hanno
trafitto. La profezia, dal libro di Isaia, annuncia la
sofferenza del servo del Signore e lo chiama uomo dei dolori,
uomo senza bellezza né stima. Rivela perché è così: Il
Signore ha fatto ricadere su di lui i peccati di tutti; è stato
fatto peccato e, come peccatore, abbandonato da Dio e ucciso dagli
uomini.
Gesù
è questo servo che diventa l’agnello mite e umile che si lascia
condurre alla morte nel silenzio. Viene ucciso dalla forza della
legge; quella ebraica che si appella a Mosè e quella romana che si
appella all’impero. In realtà Mosè non è interpretato con i
Profeti e i Salmi e l’impero riconosceva il diritto
dell’innocente. Gesù viene ucciso dagli uomini che tradiscono la
legge per le loro paure e i loro vili interessi. La lettera agli
ebrei dice che Gesù è il sacerdote misericordioso e fedele, che
egli imparò l’obbedienza dalle cose che patì e che è causa di
salvezza per coloro che gli obbediscono. La passione scritta da Gv
non indulge sulla sofferenza ma sottolinea le cose in cui risalta la
gloria di Gesù.
o
Gesù è uomo-per,
per il padre e per i peccatori. Il suo silenzio mette in risalto la
sua obbedienza; Gesù è l’uomo di fede che aspetta che le
Scritture si compiano in lui.
o
Gesù è uomo-Dio;
davanti a lui coloro che sono venuti per arrestarlo cadono a terra.
Ha
la forza di bere il calice della passione, subisce il processo senza
testimoni a suo favore. Sa che il Padre testimonia di lui e questo
gli basta, anche se questa testimonianza verrà in un modo che gli
uomini non capiscono: nella sua morte. Gesù è l’uomo dell’ora
decisa da Dio, l’ora in cui Dio e l’uomo ritrovano la comunione
perduta.
La
sua morte segna una vita nuova sia per lui sia per tutti quelli che
credono in lui.
o
Gesù è uomo-libero,
che consegna la sua vita nella liberta e nell’amore pieno.
Conosce
tutto quello che gli doveva accadere e agisce perché si adempiano
le Scritture e la parola che egli stesso aveva annunciata. Dice
apertamente di essere nato e venuto nel mondo per rendere
testimonianza alla verità. La verità è il disegno di Dio e la
salvezza dell’umanità e del creato in questo disegno. Gesù è
venuto perché questo desiderio di Dio si compia e la verità sia
conosciuta e goduta da quelli che la cercano.
Abbiamo
detto il giorno delle palme che la passione è scritta per
giudicarci e salvarci. Giovanni ci ricorda che la passione ci rivela
anche la grandezza dell’uomo Gesù.
Gesù
è esempio luminoso di come essere di fronte a Dio e agli uomini.
Questa
sera non celebriamo la messa. Sostiamo davanti alla croce e la
adoriamo in quanto simbolo dell’amore divino. L’albero
dell’Eden produceva un frutto che l’uomo ha mangiato contro il
disegno di Dio, la croce spinge a donarsi nella fedeltà alla verità
espressa nel disegno di Dio. Nella veglia pasquale faremo la
processione con il cero pasquale simbolo del Risorto. Questa sera la
faremo portando la croce. La liturgia pasquale delinea così la
vocazione del popolo di Dio: camminare innalzando il vessillo della
croce e della risurrezione, perché, come dice un’antifona del
rito di adorazione: Dal legno della croce è venuta la gioia del
mondo.
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PASQUA
2005
.
Questa
pagina del vangelo di Gv è nota a tutti. Importante è ora calarla
nella vita. Quando la parola si confronta con l’attualità, dentro
la liturgia, acquista un senso nuovo, mai conosciuto prima, quello
che Spirito santo vuole manifestare alla Chiesa. Lasciamoci guidare
nella nostra meditazione sul vangelo odierno da quattro verbi che
descrivono come si manifesta la risurrezione e indicano il percorso
ottimale da fare per celebrare la pasqua.
Correre.
Dopo la morte di una persona è naturale darsi un tempo di lenta
elaborazione del lutto per ricordarla e capire il senso della vita
dopo di lei. I discepoli di Emmaus fanno questa elaborazione alla
morte di Gesù. Invece il giorno dopo il sabato nel racconto di
Giovanni è molto animato, perché il sepolcro vuoto mette in
movimento. Maria Maddalena corre ad avvertire Pietro e il discepolo
che Gesù amava ed essi corrono al sepolcro. Questa corsa è mossa
dal passato vissuto con Gesù, come permane nel cuore; ma lo Spirito
santo la guida all’esperienza decisiva della fede. Questa corsa al
sepolcro è necessaria anche a noi per celebrare una pasqua vera. La
risurrezione non è visibile; restano i segni pasquali.
Vedere.
In greco è reso con tre verbi diversi che indicano l’intensità
dell’esperienza.
Βλέπω
indica un veder di sfuggita. La Maddalena vede il sepolcro senza la
pietra tombale; l’altro discepolo appena arrivato scorge le bende.
E’ un vedere senza entrare e rendersi conto; è soggetto alla
sensazione passeggera e al pregiudizio; infatti Maria pensa subito
che il corpo di Gesù sia stato portato via e va ad avvertire gli
uomini. Anche noi possiamo avere una sensibilità religiosa ed
essere superficiali nella
comprensione.
