Omelie del tempo ordinario
1
(2006)
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a cura di
don Carlo Salvador
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ORDINARIO
2 B
2006
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Gv
racconta il primo incontro con Gesù di alcuni discepoli, che
diverranno suoi apostoli.
Lo
chiamano maestro ma non cercano insegnamenti; gli domandano invece
dove abita.
E
Gesù non manifesta loro un progetto culturale, un insieme di verità
da condividere, ma li stimola a domandarsi che cosa cercano e li
invita ad andare con lui e vedere e abitare. Gesù la chiamava
amicizia. Il primo incontro con Gesù non ha il carattere di scuola
ma di esperienza condivisa. A camminare si impara camminando, a
pregare si impara pregando, ad amare si impara amando. Gv ricorda le
parole e l’ora dell’incontro, come innamorati e consacrati
ricordano le parole e
l’ora che hanno deciso la loro vita. E’ così il nostro rapporto
con Gesù? Molti nostri piccoli diventano cristiani con il
catechismo, senza la Messa e la fraternità. Si innamorano di Gesù?
E gli adulti sono innamorati di Cristo? Il cammino di fede può
essere detto con i verbi usati da Gv in questo racconto, i verbi
delle esperienze forti: venire, vedere ed abitare. La vita
parrocchiale è il luogo dove questo dovrebbe accadere. Le letture
oggi parlano della vocazione e la seconda lettura ci invita a vivere
la corporeità da cristiani. E’ anche questa una vocazione.
La
nostra cultura guarda la morale da angolature che non convincono. S.
Paolo duemila anni fa aveva un approccio alla morale più bello del
nostro. Noi parliamo di sesso e di sessualità e leghiamo la moralità
alle espressioni del corpo o alla natura fisica dell’uomo. Paolo
parla di corpo per dire come un cristiano vive nel corpo e matura le
relazioni.
Il
corpo ci è dato per vivere le relazioni cristiane. Dice Paolo: Il
corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Il Signore
è diventato corpo per relazionarsi con noi e noi siamo chiamati a
costruire nel dialogo dei corpi la relazione con lui.
Occorre
cambiare linguaggio, parlare di morale delle relazioni invece che di
morale sessuale, perché la bibbia non deriva la morale dalla natura
ma dalla relazione con Dio.
Il
corpo non esiste per il sesso e per la sessualità ma per le
relazioni sacramentali.
E’
morale una persona che sa intrattenere relazioni mature,
gratificanti e significative.
Le
persone vivono bene la morale quando esprimono una sponsalità di
qualità, una paternità e maternità che educa bene alla vita,
un’amicizia di accoglienza, solidarietà e condivisione. Gesù
rivela la grande qualità ed intensità della sua amicizia quando
dice: Vi ho chiamati amici perché tutto quello che ho udito dal
padre l’ho fatto conoscere a voi. Nelle sue relazioni non
aveva bisogno di asservire l’altro né
di nascondere qualcosa.
Al
contrario liberava gli altri e condivideva con gli altri.
Occorre
sviluppare amicizie e dare importanza alle relazioni ecclesiali e
politiche e sociali, anche con le persone che la cultura scomunica o
relega ai margini. Paolo ci invita a un colpo d’ala sopra le casistiche in cui
la morale è insaccata o insabbiata. Egli dice: venite e vedrete una
realtà in cui abitare, perché
Dio la rende possibile.
I
vostri corpi sono membra di Cristo. E’ un dato di fatto da non
ignorare o disattendere.
Se
togliamo il legame con Cristo perdiamo la realtà cristiana e quindi
noi stessi, come chi si toglie la vita, perde la vita e se stesso.
Essere persone morali significa tendere a essere come Cristo. Il
vostro corpo è tempio dello Spirito santo. Lo Spirito è
l’amore di Dio. Dovremmo amare come Gesù che ha accolto le
persone, anche le sfruttate o le emarginate, come le prostitute.
Egli ci invita a farlo: “amatevi gli uni gli altri come io ho
amato voi”. La morale non è segnata dalle leggi della natura e
delle religioni ma dalla qualità delle relazioni che maturiamo.
Non
appartenete a voi stessi ma siete comprati a prezzo. Nessuno è
solo e libero di sé, perché il Padre ci ha creati nel Figlio e il
Figlio ci ha redenti: tutti apparteniamo già.
