Omelie  di Pasqua 2006

 

a cura di don Carlo Salvador

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13.04.2006   GIOVEDI'  SANTO 

14.04.2006   VENERDI'   SANTO

16.04.2006   PASQUA            2006

23.04.2006   PASQUA   2   B  2006

30.04.2006   PASQUA   3   B  2006

07.05.2006   PASQUA   4   B  2006

14.05.2006   PASQUA   5   B  2006

21.05.2006   PASQUA   6   B  2006

28.05.2006 ASCENSIONE  B  2006

04.06.2006 PENTECOSTE  B  2006

11.06.2006 SANTA TRINITA' B 2006

18.06.2006 CORPO E SANGUE DI CRISTO B 2006

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GIOVEDI' SANTO  2006

 

Questa celebrazione ci introduce nel triduo di Pasqua. La liturgia della parola annuncia le tre tappe della pasqua nella storia della salvezza.

·          La primizia o profezia della pasqua.

La cena pasquale ebraica viene mangiata appena prima della liberazione e celebra il senso profondo dell’alleanza con Dio. Dio passa e libera il popolo, che lascia l’Egitto e cammina verso la terra della libertà, donata da Dio e conquistata nell’obbedienza.

Dio si rivela al suo popolo perché conoscendolo lo scelga, libero dalla paura, accettando un cammino esigente di crescita interiore. Il senso dell’alleanza maturerà nel tempo, a mano a mano che la parola di Dio si confronterà con la vita.

·           L’evento pasqua raggiunge pienezza e verità in Gesù. Egli è la nostra pasqua vera.

Egli vive il cammino precedente e lo porta a compimento nella sua persona. Gesù esprime consapevolezza viva della pasqua: sa che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre e di amare i suoi, portando tutto al suo compimento.

Gesù compie i gesti antichi in segni nuovi di cui determina con chiarezza il senso.

Egli sa di essere Maestro e Signore: dite bene, perché lo sono. La sua pasqua non dipende dal passato né dalle circostanze presenti ma dal passaggio di Dio nella sua vita e dalla sua adesione libera e consapevole. G. pone due segni nuovi della pasqua

La lavanda dei piedi esprime l'essenziale della rivelazione cristiana: il nostro Dio e Signore è servo. Gli uomini da sempre rappresentano Dio a partire dall'esperienza umana. E nessun uomo ha mai avuto l'idea di un Dio che serve e lava i piedi.

E’ la rive­lazione cristiana, novità assoluta da accogliere e tramandare integra.

Gli uomini sono molto abili nel rispettare la forma, modificando la sostanza.

Siamo riusciti ad affer­mare che una persona può essere miliardaria e nello stesso tempo povera ed abbiamo interpretato la fraternità e il servizio senza che cambi la realtà di dominio e di non fraternità. Già gli apostoli avevano manifestato la loro difficoltà di fronte a questa rivelazione e tutti i Vangeli ce ne parlano. Se a noi il servire non fa problema significa che non l’abbiamo capito e l’abbiamo travisato. Il servizio non riguarda solo la fase umana della vita di Gesù ma anche la vita gloriosa. Il padrone si cingerà, li farà giacere a tavola e passando li servirà, dice Gesù in  Lc12,37. Amore e servizio sono più generosi nella famiglia che nella comunità ecclesiale. Il servizio è il nome di Dio. Il Dio di Gesù non è l’onnipotente ma l’abbà che si consegna a noi.

L’eucaristia. Attraverso il corpo donato e il sangue versato, passa l’amore di Gesù per i discepoli e per tutti. Nella comunione dei corpi avviene la comunione dell’amore. Si esprime e cresce, o, come dice Gesù, è vero cibo che lo alimenta.

·          La Memoria celebrativa della pasqua entro il tempo della nostra chiamata.

Paolo, nella seconda let­tura, scrive: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso». Le parole e i gesti di Gesù noi li riceviamo nella Chiesa e li tramandiamo alle generazioni future. Dopo aver lavato i piedi ai suoi dice: Vi ho dato il segno, perché in virtù di ciò che ho fatto a voi, facciate anche voi.

E consegnando il pane e il calice ai discepoli dice: fate questo in memoria di me.

I segni della lavanda, del pane e del calice sono posti per essere realizzati. Noi siamo la comunità presieduta dal presbitero in cui questi segni continuano a compiersi e tramandarsi fino alla fine della storia, perché il sacerdozio battesimale si esprime nella partecipazione al sacrificio eucaristico e al servizio. Oggi celebriamo anche la festa del sacerdozio dei fedeli e del ministero pastori: vescovo e presbiteri. Tutti sono chiamati ad esprimere la dedizione fino alla fine, manifestando l'amore di Gesù, di Dio e del cristiano.

Questo amore è il coman­damento cristiano: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amia­te a vicenda, come io ho amato voi». A conclusione della sua vita terrena Gesù ci lascia un comando, testamento da eseguire in sua memoria. Egli ci ha anche indicato la modalità o l'estensione di que­sto comando: «come io ho amato voi». In Gesù parola e azione, interiorità e socialità sono coerenti: alla celebrazione segue la passione e risurrezione. Lavo i piedi al gruppo liturgico giovani, a cui ho chiesto di viverlo come rito che dice ai giovani e a tutti: lasciatevi amare da Gesù, non allontanatevi dalla comunità dove Gesù ci educa a vivere l’amore fino alla fine. Ho invitato i bambini che faranno la prima comunione perché vedano che cosa dona e domanda la comunione eucaristica. Ora tutti celebriamo l’amore accogliendolo e donandolo.

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VENERDI  SANTO  2006

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La passione di Gesù è al centro della liturgia del venerdì santo. La parola di Dio rivela chi è Gesù e quale senso ha la sua passione. Giovanni non indugia sulle cattiverie di coloro che consegnano Gesù alla morte né sulle sofferenze patite da Gesù, ma descrive l’ora in cui l’umanità può incontrare Dio in Gesù. Richiamiamo alcuni eventi.

·    Giuda prende un distaccamento di soldati e le guardie armate dei giudei per arrestare Gesù ma egli, solo con le parole sono io!, li fa indietreggiare e cadere a terra.

Anche Pietro, il leader dei suoi amici, nega per tre volte di conoscerlo.

Gesù dice a Pilato di essere re senza  potere umano, venuto a testimoniare la verità.

Sacerdoti e guardie contrappongono Gesù a Cesare e gridano: crocifiggilo!