θεωρέω
è il vedere di Pietro che entra nel sepolcro, dove ci sono altri
segni che vanno interpretati, ed esamina le bende senza però farsi
un’idea precisa.
Oggi,
grazie a una conoscenza migliore del testo greco, diamo questa
lettura.
Il
sudario, che era sopra il capo, non sta con le bende ma a parte
ripiegato. Significa che il corpo non è stato rubato, perché chi
ruba di notte non si cura di mettere le cose in ordine.
Le
bende che avvolgevano il corpo sono invece giacenti, cioè
afflosciate come se il corpo fosse uscito senza smuoverle, come un
raggio di sole penetra il vetro senza modificarlo.
Possiamo
aere una conoscenza parziale del legame tra pasqua e spiritualità.
οράω
indica il vedere bene, interamente. L’altro discepolo, dopo che è
entrato nel sepolcro e ha osservato le bende e il sudario, vede
il legame tra segni e risurrezione, cioè crede.
Queste
intensità diverse nel vedere, dipendono dall’intensità
dell’amore che lega le singole persone a Gesù o anche a una luce
particolare che lo Spirito comunica loro.
Anche
per noi è così: non c’è un vedere il Risorto uguale per tutti;
dipende dal nostro amore, dal cammino che abbiamo fatto nella
quaresima. Queste cose non si ricuperano all’improvviso; il dono
di Dio è sempre proporzionato all’attesa di riceverlo.
La
fede e la celebrazione non sono uguali in tutte le persone o per
tutte le comunità. L’intensità con cui la celebriamo e la
testimoniamo è una ricchezza per tutti.
Credere.
L’atto di fede è sempre e per tutti dono di Dio. E’ il Risorto
che si manifesta e dona di credere. Il dono poi va accolto ed
elaborato dalla persona che lo riceve.
La
formazione spirituale è la parte più importante della nostra vita.
Comprendere.
Non avevano ancora compreso la Scrittura. E’ necessario che
la fede sia nutrita dalla Parola. L’emozione e lo stupore devono
essere sostenuti nella vita quotidiana dalla meditazione della
parola di Dio. Dopo la corsa per vedere i segni di Dio e viverli
nella celebrazione della fede c’è l’ascoltare, come hanno fatto
i discepoli di Emmaus.
La
catechesi puntuale e perseverante è elemento importante per
mantenere la vita cristiana.
La
festa di Pasqua non è solo emozione, meno ancora è tradizione o
consumismo religioso; è invece un’esperienza con Gesù che matura
progressivamente nel tempo in chi sa correre, vedere, credere e
comprendere. Cresce allora puntuale e spontanea la testimonianza
della risurrezione, come è descritta negli atti degli apostoli e
negli scritti cristiani.
Oggi
sarà buona pasqua se cresciamo nella fede e diamo
testimonianza che Cristo è risorto.
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PASQUA
2 A
2005
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Il
discepolo che Gesù amava è l’unico che rimane vicino a Gesù
nella sua pasqua. Egli crede in Gesù e lo testimonia. Sotto la
croce è il discepolo che vede e testimonia affinché tutti possano
credere e nel sepolcro vuoto vede il sudario e le bende e crede.
Questa
pagina rivela dove nasce la fede e il cammino necessario per avere
la vita eterna.
La
domenica di pasqua e otto giorni dopo i discepoli sono insieme, come
una comunità che vive in difesa e nella paura. Viene Gesù e sta
ritto in piedi davanti a loro, dona la pace e trasmette sicurezza.
La comunità riunita attorno a lui diventa la comunità della gioia.
La domenica sarà così il giorno della risurrezione, primizia della
creazione nuova, giorno del Signore che incontra la sua sposa, la
comunità cristiana.
I
discepoli non possono vedere il Risorto ma Gesù si rivela loro
attraverso alcuni segni.
o
Il soffio.
Gesù soffiando comunica lo Spirito santo. Come Adamo è divenuto
vivente grazie al soffio del Creatore così i discepoli diventano
figli di Dio ricevendo lo Spirito santo. Questo dono viene dato a
tutti coloro che credono alla parola e ricevono il battesimo e la
confermazione.
o
La missione.
Gesù dona di partecipare alla missione che egli ha ricevuto dal
Padre.
I
discepoli non sono solo salvati ma anche portatori di salvezza per
l’umanità.
o
La pace.
Gesù dona la pace, quella che il mondo non può dare ma lui sì,
perché è frutto dell’amore di Dio partecipato agli uomini.
Attraverso questi segni Gesù configura a lui i credenti
ed essi lo conoscono come il Risorto che vive in loro.
Giovanni
descrive anche l’avventura di Tommaso, apostolo generoso e
sincero.
Non
era con la comunità il giorno di Pasqua quando Gesù era venuto la
prima volta.
Chi
è assente dall’assemblea non incontra il Risorto e non riceve i
suoi doni.
Non
ha lo Spirito del Risorto per ricevere la fede come suo dono e
quindi deve affidarsi alla testimonianza di chi era presente e
crede, cioè della comunità celebrante.
