Omelie del tempo ordinario 1  (2006)

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a cura di don Carlo Salvador

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15.01.2006 - ORDINARIO  2  B  2006

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22.01.2006 - ORDINARIO  3  B  2006

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29.01.2006 - ORDINARIO  4  B  2006

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05.02.2006 - ORDINARIO  5  B  2006 clicca per scaricare il file in formato word
12.02.2006 - ORDINARIO  6  B  2006 clicca per scaricare il file in formato word
19.02.2006 - ORDINARIO  7  B  2006 clicca per scaricare il file in formato word
26.02.2006 - ORDINARIO  8  B  2006 clicca per scaricare il file in formato word

 

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ORDINARIO  2  B  2006

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Gv racconta il primo incontro con Gesù di alcuni discepoli, che diverranno suoi apostoli.

Lo chiamano maestro ma non cercano insegnamenti; gli domandano invece dove abita.

E Gesù non manifesta loro un progetto culturale, un insieme di verità da condividere, ma li stimola a domandarsi che cosa cercano e li invita ad andare con lui e vedere e abitare. Gesù la chiamava amicizia. Il primo incontro con Gesù non ha il carattere di scuola ma di esperienza condivisa. A camminare si impara camminando, a pregare si impara pregando, ad amare si impara amando. Gv ricorda le parole e l’ora dell’incontro, come innamorati e consacrati ricordano le  parole e l’ora che hanno deciso la loro vita. E’ così il nostro rapporto con Gesù? Molti nostri piccoli diventano cristiani con il catechismo, senza la Messa e la fraternità. Si innamorano di Gesù? E gli adulti sono innamorati di Cristo? Il cammino di fede può essere detto con i verbi usati da Gv in questo racconto, i verbi delle esperienze forti: venire, vedere ed abitare. La vita parrocchiale è il luogo dove questo dovrebbe accadere. Le letture oggi parlano della vocazione e la seconda lettura ci invita a vivere la corporeità da cristiani. E’ anche questa una vocazione.

La nostra cultura guarda la morale da angolature che non convincono. S. Paolo duemila anni fa aveva un approccio alla morale più bello del nostro. Noi parliamo di sesso e di sessualità e leghiamo la moralità alle espressioni del corpo o alla natura fisica dell’uomo. Paolo parla di corpo per dire come un cristiano vive nel corpo e matura le relazioni.

Il corpo ci è dato per vivere le relazioni cristiane. Dice Paolo: Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo. Il Signore è diventato corpo per relazionarsi con noi e noi siamo chiamati a costruire nel dialogo dei corpi la relazione con lui.

Occorre cambiare linguaggio, parlare di morale delle relazioni invece che di morale sessuale, perché la bibbia non deriva la morale dalla natura ma dalla  relazione con Dio.

Il corpo non esiste per il sesso e per la sessualità ma per le relazioni sacramentali.

E’ morale una persona che sa intrattenere relazioni mature, gratificanti e significative.

Le persone vivono bene la morale quando esprimono una sponsalità di qualità, una paternità e maternità che educa bene alla vita, un’amicizia di accoglienza, solidarietà e condivisione. Gesù rivela la grande qualità ed intensità della sua amicizia quando dice: Vi ho chiamati amici perché tutto quello che ho udito dal padre l’ho fatto conoscere a voi. Nelle sue relazioni non aveva bisogno di asservire l’altro  né di nascondere qualcosa.

Al contrario liberava gli altri e condivideva con gli altri.

Occorre sviluppare amicizie e dare importanza alle relazioni ecclesiali e politiche e sociali, anche con le persone che la cultura scomunica o relega ai margini.  Paolo ci invita a un colpo d’ala sopra le casistiche in cui la morale è insaccata o insabbiata. Egli dice: venite e vedrete una realtà in cui abitare, perché  Dio la rende possibile.

I vostri corpi sono membra di Cristo. E’ un dato di fatto da non ignorare  o disattendere.

Se togliamo il legame con Cristo perdiamo la realtà cristiana e quindi noi stessi, come chi si toglie la vita, perde la vita e se stesso. Essere persone morali significa tendere a essere come Cristo. Il vostro corpo è tempio dello Spirito santo. Lo Spirito è l’amore di Dio. Dovremmo amare come Gesù che ha accolto le persone, anche le sfruttate o le emarginate, come le prostitute. Egli ci invita a farlo: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. La morale non è segnata dalle leggi della natura e delle religioni ma dalla qualità delle relazioni che maturiamo.