Pilato non trova in lui nessuna colpa ma lo consegna perché sia crocifisso.

Sulla croce Gesù consegna la madre al discepolo che amava e questi alla madre.

Il discepolo amato prende la madre di Gesù eis ta idia, nelle sue cose più intime e care.  

Uno dei soldati colpisce il costato di Gesù con la lancia e subito ne esce sangue e acqua, simboli della sposa di Gesù che nasce dal suo costato, purificata dal suo amore fecondo.

Dal racconto di Giovanni emerge una sfida dell’uomo e la risposta mirabile di Dio.

L’uomo sfida dando le cose più brutte di cui è capace, Dio sfida dando la cose più belle.

La morte nella volontà umana segna la fine mentre nella volontà di Dio segna l’inizio.

La passione va creduta, va accolta come sorgiva di vita entro la creazione desertificata.

Il mondo è così e noi dobbiamo imparare ad essere cristiani.

La passione inaugura un nuovo passaggio di Dio nella storia: la sua presenza e la sua azione salverà coloro che credono in Gesù e si fanno suoi discepoli.

·        La prima e la seconda lettura ci propongono la riflessione dell’AT e del NT.

Sono pagine scelte in tutte le scritture, dove la rivelazione raggiunge il suo culmine.

Gesù è il figlio dell’uomo che gli uomini umiliano e il figlio di Dio che Dio glorifica.

La croce significa la morte ad opera dell’uomo e la glorificazione ad opera di Dio.

La meditazione sulla croce fa risaltare la sapienza che Gesù ha raggiunto e dona a noi.

La croce è scuola di obbedienza. Imparò l’obbedienza dalla cose che patì.

Il messaggio è sorprendente. L’uomo impara dalle scoperte e dalla realizzazioni positive perché è cittadino del mondo e cresce dentro la crescita del mondo. Gesù invece impara dal fallimento della vita, perché ciò che è segnato dal peccato vive solo quando si manifestano la sapienza e la grazia di Dio, che ricrea la vita rinnovandola.

Dio è l’agricoltore che pota la vite e Gesù impara nella sofferenza della potatura.

L’uomo che obbedisce a Dio impara a perdere la vita per trovarla nei germogli nuovi.

Isaia dice che il servo è cresciuto davanti a Dio come un virgulto e come una radice in terra arida. Gli uomini non vedono la sua bellezza né si compiacciono nel suo splendore; non lo stimano ma lo disprezzano e lo ripudiano. Si illudono pensando che sia stato Dio stesso a castigarlo, a percuoterlo e a umiliarlo. Gesù è germoglio che vive in terra arida.

La croce è scuola di perfezione: Gesù è reso perfetto dall’obbedienza.

Raggiunge la santità di Dio crescendo a sua immagine. L’uomo si divinizza non con la sua sapienza e con le sue forze ma nell’obbedienza allo Spirito santo, che prende l’amore che Gesù esprime sulla nella croce e lo fa vivere nella nostra vita.

La croce è scuola di missione. Gesù è causa di salvezza per coloro che gli obbediscono. Il servo di Dio che intercede per i peccatori, giustifica molti; è l’uomo per gli altri.

La preghiera universale interceda con Gesù perché la croce salvi il mondo e l’adorazione alla croce esprima i sentimenti che la contemplazione della passione suscita in noi: sia volergere lo sguardo umile e riconoscente a colui che abbiamo trafitto.

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PASQUA  2006

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Questo è il giorno di Cristo Signore!. Ed è giorno dell’umanità e di gioia grande.

·        Pietro prepara la famiglia pagana di Cornelio al battesimo annunciando Gesù da Nazaret. L’annuncio viene dagli apostoli, i testimoni che Dio aveva designati, e suscita la fede.

Anche noi celebriamo la pasqua, le altre feste  e i sacramenti, grazie a Gesù. Con Cristo per Cristo e in Cristo ogni onore e gloria a Dio e ogni grazia agli uomini.

La risurrezione non è stata vista, e non può essere vista, dall’uomo che vive sulla terra.

Adamo dorme un sonno profondo mentre Dio forma Eva dal suo costato. Non vede come agisce ma l’opera compiuta ed esulta in Dio, quando si ritrova accanto Eva, riconoscente al suo creatore. Dio nasconde Mosè nella cavità della roccia mentre passa davanti a lui.

Il profeta Elia si copre il viso quando un vento leggero segna il passaggio di Dio.

Legge e profeti annunciano ciò che credono dopo aver visto le opere di Dio.

Gli apostoli credono la risurrezione quando leggono i segni pasquali alla luce della parola

Per godere la gioia della pasqua occorre ascoltare la parola che racconta l’opera più bella di Dio: Gesù. Ascoltiamo l’annuncio apostolico su Gesù, da cui nasce la fede e che rende possibile la pasqua. S. Pietro fa quattro affermazioni.

Dio unse Gesù con Spirito santo e potenza: all’inizio c’è la scelta di Dio e l’unzione con lo Spirito: lo è stato per Gesù nella nascita e per Maria nell’annunciazione; lo è per tutti.

Nessuno arriva alla risurrezione senza questo lancio di Dio. Occorre umiltà riconoscente.

Egli passò beneficando e guarendo tutti quelli che erano oppressi dal diavolo: Gesù vive a Nazaret, si radica in una famiglia e in contesto sociale in cui è riconosciuto e in cui cresce nella sua vocazione, ma poi, come il Dio dell’esodo, passa: prima in Giudea dove dà la testimonianza più bella di amore e poi al Padre, dopo essere risuscitato alla vita.

Passa per fare il bene di tutti gratuitamente, e in particolare per liberare e guarire.

Gli uomini lo uccisero appendendolo sul legno e Dio lo risuscitò il terzo giorno.

Vede la risurrezione chi la sperimenta ogni giorno nel passaggio in cui si perde la vita ritrovandola nuova. Senza questo vissuto la fede è turbata dal dubbio su Dio.

C’è pericolo che la volontà di Dio non sia nostro cibo quotidiano, ma appaia ostacolo alla libertà e che la risurrezione sia opzional o abbellimento o speranza addizionale.