Chi
non ha ancora visto il Risorto, anche se accoglie la testimonianza
della Chiesa, può contare solo sul vedere e toccare. Se invece è
il Risorto a mostrare e a donarsi allora si è conquistati da lui e
si crede.
Tommaso
fa una grande professione di fede, perché chiama Gesù Mio
signore e mio Dio.
La
fede di Tommaso, come quella degli altri discepoli, non nasce dai
sensi, cioè dal vedere e dal toccare; egli passa da incredulo a
credente in virtù del Signore che si mostra e si dona a lui quando
Tommaso è presente nella comunità. Gesù conclude l’incontro
proclamando una bella beatitudine.
La traduzione della CEI suona così: perché mi hai veduto
hai creduto. In realtà Gesù fa a Tommaso una domanda allo scopo di
attirare la sua attenzione. Hai creduto, perché hai veduto?
La risposta sottintesa è: non ho creduto perché ho veduto ma perché
tu mi hai incontrato.
E
Gesù può dire: Beati quelli che hanno creduto senza vedere!
La fede è credere perché il Risorto ci incontra dentro la comunità
riunita nel giorno del Signore.
Lo
è per i primi discepoli e per noi. Se infatti vedessimo il Signore
non saremo più nella fede ma nella visione, quello stato che
secondo Giovanni appartiene al cielo.
Il
Signore ci dice così da dove nasce la fede. Dalla celebrazione
della domenica, dove siamo una comunità riunita ad ascoltare la
parola del Risorto e a spezzare il suo pane e possiamo aderire
personalmente all’azione santificante dello Spirito.
I
segni di Gesù, sottolinea Giovanni, sono scritti e celebrati perché
abbiamo la vita nel nome di Gesù. Oggi ringraziamo il Signore che
ci rivela il valore della domenica e preghiamo per tutti quelli che
hanno smarrito questa verità fondamentale per la salvezza.
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PASQUA
3 A
2005
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Questo
testo di Luca è molto bello, una pagina conosciuta e che coinvolge
sempre.
Nella
liturgia non è solo meditazione, perché l’eucaristia la rende
attuale in noi.
Siamo
nel giorno della risurrezione, uno della settimana della
nuova creazione. I nostri giorni sono giorni in cui il Risorto viene
e fa nuove tutte le cose, preparando il Regno, i cieli e la terra
nuovi. Gesù ha abitato la nostra terra ma ora non vive più nella
condizione terrena ma abita la risurrezione, non viene a noi dal
passato ma dal futuro.
Noi
facciamo memoria di lui con le parole e i segni che egli ha compiuto
e con cui Dio lo ha fatto conoscere agli uomini. Quando il ministro
pone questi segni, come fa oggi nell’eucaristia, Gesù dalla
risurrezione viene, si manifesta a noi nella liturgia che celebriamo
e ci trasforma con la sua grazia, nella potenza dello Spirito santo.
Cos’è al centro di questo racconto lucano? C’è un luogo scelto
da Dio in cui è avvenuto un evento che doveva avvenire, si è
compiuta un’ora attesa da Dio e dagli uomini.
E’
il luogo dove è iniziato il nuovo mondo; è l’ora in cui è nata
la nuova storia: è Gerusalemme. A Gerusalemme arrivano tutti
i percorsi e le ore del passato e da Gerusalemme si snodano i
percorsi e le ore del futuro.
Gesù
ha iniziato a rivelarsi a Nazaret e la sua vita è stata un cammino
verso Gerusa-lemme, il luogo dove Dio ha manifestato l’amore
grande per la creazione.
Nazaret
è l’incarnazione dove l’umano e divino si sono uniti nella
persona di Gesù.
Ma
lì il divino era come svuotato ed era l’umano a imporsi agli
occhi di tutti.
Gerusalemme
è il luogo dove l’umano viene consegnato e umiliato e il divino
si svela. Gesù sapeva di andare a ricevere il suo battesimo, dove
la sua vita sarebbe cambiata, primizia per tutta la creazione. Egli
conosceva le Scritture e sapeva che doveva soffrire molto ed essere
condannato e ucciso. Lo aveva rivelato ai suoi con parole che essi
allora non avevano capito e Pietro aveva anche tentato di rimuovere.
Gesù
fu profeta in opera e parola davanti a Dio e al popolo, perché
dilatava la sua vita e la creazione verso spazi nuovi. Era un uomo
che consegnava la sua vita umana per riprenderla risorta. Intendeva
liberare Israele seguendo il progetto di Dio e non i pensieri
dell’uomo. Era appena il terzo giorno da quando queste cose erano
accadute e due discepoli già se ne ritornavano sui loro passi,
tristi e delusi.
Gesù
li ricondurrà a Gerusalemme, dove era radunato il popolo che aveva
lasciato l’Egitto, e attendeva il passaggio di Dio. Dio passa,
celebra la pasqua, fa giustizia, decide dove sta la vita e la morte;
fa della croce e della risurrezione, il battesimo di vita eterna.
Questa
esperienza è fondamentale.In quel luogo prescelto da Dio, in quella
prima ora della storia nuova, il Signore apre gli occhi dei
discepoli ed essi vedono; riempie i loro cuori di gioia ed essi
partecipano al battesimo che li mette nel cammino umano e divino che
Gesù aveva fatto, confortati con la sua presenza.