Un
cristiano sposato o consacrato si realizza nella relazione
sacramentale in cui vive.
Glorificate
Dio nel vostro corpo.
Quando mutuiamo la moralità dalla natura umana e dalle leggi, ci
disperdiamo nell’umano e perdiamo la relazione decisiva che
glorifica Dio e noi. Abbiamo tutti una vocazione: vivere la
corporeità in modo da costruire relazioni significative con Dio,
con gli uomini, con in credenti nella comunità e con la creazione.
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2006
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Marco
inizia il suo vangelo presentando il Battista, la sua predicazione e
il suo battesimo.
·
* Gesù riprende le parole del Battista con
la sua autorità. Ascoltiamole per accoglierle.
Il
tempo è compiuto. Dio si rivela e realizza la promessa entro i
tempi della storia.
Il
tempo di Gesù inizia la sua signoria, che si manifesta nella
vittoria sul male e nella creazione di una realtà nuova e molto
bella: il suo regno sulla terra.
Il
regno di Dio è vicino. Significa che si compie con o senza di
noi.
Se
non crediamo al regno o rimandiamo l’impegno, se ci realizziamo in
altre dimensioni, il regno si compie escludendoci; è come la vita:
o coinvolge o esclude.
Convertitevi.
Gesù invita a cambiare la mente, la prospettiva, l’orientamento
della vita.
Per
il profeta Giona la conversione è staccarci dalla condotta
malvagia; per Gesù è partecipare alla salvezza positiva che Dio ci
dà. Dio vince il male con il bene, cioè ci dona spazio nel regno
che cresce. Non è solo Ninive, la città pagana,
a dover convertirsi ma anche Roma e ogni comunità. La
conversione è quotidiana, accompagna la crescita. Credete al
vangelo. La bella notizia non è un’idea. Gesù non aveva
ancora spiegato il regno e non ci si può convertire a quello che
non si conosce. Bella notizia è Gesù stesso. Egli è regno di Dio
inaugurato, in quanto è figlio dell’uomo e figlio di Dio. Credere
al vangelo è credere a Gesù, essere innestati nella sua vita e
vivere in lui. Al Signore non basta che condividiamo le sue idee, ci
chiede di condividere il suo zelo e il suo battesimo.
·
* Gesù realizza lungo il mare di Galilea quello
che annuncia.
Chiama
quattro persone, due a due, a seguirlo, finché le invierà, a due a
due, in missione. Intanto il regno sarà cresciuto. Gli apostoli
potranno dare questo annuncio più preciso: Gesù è risorto e il
regno in lui si è fatto eterno ed immortale. Questo regno offerto
agli uomini inizia nella chiamata, cresce in tutta la loro vita e
diventa definitivo nella risurrezione. Seguire Gesù è una speciale
forma di conversione. Essa rende possibile che il regno cresca, che
si espanda con la libera collaborazione dell’uomo. Nessuno è
assicurato e nessuno sa che cosa il regno farà di lui.
Tutte le mattine diciamo a Gesù “ti amo” dando
alle parole un significato nuovo.
·
* I
quattro chiamati lasciano le cose di prima sulla spiaggia. Prima al
centro c’erano le barche, le reti, i pesci e la famiglia. Adesso
al centro c’è Cristo e i fratelli che egli raccoglie attorno a sé
e l’urgenza di evangelizzare. Non più pesci ma uomini.
La
conversione è quella modalità di vita che consente di passare
dalle cose alle persone, dal possedere al donare, dal procurarsi da
sé al mendicare nella preghiera, dall’essere pescati al pescare,
dalla famiglia terrestre a quella celeste. Tutto questo va fatto con
prontezza e generosità , lo slancio che l’innamorato dedica
all’amore della vita.
·
* La seconda lettura riporta l’esortazione di Paolo
ai Corinti: Il tempo è diventato breve. Gli aventi moglie
o marito siano come non aventi, i piangenti come non piangenti, chi
si rallegra come chi soffre e coloro che comprano come chi non
possiede. La vita cristiana non è una rinuncia alla terra ma un
modo di vivere in terra. “Come se” significa vivere il
modo inaugurato dal sacramento del battesimo, la continua
conversione al Regno.
·
* La Chiesa è popolo composto di chiamati che
chiamano altri, fino alla fine dei tempi.