Egli assicura il giudizio e porta il perdono a chi crede in lui. E’ un tema che abbiamo meditato nelle catechesi sulla riconciliazione. Gesù è garanzia nel giudizio perché è figlio di Dio e figlio dell’uomo, garante di Dio ed anche dell’uomo. Da Gesù non viene la condanna ma la verità: egli raccoglie i benedetti del Padre: venite benedetti …

Il vangelo racconta il primo confuso approccio con il Risorto del gruppo delle donne, rappresentato da Maria di Magdala, e da Pietro e Giovanni, i due discepoli prescelti.

La testimonianza  delle donne non aveva valore  legale ma è in primo piano per la fede.

Come sempre Dio valorizza ciò che l’uomo deprezza o sfrutta o ritiene inferiore a sé.

Donne e discepoli non vedono il Risorto ma collegano i segni lasciati da lui con la sua parola, e comunicano l’uno all’altro la propria fede aiutandosi a credere nel rispetto di ognuno. Questa è la Chiesa.

·        Paolo, l’apostolo presenta Gesù con le parole: Cristo, nostra pasqua, è stato sacrificato.

Cristo è la nostra pasqua, perché Dio passa in lui, dove egli è presente risorto: nella parola, nella liturgia e nell’amore fraterno. Giovedì santo abbiamo celebrato la comunione alla corporeità di Cristo, nella lavanda dei piedi e nel corpo e sangue ricevuti e donati per amore. Dio ci dona nel corpo di Gesù, sacrificato e santificato, un corpo che ama, crea relazioni fraterne e realizza la comunione di tutti con tutti, la pace e la gioia.

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PASQUA  2  B  2006

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Oggi sedici dei nostri bambini partecipano per la prima volta alla comunione eucaristica.

E’ bene che tutta la comunità cristiana, che è la famiglia di Gesù, rifletta sulla comunione alla luce della parola che abbiamo ascoltato. Vi propongo tre riflessioni.

·        La comunione con Gesù. E’ in primo piano oggi ed è fondamento di ogni comunione.

I cristiani sono innestati in Gesù come le pietre in un edificio, come i rami in un albero e come le membra in un corpo. Quando siamo in comunione con Gesù lo siamo anche con il Padre e lo Spirito santo, con tutta l’umanità, anche con i morti nel Signore, e con tutta la creazione, che è stata fatta per Gesù e in Gesù e attende anch’essa la risurrezione.

Prendiamo coscienza che Gesù viene attraverso acqua e sangue, l’acqua è un elemento  base della creazione e il sangue emblema del sacrificio umano. La comunione con Gesù è comunione con tutta la realtà e alimenta e matura la comunione con la vita eterna, che è il destino e l’anelito di tutta la realtà.

·        La comunione fraterna ecclesiale. Lo stile di vita moderno è improntato sull’interesse.

I figli degli operai, si dice in modo sfacciato, non devono avere le stesse possibilità dei figli dei ricchi e chi va a votare se non difende i suoi interessi è uno stolto. Per il vangelo è il contrario. Gesù ha insegnato che coloro che facevano la volontà del Padre formano la sua famiglia e ha detto alla folla: voi siete tutti fratelli (Mt 28,33). Gli interessi dividono mentre l’amore unisce e noi abbiamo bisogno di fraternità. Altrimenti la lotta per i beni devasta la pace. Anche i beni sono a servizio dell’amore reciproco. La Chiesa deve annunciare il vangelo. Le sperimentiamo nelle nostre famiglie che sono ancora comunità in cui i beni sono condivisi secondo i bisogni di ognuno, come dice la prima lettura.

La comunità delle origini viveva come famiglia di Gesù e Gesù viveva con i discepoli nella condivisione dei beni. Ci domandiamo: perché pratichiamo la condivisione dei beni nella nostra famiglia e non nella comunità ecclesiale? Perché le relazioni umane sono più sentite e importanti per noi. E perché non abbiamo capito bene due cose:

1.  Mettere i beni in comune non era un obbligo ma il modo di esprimere l’amore a Cristo nell’amore fraterno. Quando l’amore a Cristo è diminuito d’intensità la condivisione dei beni si è fermata, come accade nelle famiglie quando si separano o quando l’interesse prevale sull’amore. Una volta si diceva: fratelli coltelli. Là dove l’amore a Cristo è rimasto forte, come nei monasteri e nelle famiglie religiose, i beni sono condivisi.

2. I beni non erano divisi in parti uguali e neppure secondo il lavoro fatto da ognuno (criterio umano) ma secondo il bisogno di ognuno.

I salariati chiamati a lavorare nelle diverse ore del giorno ricevono non un salario proporzionato al lavoro ma un denaro, il salario per vivere una giornata. La comunione dei beni è possibile dove la fede è autentica, dove cioè ci misuriamo con Dio. Quando ci misuriamo con gli uomini nascono divisioni e conflitti, che sono vinti da chi ama meno.

·        La comunione spirituale.

Giovanni non descrive l’evento della Pentecoste ma scrive che Gesù la sera di pasqua ha alitato sui discepoli donando loro lo Spirito santo. E’ lo Spirito che Dio soffia sul volto dell’uomo plasmato con la polvere per farlo anima vivente (Gen 2,7): è lo spirito che viene dai quattro venti e soffia sui morti perché rivivano (Ez 37,9), è lo Spirito che crea la vita e la fa rivivere quando è morta, che sconfigge ogni realtà di morte, rimettendo il peccato, e fa crescere la vita divina nell’uomo. Lo Spirito è comunione. La vita spirituale alimentata dallo Spirito diventa comunione di vita eterna perché lo Spirito che ci plasma in Cristo. L’opera di Dio è talmente grande che suscita stupore ma anche i dubbi e le reticenze sono possibili a tutti finché non incontrano il Signore risorto.

Confessare mio Signore e mio Dio” significa onorare la comunione con Gesù e con la sua famiglia nell’obbedienza allo Spirito. La comunione ci interroga: siamo ciò che celebriamo e ciò a cui educhiamo i nostri bambini? La comunione ci dona la grazia di Cristo, che è comunione di tutti e di tutto.

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PASQUA  3  B  2006

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Ieri sera il vescovo ha conferito la cresima a 21 dei nostri ragazzi. La discesa dello Spirito è un evento della pasqua di Gesù, il quale la sera di pasqua lo soffia sui discepoli.

·        Gesù dice che la discesa dello Spirito è “la promessa del Padre mio”. Il padre, che prima aveva inviato il Figlio unigenito, ora invia lo Spirito santo, perché prenda quello che è di Gesù e lo faccia vivere nel suo corpo che è la Chiesa, per la salvezza del mondo.