Qui
Gesù diventa πάροικος, uno
che abita da parte. Abita perché si manifesta nei segni e
quindi è presente, da parte perché non vive la nostra vita
ma quella risorta.
Riconoscere
l’invisibile nei segni che ci ha lasciato e che lo rendono
presente a noi fino alla fine del mondo, nella potenza dello Spirito
santo, è la pasqua e ogni celebrazione.
La
nostra vita è un lungo tratto di strada, in cui Gesù,
πάροικος, ci accompagna a
Gerusalemme, nella sua comunità, per farci conoscere la via
della verità e colmarci di gioia alla sua presenza; Gesù rende
ci manda al mondo da Gerusalemme, anche noi “forestieri”,
persone che, come insegna la Didaché, abitano la terra come non la
abitassero. Occorre, come insegna S. Pietro, vivere come
stranieri e pellegrini che hanno la fede e la speranza fisse
in Dio. Preghiamo nello Spirito santo perché questo disegno si
compia.
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PASQUA
4 A
2005
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Gesù
Risorto è il pastore, quello bello, presentato così da Gv nel
capitolo 10 del vangelo.
Dio
è il guardiano del gregge che apre la porta al pastore perché
entri nel recinto delle pecore. Αυλή-recinto
nella bibbia indica il cortile interno del tempio, dove il popolo si
riuniva per il culto; è luogo
e simbolo della comunione tra Dio e il suo popolo.
Gesù
è la porta delle pecore. I cristiani possono accedere a Dio
solo attraverso di lui.
Diventano
membri del popolo di Dio quando sono conformati a Gesù che è il
tempio distrutto dai giudei ed edificato nuovo il terzo giorno da
Dio. Il popolo di Dio è tutto pastorale. La pastorale infatti è
sviluppo e impegno del battesimo. Ci sono i pastori ministri; essi
sono tali per la speciale configurazione a Gesù-pastore, data dal
sacramento dell’Ordine. Anche per loro Gesù è la porta, il
passaggio naturale ed obbligato. Coloro che non entrano attraverso
Gesù sono ladri e predoni. Non basta lavorare nella Chiesa
per essere pastori autentici. La pastorale non è delegata dalla
comunità ma deriva dalla configurazione a Cristo data dai
sacramenti dell’iniziazione e dell’Ordine. Senza riferimento a
Cristo si utilizza la religione, i suoi testi e i suoi riti, per
visioni umane e di potere. I ladri ed i predoni finiscono con il
proporre, come i farisei, una religione fossilizzata e incapace di
rispondere al desiderio di Dio che vive nel cuore dell’uomo. I
fedeli infatti, per la natura della Chiesa, sono chiamati ad
ascoltare e seguire i loro pastori ma hanno il diritto di obbedire a
Dio e non a uomini. Dio ha dato loro la sensibilità di distinguere
la voce del pastore, che è entrato per la porta-Cristo, da quella
degli estranei, cioè dei ladri e dei predoni. Questa sensibilità
diventa responsabilità di vegliare per loro e ultima istanza per
Dio. Anche il Sinedrio aveva paura della folla che considerava Gesù
un profeta, e di quella che difendeva i Dodici testimoni del
Risorto. E il Sinedrio ha perso la sua causa.
I
tratti caratteristici di Gesù pastore sono il rifiuto della
violenza e l’accettazione della sofferenza, perché si affermi la
giustizia di Dio e siano ricuperati ad essa tutti gli uomini. Questo
afferma Pietro nella seconda lettura. Il pastore può raccogliere le
pecore erranti proprio per la sua passione per la giustizia divina,
la sua obbedienza e la sua fede.
I
pastori veri non sono quelli che fanno molti proseliti e che vedono
il successo ma quelli seguiti da discepoli che si dedicano alla
causa rifiutando la violenza e confrontandosi con la persecuzione
interna e la sofferenza. I cristiani hanno come criterio la vita di
Gesù. Nella Chiesa non ci può essere spazio per i diplomatici e i
mercanti.
Occorre
il rispetto per i cammini di fede diversi e per le tappe progressive
della crescita, e la pazienza nell’attendere maturazioni lente, ma
la meta deve restare fissa: salire a Gerusalemme, il luogo pasquale
dove si compiono le promesse da Dio.
In
una Chiesa pensata così diventa centrale la conoscenza fra
pastori e fedeli. Gesù fa la duplice affermazione: il
pastore conosce le sue pecore; le pecore conoscono la voce del
pastore. Oggi questa conoscenza è compromessa. In una
parrocchia rurale con abbondanza di clero, la cultura limitata alle
elementari, la giornata regolata dal sorgere e dal calare del sole,
le informazioni affidate al passaparola, il parroco riconosciuto nel
suo ruolo e la cultura omogenea, bastava poco per conoscersi. Oggi
questa conoscenza non è possibile e non sarebbe sufficiente per
condividere la fede. I pastori che continuano così si esauriscono e
sono assorbiti dalla gente che è ancorata altrove. Bisogna
incontrarsi, confrontarsi e riconoscersi in altri modi; bisogna che
la gente si muova per fare Chiesa attorno alla parola, ai
sacramenti e alla carità e non abbia paura ad aprire le porte a
Cristo, seguendo i pastori che camminano davanti con coraggio e
mettono in gioco il vangelo con la vita di oggi, che non sono
custodi di tradizioni ma ospiti dello Spirito.