Il
Consiglio pastorale è immagine di questa Chiesa. La vocazione
cristiana ci conduce a farci generare, partorire e formare da un
popolo fecondo e a farci lievito entro le nazioni.
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ORDINARIO
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Marco
ci conduce in una sinagoga ad un’assemblea festiva, un’assemblea
come la nostra.
Gesù
insegna ed agisce e suscita stupore e timore. Cosa è questo?,
si domandano i fedeli. Domandiamoci anche noi: cosa accade
nell’assemblea, nel suo parlare, pregare e agire?
·
* Gesù insegnava una dottrina nuova con
autorità. Gli scribi invece si rifacevano alla dottrina comune,
stabilita dai grandi rabbini, e accolta dall’autorità ecclesiale.
Ma Israele rigetta il messaggio dei profeti appellandosi
all’autorità dei patriarchi e della Legge. Respinge
l’insegnamento di Gesù e lo manda a morte. Non si lascia guidare
da Dio ma da uomini. Oggi vige ancora lo scontro tra autorità e
profezia, mentre sono due carismi importanti, chiamati ad
integrarsi. Anche la profezia senza il ministero muore.
Come
il Deut afferma che anche Mosè
era un grande profeta così noi diciamo che anche i ministri sono
profeti se insegnano una dottrina nuova. Allora perché ministri e
profeti si scontrano? Non si rispetta il ruolo degli altri e non si
accetta di stare faccia a faccia con Dio, come Mosè, cioè di
interpellare continuamente le Scritture. Allora è possibile che il
profeta dica quello che Dio non gli ha comandato di dire o che parli
nel nome di altri dei. Come è possibile che il pastore guidi la
comunità come Dio non vuole. Quel profeta, noi aggiungiamo
quel pastore, dovrà morire, cioè è profeta o pastore senza
autorità.
Ascoltare
solo i pastori o solo i profeti non è biblico, come sarebbe
sbagliato valorizzare solo gli uomini o solo le donne. Bisogna
valorizzare i carismi risolvendo i conflitti.
I
fedeli oggi stanno da parte dei ministri, mentre Gesù non stava con
il sinedrio o con il tempio ma con la parola di Dio e la sua volontà.
Gesù ha ascoltato per trent’anni la parola prima di annunciarla.
Egli conosceva la parola mentre i suoi nemici non la conoscevano.
L’autorità di Gesù non gli deriva da un potere ricevuto ma dalla
sua vicinanza con Dio, dal fatto che egli dice quello che il Padre
vuole che dica. Chi non conosce la parola deve affidarsi ad altri ed
è in pericolo. Il Concilio ha dato a tutti la bibbia e il primo
dovere del cristiano è conoscere la parola. Io dedico ancora la
massima parte del mio tempo e delle mie energie a studiare la parola
e insisto con i collaboratori: andate alla scuola della parola di
Dio; solo essa vi farà liberi nella ricerca della verità e
autorevoli nell’insegnarla.
·
* Gesù libera un uomo da uno spirito immondo. La
meraviglia che suscita non è dovuta al miracolo, perché anche
altri liberavano dai demoni. Rimanda alla domanda iniziale: cosa
è questo? Che valore hanno i segni di Gesù? Suscitano
certezze, dimostrando che Gesù è il potente figlio di Dio? In
realtà i gesti di Gesù sono novità e mettono in ricerca.
Il
ministro e il profeta hanno potere di
liberare dalla schiavitù del diavolo attraverso il
perdono e la direzione spirituale, che guidano a un cammino
ecclesiale alla santità.
Essi
veicolano la parola liberatrice di Dio. Ma la gente non dà
importanza al peccato contro la fede, e non chiede di essere
guidata, anzi chiede di essere lasciata libera, di poter
sperimentare, perfino di poter sbagliare. Ne consegue che la nostra
gente ha smarrito i valori fondamentali del vivere, è più lontana
di Dio, meno forte e matura.
·
* Il diavolo riconosce che Gesù è figlio di Dio
ma non vuole che interferisca sulla terra. Cosa a noi e a te?
Molti cristiani riconoscono Gesù ma non gli lasciano spazio sulla
terra mentre Gesù si è fatto uomo per vivere sulla terra e
trasformarla in regno di Dio.
La
Chiesa, quando interviene sulle vicende terrene o quando non
interviene, provoca un disagio evidente, a seconda degli
orientamenti culturali o politici delle persone.