Lo Spirito riveste di potenza dall’alto i testimoni del Figlio, come aveva rivestito Maria perché diventasse madre di Gesù: la potenza dell’Altissimo ti adombrerà.

·        I discepoli hanno difficoltà a credere. Perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Gesù risorto non si presenta più com’era nella vita terrena e viene scambiato per altre persone. Nel brano di oggi è creduto un fantasma. I discepoli sono pieni di grande gioia ma questa impedisce loro di credere. Gesù dunque non viene conosciuto neppure con l’emozione interiore. Quante volte confondiamo l’emozione come prova di una religiosità forte.

Questo evento di apparizione vuole rinforzare due convinzioni importanti.

1 Gesù invita a toccare e guardare le sue mani e i suoi piedi per rendersi conto che è presente in carne ed ossa. Non sappiamo che valore abbia avuto questo guardare e toccare. Anche Tommaso è stato invitato a farlo ma è arrivato alla professione di fede proclamando Gesù: mio Signore e mio Dio, senza toccarlo. Il racconto trasmette la certezza che Gesù è la persona che hanno conosciuto e amato e quindi che è risorto.

2 Gesù indica i tre percorsi  necessari per arrivare alla fede in lui risorto e glorificato.

- In Gesù si compiono le cose scritte nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi.

Dio aveva indicato quale doveva essere la vita del Figlio, però la mente degli uomini era chiusa alla comprensione, ad eccezione della mente di Gesù e di Maria. Ed è il Risorto che apre le menti a comprendere le Scritture mediante il dono dello Spirito santo.

E necessario che il Padre compia la promessa di inviare lo Spirito santo, perché i discepoli possano arrivare alla conoscenza di Gesù, alla fede e alla vita divina.

E’ opportuno considerare seriamente questo insegnamento, anche se lo conosciamo già.

Ragioniamo con una mente chiusa alla Scrittura o con una mente che è sempre aperta a quello che la parola ci dice progressivamente entro i continui cambiamenti delle culture?

- L’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. La fede, iniziata nell’ascolto della Scrittura, viene confermata dai segni di Dio. L’eucaristia è il segno più grande.

Gesù ha insegnato con autorità: Chi crederà e verrà battezzato sarà salvo; Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita terna. L’assemblea nel giorno del Signore è necessaria per rimanere nella vita di Gesù. Non misuriamoci con gli uomini dicendo: sono stanco e il Signore mi capisce, oppure: non vado o vado altrove perché le persone della parrocchia non mi vanno, oppure: chi non va a messa è meglio di chi ci va.

Dobbiamo fare i conti con il disegno di Dio: spezzare il pane insieme nel rito e nella missione che una comunità assume nel territorio è il comando del Signore.

- Di questo voi mi siete testimoni. Bisogna considerare attentamente anche questo terzo percorso. La testimonianza è prima di tutto una necessità per rimanere nella fedeltà. Vivendo la fede davanti a Dio e agli uomini noi ci rafforziamo nella fede. Il martire, che è il testimone più grande, in primo luogo conferma per sempre la sua fedeltà a Cristo. Solo di conseguenza diventa seme di nuovi cristiani Ho visto i genitori vicini ai figli che hanno celebrato l’eucaristia e la cresima e i genitori che hanno accompagnato i figli della prima e seconda elementare a catechismo. Prima di tutto è bello vederli ritornare a Dio o starci con più partecipazione e poi la loro presenza è un grande regalo per i figli e una gioia anche per loro stessi. Preghiamo perché siamo fedeli tutti ai percorsi della fede.

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.PASQUA  4  B  2006

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Siamo nel tempo pasquale, 50 giorni dedicati a celebrare l’evento risurrezione e a partecipare alle conseguenze che ha offerto per noi e per il futuro del mondo.

In queste domeniche la liturgia scompone l’evento pasqua in singoli eventi di salvezza: le apparizioni e il loro significato, l’annuncio degli apostoli, che hanno vissuto il prima e il dopo, danno la ascensione di Gesù e la discesa dello Spirito santo. La liturgia scompone e compone il tutto visitando le parti, per raggiungere il tutto vivendo le singole parti. Anche nella vita umana è così: distesa di giorni e cambiamento di vita.

Oggi il vangelo ci presenta l’immagine del buon pastore. Gesù stesso con questa immagine ci rivela la sua pasqua. Sottolinea queste realtà.

·     Il buon pastore offre la vita per le sue pecore. Impegna e rischia la sua vita.

per difendere il gregge dai lupi, simbolo della forza distruttiva del male.

E’ il contenuto della pasqua: perdere la vita facendo le scelte giuste anche se impegnative con l’obbiettivo di ritrovarla in nella dimensione divina, già nella crescita di questa vita, soprattutto nella fine della  vita. Pietro insegna: La pietra scartata da voi è divenuta testata d’angolo. Si tratta di una valutazione completamente diversa. Ci dà la capacità di guardare con occhi diversi i poveri e gli ultimi, la morte stessa. 

Ho il potere, il comando, dal padre di offrire la mia vita e di riprenderla di nuovo.

Gesù non butta via la sua vita, ma la conduce alla gloria che aveva prima che il mondo fosse. La pasqua non è rimanere nella morte ma il passaggio da morte a vita, come il passaggio del mare Rosso, come il passaggio da celibe a sposato. E’ sulla croce che Gesù diventa scopo della Chiesa. Anche nella vita umana c’è il morire, rinunciare, sacrificare per ottenere cose che ci stanno più a cuore.

·        Conosco le mie pecore come le mie pecore conoscono me.

L’esperienza di Gesù: conosceva i suoi, li aveva chiamati, aveva condiviso con loro tutte le cose udite dal padre (amicizia) ed anche i beni materiali.

Le persone avevano il loro nome e Gesù l’aveva per loro; familiarità, dono reciproco.

La parrocchia come luogo dove conoscere Gesù per nome e riconoscerci partendo dalla familiarità comune con Gesù. Oggi si chiude l’esperienza oratorio e inizia la preparazione al grest, che è l’incontro con tanti amici, con una nuova famiglia

·        Ho altre pecore che non sono di questo ovile: anche queste io devo condurre.

Gesù viene per tutto il mondo e per tutti i tempi, anzi per tutto il creato.

Occorre riconoscere Gesù non solo come il mio pastore ma il pastore del mondo.