Oggi,
giornata delle vocazioni, preghiamo secondo la parola che abbiamo
ascoltata.
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PASQUA
5 A
2005
Giovanni
colloca le parole di Gesù che abbiamo ascoltato entro l’ultima
cena; le presenta come il suo testamento. Gesù parla con immagini.
Domenica
ha descritto la Chiesa come un ovile e ha detto di essere lui la
porta.
Oggi
presenta la vita come cammino verso il Padre e dice di essere lui la
strada.
Ora
il Risorto vive nella casa del Padre dove prepara un posto per i
suoi amici, poi verrà a prenderli e portarli dov’è lui. Solo Gesù
può condurli al Padre, per due motivi.
-
Gesù è in tale comunione con il Padre che conoscere lui è
conoscere il Padre e vedere lui è veder il Padre Padre. Infatti Gesù
dona agli amici tutto ciò che il Padre ha fatto conoscere a lui, li
mette nella possibilità di essere figli di Dio.
-
Gesù è la via per noi. Oggi vige la moda di cercare
mediatori più umani che domandano meno. Dio infatti è esigente
perché ci chiede di trasformarci e di diventare come suo Figlio. E
la trasformazione richiede la croce, mentre seguire le persone e le
cose che piacciono non richiede cambiamenti radicali e dolorosi.
Gesù
è la via perché è la verità, la rivelazione realizzata
del progetto di Dio.
Gesù
è la via perché è la vita, l’uomo nuovo, il Figlio che
ci porta a diventare figli di Dio.
Gesù
dice a Filippo che non c’è altro da conoscere per vedere il Padre
ed esorta i suoi a non turbarsi nel cuore ma a credere nel Padre
e in lui. Il verbo ταράσσω
indica sia agitare sia turbare. Credere significa affidarsi
serenamente. Ecco alcune indicazioni.
o
Il discepolo non si lascia turbare dagli eventi
naturali.
E’
naturale che alcuni muoiano ed altri nascano. Gli uomini sono in
mano a Dio.
Dio
ha scelto, per mezzo di vecchi cardinali, il pennello con cui
dipingere il prossimo tratto di storia della salvezza. Se la nostra
speranza è solo in Dio, perché agitarsi?
Meglio
interrogarci se noi aderiamo veramente a Cristo, strada che porta al
Padre.
I
media e i potenti che si sono mossi per onorare il papa sono quelli
che prima non gli hanno creduto e che ora continuano a fare i loro
interessi. Ora che le cose sono compiute dobbiamo fare i conti con
la Chiesa che resta piccola, insignificante per il mondo e
perseguitata, come prima. E’ solo la conversione che può dare
valore alla vita.
Sarebbe
utile una riflessione sui tre primati che Gesù ha lasciato alla
Chiesa, tutti tre incarnati da un apostolo: il primato di Pietro,
quello di Giovanni e quello di Giuda. Avremmo una visione meno
distorta della nostra vita e delle cose di Dio.
o
Il discepolo supera il turbamento di fronte al
mistero.
L’anima
di Gesù è turbata di fronte all’imminenza dell’ora della
passione 12,27,
quando annuncia il tradimento di Giuda 13,21
e di fronte al pianto per la morte di Lazzaro 11,33.
Il
turbamento davanti al mistero è una componente dell’animo umano
che dobbiamo risolvere alla luce della fede. La morte di Gesù, in
mano di Dio, si è tramutata in vita nuova e quindi è stata la
modalità necessaria del suo andare verso la casa del Padre.
La
risurrezione inizia la venuta di Gesù nella grazia, che trasforma e
prepara i cristiani ad essere familiari di Dio e a condividerne la
vita, quando giungeranno nella sua casa.
o
Il discepolo fa le scelte che deve fare ogni
pellegrino.
Chi
cammina ha bisogno di due cose: portare con sé solo quello che è
necessario al cammino, in modo di avanzare speditamente e con meno
fatica.
Avere
cibo ed acqua secondo il bisogno, per mantenere la forze necessarie.
Dio
ha dato alla Chiesa lo Spirito santo e l’eucaristia, perché viva
un’esistenza pasquale.
Siamo
persone morte al peccato e viventi per Dio. Preghiamo perché i
cristiani comprendono che Gesù è la strada aperta da Dio davanti a
loro e perché la seguano.
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PASQUA
6 A
2005
In
questa domenica 20 bambini fanno la prima comunione. Meditiamo la
Parola alla luce di questa celebrazione che è importante per tutti.
I bambini si sono preparati in cinque anni di catechismo, le loro
famiglie li hanno accompagnati e la comunità li ha educati e oggi
li ammette alla comunione. Come la famiglia anche la comunità
accompagna.
Il
termine prima comunione fa pensare al primo incontro
di due persone che si amano. Ha indubbiamente un fascino che non si
dimentica ma è solo il primo di altri incontri in cui le due
persone crescono insieme fino a raggiungere l’amore maturo, fedele
e fecondo. Che valore può avere il primo incontro di due persone,
senza il cammino successivo, in cui l’amore cresce nel tempo?
Il
primo incontro con Gesù non è ancora pienezza dell’amicizia; non
richiede la festa che si fa, ad esempio, nel giorno del matrimonio,
in cui si celebra l’alleanza definitiva.