Anche
qui la realtà è altra: con quale autorità interviene: deriva
dalla politica o dalla parola di Dio? E anche noi possiamo
domandarci: quale spazio lasciamo all’iniziativa di Dio nelle
nostra vita personale, familiare, ecclesiale e sociale?
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La
parola di Dio oggi ci propone alcune tematiche legate alla nostra
esistenza quotidiana.
·
La sofferenza.
A me sono stati assegnati mesi di illusione e notti di dolore.
I
miei giorni sono finiti senza speranza. Un soffio è la mia
vita, il mio occhio non vedrà più il bene. Che dire della
sofferenza fisica e morale? Cosa pensare delle malattie che
conducono alla morte e della morte stessa? Come superare la fragilità
della vita umana e la delusione che proviamo vivendo nel mondo
moderno e talora anche nella Chiesa?
L’uomo
pensa come Giobbe: a me è toccato così; e si domanda: perché
proprio a me? Gesù non disquisisce sul male che accompagna la vita
dell’uomo e del credente.
Il
dolore è mistero anche per lui, che piange quando è rifiutato da
Israele e che non nasconde la sensazione sofferta di essere
abbandonato da Dio. Egli apre la via alla speranza, con la parola di
Dio. Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite.
Il
vangelo oggi rivela che Gesù di sabato guarisce la suocera di
Pietro e, passato il sabato, guarisce molti e caccia molti demoni.
Gesù risuscita anche alcuni dalla morte.
Gesù
ci educa alla fiducia che Dio
ci è accanto nel dolore e ci dà la forza di portarlo serenamente;
ci educa alla spiritualità forte di chi mette la sua vita nelle
mani di Dio.
·
Il servizio
di Dio. Gesù libera la suocera di Pietro dalla febbre ed essa
li serviva.
dihkonei:
Marco usa tre volte questo verbo: gli angeli lo servivano nelle
tentazioni; le donne lo servivano quando era in Galilea; il
discepolo deve servire, come il maestro che è venuto per servire.
Paolo parla del servizio alla evangelizzazione. Scrive: a me è
stato affidato l’incarico di annunciare il vangelo; ho il
diritto di vivere di questo lavoro, ma mi mantengo con il lavoro
delle mie mani ed evangelizzo gratuitamente. Chi si dedica ad
evangelizzare a tempo pieno ha diritto di vivere del suo lavoro. Il
sacerdote vive così.
Da
parroco ho lavorato alcuni anni in fabbrica durante la stagione
estiva ed ho costatato che è difficile conciliare le esigenze del
lavoro con quelle del ministero e che i fedeli non domandano questo
al sacerdote. E i fedeli che vivono già del loro lavoro? A loro è
chiesto di riservarsi del tempo per il vangelo come volontari e
quindi gratuitamente, di spendere per la loro formazione e di
collaborare alle spese della comunità. Dovrebbero domandarsi con il
salmista: che cosa renderò al Signore per quello che mi ha dato?
Ora
si fa strada una tendenza nuova: gli operatori pastorali lavorano
per la comunità e la comunità li paga secondo il tempo e il
servizio che offrono. In questo modo si rischia di arruolare
operatori pastorali senza vera passione per il vangelo. Si è
stabilito il diritto di autore anche per i papi.
Pratiche
analoghe sono diffuse in parrocchia nella celebrazione dei
sacramenti. Ciò contrasta con il pensiero di Paolo che il vangelo
va predicato gratuitamente. La nostra comunità tiene un rapporto
libero dal denaro: offre servizi gratuiti ed insieme educa a offrire
con libertà per la pastorale, senza domandare riconoscimenti o
compensazioni.
·
La preghiera.
Gesù si alza quand’è ancora buio, si ritira in un luogo deserto
e prega.
Ruba
alla notte il tempo per coltivare silenzio, riflessione e preghiera.
E’ una buona colazione spirituale per sostenere le fatiche della
giornata. Alcuni cristiani fanno così. Gesù trascorre le notti in
preghiera e accompagna l’attività con la preghiera.
Nella
passione la preghiera lo sostiene continuamente. La preghiera
purifica il cuore dalle preoccupazioni umane e dispone a lasciarsi
guidare dallo Spirito. Chi annuncia il vangelo e la comunità che
manda devono chiedere che gli uomini accolgano il vangelo.
La
preghiera è un apostolato che tutti possono fare, in tutte le
condizioni di vita.