Se è una cosa che Gesù deve fare dobbiamo farla a anche noi. Costruire una comunità capace di scelte, di proposte, di dialogo con credenti e non credenti.

·        Sabato  prossimo abbiamo la possibilità di vivere insieme un’esperienza religiosa intensa per rafforzare la nostra fede e la nostra appartenenza. Benediremo un’icona della pentecoste per la nostra chiesa. Completeremo l’aula battesimale inserendovi l’icona e il cero pasquale. Così, guardando la vasca battesimale, l’icona e il cero, simbolo di Cristo risorto, ricorderemo che siamo nati dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito.

Il trittico ci educa ad obbedire a Dio come Gesù e Maria e l’altare, segno dell’eucaristia che ci dà la forza per donare la nostra vita e riprenderla di nuovo nella risurrezione. L’icona della pentecoste completerà la serie di affreschi che ricordano gli eventi di Dio e della salvezza. Sabato sarà anche occasione di incontro, di ascolto di brani musicali che commentano i misteri illustrati nella nostra chiesa. Può essere una festa straordinaria, la  festa della famiglia di Gesù, la comunità cristiana.

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PASQUA  5  B  2006

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A volte guardiamo agli inizi della Chiesa in modo idealizzato, come a una età dell'oro.

La prima lettura, invece, descrive una comunità normale che conosce gli entusiasmi degli inizi ma anche contrasti e tensioni. Paolo appare una figura carismatica che su­scita reazioni discordanti: consensi e rivalità. Egli non incontra il favore della comunità perché agisce secondo il carisma ricevuto. “Tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo”. Non si erano accorti che aveva incontrato il Signore. Barnaba, che era un apostolo stimato, garantisce per Paolo: “Barnaba lo prese con sé e lo presentò agli apostoli, raccontando la sua conversione sulla vita di Damasco e la sua predicazione in quella città. Barnaba riconosce il carisma di Paolo. Gli Ebrei di lingua greca “tentano di uccidere Paolo” ed egli viene rimandato a Tarso e la comunità-maggioranza si libera di una figura scomoda.

Veniamo dunque a conoscere una Chiesa che è simile alle nostre comunità.

Anche noi conosciamo la fatica di essere creativi perché il rinnovamento mette in crisi le convinzioni passate. Allora è facile essere tentati di mandare altrove i profeti.

Il Vangelo rivela che una comunità cristiana appartiene in modo radicale a qualcuno che la supera e la fa vivere. L'immagine della vigna appartiene alla tradizione biblica ma Giovanni la rielabora e la riempie riferendola a Cristo. Gesù è la vera vite.

Non c’è altro modo per portare frutti se non quello di appartenere alla vite che è Gesù e sottoporsi alle scelte di Dio. A volte pensiamo che la fecondità della nostra esistenza dipenda dalle nostre capacità, dall'impegno profuso e dal successo della pastorale.

Nella vita spirituale ed ecclesiale, invece, i singoli e la comunità trovano al di fuori di sé il proprio radicamento e il proprio centro. Si porta frutto ricevendo la vitalità dalla vite.

La vite, come il buon pastore, è un’immagine pasquale. Essere potati per portare frutto equivale a morire per risorgere o a perdere la vita per ritrovarla.

Il frutto prospettato è connesso a una potatura, a una purificazione che fa soffrire.

I fallimenti e le sofferenze sopportate per il regno di Dio sono positive. Il regno cresce in un modo che nessuno conosce.  Il ritorno di Paolo a Tarso è una purificazione, per lui e per la comunità, di comportamenti che causavano problemi ed è un tempo concesso da Dio a lui e alla comunità per assecondare l’azione dello Spirito.

Sembra che Paolo sia rimasto a Tarso dieci anni prima che Barnaba venisse a cercarlo per invitarlo ad andare con lui ad Antiochia. Dieci anni di silenzio, di macerazione interiore alla ricerca di capire il senso di quello spreco di tempo, di risorse, di energie e di quella comunione ecclesiale fragile. Eppure il frutto della potatura si vede a posteriori, leggendo le sue lettere, riflettendo sulla comprensione del mistero di Gesù che egli ha maturato in un’azione pastorale che ha conosciuto molte incomprensioni ma ha aperto la strada alla Chiesa. I nostri programmi pastorali si realizzano solo parzialmente. Dobbiamo comprendere quello che dice il salmo 126: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode». E’ il Signore l’agricoltore che fa le scelte e, se esse sono per noi misteriose, noi comunque siamo solo argilla nelle sue mani.

Non conta la visibilità di quello che realizziamo, ma il restare radicati in un amore che ci precede e a un cammino inesauribile che tende infinito.

L’icona della pentecoste, che ieri sera abbiamo benedetto con gioia, ci aiuti a contemplare il mistero di una comunità che è serena anche nelle tribolazioni, perché si confronta con Dio e non con gli uomini e perché lo Spirito santo la guida e la sorregge.

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PASQUA  6  B  2006

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L’incontro tra Pietro e il centurione Cornelio in Samaria è costitutivo per la Chiesa.

Nella casa è riunita un’assemblea formata dalla famiglia di Cornelio, da numerosi pagani e da Pietro con alcuni giudeo-cristiani che lo avevano accompagnato da Giaffa.

La presiede Pietro per ordine di Dio, che lo aveva mandato a chiamare da Cornelio.

Mentre Pietro parla lo Spirito santo cade su tutti quelli riuniti ad ascoltare la parola.

Si tratta di una vera pentecoste perché Pietro lo riconosce: questi hanno ricevuto lo Spirito santo come anche noi. Questa discesa dello Spirito in Samaria sorprende tutti.

·        Si tratta quindi di una iniziativa dall’alto, di una realtà nuova creata da Dio.

Le due Chiese adunate da Dio, quella nata da Israele a Gerusalemme e quella che nasceva dai pagani, in Samaria, sono unificate dallo Spirito nonostante le grandi distanze nell’origine che c’erano fra loro. In Samaria la Chiesa nasce autonoma rispetto a Israele, cioè non è un’assemblea entro il mondo giudaico, ma assemblea di Cristo in mezzo al mondo. Dio poi non somma due unità ma ne crea una nuova, inviando lo Spirito santo, la sua potenza che unisce giudei e pagani.

La Chiesa nasce dal costato di Cristo e dalla sua pasqua ed è altra cosa da Israele.

Dio la fonda non su Mosè e i profeti ma sul suo Messia nella novità affidata allo Spirito.