Non appartenete a voi stessi ma siete comprati a prezzo. Nessuno è solo e libero di sé, perché il Padre ci ha creati nel Figlio e il Figlio ci ha redenti: tutti apparteniamo già.

Un cristiano sposato o consacrato si realizza nella relazione sacramentale in cui vive.

Glorificate Dio nel vostro corpo. Quando mutuiamo la moralità dalla natura umana e dalle leggi, ci disperdiamo nell’umano e perdiamo la relazione decisiva che glorifica Dio e noi. Abbiamo tutti una vocazione: vivere la corporeità in modo da costruire relazioni significative con Dio, con gli uomini, con in credenti nella comunità e con la creazione.

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ORDINARIO  3  B  2006

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Marco inizia il suo vangelo presentando il Battista, la sua predicazione e il suo battesimo.

·    *    Gesù riprende le parole del Battista con la sua autorità. Ascoltiamole per accoglierle.

Il tempo è compiuto. Dio si rivela e realizza la promessa entro i tempi della storia.

Il tempo di Gesù inizia la sua signoria, che si manifesta nella vittoria sul male e nella creazione di una realtà nuova e molto bella: il suo regno sulla terra.

Il regno di Dio è vicino. Significa che si compie con o senza di noi.

Se non crediamo al regno o rimandiamo l’impegno, se ci realizziamo in altre dimensioni, il regno si compie escludendoci; è come la vita: o coinvolge o esclude.

Convertitevi. Gesù invita a cambiare la mente, la prospettiva, l’orientamento della vita.

Per il profeta Giona la conversione è staccarci dalla condotta malvagia; per Gesù è partecipare alla salvezza positiva che Dio ci dà. Dio vince il male con il bene, cioè ci dona spazio nel regno che cresce. Non è solo Ninive, la città pagana,  a dover convertirsi ma anche Roma e ogni comunità. La conversione è quotidiana, accompagna la crescita. Credete al vangelo. La bella notizia non è un’idea. Gesù non aveva ancora spiegato il regno e non ci si può convertire a quello che non si conosce. Bella notizia è Gesù stesso. Egli è regno di Dio inaugurato, in quanto è figlio dell’uomo e figlio di Dio. Credere al vangelo è credere a Gesù, essere innestati nella sua vita e vivere in lui. Al Signore non basta che condividiamo le sue idee, ci chiede di condividere il suo zelo e il suo battesimo.

·     *   Gesù realizza lungo il mare di Galilea quello che annuncia.

Chiama quattro persone, due a due, a seguirlo, finché le invierà, a due a due, in missione. Intanto il regno sarà cresciuto. Gli apostoli potranno dare questo annuncio più preciso: Gesù è risorto e il regno in lui si è fatto eterno ed immortale. Questo regno offerto agli uomini inizia nella chiamata, cresce in tutta la loro vita e diventa definitivo nella risurrezione. Seguire Gesù è una speciale forma di conversione. Essa rende possibile che il regno cresca, che si espanda con la libera collaborazione dell’uomo. Nessuno è assicurato e nessuno sa che cosa il regno farà di lui.  Tutte le mattine diciamo a Gesù “ti amo” dando alle parole un significato nuovo.

·     *  I quattro chiamati lasciano le cose di prima sulla spiaggia. Prima al centro c’erano le barche, le reti, i pesci e la famiglia. Adesso al centro c’è Cristo e i fratelli che egli raccoglie attorno a sé e l’urgenza di evangelizzare. Non più pesci ma uomini.

La conversione è quella modalità di vita che consente di passare dalle cose alle persone, dal possedere al donare, dal procurarsi da sé al mendicare nella preghiera, dall’essere pescati al pescare, dalla famiglia terrestre a quella celeste. Tutto questo va fatto con prontezza e generosità , lo slancio che l’innamorato dedica all’amore della vita.

·    *  La seconda lettura riporta l’esortazione di Paolo ai Corinti: Il tempo è diventato breve. Gli aventi moglie o marito siano come non aventi, i piangenti come non piangenti, chi si rallegra come chi soffre e coloro che comprano come chi non possiede. La vita cristiana non è una rinuncia alla terra ma un modo di vivere in terra. “Come se” significa vivere il modo inaugurato dal sacramento del battesimo, la continua conversione al Regno.

