Omelie
di Pasqua 2006
a cura di
don Carlo Salvador
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13.04.2006
GIOVEDI' SANTO
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14.04.2006
VENERDI'
SANTO
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16.04.2006
PASQUA
2006
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23.04.2006
PASQUA 2 B 2006
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30.04.2006
PASQUA 3 B 2006
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07.05.2006
PASQUA 4 B 2006
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14.05.2006
PASQUA 5 B 2006
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21.05.2006
PASQUA 6 B 2006
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28.05.2006 ASCENSIONE
B 2006
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04.06.2006 PENTECOSTE
B 2006
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11.06.2006 SANTA
TRINITA' B 2006
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18.06.2006 CORPO
E SANGUE DI CRISTO B 2006
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GIOVEDI'
SANTO 2006
Questa
celebrazione
ci introduce nel triduo di Pasqua. La liturgia della parola annuncia
le tre tappe della pasqua nella storia della salvezza.
·
La
primizia o profezia della pasqua.
La
cena pasquale ebraica viene
mangiata appena prima della
liberazione e celebra il senso profondo dell’alleanza con Dio. Dio
passa e libera il popolo, che lascia l’Egitto e cammina verso la
terra della libertà, donata da Dio e conquistata nell’obbedienza.
Dio
si
rivela al suo popolo perché conoscendolo lo scelga, libero
dalla paura,
accettando un cammino
esigente di crescita interiore. Il senso dell’alleanza maturerà
nel tempo, a mano a mano che la parola di Dio si confronterà con la
vita.
·
L’evento
pasqua raggiunge pienezza e verità in Gesù. Egli è la nostra
pasqua vera.
Egli
vive il cammino precedente e lo porta a compimento nella sua
persona. Gesù
esprime consapevolezza
viva della pasqua: sa che era giunta la sua
ora di passare da questo mondo al Padre e di amare i
suoi, portando tutto al suo compimento.
Gesù
compie i gesti antichi in segni nuovi di cui determina con chiarezza
il senso.
Egli
sa di essere Maestro e Signore: dite
bene, perché lo
sono. La
sua pasqua non dipende dal passato né dalle circostanze presenti ma
dal passaggio di Dio nella sua vita e dalla sua adesione libera e
consapevole. G. pone due segni
nuovi della pasqua
La
lavanda dei piedi esprime l'essenziale della rivelazione
cristiana: il nostro Dio e Signore
è servo. Gli
uomini da sempre rappresentano Dio
a partire dall'esperienza umana. E nessun uomo ha mai avuto
l'idea di un Dio che serve e lava i piedi.
E’
la rivelazione
cristiana, novità assoluta da accogliere e tramandare integra.
Gli
uomini sono molto abili nel rispettare la forma, modificando la sostanza.
Siamo
riusciti ad affermare
che una persona può essere miliardaria e nello stesso tempo povera
ed abbiamo interpretato
la fraternità e il servizio senza
che cambi la realtà di dominio e di non fraternità. Già
gli apostoli avevano manifestato la loro difficoltà di fronte
a questa rivelazione e tutti i Vangeli ce ne parlano. Se a noi il
servire non fa problema significa che non l’abbiamo capito e
l’abbiamo travisato. Il
servizio non riguarda solo la
fase umana della vita di Gesù ma anche la vita gloriosa. Il
padrone si cingerà, li farà giacere a tavola e passando li servirà,
dice Gesù in Lc12,37.
Amore e servizio sono più generosi nella famiglia che nella comunità
ecclesiale. Il servizio è il nome di Dio. Il Dio di Gesù non è
l’onnipotente ma l’abbà che si consegna a noi.
L’eucaristia.
Attraverso il corpo donato e il sangue versato, passa l’amore
di Gesù per i discepoli e per tutti. Nella comunione dei corpi
avviene la comunione dell’amore. Si esprime e cresce, o, come dice
Gesù, è vero cibo che lo alimenta.
·
La Memoria celebrativa
della pasqua entro il tempo della nostra chiamata.
Paolo, nella seconda lettura,
scrive: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho
trasmesso». Le parole
e i gesti di Gesù noi li riceviamo nella Chiesa e li tramandiamo
alle generazioni future. Dopo aver lavato i piedi ai suoi dice: Vi
ho dato il segno, perché in virtù di ciò che ho fatto a voi,
facciate anche voi.
E consegnando il pane e
il calice ai discepoli dice: fate questo in memoria di me.
I segni della lavanda,
del pane e del calice sono posti per essere realizzati. Noi siamo la
comunità presieduta dal presbitero in cui questi segni continuano a
compiersi e tramandarsi fino alla fine della storia, perché il
sacerdozio battesimale si esprime nella partecipazione al sacrificio
eucaristico e al servizio. Oggi celebriamo anche la festa del
sacerdozio dei fedeli e del ministero pastori: vescovo e presbiteri.
Tutti sono chiamati ad esprimere la dedizione fino
alla fine, manifestando l'amore di Gesù, di Dio e del cristiano.
Questo
amore è il comandamento
cristiano: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate
a vicenda, come io ho amato voi».
A conclusione della sua vita terrena Gesù ci lascia un comando, testamento
da eseguire in sua memoria. Egli ci ha anche indicato la
modalità o l'estensione di questo
comando: «come io ho amato voi». In
Gesù parola e azione, interiorità
e socialità sono coerenti: alla celebrazione segue la passione e
risurrezione. Lavo i piedi al gruppo liturgico giovani, a cui
ho chiesto di viverlo come rito che dice ai giovani e a tutti:
lasciatevi amare da Gesù, non allontanatevi dalla comunità dove
Gesù ci educa a vivere l’amore fino alla fine. Ho invitato i
bambini che faranno la prima comunione perché vedano che
cosa dona e domanda la comunione eucaristica. Ora tutti celebriamo
l’amore accogliendolo e donandolo.
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VENERDI
SANTO 2006
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La
passione di Gesù è al centro della liturgia del venerdì santo. La
parola di Dio rivela chi è Gesù e quale senso ha la sua passione.
Giovanni non indugia sulle cattiverie di coloro che consegnano Gesù
alla morte né sulle sofferenze patite da Gesù, ma descrive l’ora
in cui l’umanità può incontrare Dio in Gesù. Richiamiamo alcuni
eventi.
·
Giuda
prende un distaccamento di soldati e le guardie armate dei giudei
per arrestare Gesù ma egli, solo con le parole sono io!, li
fa indietreggiare e cadere a terra.
Anche
Pietro, il leader dei suoi amici, nega per tre volte di conoscerlo.
Gesù
dice a Pilato di essere re senza
potere umano, venuto a testimoniare la verità.