Le due chiese non potranno chiudersi in se stesse ma dovranno compiersi in Cristo.

·        Noi abbiamo davanti un’icona della Pentecoste in cui lo Spirito non discende solo sugli apostoli e Maria, quasi su una elite di Chiesa, ma anche sulla Maddalena, rappresentante di tutte le donne e dei cristiani che non possiedono un ministero consacrato, come i pagani nella casa di Cornelio in Samaria. Ricordiamo che noi cristiani provenienti dal paganesimo siamo la stragrande maggioranza della Chiesa. La pentecoste dei pagani suscitò anche cocciute opposizioni fra i giudei cristiani attaccati alle loro tradizioni ma Dio l’ha compiuta lo stesso.

·        Questo è un segno da evidenziare e una opportunità per il nostro tempo. La Chiesa ha bisogno di vocazioni ai ministeri consacrati ma ha bisogno soprattutto che i cristiani non siano rinunciatari ma popolo che vive la sua dignità profetica, sacerdotale e regale.

La Chiesa cura l’iniziazione cristiana non perché si sciolga come neve al sole ma perché i cristiani siano nel mondo come altrettanti segni sacramentali di Cristo. Se i giovani disertano la comunione di maturità e l’assemblea eucaristica festiva, se antepongono i loro impegni e la loro libertà all’amore a Cristo significa che le nostre comunità non li hanno educati ad appassionarsi a Cristo. Significa che non sono esse stesse appassionate del vangelo ma trasmettono le tradizioni dell’iniziazione senza passioni vere. Le nostre comunità non sanno educare perché esse stesse non si lasciano animare dallo Spirito.

·        Pietro comandò che coloro che avevano ricevuto lo Spirito venissero battezzati.

Noi sappiamo che il dono dello Spirito è battesimo. Il battista aveva annunciato che Gesù avrebbe battezzato in Spirito santo. La Scrittura non parla del battesimo di acqua né per Maria né per gli apostoli mentre si dice che hanno ricevuto lo Spirito. Gesù nel Giordano è stato battezzato sia nell’acqua sia nello Spirito perché così Dio ha operato la salvezza.

Metteremo l’icona nel battistero come segno di questo mistero: noi nel battesimo di acqua siamo mondati e resi membra di Cristo e quindi corpo di Cristo e nel battesimo dello Spirito siamo fatti assemblea di persone animate dallo Spirito e testimoni di Cristo.

Non separiamo i due battesimi, perché l’uno vive dell'altro e tutti due dell’eucaristia.

·        Gesù ci affida la sua amicizia come una sfida per crescere. Egli amandoci ci fa conoscere tutto ciò che ha udito dal Padre e ci rende capaci  di amarci gli uni gli altri in modo da conoscere ciò che ci è stato rivelato e donato. E’ questo il frutto che egli cercava da noi quando ci ha scelti e costituiti; è questo che possiamo ottenere dal Padre nella preghiera.

Impegniamoci a pregare secondo la parola e a portare il frutto che Gesù attende.

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ASCENSIONE  B  2006

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Celebriamo una festa  per esprimere la gioia di appartenere alla nostra comunità cristiana. Riconosciamo che il Padre ci mette insieme, insieme con lui e insieme tra di noi.

Gesù ci unisce al Padre perché siede alla sua destra e ci unisce fra di noi perché è primogenito fra molti fratelli. La liturgia celebra l’ascensione del Signore. Gesù ci lascia ma manda lo Spirito alla Chiesa e la Chiesa in missione.

Con la pentecoste domenica prossima chiudiamo l’anno pastorale.

L’icona della pentecoste, dipinta e benedetta per la nostra chiesa, ricorda la pasqua.

Abbiamo trascorso l’anno pastorale nell’attesa dell’icona, meditando la pentecoste in Samaria, sui pagani riuniti nella casa di Cornelio per volere del Signore.

Lo Spirito santo scende nella comunità radunata dalla parola e unifica in Gesù Cristo i popoli della terra. Non c’è più bisogno di Israele, non è importante neppure quello che pensano le persone che hanno conosciuto Gesù.

Al di sopra di tutti Dio mette lo Spirito santo e la sua potenza: è lui il missionario a cui appartiene l’iniziativa. La nostra testimonianza è importante se obbediamo a lui.

L’ascensione è presentata così.

·        Prima lettura. Il racconto di Luca tratto dagli Atti degli apostoli riferisce che nel tempo delle apparizioni Gesù ha comandato a suoi discepoli di restare a Gerusalemme per essere battezzati in Spirito santo secondo la promessa del Padre. Ma lo Spirito viene mandato con una missione nuova: unificare in Gesù Cristo i popoli della terra. Egli scende direttamente sui pagani. Israele era stato provvidenziale per preparare la venuta di Gesù Cristogloria  e perché si adempissero su di lui e in lui le Scritture. Ora che Gesù siede alla destra del Padre e che tutto gli è sottomesso, Israele non è più la madre comune. Il regno viene dato a chi crede nel Figlio di Dio.

L’alleanza ora si fonda nel corpo e sangue di Cristo, morto e glorificato, e viene offerta a tutti senza le condizioni precedenti. Giudeo cristiani e pagani sono edificati alla pari sul nuovo fondamento: Gesù Cristo. La nuova stagione dell’alleanza è affidata alla potenza dello Spirito santo, che la gestisce in modo originale e creativo.

Nessuno conosce i tempi e i modi del regno, perché il Padre li ha riservati a se stesso. Gesù glorificato sostituisce Mosè,  profeti, comandamenti e culto dell’antica alleanza.

Lo Spirito prende quello che è di Gesù e lo fa vivere in tutti i popoli, facendo di essi un popolo solo, senza più divisioni e senza altri fondamenti.

·        Seconda lettura. Paolo scrive che Gesù viene assunto in cielo e siede alla destra di Dio.

Ascende colui che era disceso nelle regioni inferiori della terra. Egli così porta a pienezza e a tutte le cose. E’ questa la missione che il Padre gli ha affidato.

Il Risorto è colui che discende e ascende per rendere piena, cioè “molto bella” ogni vita.

Siamo chiamati ad essere fedeli al dono che ci è stato dato per edificare la Chiesa fino alla piena maturità di Cristo.