Fiducia
nella sofferenza, servizio e preghiera sono tre modalità della
spiritualità cristiana.
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2006
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I
capitoli 13 e 14 del Levitico stabiliscono alcune norme da osservare
in caso di lebbra. La prima lettura ne riporta tre versetti, che
aiutano a capire il raccontato del vangelo.
·
Con il termine
“lebbra” venivano indicate diverse malattie della pelle.
Esse
erano ritenute una minaccia alla santità della persona e fonte di
impurità. L’impurità nell’AT riguarda il culto e non la
morale. L’uomo è puro quando è santo ad immagine di Dio. Come la
lebbra abbrutisce il corpo così il peccato rende immonda la
persona. Essa non rispecchia più la santità di Dio ma il male di
chi si pone contro Dio.
Per
questo il lebbroso veniva allontanato dal tempio, che era il luogo
della presenza di Dio e dove si svolgeva il culto, uno degli atti più
significativi e nobili del popolo di Dio.
Il
lebbroso veniva allontanato anche dall’accampamento dove viveva il
popolo di Dio, perché il peccato infrangeva la santità del popolo,
se esso non allontanava il peccatore.
La
segregazione dunque non era imposta per il timore di contagio, tanto
che anche alle donne vivevano segregate nel tempo mestruale e del
parto, ma per evitare che il peccatore inquini la santità del culto
e dell’assemblea del popolo di Dio.
Per
questo il giudizio sulla malattia era affidato ai sacerdoti, custodi
del tempio e del sacro. Gesù manda il malato guarito ai sacerdoti,
perché attestino che è stato purificato, non lo può fare lui. Così
però essi verranno a sapere che cosa ha compiuto Gesù.
·
Il lebbroso si
avvicina a Gesù per chiedergli di essere purificato ed egli lo
tocca.
Indica
così che la lebbra non rende impuri e lo dichiara puro guarendolo
dalla lebbra.
Il
contatto fisico aiuta il malato a non sentirsi estraneo e
emarginato. Una grande lezione anche per le emarginazioni del nostro
tempo. La traduzione dei verbi greci è la seguente: Il lebbroso
prega: se vuoi, puoi purificarmi. Riconosce a Gesù un potere
divino perché solo Dio opera ciò che vuole. E Gesù gli risponde: lo
voglio sii purificato.
La
guarigione dalla lebbra era paragonata alla risurrezione dai morti.
Due esempi: il re d’Israele risponde a Naaman che chiede di essere
guarito dalla lebbra: sono forse Dio per dare la morte o la vita?
Gesù di fronte alla tomba di Labaro è preso da commozione.
·
Il lebbroso
manifesta grande fede e umiltà. Gesù non può resistere alla sua
richiesta.
Lo
esaudisce, perché questa è la volontà del Padre, ma si sdegna con
lui.
Quella
guarigione lo costringe a nascondersi in luoghi deserti e costringe
la gente ad andare da lui di nascosto. Il lebbroso può entrare nel
tempio e nell’assemblea mentre Gesù deve vivere segregato e
prendere su di sé la maledizione del lebbroso. Gesù lo guarisce a
malincuore. Il testo greco dice che Gesù si è sdegnato con lui. E
Marco nota che il lebbroso non obbedisce al comando di tacere
datogli da Gesù in maniera severa.
Perché?
Il lebbroso crede che Gesù è superiore alla legge di Mosè, perché
lo aveva purificato indipendentemente dai sacerdoti e dal tempio. La
novità portata da Gesù non si tiene nascosta perché il vangelo va
proclamato apertamente. Evidentemente nel lebbroso agisce la forza
dello Spirito, che nessuno può contrastare, tanto meno Gesù.
Il
vangelo nota che a Pasqua le donne fuggono dal sepolcro con timore e
paura e non dicono niente a nessuno. La proclamazione del vangelo
non dipende dalla volontà umana ma da Dio che stabilisce i tempi e
i modi dell’annuncio della sua parola.
E’
un grande insegnamento per Gesù e per noi. Noi tendiamo a decidere
ciò che è bene o male secondo i nostri criteri pastorali. Ma Dio
dispone in modo diverso e dobbiamo obbedirgli anche se, al posto del
risultato, si profilano la fatica, la passione e la croce.
I
cristiani devono rendere testimonianza obbedendo allo Spirito con
umiltà.