·     *   La Chiesa è popolo composto di chiamati che chiamano altri, fino alla fine dei tempi.

Il Consiglio pastorale è immagine di questa Chiesa. La vocazione cristiana ci conduce a farci generare, partorire e formare da un popolo fecondo e a farci lievito entro le nazioni.

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ORDINARIO  4  B  2006

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Marco ci conduce in una sinagoga ad un’assemblea festiva, un’assemblea come la nostra.

Gesù insegna ed agisce e suscita stupore e timore. Cosa è questo?, si domandano i fedeli. Domandiamoci anche noi: cosa accade nell’assemblea, nel suo parlare, pregare e agire?

·     *   Gesù insegnava una dottrina nuova con autorità. Gli scribi invece si rifacevano alla dottrina comune, stabilita dai grandi rabbini, e accolta dall’autorità ecclesiale. Ma Israele rigetta il messaggio dei profeti appellandosi all’autorità dei patriarchi e della Legge. Respinge l’insegnamento di Gesù e lo manda a morte. Non si lascia guidare da Dio ma da uomini. Oggi vige ancora lo scontro tra autorità e profezia, mentre sono due carismi importanti, chiamati ad integrarsi. Anche la profezia senza il ministero muore.

Come il Deut afferma che anche  Mosè era un grande profeta così noi diciamo che anche i ministri sono profeti se insegnano una dottrina nuova. Allora perché ministri e profeti si scontrano? Non si rispetta il ruolo degli altri e non si accetta di stare faccia a faccia con Dio, come Mosè, cioè di interpellare continuamente le Scritture. Allora è possibile che il profeta dica quello che Dio non gli ha comandato di dire o che parli nel nome di altri dei. Come è possibile che il pastore guidi la comunità come Dio non vuole. Quel profeta, noi aggiungiamo quel pastore, dovrà morire, cioè è profeta o pastore senza autorità.

Ascoltare solo i pastori o solo i profeti non è biblico, come sarebbe sbagliato valorizzare solo gli uomini o solo le donne. Bisogna valorizzare i carismi risolvendo i conflitti.

I fedeli oggi stanno da parte dei ministri, mentre Gesù non stava con il sinedrio o con il tempio ma con la parola di Dio e la sua volontà. Gesù ha ascoltato per trent’anni la parola prima di annunciarla. Egli conosceva la parola mentre i suoi nemici non la conoscevano. L’autorità di Gesù non gli deriva da un potere ricevuto ma dalla sua vicinanza con Dio, dal fatto che egli dice quello che il Padre vuole che dica. Chi non conosce la parola deve affidarsi ad altri ed è in pericolo. Il Concilio ha dato a tutti la bibbia e il primo dovere del cristiano è conoscere la parola. Io dedico ancora la massima parte del mio tempo e delle mie energie a studiare la parola e insisto con i collaboratori: andate alla scuola della parola di Dio; solo essa vi farà liberi nella ricerca della verità e autorevoli nell’insegnarla.

·     *   Gesù libera un uomo da uno spirito immondo. La meraviglia che suscita non è dovuta al miracolo, perché anche altri liberavano dai demoni. Rimanda alla domanda iniziale: cosa è questo? Che valore hanno i segni di Gesù? Suscitano certezze, dimostrando che Gesù è il potente figlio di Dio? In realtà i gesti di Gesù sono novità e mettono in ricerca.

Il ministro e il profeta hanno potere di  liberare dalla schiavitù del diavolo attraverso il  perdono e la direzione spirituale, che guidano a un cammino ecclesiale alla santità.

Essi veicolano la parola liberatrice di Dio. Ma la gente non dà importanza al peccato contro la fede, e non chiede di essere guidata, anzi chiede di essere lasciata libera, di poter sperimentare, perfino di poter sbagliare. Ne consegue che la nostra gente ha smarrito i valori fondamentali del vivere, è più lontana di Dio, meno forte e matura.