Sacerdoti
e guardie contrappongono Gesù a Cesare e gridano: crocifiggilo!
Pilato
non trova in lui nessuna colpa ma lo consegna perché sia
crocifisso.
Sulla
croce Gesù consegna la madre al discepolo che amava e questi alla
madre.
Il
discepolo amato prende la madre di Gesù eis
ta
idia,
nelle sue cose più intime e care.
Uno
dei soldati colpisce il costato di Gesù con la lancia e subito ne
esce sangue e acqua, simboli della sposa di Gesù che nasce dal suo
costato, purificata dal suo amore fecondo.
Dal
racconto di Giovanni emerge una sfida dell’uomo e la risposta
mirabile di Dio.
L’uomo
sfida dando le cose più brutte di cui è capace, Dio sfida dando la
cose più belle.
La
morte nella volontà umana segna la fine mentre nella volontà di
Dio segna l’inizio.
La
passione va creduta, va accolta come sorgiva di vita entro la
creazione desertificata.
Il
mondo è così e noi dobbiamo imparare ad essere cristiani.
La
passione inaugura un nuovo passaggio di Dio nella storia: la sua
presenza e la sua azione salverà coloro che credono in Gesù e si
fanno suoi discepoli.
·
La prima e la seconda
lettura ci propongono la riflessione dell’AT e del NT.
Sono
pagine scelte in tutte le scritture, dove la rivelazione raggiunge
il suo culmine.
Gesù
è il figlio dell’uomo che gli uomini umiliano e il figlio di Dio
che Dio glorifica.
La
croce significa la morte ad opera dell’uomo e la glorificazione ad
opera di Dio.
La
meditazione sulla croce fa risaltare la sapienza che Gesù ha
raggiunto e dona a noi.
La
croce è scuola di obbedienza. Imparò l’obbedienza dalla
cose che patì.
Il
messaggio è sorprendente. L’uomo impara dalle scoperte e dalla
realizzazioni positive perché è cittadino del mondo e cresce
dentro la crescita del mondo. Gesù invece impara dal fallimento
della vita, perché ciò che è segnato dal peccato vive solo quando
si manifestano la sapienza e la grazia di Dio, che ricrea la vita
rinnovandola.
Dio
è l’agricoltore che pota la vite e Gesù impara nella sofferenza
della potatura.
L’uomo
che obbedisce a Dio impara a perdere la vita per trovarla nei
germogli nuovi.
Isaia
dice che il servo è cresciuto davanti a Dio come un virgulto e come
una radice in terra arida. Gli uomini non vedono la sua bellezza né
si compiacciono nel suo splendore; non lo stimano ma lo disprezzano
e lo ripudiano. Si illudono pensando che sia stato Dio stesso a
castigarlo, a percuoterlo e a umiliarlo. Gesù è germoglio che vive
in terra arida.
La
croce è scuola di perfezione: Gesù è reso perfetto
dall’obbedienza.
Raggiunge
la santità di Dio crescendo a sua immagine. L’uomo si divinizza
non con la sua sapienza e con le sue forze ma nell’obbedienza allo
Spirito santo, che prende l’amore che Gesù esprime sulla nella
croce e lo fa vivere nella nostra vita.
La
croce è scuola di missione. Gesù è causa di salvezza per
coloro che gli obbediscono. Il servo di Dio che intercede per i
peccatori, giustifica molti; è l’uomo per gli altri.
La
preghiera universale interceda con Gesù perché la croce salvi il
mondo e l’adorazione alla croce esprima i sentimenti che la
contemplazione della passione suscita in noi: sia volergere lo
sguardo umile e riconoscente a colui che abbiamo trafitto.
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PASQUA
2006
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Questo
è il giorno di Cristo Signore!. Ed è giorno dell’umanità e
di gioia grande.
·
Pietro prepara la
famiglia pagana di Cornelio al battesimo annunciando Gesù da
Nazaret. L’annuncio viene dagli apostoli, i testimoni che Dio
aveva designati, e suscita la fede.
Anche
noi celebriamo la pasqua, le altre feste
e i sacramenti, grazie a Gesù. Con Cristo per Cristo e in
Cristo ogni onore e gloria a Dio e ogni grazia agli uomini.
La
risurrezione non è stata vista, e non può essere vista,
dall’uomo che vive sulla terra.
Adamo
dorme un sonno profondo mentre Dio forma Eva dal suo costato. Non
vede come agisce ma l’opera compiuta ed esulta in Dio, quando si
ritrova accanto Eva, riconoscente al suo creatore. Dio nasconde Mosè
nella cavità della roccia mentre passa davanti a lui.
Il
profeta Elia si copre il viso quando un vento leggero segna il
passaggio di Dio.
Legge
e profeti annunciano ciò che credono dopo aver visto le opere di
Dio.
Gli
apostoli credono la risurrezione quando leggono i segni pasquali
alla luce della parola
Per
godere la gioia della pasqua occorre ascoltare la parola che
racconta l’opera più bella di Dio: Gesù. Ascoltiamo l’annuncio
apostolico su Gesù, da cui nasce la fede e che rende possibile la
pasqua. S. Pietro fa quattro affermazioni.
Dio
unse Gesù con Spirito santo e potenza: all’inizio c’è la
scelta di Dio e l’unzione con lo Spirito: lo è stato per Gesù
nella nascita e per Maria nell’annunciazione; lo è per tutti.
Nessuno
arriva alla risurrezione senza questo lancio di Dio. Occorre umiltà
riconoscente.
Egli
passò beneficando e guarendo tutti quelli che erano oppressi dal
diavolo: Gesù vive a Nazaret, si radica in una famiglia e in contesto sociale
in cui è riconosciuto e in cui cresce nella sua vocazione, ma poi,
come il Dio dell’esodo, passa:
prima in Giudea dove dà la testimonianza più bella di amore e poi
al Padre, dopo essere risuscitato alla vita.
Passa per fare il bene di tutti gratuitamente, e
in particolare per liberare e guarire.
Gli
uomini lo uccisero appendendolo sul legno e Dio lo risuscitò il
terzo giorno.
Vede
la risurrezione chi la sperimenta ogni giorno nel passaggio in cui
si perde la vita ritrovandola nuova. Senza questo vissuto la fede è
turbata dal dubbio su Dio.
C’è
pericolo che la volontà di Dio non sia nostro cibo quotidiano, ma
appaia ostacolo alla libertà e che la risurrezione sia opzional o
abbellimento o speranza addizionale.
Egli
assicura il giudizio e porta il perdono a chi crede in lui. E’
un tema che abbiamo meditato nelle catechesi sulla riconciliazione.