·        Vangelo. Marco scrive che gli undici annunciano Gesù ovunque mentre Dio opera con loro e conferma con la sua azione la loro testimonianza. Lo Spirito santo rende feconda la loro testimonianza. Dopo la missione di Gesù sulla terra ora viene la missione della Chiesa. Essa continua a compiere i segni di Gesù e come Gesù può contare sulla potenza dello Spirito. La missione suscita la speranza che non delude, perché lo Spirito fa in modo che l’opera della Chiesa raggiunga il cuore di ogni uomo.

·        In questa eucaristia ringraziamo Dio che ispira il nostro cammino ecclesiale e chiediamo l’umiltà di cuore per essere docili allo Spirito santo che ci guida a continuare nel nostro tempo la missione redentrice di Gesù.

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PENTECOSTE  B  2006

 

Dopo la riflessione sullo Spirito che ha accompagnato gli ultimi due anni pastorali, in questa pentecoste possiamo pregare con convinzione: Vieni, santo spirito!

Richiamo tre riflessioni dai tanti brani biblici previsti per la solennità della pentecoste.

o       Lo Spirito viene d’improvviso dal cielo e riempie tutta la casa dove i discepoli attendono.

La Chiesa, grazie allo Spirito, prende coscienza che il Risorto è vivo e presente in essa.

La Chiesa, come corpo mistico di Gesù animato dallo Spirito di Dio, nasce a Pentecoste.

Il Concilio di Gerusalemme conia l’espressione: Lo Spirito santo e noi abbiamo deciso. Più tardi la Chiesa la sostituirà con altre formule, come: con il potere che mi è stato conferito da Dio. La Chiesa, avendo ricevuto l’autorità da Dio, può presumere di dire sempre la verità mentre la storia ci dice che tante volte ha deciso in buona fede cose sbagliate. Gesù diceva: chi vi ucciderà crederà di rendere gloria a Dio (Gv 16,2).

E nell’islam moderno c’è chi si uccide e uccide credendo di rendere gloria a Dio.

Lo Spirito santo viene prima della Chiesa ed essa decide insieme con  lui ciò che va fatto. Parrocchie e diocesi non  sono luoghi dell’umano rivestiti di sacralità ma dello Spirito.

La pentecoste ci ricorda che lo Spirito scende dall’alto sulla Chiesa e riempie ogni cosa.

o       Ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua. L’affermazione rimanda a Gen 11 dove si racconta che gli uomini avevano una voce sola e tentarono di costruire una torre alta fino al cielo: volevano darsi una unità e farsi un nome per paura di disperdersi.

Ogni progetto imperialista tenta di costruire l’unità del popolo ma in realtà impone a tutti con la violenza la stessa lingua e le stesse parole, distruggendo tutte le differenze.

Questi tentativi durano poco perché provocano la confusione, la ribellione e il caos.

Gli uomini cercano di farsi da se stessi un nome per  non  ricevere la propria identità da altri e per non dipendere da loro. Dio interviene perché questo progetto contiene una minaccia per il futuro dell’umanità. La cima della torre, come la montagna, rappresenta il luogo di incontro tra terra e cielo, tra uomini e Dio. Come ricomporre l’alleanza perduta? 

La Bibbia dice che è Dio a dare il nome alle persone. Dopo che l’uomo è caduto nel peccato la riconciliazione non avviene perché l’uomo scala il cielo ma perché Dio discende dal cielo e si fa uomo e innalza colore che credono in lui fino a alla vita divina.

La pentecoste rappresenta il compimento di questa discesa di Dio. Mentre gli uomini con la violenza creano la confusione, Dio favorisce le originalità degli uomini e ne moltiplica il valore, come il coro esalta in un’unica ricca armonia le voci diverse dei cantori.

La discesa dello Spirito rende possibile una vita di libertà e di comunione, com’è la vita trinitaria. Lo Spirito santo discende dal cielo per esaltare le diversità nell’unità.

Dal potere degli uomini, anche degli uomini di Chiesa, nasce confusione e umiliazione.

Solo lo Spirito guida alla comunione nella libertà e quindi nell’amore e nella gioia.

o       Lo Spirito santo è l’artefice dell’iniziazione cristiana. Egli ci fa figli entro il cammino ecclesiale, per mezzo della Parola, nel battesimo, nella cresima e nell’eucaristia,.

Oggi celebriamo anche il cinquantesimo di un matrimonio. Dovremmo in futuro dare risalto agli anniversari di matrimonio per testimoniare, contro la cultura moderna, che la fedeltà all’amore per tutta la vita è da onorare e da difendere come bene prezioso.

Oggi sta bene la festa della catechesi dei bambini, dei genitori che li accompagnano e dei vari gruppi parrocchiali. Tutti infatti, come bambini, abbiamo bisogno di essere aiutati a conoscere la parola entro il dialogo e la condivisone ecclesiale. Oggi la fotografia dell’icona che avete davanti riempie tutta la prima pagina de L’Azione. In tutta la diocesi tante persone possono contemplare, come noi, il mistero della pentecoste e ringraziare.

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SANTA TRINITA’  B  2006

 

La solennità della Trinità ci stimola ad alcune riflessioni.

·        La Trinità è fonte e culmine della vita. Fonte perché la vita nasce dal Padre, dal Figlio che è fondamento di tutte le cose, e dallo Spirito che divinizza tutto nell’amore.

Culmine perché la vita è vera e piena quando si è maturata secondo il modello trinitario.

·        Il mistero della Trinità ci è stato rivelato; è quindi possibile conoscerlo già ora.

La Trinità vive una vita intima che manifesta in modo originale e sublime l’amore.

Le tre persone divine amano in questo modo: ognuna rende l’altra originale, realizzata e felice e ognuna riversa il dono ricevuto dalle altre  nella comunione per il bene comune.

La vita trinitaria si manifesta come crescita nella pienezza della libertà delle persone e nella pienezza della comunione tra loro. Un amore talmente pieno ridonda.

La Trinità si manifesta a noi nella storia della salvezza: la creazione sempre in crescita, la cristianizzazione di tutta la realtà o redenzione e la santificazione o divinizzazione.

Infatti ogni amore si manifesta nelle opere. Dio manifesta il suo amore in quanto prende abitazione in mezzo a noi senza violenza e compie tutte le cose conducendole a un amore simile a quello trinitario, che valorizza i singoli e arricchisce la comunione.