La
festa che i bambini condividono con familiari ed amici deve
esprimere la gioia di condividere tutti insieme la comunione con Gesù.
La prima comunione è il momento in cui i bambini partecipano alla
comunione eucaristica come i grandi, fanno parte di una comunità
che all’altare si riconosce, dialoga e si nutre insieme per
camminare insieme.
Oggi
preghiamo perché il primo incontro dei bambini con Gesù porti
tutti i valorizzare la comunione. Noi adulti possiamo pensare alla
nostra prima comunione e a quelle che sono seguite e domandarci: si
è creata tra noi e Dio, tra noi e la comunità cristiana in cui
viviamo, una comunione significativa? Allora la festa che segue la
Messa di prima comunione non è solo festa umana tra parenti e amici
ma la festa della fede condivisa.
Il
vangelo che abbiamo ascoltato spiega come deve essere il nostro
amore per Gesù.
Se
amiamo Gesù osserviamo i suoi comandamenti. Così fa anche Gesù
con il Padre.
Egli
lo ama perché conosce i suoi desideri e li compie. I comandamenti
sono i desideri profondi che coloro che amano nutrono verso le
persone amate.
I
desideri di Dio verso Gesù e di Gesù verso di noi sono il vangelo,
la buona notizia che Gesù ha annunciato. Ama Dio colui che mette in
pratica le cose che ha imparato da Gesù, perché il vangelo
racconta i desideri di Dio per lui e per noi.
L’amore
nasce dal Padre, che lo riversa nel Figlio, che lo riversa in noi.
A
nostra volta noi siamo chiamati a riversare il nostro amore su Dio e
sui fratelli, amando il Padre come Gesù lo ha amato e amandoci fra
di noi come Gesù ci ha amato.
Tutto
questo è possibile? Sì, perché Gesù ha pregato il Padre di
donarci lo Spirito santo, in modo che abiti in noi per sempre. E’
lo stesso Spirito che abita nella Trinità, la comunità di Dio.
Egli in noi è il secondo paraclito, dopo Gesù, a intercedere per
noi e a ottenerci la consolazione, la gioia di vivere nella
comunione divina e umana.
Il
nostro amore non è solo nostro ma è permeato dall’amore divino e
diventa esso stesso divino e la nostra vita diventa eterna. Non è
possibile senza lo Spirito.
L’umiltà
e la preghiera stanno alla base della spiritualità cristiana.
Quando
abbiamo in noi la pienezza dello Spirito, che ci è dato nella
cresima; abbiamo la grande forza per far una comunione
significativa. Ecco perché dopo la cresima e dopo una adeguata
preparazione, celebriamo la comunione di maturità. Allora la
comunione è vivere la maturità dell’alleanza resa possibile
dalla pienezza dello Spirito in noi.
Questa
fede nello Spirito ci dispone alla prossima solennità della
Pentecoste.
Quest’anno
la celebreremo con la veglia liturgica, come abbiamo celebrato la
Pasqua.
I
cristiani hanno bisogno della confermazione. Pietro e Giovanni
discendono in Samaria e impongono le mani alle folle che il diacono
Filippo aveva evangelizzato e battezzato. Con il dono dello Spirito
saremo pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della
speranza che è in noi, quella per cui ogni domenica ci riuniamo a
celebrare l’eucaristia.
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ASCENSIONE
A 2005
Mt
e Gv non riferiscono l’ascensione di Gesù; Mc la accenna. Lc la
narra due volte: alla fine del vangelo e all’inizio degli atti
degli apostoli. In realtà ascensione e risurrezione dicono lo
stesso mistero. Colui che è risuscitato è nel cielo, vive nella
vita eterna/divina.
Lc
parla di un tempo di 40 giorni passato da Gesù con i discepoli
dopo la risurrezione. Si tratta di un tempo simbolico, legato com’è
alla tradizione biblica. Come Mosè sta 40 giorni sul Sinai per
accogliere da Dio la legge da portare a Israele, come Gesù sta 40
giorni nel deserto per prepararsi ad annunciare il regno di Dio, così
i discepoli stanno 40 giorni con Gesù per prepararsi alla missione
di annunciare il regno di Dio al mondo.
E’
un tempo difficile in cui i discepoli vengono educati a vivere senza
la presenza fisica di Gesù e a familiarizzare con la sua presenza
spirituale. L’ascensione significa che la relazione umana di Gesù
è finita ed è iniziata quella spirituale. I discepoli hanno
bisogno di un tempo per acquisire questa nuova realtà e diventare
testimoni sicuri e quindi attendibili, contro i dubbi che insorgono
e le accuse e calunnie da cui saranno provati.
Gesù
ha affidato allo Spirito santo tutto quello che è suo: la
parola, i segni, l’amore.
I
discepoli devono imparare a farsi guidare dallo Spirito alla
comunione con Gesù.
Anche
noi abbiamo bisogno di un periodo forte, da vivere nella liturgia,
per interiorizzare la presenza di Cristo, per fare esperienza
dell’azione dello Spirito e per testimoniare queste presenze nella
missione che Gesù ci ha affidato, senza venir meno di fronte a
problemi nuovi e alle ostilità e persecuzioni che la nostra
testimonianza può sollevare.