Gesù è garanzia nel giudizio perché è figlio di Dio e figlio
dell’uomo, garante di Dio ed anche dell’uomo. Da Gesù non viene
la condanna ma la verità: egli raccoglie i benedetti del Padre:
venite benedetti …
Il
vangelo racconta il primo confuso approccio con il Risorto del
gruppo delle donne, rappresentato da Maria di Magdala, e da Pietro e
Giovanni, i due discepoli prescelti.
La
testimonianza delle
donne non aveva valore legale
ma è in primo piano per la fede.
Come
sempre Dio valorizza ciò che l’uomo deprezza o sfrutta o ritiene
inferiore a sé.
Donne
e discepoli non vedono il Risorto ma collegano i segni lasciati da
lui con la sua parola, e comunicano l’uno all’altro la propria
fede aiutandosi a credere nel rispetto di ognuno. Questa è la
Chiesa.
·
Paolo, l’apostolo
presenta Gesù con le parole: Cristo, nostra pasqua, è stato
sacrificato.
Cristo è la nostra pasqua, perché Dio passa in
lui, dove egli è presente risorto: nella parola, nella liturgia e
nell’amore fraterno. Giovedì santo abbiamo celebrato la comunione
alla corporeità di Cristo, nella lavanda dei piedi e nel corpo e
sangue ricevuti e donati per amore. Dio ci dona nel corpo di Gesù,
sacrificato e santificato, un corpo che ama, crea relazioni fraterne
e realizza la comunione di tutti con tutti, la pace e la gioia.
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PASQUA
2 B
2006
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Oggi
sedici dei nostri bambini partecipano per la prima volta alla
comunione eucaristica.
E’
bene che tutta la comunità cristiana, che è la famiglia di Gesù,
rifletta sulla comunione alla luce della parola che abbiamo
ascoltato. Vi propongo tre riflessioni.
·
La comunione con Gesù.
E’ in primo piano oggi ed è fondamento di ogni comunione.
I
cristiani sono innestati in Gesù come le pietre in un edificio,
come i rami in un albero e come le membra in un corpo. Quando siamo
in comunione con Gesù lo siamo anche con il Padre e lo Spirito
santo, con tutta l’umanità, anche con i morti nel Signore, e con
tutta la creazione, che è stata fatta per Gesù e in Gesù e
attende anch’essa la risurrezione.
Prendiamo
coscienza che Gesù viene attraverso acqua e sangue, l’acqua è un
elemento base della
creazione e il sangue emblema del sacrificio umano. La comunione con
Gesù è comunione con tutta la realtà e alimenta e matura la
comunione con la vita eterna, che è il destino e l’anelito di
tutta la realtà.
·
La comunione fraterna
ecclesiale. Lo stile di vita moderno è improntato
sull’interesse.
I
figli degli operai, si dice in modo sfacciato, non devono avere le
stesse possibilità dei figli dei ricchi e chi va a votare se non
difende i suoi interessi è uno stolto. Per il vangelo è il
contrario. Gesù ha insegnato che coloro che facevano la volontà
del Padre formano la sua famiglia e ha detto alla folla: voi
siete tutti fratelli (Mt
28,33). Gli interessi dividono mentre l’amore unisce e noi
abbiamo bisogno di fraternità. Altrimenti la lotta per i beni
devasta la pace. Anche i beni sono a servizio dell’amore
reciproco. La Chiesa deve annunciare il vangelo. Le sperimentiamo
nelle nostre famiglie che sono ancora comunità in cui i beni sono
condivisi secondo i bisogni di ognuno, come dice la prima
lettura.
La
comunità delle origini viveva come famiglia di Gesù e Gesù viveva
con i discepoli nella condivisione dei beni. Ci domandiamo: perché
pratichiamo la condivisione dei beni nella nostra famiglia e non
nella comunità ecclesiale? Perché le relazioni umane sono più
sentite e importanti per noi. E perché non abbiamo capito bene due
cose:
1.
Mettere i beni in comune non era un obbligo ma il modo di
esprimere l’amore a Cristo nell’amore fraterno. Quando l’amore
a Cristo è diminuito d’intensità la condivisione dei beni si è
fermata, come accade nelle famiglie quando si separano o quando
l’interesse prevale sull’amore. Una volta si diceva: fratelli
coltelli. Là dove l’amore a Cristo è rimasto forte, come nei
monasteri e nelle famiglie religiose, i beni sono condivisi.
2.
I beni non erano divisi in parti uguali e neppure secondo il lavoro
fatto da ognuno (criterio umano) ma secondo il bisogno di ognuno.
I
salariati chiamati a lavorare nelle diverse ore del giorno ricevono
non un salario proporzionato al lavoro ma un denaro, il salario per
vivere una giornata. La comunione dei beni è possibile dove la fede
è autentica, dove cioè ci misuriamo con Dio. Quando ci misuriamo
con gli uomini nascono divisioni e conflitti, che sono vinti da chi
ama meno.
·
La comunione
spirituale.
Giovanni
non descrive l’evento della Pentecoste ma scrive che Gesù la sera
di pasqua ha alitato sui discepoli donando loro lo Spirito santo.
E’ lo Spirito che Dio soffia sul volto dell’uomo plasmato con la
polvere per farlo anima vivente (Gen
2,7): è lo spirito che viene dai quattro venti e soffia sui
morti perché rivivano (Ez
37,9), è lo Spirito che crea la vita e la fa rivivere quando
è morta, che sconfigge ogni realtà di morte, rimettendo il
peccato, e fa crescere la vita divina nell’uomo. Lo Spirito è
comunione. La vita spirituale alimentata dallo Spirito diventa
comunione di vita eterna perché lo Spirito che ci plasma in Cristo.
L’opera di Dio è talmente grande che suscita stupore ma anche i
dubbi e le reticenze sono possibili a tutti finché non incontrano
il Signore risorto.
Confessare
“mio
Signore e mio Dio” significa onorare la comunione con
Gesù e con la sua famiglia nell’obbedienza allo Spirito. La
comunione ci interroga: siamo ciò che celebriamo e ciò a cui
educhiamo i nostri bambini? La comunione ci dona la grazia di
Cristo, che è comunione di tutti e di tutto.
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PASQUA
3 B
2006
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Ieri
sera il vescovo ha conferito la cresima a 21 dei nostri ragazzi. La
discesa dello Spirito è un evento della pasqua di Gesù, il quale
la sera di pasqua lo soffia sui discepoli.
·
Gesù dice che la discesa
dello Spirito è “la promessa del Padre mio”. Il padre,
che prima aveva inviato il Figlio unigenito, ora invia lo Spirito
santo, perché prenda quello che è di Gesù e lo faccia vivere nel
suo corpo che è la Chiesa, per la salvezza del mondo.