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2006
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Ci
mettiamo di fronte a questa pagina di Mc come di fronte ad un quadro
significativo. Il fatto e il messaggio che esso porta, li
conosciamo. Ora guardiamo ai colori o ai chiaroscuri: ci fanno
gustare le sfumature belle ed emozionanti della vita cristiana.
·
Domenica scorsa abbiamo
ascoltato la preghiera del lebbroso: Signore, se vuoi puoi
mondarmi; e la risposta di Gesù: lo voglio, sii mondato.
Oggi non sentiamo preghiere ma vediamo un’azione, quella di
quattro persone che portano a Gesù un paralitico, perché lo
guarisca. Fanno un buco nel tetto e lo calano davanti a Gesù,
manifestando così rispetto verso la gente che ascoltava Gesù e
soprattutto la loro grande fede in lui. Gesù vede la fede nella
loro azione. E’ bello sapere che c’è un’istanza nell’aiuto
che diamo al prossimo, quando lo portiamo a Dio, e sapere che Dio la
vede ed esaudisce.
·
Gesù dice al paralitico:
Figlio ti sono rimessi i tuoi peccati. La frase è formulata
al passivo. Gesù non perdona ma dichiara che la colpa è stata
perdonata da Dio.
Una
cosa analoga era accaduta a Davide. Il profeta Natan gli aveva
detto: Il Signore ha perdonato il tuo peccato. Natan aveva
constatato il perdono dato da Dio a Davide, non l’aveva perdonato
lui. Dunque Gesù conferma la dottrina tradizionale: solo Dio
perdona i peccati. Gli scribi interpretano in modo malevolo le sue
parole, lo accusano di arrogarsi il potere divino. Dicendo così però
suscitano una domanda: può egli perdonare i peccati o non può? La
domanda evidenzia un fatto nuovo, l’incarnazione, e Gesù annuncia
questa bella notizia: il figlio dell’uomo ha il potere di
rimettere i peccati sulla terra, come ha il potere di guarire i
malati. Il racconto della passione manifesta una dinamica simile.
Gesù viene condannato a morte come bestemmiatore, come peccatore
che si oppone a Dio. Dio reagisce a questa condanna e risorge Gesù
da morte e dona la sua morte agli uomini come evento che li salva
dalla loro morte.
Anche
questo è bello. Gli uomini a volte sfidano Dio a fare
l’impossibile ed egli li sorprende: lo fa in un altro modo e lo
dona loro, se lo accolgono e hanno fiducia in lui.
·
Gesù risponde
all’azione dei portatori con la sua azione, e cerca di spiegarla
bene.
Domanda:
Quale potere è più facile: perdonare o guarire?
Perdonare
i peccati in sé è più difficile perché è azione divina, ma è
meno rischioso nessuno può vedere se i peccati sono perdonati o
non. Guarire è meno impegnativo ma espone di più, perché i
presenti possono controllare. Gesù si espone, guarisce il
paralitico e così dimostra che può rimettere i peccati. La sua
azione è un appello a credere in lui, che è un uomo che può
perdonare come Dio e quindi che è Dio.
Per
gli scribi è difficile credere che colui che ritengono
bestemmiatore di Dio sia Dio.
Un
giorno i farisei dicono a Gesù: Non ti condanniamo perché hai
fatto un’opera buona ma perché ti sei fatto Dio. Siamo
chiamati a farci una idea teologica nuova su Dio. Credere in Gesù
significa riconoscerlo come l’agnello di Dio che toglie i peccati
del mondo. Egli, come dice Isaia nella prima lettura, ha compiuto
una cosa nuova, ha aperto una strada nel mare: l’incarnazione e la
morte di Gesù che liberano dal peccato.
Di
fronte a questo il passaggio del mar Rosso e la pasqua ebraica
impallidiscono. Dobbiamo domandarci seriamente come valutiamo il
peccato e la redenzione.
·
Il peccato e la malattia
sono entrambi manifestazione del male, che può essere vinto
dall’intervento di Dio. Il salmo 103 recita: Il Signore perdona
tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie. Non
significa che la malattia è causata dal peccato.
E’
una similitudine da sviluppare. Come combattiamo la malattia così
dobbiamo combattere il peccato. Il regno di Dio è in mezzo agli
uomini e il suo angelo è Gesù.
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ORDINARIO
8 B
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Quando
un gruppo religioso infrange le consuetudini viene considerato
incoerente.