·     *   Il diavolo riconosce che Gesù è figlio di Dio ma non vuole che interferisca sulla terra. Cosa a noi e a te? Molti cristiani riconoscono Gesù ma non gli lasciano spazio sulla terra mentre Gesù si è fatto uomo per vivere sulla terra e trasformarla in regno di Dio.

La Chiesa, quando interviene sulle vicende terrene o quando non interviene, provoca un disagio evidente, a seconda degli orientamenti culturali o politici delle persone.

Anche qui la realtà è altra: con quale autorità interviene: deriva dalla politica o dalla parola di Dio? E anche noi possiamo domandarci: quale spazio lasciamo all’iniziativa di Dio nelle nostra vita personale, familiare, ecclesiale e sociale?

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ORDINARIO  5  B  2006

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La parola di Dio oggi ci propone alcune tematiche legate alla nostra esistenza quotidiana.

·        La sofferenza. A me sono stati assegnati mesi di illusione e notti di dolore.

I miei giorni sono finiti senza speranza. Un soffio è la mia vita, il mio occhio non vedrà più il bene. Che dire della sofferenza fisica e morale? Cosa pensare delle malattie che conducono alla morte e della morte stessa? Come superare la fragilità della vita umana e la delusione che proviamo vivendo nel mondo moderno e talora anche nella Chiesa?

L’uomo pensa come Giobbe: a me è toccato così; e si domanda: perché proprio a me? Gesù non disquisisce sul male che accompagna la vita dell’uomo e del credente.

Il dolore è mistero anche per lui, che piange quando è rifiutato da Israele e che non nasconde la sensazione sofferta di essere abbandonato da Dio. Egli apre la via alla speranza, con la parola di Dio. Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite.

Il vangelo oggi rivela che Gesù di sabato guarisce la suocera di Pietro e, passato il sabato, guarisce molti e caccia molti demoni. Gesù risuscita anche alcuni dalla morte.

Gesù ci educa alla fiducia che  Dio ci è accanto nel dolore e ci dà la forza di portarlo serenamente; ci educa alla spiritualità forte di chi mette la sua vita nelle mani di Dio.

·        Il servizio di Dio. Gesù libera la suocera di Pietro dalla febbre ed essa li serviva.

dihkonei: Marco usa tre volte questo verbo: gli angeli lo servivano nelle tentazioni; le donne lo servivano quando era in Galilea; il discepolo deve servire, come il maestro che è venuto per servire. Paolo parla del servizio alla evangelizzazione. Scrive: a me è stato affidato l’incarico di annunciare il vangelo; ho il diritto di vivere di questo lavoro, ma mi mantengo con il lavoro delle mie mani ed evangelizzo gratuitamente. Chi si dedica ad evangelizzare a tempo pieno ha diritto di vivere del suo lavoro. Il sacerdote vive così.

Da parroco ho lavorato alcuni anni in fabbrica durante la stagione estiva ed ho costatato che è difficile conciliare le esigenze del lavoro con quelle del ministero e che i fedeli non domandano questo al sacerdote. E i fedeli che vivono già del loro lavoro? A loro è chiesto di riservarsi del tempo per il vangelo come volontari e quindi gratuitamente, di spendere per la loro formazione e di collaborare alle spese della comunità. Dovrebbero domandarsi con il salmista: che cosa renderò al Signore per quello che mi ha dato?

Ora si fa strada una tendenza nuova: gli operatori pastorali lavorano per la comunità e la comunità li paga secondo il tempo e il servizio che offrono. In questo modo si rischia di arruolare operatori pastorali senza vera passione per il vangelo. Si è stabilito il diritto di autore anche per i papi.

Pratiche analoghe sono diffuse in parrocchia nella celebrazione dei sacramenti. Ciò contrasta con il pensiero di Paolo che il vangelo va predicato gratuitamente. La nostra comunità tiene un rapporto libero dal denaro: offre servizi gratuiti ed insieme educa a offrire con libertà per la pastorale, senza domandare riconoscimenti o compensazioni.

·        La preghiera. Gesù si alza quand’è ancora buio, si ritira in un luogo deserto e prega.

Ruba alla notte il tempo per coltivare silenzio, riflessione e preghiera. E’ una buona colazione spirituale per sostenere le fatiche della giornata. Alcuni cristiani fanno così. Gesù trascorre le notti in preghiera e accompagna l’attività con la preghiera.