Lo
Spirito riveste di potenza dall’alto i testimoni del Figlio, come
aveva rivestito Maria perché diventasse madre di Gesù: la
potenza dell’Altissimo ti adombrerà.
·
I discepoli hanno
difficoltà a credere. Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?
Gesù risorto non si presenta più com’era nella vita terrena e
viene scambiato per altre persone. Nel brano di oggi è creduto un
fantasma. I discepoli sono pieni di grande gioia ma questa impedisce
loro di credere. Gesù dunque non viene conosciuto neppure con
l’emozione interiore. Quante volte confondiamo l’emozione come
prova di una religiosità forte.
Questo
evento di apparizione vuole rinforzare due convinzioni importanti.
1
Gesù invita a toccare e guardare le sue mani e i suoi piedi per
rendersi conto che è presente in carne ed ossa. Non sappiamo che
valore abbia avuto questo guardare e toccare. Anche Tommaso è stato
invitato a farlo ma è arrivato alla professione di fede proclamando
Gesù: mio Signore e mio Dio, senza toccarlo. Il racconto
trasmette la certezza che Gesù è la persona che hanno conosciuto e
amato e quindi che è risorto.
2
Gesù indica i tre percorsi necessari
per arrivare alla fede in lui risorto e glorificato.
-
In Gesù si compiono le cose scritte nella legge di Mosè, nei
profeti e nei salmi.
Dio
aveva indicato quale doveva essere la vita del Figlio, però la
mente degli uomini era chiusa alla comprensione, ad eccezione della
mente di Gesù e di Maria. Ed è il Risorto che apre le menti a
comprendere le Scritture mediante il dono dello Spirito santo.
E
necessario che il Padre compia la promessa di inviare lo Spirito
santo, perché i discepoli possano arrivare alla conoscenza di Gesù,
alla fede e alla vita divina.
E’
opportuno considerare seriamente questo insegnamento, anche se lo
conosciamo già.
Ragioniamo
con una mente chiusa alla Scrittura o con una mente che è sempre
aperta a quello che la parola ci dice progressivamente entro i
continui cambiamenti delle culture?
-
L’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. La fede,
iniziata nell’ascolto della Scrittura, viene confermata dai segni
di Dio. L’eucaristia è il segno più grande.
Gesù
ha insegnato con autorità: Chi crederà e verrà battezzato sarà
salvo; Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la
vita terna. L’assemblea nel giorno del Signore è necessaria
per rimanere nella vita di Gesù. Non misuriamoci con gli uomini
dicendo: sono stanco e il Signore mi capisce, oppure: non vado o
vado altrove perché le persone della parrocchia non mi vanno,
oppure: chi non va a messa è meglio di chi ci va.
Dobbiamo
fare i conti con il disegno di Dio: spezzare il pane insieme nel
rito e nella missione che una comunità assume nel territorio è il
comando del Signore.
- Di questo voi mi siete testimoni. Bisogna
considerare attentamente anche questo terzo percorso. La
testimonianza è prima di tutto una necessità per rimanere nella
fedeltà. Vivendo la fede davanti a Dio e agli uomini noi ci
rafforziamo nella fede. Il martire, che è il testimone più grande,
in primo luogo conferma per sempre la sua fedeltà a Cristo. Solo di
conseguenza diventa seme di nuovi cristiani Ho visto i genitori
vicini ai figli che hanno celebrato l’eucaristia e la cresima e i
genitori che hanno accompagnato i figli della prima e seconda
elementare a catechismo. Prima di tutto è bello vederli ritornare a
Dio o starci con più partecipazione e poi la loro presenza è un
grande regalo per i figli e una gioia anche per loro stessi.
Preghiamo perché siamo fedeli tutti ai percorsi della fede.
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.PASQUA
4 B 2006
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Siamo
nel tempo pasquale, 50 giorni dedicati a celebrare l’evento
risurrezione e a partecipare alle conseguenze che ha offerto per noi
e per il futuro del mondo.
In
queste domeniche la liturgia scompone l’evento pasqua in singoli
eventi di salvezza: le apparizioni e il loro significato,
l’annuncio degli apostoli, che hanno vissuto il prima e il dopo,
danno la ascensione di Gesù e la discesa dello Spirito santo. La
liturgia scompone e compone il tutto visitando le parti, per
raggiungere il tutto vivendo le singole parti. Anche nella vita
umana è così: distesa di giorni e cambiamento di vita.
Oggi
il vangelo ci presenta l’immagine del buon pastore. Gesù stesso
con questa immagine ci rivela la sua pasqua. Sottolinea queste realtà.
·
Il
buon pastore offre la vita per le sue pecore. Impegna e rischia
la sua vita.
per
difendere il gregge dai lupi, simbolo della forza distruttiva del
male.
E’
il contenuto della pasqua: perdere la vita facendo le scelte giuste
anche se impegnative con l’obbiettivo di ritrovarla in nella
dimensione divina, già nella crescita di questa vita, soprattutto
nella fine della vita.
Pietro insegna: La pietra scartata da voi è divenuta testata
d’angolo. Si tratta di una valutazione completamente diversa.
Ci dà la capacità di guardare con occhi diversi i poveri e gli
ultimi, la morte stessa.
Ho
il potere, il comando, dal padre di offrire la mia vita e di
riprenderla di nuovo.
Gesù
non butta via la sua vita, ma la conduce alla gloria che aveva prima
che il mondo fosse. La pasqua non è rimanere nella morte ma il
passaggio da morte a vita, come il passaggio del mare Rosso, come il
passaggio da celibe a sposato. E’ sulla croce che Gesù diventa
scopo della Chiesa. Anche nella vita umana c’è il morire,
rinunciare, sacrificare per ottenere cose che ci stanno più a
cuore.
·
Conosco le mie pecore
come le mie pecore conoscono me.
L’esperienza
di Gesù: conosceva i suoi, li aveva chiamati, aveva condiviso con
loro tutte le cose udite dal padre (amicizia) ed anche i beni
materiali.
Le
persone avevano il loro nome e Gesù l’aveva per loro; familiarità,
dono reciproco.
La
parrocchia come luogo dove conoscere Gesù per nome e riconoscerci
partendo dalla familiarità comune con Gesù. Oggi si chiude
l’esperienza oratorio e inizia la preparazione al grest, che è
l’incontro con tanti amici, con una nuova famiglia
·
Ho altre pecore che
non sono di questo ovile: anche queste io devo condurre.
Gesù
viene per tutto il mondo e per tutti i tempi, anzi per tutto il
creato.
Occorre
riconoscere Gesù non solo come il mio pastore ma il pastore del
mondo.