Si
dice: Perché si comporta così? Il gruppo che si ritrova con Gesù
non pratica il digiuno.
I
gruppi religiosi del tempo invece digiunavano. Era un modo di
riconoscere la signoria di Dio sull’uomo e di prepararsi a
ricevere il Messia. Il Battista aveva educato a questo.
I
discepoli di Gesù non digiunano, perché Gesù è il Messia e non
ne attendono un altro.
Non
è poi il momento di esprimere la sottomissione a Dio ma la gioia
della comunione con lui, resa possibile da Gesù. Egli stesso
insegna questo richiamando l’immagine delle nozze tra Dio e
Israele. Isaia usa questa immagine per indicare il tempo della
salvezza.
L’anima
mia esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di
salvezza come uno sposo si cinge il diadema e una sposa si adorna di
gioielli. Si, come gioisce lo sposo per la sposa, così i tuo Dio
gioirà per te. L’AT, e in particolare Osea, presenta Dio con
il nome sposo ma non lo attribuisce al Messia. Gesù dunque
annuncia una grande novità.
·
Gesù è lo sposo.
L’idea che Dio è sposo d’Israele si compie in Gesù,
nell’incarnazione.
Chiamare
Gesù sposo significa riconoscerlo Messia e riconoscere che ha una
qualità che l’AT attribuiva solo a Dio. Con Gesù la salvezza si
fa prossima ad Israele, che ha la possibilità di vivere
un’alleanza con Dio bella e forte come l’unione sponsale.
Nel
tempo di Gesù si avvera la profezia di Osea: Dio attira Israele
nel deserto e parla al suo cuore, suscita in lei canti di gioia,
rinnova lo slancio della giovinezza e la gioia vissuta agli inizi
del loro amore. Israele ritroverà la fedeltà e apparterrà a
Dio per sempre, in una vita che sarà giusta e piena di amore.
Israele aveva fatto esperienza del peccato e dell’infedeltà ma
poi nell’esilio ha scoperto la verità e si è convertita a Dio.
·
Il digiuno vale anche per
i cristiani, quando viene tolto loro lo sposo.
E’
il tempo della passione e morte di Gesù, il tempo che va dalla sua
salita al cielo alla sua seconda venuta alla fine della storia, ma
anche quello della tentazione del discepolo.
Il
digiuno dei cristiani però assume il significato di attesa del
compimento di ciò che hanno già vissuto nella fede e nella grazia
come discepoli del Cristo.
·
C’è un messaggio per
tutti noi: per essere cristiani non basta credere a una serie di
verità.
I
catechismi e la recita del credo nella Messa possono dare adito a
questa idea.
La
religione cristiana è un’alleanza tra persone che si amano; è un
modo nuovo di amare i fratelli, che riconosciamo come figli di Dio;
è un innamoramento, una passione di vita.
Fede
è convergere la mente ma anche l’anima e il cuore a Dio, è
generare quel calore di cui abbiamo bisogno perché la vita, anche
quella con Dio, è desiderio di appartenersi. Gesù è lo sposo, la
presenza di Dio in lui rende possibile l’incontro con Dio.
L’uomo e Dio sono presenti nella sua persona, dove la vita umana e
quella divina convivono.
Ma
l’iniziazione cristiana ci ha innestati in Gesù; siamo diventati
suoi amici e condividiamo tutto con lui. La sponsalità con Gesù ci
introduce alla familiarità con Dio.
·
Chi rimane nella vecchia
religiosità non può comprendere Gesù né entrare nella nuova.
Non
è possibile mettere le toppe, cioè il nuovo sul vecchio o il
vecchio sul nuovo.
La
sponsalità è esclusiva. Dobbiamo misurarci con spazi ed orizzonti
inediti nel modo di intendere la vita, il mondo e i rapporti con il
Signore. Il brano della seconda lettera di Paolo ai Corinzi sviluppa
ulteriormente il tema. I farisei possono scrutare le Scritture ma le
interpretano secondo la toro tradizione. I cristiani invece
possiedono lo Spirito santo, che illumina le Scritture in modo che
rivelino il mistero di Gesù. Egli prende quello che è di Gesù e
lo dona ai discepoli, finché arrivano alla verità tutta intera.
La
quaresima che inizia mercoledì è tempo di digiuno. Viviamolo come
insegna Gesù.
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