Io
sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo.
Gesù ci rimanda alla sua nascita, in cui egli è diventato
l’Emmanuele, il Dio con noi nella nostra carne. La risurrezione
inaugura una presenza reale come quella inaugurata dalla nascita, ma
nuova in virtù della glorificazione di Gesù. Queste presenze sono
percepite, interiorizzate e testimoniate nel cammino ecclesiale
entro la storia fino a raggiungere i confini del mondo.
L’angelo
domanda ai discepoli: uomini di Galilea, perché state
guardare il cielo?
I
discepoli non possono rimpiangere il tempo passato con Gesù o
fermarsi a una memoria nostalgica di lui o a una presenza
interiorizzata e devozionale. La presenza di Gesù deve continuare
ad operare la salvezza per mezzo della loro testimonianza.
Anche
il cristiano di oggi può rifugiarsi in una falsa mistica che non
diventa vita vissuta, può immergersi nell’azione sociale o
pastorale dimenticando lo Spirito santo o aderire a movimenti
spiritualistici disincarnati e ridurre la fede a devozione. Il
cristiano è chiamato ad aderire allo Spirito e a incarnarsi nel
luogo e nel momento storico in cui vive.
Andando
dunque fate discepole tutte le genti. Gesù ha
chiamato i discepoli a fare esperienza personale della sua sequela,
ad essere suoi discepoli.
Ora
devono far in modo che tutti coloro che accolgono la parola e
credono in Gesù possano vive la sua sequela. La vita cristiana non
sta nell’aderire alle idee cristiane, a una dottrina, ma nel
trattenere una relazione personale e attiva con Gesù.
Il
vangelo è affidato alle mani dei discepoli di tutti i tempi ed è
un tesoro in vasi di creta.
Dio
manda a percorrere tutto il mondo uomini che conoscono solo le
strade della Palestina; manda ad annunciare il vangelo a tutte le
culture uomini che conoscono solo la lingua paterna; manda a essere
testimoni della fede uomini che dubitano ancora e che in passato lo
avevano abbandonato. Oggi, come in passato, la testimonianza è
affidata a persone fragili. Gesù ha bisogno di questa umile
testimonianza e dona, a coloro che chiama ad essergli testimoni, il
suo Spirito, perché la loro testimonianza sia feconda.
Non
possiamo delegare la nostra testimonianza neppure con la scusa della
nostra povertà.
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PENTECOSTE
2005, Liturgia nella notte
Questa
Veglia è strutturata come la veglia pasquale: sei letture, un
segno, l’eucaristia.
Per
la prima volta celebriamo la veglia come festa solenne, sullo
schema della pasqua.
Dal
VT abbiamo ascoltato due pagine dal Pentateuco, i vangeli ebraici.
-
Babele e la torre, come tentativo di essere come Dio e
esperienza d ella dispersione.
Nel
NT Pentecoste e lo Spirito come dono dell’unità resa possibile da
Dio.
-
Teofania del Sinai come evento dell’alleanza legata alla
Legge.
Nel
NT Pentecoste come evento dell’alleanza legata allo Spirito.
Questi
temi ritornano nella celebrazione del giorno e li mediteremo domani.
Abbiamo
ascoltato due pagine dei profeti.
-
Ezechiele descrive la pianura della morte con una distesa di
ossa inaridite.
Erano
un esercito grande e sterminato, il segno più grande della potenza
umana.
Che
cosa rimane della potenza umana? Una distesa di ossa inaridite
Erano
tutta la gente di Israele, il tempo in cui nessuno era risuscitato
dai morti.
Che
cos’è Israele e la sua elezione senza risurrezione dai morti?
Sono
parole profetiche, e dicono che la situazione attuale sarà
modificata.
Dio
aprirà le tombe, resusciterà i morti, farà arrivare alla terra
promessa.
Dio
fa vivere dal suo Spirito, dal suo amore.
-
Gioele annuncia che tutti diventeranno profeti, che anche gli
anziani faranno segni, che anche gli schiavi riceveranno lo Spirito.
La possibilità della salvezza sarà estesa a tutti.
Dal
NT abbiamo ascoltato una rivelazione per mezzo di Paolo.
-
La creazione e coloro che possiedono le primizie dello
Spirito soffrono le doglie del parto; lo Spirito è primizia del
futuro dell’amore: aspettiamo l’adozione a figli.
-
Gv accosta lo Spirito all’acqua; essa diventa simbolo dello
Spirito (Rm 8,22-23).
Gesù
dice alla Samaritana: Chi beve l’acqua che io gli darò non avrà
più sete in eterno;
l’acqua diventerà
in lui sorgente d’acqua zampillante per la vita eterna (4,14).
Nella
festa dei tabernacoli il sacerdote versava l’acqua , prelevata
dalla piscina di Siloe, sull’altare chiedendo la pioggia di
primavera.
Gesù
rivela una cosa più importante.
Se
qualcuno ha sete venga a me e beva; fiumi d’acqua viva
sgorgheranno dal grembo di chi crede in me. Lo Spirito sarà
acqua di primavera che farà germogliare le cose nuove.
Uno
dei soldati con la sua lancia trafisse il fianco e subito uscì
sangue ed acqua (19,34). L’acqua che esce la costato
del Crocifisso è lo Spirito che santifica la sposa di Gesù per le
nozze dell’alleanza eterna.