Se
è una cosa che Gesù deve fare dobbiamo farla a anche noi.
Costruire una comunità capace di scelte, di proposte, di dialogo
con credenti e non credenti.
·
Sabato
prossimo abbiamo la possibilità di vivere insieme
un’esperienza religiosa intensa per rafforzare la nostra fede e la
nostra appartenenza. Benediremo un’icona della pentecoste per la
nostra chiesa. Completeremo l’aula battesimale inserendovi
l’icona e il cero pasquale. Così, guardando la vasca battesimale,
l’icona e il cero, simbolo di Cristo risorto, ricorderemo che
siamo nati dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito.
Il
trittico ci educa ad obbedire a Dio come Gesù e Maria e l’altare,
segno dell’eucaristia che ci dà la forza per donare la nostra
vita e riprenderla di nuovo nella risurrezione. L’icona della
pentecoste completerà la serie di affreschi che ricordano gli
eventi di Dio e della salvezza. Sabato sarà anche occasione di
incontro, di ascolto di brani musicali che commentano i misteri
illustrati nella nostra chiesa. Può essere una festa straordinaria,
la festa della famiglia
di Gesù, la comunità cristiana.
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PASQUA
5 B
2006
.
A
volte guardiamo agli inizi della Chiesa in modo idealizzato, come a
una età dell'oro.
La
prima lettura, invece, descrive una comunità normale che conosce
gli entusiasmi degli inizi ma anche contrasti e tensioni. Paolo
appare una figura carismatica che suscita reazioni discordanti:
consensi e rivalità. Egli non incontra il favore della comunità
perché agisce secondo il carisma ricevuto. “Tutti avevano paura
di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo”. Non si erano
accorti che aveva incontrato il Signore. Barnaba, che era un
apostolo stimato, garantisce per Paolo: “Barnaba lo prese con sé
e lo presentò agli apostoli, raccontando la sua conversione sulla
vita di Damasco e la sua predicazione in quella città. Barnaba
riconosce il carisma di Paolo. Gli Ebrei di lingua greca “tentano
di uccidere Paolo” ed egli viene rimandato a Tarso e la comunità-maggioranza
si libera di una figura scomoda.
Veniamo
dunque a conoscere una Chiesa che è simile alle nostre comunità.
Anche
noi conosciamo la fatica di essere creativi perché il rinnovamento
mette in crisi le convinzioni passate. Allora è facile essere
tentati di mandare altrove i profeti.
Il
Vangelo rivela che una comunità cristiana appartiene in modo
radicale a qualcuno che la supera e la fa vivere. L'immagine della
vigna appartiene alla tradizione biblica ma Giovanni la rielabora e
la riempie riferendola a Cristo. Gesù è la vera vite.
Non
c’è altro modo per portare frutti se non quello di appartenere
alla vite che è Gesù e sottoporsi alle scelte di Dio. A volte
pensiamo che la fecondità della nostra esistenza dipenda dalle
nostre capacità, dall'impegno profuso e dal successo della
pastorale.
Nella
vita spirituale ed ecclesiale, invece, i singoli e la comunità
trovano al di fuori di sé il proprio radicamento e il proprio
centro. Si porta frutto ricevendo la vitalità dalla vite.
La
vite, come il buon pastore, è un’immagine pasquale. Essere potati
per portare frutto equivale a morire per risorgere o a perdere la
vita per ritrovarla.
Il
frutto prospettato è connesso a una potatura, a una purificazione
che fa soffrire.
I
fallimenti e le sofferenze sopportate per il regno di Dio sono
positive. Il regno cresce in un modo che nessuno conosce.
Il ritorno di Paolo a Tarso è una purificazione, per lui e
per la comunità, di comportamenti che causavano problemi ed è un
tempo concesso da Dio a lui e alla comunità per assecondare
l’azione dello Spirito.
Sembra
che Paolo sia rimasto a Tarso dieci anni prima che Barnaba venisse a
cercarlo per invitarlo ad andare con lui ad Antiochia. Dieci anni di
silenzio, di macerazione interiore alla ricerca di capire il senso
di quello spreco di tempo, di risorse, di energie e di quella
comunione ecclesiale fragile. Eppure il frutto della potatura si
vede a posteriori, leggendo le sue lettere, riflettendo sulla
comprensione del mistero di Gesù che egli ha maturato in
un’azione pastorale che ha conosciuto molte incomprensioni ma ha
aperto la strada alla Chiesa. I nostri programmi pastorali si
realizzano solo parzialmente. Dobbiamo comprendere quello che dice
il salmo 126: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi
faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode». E’ il Signore l’agricoltore che fa
le scelte e, se esse sono per noi misteriose, noi comunque siamo
solo argilla nelle sue mani.
Non
conta la visibilità di quello che realizziamo, ma il restare
radicati in un amore che ci precede e a un cammino inesauribile che
tende infinito.
L’icona
della pentecoste, che ieri sera abbiamo benedetto con gioia, ci
aiuti a contemplare il mistero di una comunità che è serena anche
nelle tribolazioni, perché si confronta con Dio e non con gli
uomini e perché lo Spirito santo la guida e la sorregge.
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PASQUA
6 B
2006
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L’incontro
tra Pietro e il centurione Cornelio in Samaria è costitutivo per la
Chiesa.
Nella
casa è riunita un’assemblea formata dalla famiglia di Cornelio,
da numerosi pagani e da Pietro con alcuni giudeo-cristiani che lo
avevano accompagnato da Giaffa.
La
presiede Pietro per ordine di Dio, che lo aveva mandato a chiamare
da Cornelio.
Mentre
Pietro parla lo Spirito santo cade su tutti quelli riuniti ad
ascoltare la parola.
Si
tratta di una vera pentecoste perché Pietro lo riconosce: questi
hanno ricevuto lo Spirito santo come anche noi. Questa discesa
dello Spirito in Samaria sorprende tutti.
·
Si tratta quindi di una
iniziativa dall’alto, di una realtà nuova creata da Dio.
Le
due Chiese adunate da Dio, quella nata da Israele a Gerusalemme e
quella che nasceva dai pagani, in Samaria, sono unificate dallo
Spirito nonostante le grandi distanze nell’origine che c’erano
fra loro. In Samaria la Chiesa nasce autonoma rispetto a Israele,
cioè non è un’assemblea entro il mondo giudaico, ma assemblea di
Cristo in mezzo al mondo. Dio poi non somma due unità ma ne crea
una nuova, inviando lo Spirito santo, la sua potenza che unisce
giudei e pagani.
La
Chiesa nasce dal costato di Cristo e dalla sua pasqua ed è altra
cosa da Israele.
Dio
la fonda non su Mosè e i profeti ma sul suo Messia nella novità
affidata allo Spirito.