·        Le caratteristiche dell’amore divino sono l’accoglienza, in particolare del povero, del piccolo e del peccatore, la simpatia che lo fa partecipare alla nostra condizione eccetto il peccato, l’amicizia come condivisione di tutto quello che abbiamo imparato da Dio, nella misericordia incarnata dal buon samaritano che si fa carico delle nostre ferite.

Se l’uomo si convertisse al valore insito in questo amore, che Dio ha posto nella vita di tutti come lievito, la terra diventerebbe paradiso. Ma la vita oggi poggia su non valori: la violenza, il denaro, il successo nel mondo. Come possiamo criticare la violenza degli altri o l’ingiustizia o i fatti negativi eclatanti che emergono nella vita, quando legittimiamo, accettandolo, che la vita sociale, politica ed ecclesiale si fondi su forme di potere?

Noi possiamo sperimentare la tenerezza dell’amore divino nella tenerezza dell’amore umano nella famiglia e nell’amicizia, la giustizia nella missione del Figlio e dello Spirito compie nella quali si compie giorno dopo giorno il disegno di Dio per tutti e in tutti. 

Quale volto di Dio presenta la nostra comunità? Gli operatori pastorali fanno una giornata di ritiro per tastare il polso a questa realtà e aprire nuove vie all’amore.

Sarebbe importante che ogni cristiano verificasse nell’ascolto della parola, nella preghiera e nella carità l’autenticità della sua vita personale, famigliare e comunitaria.

·        La vita cristiana ad immagine della Trinità si riversa nella missione.

Gesù rivela che gli è stato dato ogni potere in cielo e in terra, lo stesso potere di Dio, creatore, redentore e santificatore. Già in questa terra aveva esercitato il potere sulla malattia e sulla morte, sul demonio e sugli elementi della natura: il vento, le acque, il pane. Ora lo esercita mandando i suoi discepoli in missione in tutto il mondo.

Andate, fate discepoli, battezzate, insegnate nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Il nome indica il fondamento della missione. La prima comunità cristiana battezzava in nome di Gesù. Era implicito che Gesù agiva con il Padre e lo Spirito santo.
Matteo lo rende esplicito per significare che fondamento della missione è la Trinità e che la missione continua nella presenza del Risorto nella sua Chiesa.

Possiamo così riflettere su due aspetti del mistero della Trinità:

- l’amore divino si manifesta soprattutto nel perdono e nella riconciliazione.

- il Dio trinitario è essenzialmente un Dio con noi.

Possiamo lasciarci abitare dal mistero trinitari nella preghiera e nell’obbedienza.

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CORPO E SANGUE DI CRISTO  B  2006

 

Dio si rivela all’uomo lungo la storia della salvezza. La rivelazione è progressiva e la percezione che l’uomo ne ha è parziale, sia perché Dio è mistero mai pienamente compreso sia perché gli occhi dell’uomo possono essere malati o ciechi nel vedere.

Vede bene Dio chi si lascia amare da lui e lo ama. E nell’amore è facile ingannarsi.

L’eucaristia è l’evento in cui si esprime l’amore fino alla fine. Da parte di Dio è sicuro, da parte nostra è da dimostrare. La solennità odierna è nata in un momento in cui la bibbia era conosciuta da pochi, la teologia era ripetitiva e la liturgia era supplita dalla devozione popolare. Il Concilio ha dato una visione nuova anche a questa festa ma a poco a poco la devozione popolare ha ripreso il sopravvento sulla scrittura e sulla liturgia e siamo tornati a sottolineare solo la presenza, l’adorazione e la processione.

Non ci accorgiamo che i tempi sono cambiati e che la processione oggi è una forma di imposizione, in base a un presunto diritto di Dio di essere riconosciuto da tutti, di essere accompagnato per le strade dalle autorità civili e militari, quasi che siano queste cose a gratificarlo mentre Dio è gratificato solo dall’amore. Le altre cose gratificano noi.

E’ buono un culto che esprime contenuti così marginali rispetto a quanto Dio ha rivelato? Celebriamo guidati dai brani biblici che abbiamo proclamato. Non dicono tutto ma verità

L’evento raccontato nell’esodo è una liturgia composta di due realtà:

o       - La parola di Dio scritta nelle tavole della legge, proclamata al popolo e accolta da esso. Il testo conosciuto col nome di Decalogo o dieci comandamenti si trova in Es 24 e Dt 5.

Occorre dire che è diverso da quello che conosciamo nei catechismi. Questi saltano il secondo e sdoppiano l’ultimo. In particolare non riferiscono l’evento storico e teologico che giustifica i comandamenti: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, da una terra di schiavitù. I comandamenti sono compresi nella Chiesa come principi di vita morale e questo significa snaturare e tradire l’evento biblico.

Nel NT testamento accade un evento nuovo. Dio ci fa uscire dalla schiavitù nella pasqua di Gesù, facendoci partecipare alla sua morte e risurrezione. La pasqua non è una verità di fede che tutti possono credere ma un evento che conosce solo chi vi partecipa.

Cambiando l’alleanza cambia anche la parola che la fonda. Vi do un comandamento nuovo che amiate come io ho amato. Nuovo qui non significa un comando che si aggiunge ma la strada da percorrere per partecipare all’evento della pasqua cristiana. Come al Sinai cambiano le clausole dell’alleanza così le cambia la pasqua cristiana.

E’ sorprendente e nello sesso disarmante che una parte consistente della Chiesa celebri l’evento cristiano con le parole e la fede dell’AT. E’ la stessa difficoltà che Gesù ha incontrato e che lo ha portato ad essere scomunicato e a superare la religione ebraica.

o       - Il sangue che sancisce l’alleanza fondata dalla parola. Quando il sangue viene versato sull’altare e sul popolo la vita di Dio viene donata e toglie il peccato. Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi. Sulla croce la vita di Dio è donata nel sangue di Gesù. Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza. Tra Sinai e Calvario c’è continuità ma anche cambiamento. Il sangue degli animali simboleggiava la vita di Dio in quella liturgia, il sangue di Gesù è vita di Dio, evento di riconciliazione universale.

E’ quanto afferma la seconda lettura. Se il sangue degli animali purifica e santifica quanto più il sangue di Cristo che offrì se stesso con Spirito/Amore eterno.

L’eucaristia che celebriamo è partecipazione all’alleanza nuova. I riti devozionali come la processione sono marginali e sono anche fuorvianti, quando gratificano l’uomo e gli chiudono l’accesso alla parola e al sangue che fondano l’alleanza sponsale con Dio.

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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo in Conegliano (TV)