Viviamo
bene il segno: il lumino acceso che poniamo sul battistero.
Ognuno
di noi ha ricevuto lo Spirito dal Risorto.
Il
battesimo è stato la primizia; la cresima ce lo ha dato in
pienezza.
La
Parola e gli altri sacramenti ci santificano per la potenza dello
Spirito santo.
I
carismi e le vocazioni diverse a cui il Signore ci chiama sono
realizzate nello Spirito.
Questa
notte, in particolare, celebriamo l’eucaristia con attenzione
all’opera dello Spirito in noi e nella nostra comunità.
Siamo
chiamati ad essere, insieme, come Giovanni il Battista: un fuoco che
illumina e riscalda e a cui le persone, ora lontane da Dio, possono
rallegrarsi della grazia di Dio.
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PENTECOSTE
A 2005, Liturgia
del giorno
La
solennità della Pentecoste, anno A, è presentata da tre autori:
Luca, Giovanni e Paolo.
Luca
in At 2 racconta l’evento. L’abbiamo meditato all’inizio
dell’anno pastorale. icona
La
pentecoste era una festa ebraica; al tempo di Gesù celebrava
l’alleanza del Sinai.
Là
Israele diventa popolo di Dio, grazie a una scelta: Dio sceglie
Israele fra gli altri popoli e Israele sceglie di appartenere a Dio,
vivendo la Legge proclamata da Mosè.
La
pentecoste cristiana è legata a due eventi della vita di Gesù.
o
l’alleanza nel sua sangue nel Calvario. Là la
Chiesa diventa il nuovo popolo di Dio. Infatti Gesù sceglie la
Chiesa, perché morendo la redime e risorgendo la fa sua sposa.
La
Chiesa sceglie Gesù, vive secondo lo Spirito che Gesù le dona,
vive in comunione.
o
il battesimo di Gesù e la sua missione.
Lo
Spirito santo discende su Gesù e Dio lo riconosce suo figlio,
l’amato.
Gesù,
fatte l’esperienza del deserto e della tentazione, annuncia il
regno di Dio.
La
pentecoste cristiana è legata alla nostra vita.
o
Il dono dello Spirito nel battesimo ci fa figli di Dio
e nella cresima ci fa testimoni.
o
Il dono dell’alleanza che celebriamo ogni domenica,
pasqua della settimana, è il battesimo della Chiesa che diventa
popolo di Dio e missionaria, vincendo ogni paura.
Il
racconto lucano mette anche la Pentecoste in relazione con la torre
di Babele.
A
Babele gli uomini hanno tentato di costruire una torre che
raggiungesse il cielo, cioè di diventare come Dio. Ma Dio ha
confuso le loro lingue e li ha dispersi sulla terra.
Si
ripete l’esperienza del peccato d’origine: ribellione
dell’uomo e dispersione sulla terra.
La
pretesa di essere come Dio genera un’infinità di divisioni e di
guerre e di oppressioni.
A
Pentecoste gli uomini dispersi a causa delle separazioni provocate
dal peccato, vengono unificati in un solo popolo, perché annunciano
le grandi opere di Dio.
Parlare
varie lingue non significa essere poliglotti ma portare un contenuto
unificante.
Lo
Spirito comunica il linguaggio dell’amore, comprensibile a tutti
gli uomini e capace di unificarli in un popolo solo. La Chiesa crede
all’amore e lo annuncia nella sua vita?
La
testimonianza dell’amore/unità fa della Chiesa un popolo solo e
porta tutti alla fede.
Infatti
Gesù chiede al Padre l’unità, perché il mondo creda.
Giovanni
rivela che il dono dello Spirito viene fatto dal Risorto il giorno
stesso della risurrezione. Pasqua e Pentecoste sono allora parte
dello stesso evento. Gv lo presenta come una nuova creazione. Come
Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nella sue
narici un alito di vita, così Gesù soffia sui discepoli lo
Spirito, alito di una nuova vita.
Anche
Gv lega il dono dello Spirito alla missione. “Come il Padre ha
mandato me, anch’io mando voi”. Al dono dello Spirito è
legato il dono di rimettere i peccati, riservato a Dio e al Figlio.
Ora appartiene anche alla Chiesa, al suo ministero.
Paolo
rivela che lo Spirito porta all’unità, chiama i diversi ad essere
uniti.
Viene
opportuna una domanda cruciale: come si realizza l’unità
cristiana?
Essere
cristiani che si mettono insieme? Avere regole che uniformano?
Essere uniformi?
L’unità
attorno all’uomo, alle sue filosofie e alle sue realizzazioni non
è l’unità cristiana. L’unità si fa attorno alla parola, ai
sacramenti e all’amore di Dio: attorno allo Spirito.
L’unità
è un gioco di carismi, che devono rimanere diversi e originali ed
originare esperienze diverse. Sono unificati dall’amore che ci fa
essere l’unico popolo di Dio.
La
Scrittura dice il difficile cammino di chi segue lo Spirito: non
contristarlo o spegnerlo. La pentecoste rimane celebrazione della
gioia e spazio per l’ottimismo.
Abbiamo
con noi lo Spirito di Dio, spirito di santità, fortezza e generosità.
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