Le
due chiese non potranno chiudersi in se stesse ma dovranno compiersi
in Cristo.
·
Noi abbiamo davanti
un’icona della Pentecoste in cui lo Spirito non discende solo
sugli apostoli e Maria, quasi su una elite di Chiesa, ma anche sulla
Maddalena, rappresentante di tutte le donne e dei cristiani che non
possiedono un ministero consacrato, come i pagani nella casa di
Cornelio in Samaria. Ricordiamo che noi cristiani provenienti dal
paganesimo siamo la stragrande maggioranza della Chiesa. La
pentecoste dei pagani suscitò anche cocciute opposizioni fra i
giudei cristiani attaccati alle loro tradizioni ma Dio l’ha
compiuta lo stesso.
·
Questo è un segno da
evidenziare e una opportunità per il nostro tempo. La Chiesa ha
bisogno di vocazioni ai ministeri consacrati ma ha bisogno
soprattutto che i cristiani non siano rinunciatari ma popolo che
vive la sua dignità profetica, sacerdotale e regale.
La
Chiesa cura l’iniziazione cristiana non perché si sciolga come
neve al sole ma perché i cristiani siano nel mondo come altrettanti
segni sacramentali di Cristo. Se i giovani disertano la comunione di
maturità e l’assemblea eucaristica festiva, se antepongono i loro
impegni e la loro libertà all’amore a Cristo significa che le
nostre comunità non li hanno educati ad appassionarsi a Cristo.
Significa che non sono esse stesse appassionate del vangelo ma
trasmettono le tradizioni dell’iniziazione senza passioni vere. Le
nostre comunità non sanno educare perché esse stesse non si
lasciano animare dallo Spirito.
·
Pietro comandò che
coloro che avevano ricevuto lo Spirito venissero battezzati.
Noi
sappiamo che il dono dello Spirito è battesimo. Il battista aveva
annunciato che Gesù avrebbe battezzato in Spirito santo. La
Scrittura non parla del battesimo di acqua né per Maria né per gli
apostoli mentre si dice che hanno ricevuto lo Spirito. Gesù nel
Giordano è stato battezzato sia nell’acqua sia nello Spirito
perché così Dio ha operato la salvezza.
Metteremo
l’icona nel battistero come segno di questo mistero: noi nel
battesimo di acqua siamo mondati e resi membra di Cristo e quindi
corpo di Cristo e nel battesimo dello Spirito siamo fatti assemblea
di persone animate dallo Spirito e testimoni di Cristo.
Non
separiamo i due battesimi, perché l’uno vive dell'altro e tutti
due dell’eucaristia.
·
Gesù ci affida la sua
amicizia come una sfida per crescere. Egli amandoci ci fa conoscere
tutto ciò che ha udito dal Padre e ci rende capaci
di amarci gli uni gli altri in modo da conoscere ciò che ci
è stato rivelato e donato. E’ questo il frutto che egli cercava
da noi quando ci ha scelti e costituiti; è questo che possiamo
ottenere dal Padre nella preghiera.
Impegniamoci a pregare secondo la parola e a
portare il frutto che Gesù attende.
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ASCENSIONE
B
2006
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Celebriamo
una festa per esprimere la gioia di appartenere alla nostra comunità
cristiana. Riconosciamo che il Padre ci mette insieme, insieme con
lui e insieme tra di noi.
Gesù
ci unisce al Padre perché siede alla sua destra e ci unisce fra di
noi perché è primogenito fra molti fratelli. La liturgia celebra
l’ascensione del Signore. Gesù ci lascia ma manda lo Spirito alla
Chiesa e la Chiesa in missione.
Con
la pentecoste domenica prossima chiudiamo l’anno pastorale.
L’icona
della pentecoste, dipinta e benedetta per la nostra chiesa, ricorda
la pasqua.
Abbiamo
trascorso l’anno pastorale nell’attesa dell’icona, meditando
la pentecoste in Samaria, sui pagani riuniti nella casa di Cornelio
per volere del Signore.
Lo
Spirito santo scende nella comunità radunata dalla parola e unifica
in Gesù Cristo i popoli della terra. Non c’è più bisogno di
Israele, non è importante neppure quello che pensano le persone che
hanno conosciuto Gesù.
Al
di sopra di tutti Dio mette lo Spirito santo e la sua potenza: è
lui il missionario a cui appartiene l’iniziativa. La nostra
testimonianza è importante se obbediamo a lui.
L’ascensione
è presentata così.
·
Prima lettura. Il
racconto di Luca tratto dagli Atti degli apostoli riferisce che nel
tempo delle apparizioni Gesù ha comandato a suoi discepoli di
restare a Gerusalemme per essere battezzati in Spirito santo secondo
la promessa del Padre. Ma lo Spirito viene mandato con una missione
nuova: unificare in Gesù Cristo i popoli della terra. Egli scende
direttamente sui pagani. Israele era stato provvidenziale per
preparare la venuta di Gesù Cristogloria
e perché si adempissero su di lui e in lui le Scritture. Ora
che Gesù siede alla destra del Padre e che tutto gli è sottomesso,
Israele non è più la madre comune. Il regno viene dato a chi crede
nel Figlio di Dio.
L’alleanza
ora si fonda nel corpo e sangue di Cristo, morto e glorificato, e
viene offerta a tutti senza le condizioni precedenti. Giudeo
cristiani e pagani sono edificati alla pari sul nuovo fondamento:
Gesù Cristo. La nuova stagione dell’alleanza è affidata alla
potenza dello Spirito santo, che la gestisce in modo originale e
creativo.
Nessuno
conosce i tempi e i modi del regno, perché il Padre li ha riservati
a se stesso. Gesù glorificato sostituisce Mosè,
profeti, comandamenti e culto dell’antica alleanza.
Lo
Spirito prende quello che è di Gesù e lo fa vivere in tutti i
popoli, facendo di essi un popolo solo, senza più divisioni e senza
altri fondamenti.
·
Seconda lettura. Paolo
scrive che Gesù viene assunto in cielo e siede alla destra di Dio.
Ascende
colui che era disceso nelle regioni inferiori della terra. Egli così
porta a pienezza e a tutte le cose. E’ questa la missione che il
Padre gli ha affidato.
Il
Risorto è colui che discende e ascende per rendere piena, cioè
“molto bella” ogni vita.
Siamo
chiamati ad essere fedeli al dono che ci è stato dato per edificare
la Chiesa fino alla piena maturità di Cristo.
·
Vangelo. Marco scrive che
gli undici annunciano Gesù ovunque mentre Dio opera con loro e
conferma con la sua azione la loro testimonianza. Lo Spirito santo
rende feconda la loro testimonianza. Dopo la missione di Gesù sulla
terra ora viene la missione della Chiesa. Essa continua a compiere i
segni di Gesù e come Gesù può contare sulla potenza dello
Spirito. La missione suscita la speranza che non delude, perché lo
Spirito fa in modo che l’opera della Chiesa raggiunga il cuore di
ogni uomo.
·
In questa eucaristia
ringraziamo Dio che ispira il nostro cammino ecclesiale e chiediamo
l’umiltà di cuore per essere docili allo Spirito santo che ci
guida a continuare nel nostro tempo la missione redentrice di Gesù.
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PENTECOSTE
B 2006
Dopo
la riflessione sullo Spirito che ha accompagnato gli ultimi due anni
pastorali, in questa pentecoste possiamo pregare con convinzione: Vieni,
santo spirito!
Richiamo
tre riflessioni dai tanti brani biblici previsti per la solennità
della pentecoste.
o
Lo Spirito viene d’improvviso dal cielo e riempie
tutta la casa dove i discepoli attendono.
La
Chiesa, grazie allo Spirito, prende coscienza che il Risorto è vivo
e presente in essa.
La
Chiesa, come corpo mistico di Gesù animato dallo Spirito di Dio,
nasce a Pentecoste.
Il
Concilio di Gerusalemme conia l’espressione: Lo Spirito santo e
noi abbiamo deciso. Più tardi la Chiesa la sostituirà con
altre formule, come: con il potere che mi è stato conferito da
Dio. La Chiesa, avendo ricevuto l’autorità da Dio, può
presumere di dire sempre la verità mentre la storia ci dice che
tante volte ha deciso in buona fede cose sbagliate. Gesù diceva: chi
vi ucciderà crederà di rendere gloria a Dio (Gv
16,2).
E
nell’islam moderno c’è chi si uccide e uccide credendo di
rendere gloria a Dio.
Lo
Spirito santo viene prima della Chiesa ed essa decide insieme con
lui ciò che va fatto. Parrocchie e diocesi non
sono luoghi dell’umano rivestiti di sacralità ma dello
Spirito.
La
pentecoste ci ricorda che lo Spirito scende dall’alto sulla Chiesa
e riempie ogni cosa.
o
Ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua.
L’affermazione rimanda a Gen 11 dove si racconta che gli uomini
avevano una voce sola e tentarono di costruire una torre alta fino
al cielo: volevano darsi una unità e farsi un nome per paura di
disperdersi.
Ogni
progetto imperialista tenta di costruire l’unità del popolo ma in
realtà impone a tutti con la violenza la stessa lingua e le stesse
parole, distruggendo tutte le differenze.
Questi
tentativi durano poco perché provocano la confusione, la ribellione
e il caos.
Gli
uomini cercano di farsi da se stessi un nome per
non ricevere la
propria identità da altri e per non dipendere da loro. Dio
interviene perché questo progetto contiene una minaccia per il
futuro dell’umanità. La cima della torre, come la montagna,
rappresenta il luogo di incontro tra terra e cielo, tra uomini e
Dio. Come ricomporre l’alleanza perduta?
La
Bibbia dice che è Dio a dare il nome alle persone. Dopo che
l’uomo è caduto nel peccato la riconciliazione non avviene perché
l’uomo scala il cielo ma perché Dio discende dal cielo e si fa
uomo e innalza colore che credono in lui fino a alla vita divina.
La
pentecoste rappresenta il compimento di questa discesa di Dio.
Mentre gli uomini con la violenza creano la confusione, Dio
favorisce le originalità degli uomini e ne moltiplica il valore,
come il coro esalta in un’unica ricca armonia le voci diverse dei
cantori.
La
discesa dello Spirito rende possibile una vita di libertà e di
comunione, com’è la vita trinitaria. Lo Spirito santo discende
dal cielo per esaltare le diversità nell’unità.
Dal
potere degli uomini, anche degli uomini di Chiesa, nasce confusione
e umiliazione.
Solo
lo Spirito guida alla comunione nella libertà e quindi nell’amore
e nella gioia.
o
Lo Spirito santo è l’artefice dell’iniziazione
cristiana. Egli ci fa figli entro il cammino ecclesiale, per mezzo
della Parola, nel battesimo, nella cresima e nell’eucaristia,.
Oggi
celebriamo anche il cinquantesimo di un matrimonio. Dovremmo in
futuro dare risalto agli anniversari di matrimonio per testimoniare,
contro la cultura moderna, che la fedeltà all’amore per tutta la
vita è da onorare e da difendere come bene prezioso.
Oggi sta bene la festa della catechesi dei bambini,
dei genitori che li accompagnano e dei vari gruppi parrocchiali.
Tutti infatti, come bambini, abbiamo bisogno di essere aiutati a
conoscere la parola entro il dialogo e la condivisone ecclesiale.
Oggi la fotografia dell’icona che avete davanti riempie tutta la
prima pagina de L’Azione. In tutta la diocesi tante persone
possono contemplare, come noi, il mistero della pentecoste e
ringraziare.
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SANTA
TRINITA’ B
2006
La
solennità della Trinità ci stimola ad alcune riflessioni.
·
La Trinità è fonte e
culmine della vita. Fonte perché la vita nasce dal Padre, dal
Figlio che è fondamento di tutte le cose, e dallo Spirito che
divinizza tutto nell’amore.
Culmine
perché la vita è vera e piena quando si è maturata secondo il
modello trinitario.
·
Il mistero della Trinità
ci è stato rivelato; è quindi possibile conoscerlo già ora.
La
Trinità vive una vita intima che manifesta in modo originale e
sublime l’amore.
Le
tre persone divine amano in questo modo: ognuna rende l’altra
originale, realizzata e felice e ognuna riversa il dono ricevuto
dalle altre nella
comunione per il bene comune.
La
vita trinitaria si manifesta come crescita nella pienezza della
libertà delle persone e nella pienezza della comunione tra loro. Un
amore talmente pieno ridonda.
La
Trinità si manifesta a noi nella storia della salvezza: la
creazione sempre in crescita, la cristianizzazione di tutta la realtà
o redenzione e la santificazione o divinizzazione.
Infatti
ogni amore si manifesta nelle opere. Dio manifesta il suo amore in
quanto prende abitazione in mezzo a noi senza violenza e compie
tutte le cose conducendole a un amore simile a quello trinitario,
che valorizza i singoli e arricchisce la comunione.
·
Le caratteristiche
dell’amore divino sono l’accoglienza, in particolare del povero,
del piccolo e del peccatore, la simpatia che lo fa partecipare alla
nostra condizione eccetto il peccato, l’amicizia come condivisione
di tutto quello che abbiamo imparato da Dio, nella misericordia
incarnata dal buon samaritano che si fa carico delle nostre ferite.
Se
l’uomo si convertisse al valore insito in questo amore, che Dio ha
posto nella vita di tutti come lievito, la terra diventerebbe
paradiso. Ma la vita oggi poggia su non valori: la violenza, il
denaro, il successo nel mondo. Come possiamo criticare la violenza
degli altri o l’ingiustizia o i fatti negativi eclatanti che
emergono nella vita, quando legittimiamo, accettandolo, che la vita
sociale, politica ed ecclesiale si fondi su forme di potere?
Noi
possiamo sperimentare la tenerezza dell’amore divino nella
tenerezza dell’amore umano nella famiglia e nell’amicizia, la
giustizia nella missione del Figlio e dello Spirito compie nella
quali si compie giorno dopo giorno il disegno di Dio per tutti e in
tutti.
Quale
volto di Dio presenta la nostra comunità? Gli operatori pastorali
fanno una giornata di ritiro per tastare il polso a questa realtà e
aprire nuove vie all’amore.
Sarebbe
importante che ogni cristiano verificasse nell’ascolto della
parola, nella preghiera e nella carità l’autenticità della sua
vita personale, famigliare e comunitaria.
·
La vita cristiana ad
immagine della Trinità si riversa nella missione.
Gesù
rivela che gli è stato dato ogni potere in cielo e in terra, lo
stesso potere di Dio, creatore, redentore e santificatore. Già in
questa terra aveva esercitato il potere sulla malattia e sulla
morte, sul demonio e sugli elementi della natura: il vento, le
acque, il pane. Ora lo esercita mandando i suoi discepoli in
missione in tutto il mondo.
Andate,
fate discepoli, battezzate, insegnate nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito santo. Il nome indica il fondamento della
missione. La prima comunità cristiana battezzava in nome di Gesù.
Era implicito che Gesù agiva con il Padre e lo Spirito santo.
Matteo lo rende esplicito per significare che fondamento della
missione è la Trinità e che la missione continua nella presenza
del Risorto nella sua Chiesa.
Possiamo
così riflettere su due aspetti del mistero della Trinità:
-
l’amore divino si manifesta soprattutto nel perdono e nella
riconciliazione.
-
il Dio trinitario è essenzialmente un Dio con noi.
Possiamo
lasciarci abitare dal mistero trinitari nella preghiera e
nell’obbedienza.
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CORPO
E SANGUE DI CRISTO B 2006
Dio
si rivela all’uomo lungo la storia della salvezza. La rivelazione
è progressiva e la percezione che l’uomo ne ha è parziale, sia
perché Dio è mistero mai pienamente compreso sia perché gli occhi
dell’uomo possono essere malati o ciechi nel vedere.
Vede
bene Dio chi si lascia amare da lui e lo ama. E nell’amore è
facile ingannarsi.
L’eucaristia
è l’evento in cui si esprime l’amore fino alla fine. Da parte
di Dio è sicuro, da parte nostra è da dimostrare. La solennità
odierna è nata in un momento in cui la bibbia era conosciuta da
pochi, la teologia era ripetitiva e la liturgia era supplita dalla
devozione popolare. Il Concilio ha dato una visione nuova anche a
questa festa ma a poco a poco la devozione popolare ha ripreso il
sopravvento sulla scrittura e sulla liturgia e siamo tornati a
sottolineare solo la presenza, l’adorazione e la processione.
Non
ci accorgiamo che i tempi sono cambiati e che la processione oggi è
una forma di imposizione, in base a un presunto diritto di Dio di
essere riconosciuto da tutti, di essere accompagnato per le strade
dalle autorità civili e militari, quasi che siano queste cose a
gratificarlo mentre Dio è gratificato solo dall’amore. Le altre
cose gratificano noi.
E’
buono un culto che esprime contenuti così marginali rispetto a
quanto Dio ha rivelato? Celebriamo guidati dai brani biblici che
abbiamo proclamato. Non dicono tutto ma verità
L’evento
raccontato nell’esodo è una liturgia composta di due realtà:
o
- La parola di Dio scritta nelle tavole della legge,
proclamata al popolo e accolta da esso. Il testo conosciuto col nome
di Decalogo o dieci comandamenti si trova in Es 24 e Dt 5.
Occorre
dire che è diverso da quello che conosciamo nei catechismi. Questi
saltano il secondo e sdoppiano l’ultimo. In particolare non
riferiscono l’evento storico e teologico che giustifica i
comandamenti: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire
dalla terra di Egitto, da una terra di schiavitù. I
comandamenti sono compresi nella Chiesa come principi di vita morale
e questo significa snaturare e tradire l’evento biblico.
Nel
NT testamento accade un evento nuovo. Dio ci fa uscire dalla
schiavitù nella pasqua di Gesù, facendoci partecipare alla sua
morte e risurrezione. La pasqua non è una verità di fede che tutti
possono credere ma un evento che conosce solo chi vi partecipa.
Cambiando
l’alleanza cambia anche la parola che la fonda. Vi do un
comandamento nuovo che amiate come io ho amato. Nuovo qui non
significa un comando che si aggiunge ma la strada da percorrere per
partecipare all’evento della pasqua cristiana. Come al Sinai
cambiano le clausole dell’alleanza così le cambia la pasqua
cristiana.
E’
sorprendente e nello sesso disarmante che una parte consistente
della Chiesa celebri l’evento cristiano con le parole e la fede
dell’AT. E’ la stessa difficoltà che Gesù ha incontrato e che
lo ha portato ad essere scomunicato e a superare la religione
ebraica.
o
- Il sangue che sancisce l’alleanza fondata dalla
parola. Quando il sangue viene versato sull’altare e sul popolo la
vita di Dio viene donata e toglie il peccato. Ecco il sangue
dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi. Sulla croce
la vita di Dio è donata nel sangue di Gesù. Questo è il mio
sangue, il sangue dell’alleanza. Tra Sinai e Calvario c’è
continuità ma anche cambiamento. Il sangue degli animali
simboleggiava la vita di Dio in quella liturgia, il sangue di Gesù
è vita di Dio, evento di riconciliazione universale.
E’
quanto afferma la seconda lettura. Se il sangue degli animali
purifica e santifica quanto più il sangue di Cristo che offrì se
stesso con Spirito/Amore eterno.
L’eucaristia che celebriamo è partecipazione
all’alleanza nuova. I riti devozionali come la processione sono
marginali e sono anche fuorvianti, quando gratificano l’uomo e gli
chiudono l’accesso alla parola e al sangue che fondano
l’alleanza sponsale con Dio.
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