Nella passione la preghiera lo sostiene continuamente. La preghiera purifica il cuore dalle preoccupazioni umane e dispone a lasciarsi guidare dallo Spirito. Chi annuncia il vangelo e la comunità che manda devono chiedere che gli uomini accolgano il vangelo.

La preghiera è un apostolato che tutti possono fare, in tutte le condizioni di vita.

Fiducia nella sofferenza, servizio e preghiera sono tre modalità della spiritualità cristiana.

 

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ORDINARIO  6  B  2006

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I capitoli 13 e 14 del Levitico stabiliscono alcune norme da osservare in caso di lebbra. La prima lettura ne riporta tre versetti, che aiutano a capire il raccontato del vangelo.

·        Con il termine “lebbra” venivano indicate diverse malattie della pelle.

Esse erano ritenute una minaccia alla santità della persona e fonte di impurità. L’impurità nell’AT riguarda il culto e non la morale. L’uomo è puro quando è santo ad immagine di Dio. Come la lebbra abbrutisce il corpo così il peccato rende immonda la persona. Essa non rispecchia più la santità di Dio ma il male di chi si pone contro Dio.

Per questo il lebbroso veniva allontanato dal tempio, che era il luogo della presenza di Dio e dove si svolgeva il culto, uno degli atti più significativi e nobili del popolo di Dio.

Il lebbroso veniva allontanato anche dall’accampamento dove viveva il popolo di Dio, perché il peccato infrangeva la santità del popolo, se esso non allontanava il peccatore.

La segregazione dunque non era imposta per il timore di contagio, tanto che anche alle donne vivevano segregate nel tempo mestruale e del parto, ma per evitare che il peccatore inquini la santità del culto e dell’assemblea del popolo di Dio.

Per questo il giudizio sulla malattia era affidato ai sacerdoti, custodi del tempio e del sacro. Gesù manda il malato guarito ai sacerdoti, perché attestino che è stato purificato, non lo può fare lui. Così però essi verranno a sapere che cosa ha compiuto Gesù.

·        Il lebbroso si avvicina a Gesù per chiedergli di essere purificato ed egli lo tocca.

Indica così che la lebbra non rende impuri e lo dichiara puro guarendolo dalla lebbra.

Il contatto fisico aiuta il malato a non sentirsi estraneo e emarginato. Una grande lezione anche per le emarginazioni del nostro tempo. La traduzione dei verbi greci è la seguente: Il lebbroso prega: se vuoi, puoi purificarmi. Riconosce a Gesù un potere divino perché solo Dio opera ciò che vuole. E Gesù gli risponde: lo voglio sii purificato.

La guarigione dalla lebbra era paragonata alla risurrezione dai morti. Due esempi: il re d’Israele risponde a Naaman che chiede di essere guarito dalla lebbra: sono forse Dio per dare la morte o la vita? Gesù di fronte alla tomba di Labaro è preso da commozione.

·        Il lebbroso manifesta grande fede e umiltà. Gesù non può resistere alla sua richiesta.

Lo esaudisce, perché questa è la volontà del Padre, ma si sdegna con lui.

Quella guarigione lo costringe a nascondersi in luoghi deserti e costringe la gente ad andare da lui di nascosto. Il lebbroso può entrare nel tempio e nell’assemblea mentre Gesù deve vivere segregato e prendere su di sé la maledizione del lebbroso. Gesù lo guarisce a malincuore. Il testo greco dice che Gesù si è sdegnato con lui. E Marco nota che il lebbroso non obbedisce al comando di tacere datogli da Gesù in maniera severa.

Perché? Il lebbroso crede che Gesù è superiore alla legge di Mosè, perché lo aveva purificato indipendentemente dai sacerdoti e dal tempio. La novità portata da Gesù non si tiene nascosta perché il vangelo va proclamato apertamente. Evidentemente nel lebbroso agisce la forza dello Spirito, che nessuno può contrastare, tanto meno Gesù.

Il vangelo nota che a Pasqua le donne fuggono dal sepolcro con timore e paura e non dicono niente a nessuno. La proclamazione del vangelo non dipende dalla volontà umana ma da Dio che stabilisce i tempi e  i modi dell’annuncio della sua parola.

E’ un grande insegnamento per Gesù e per noi. Noi tendiamo a decidere ciò che è bene o male secondo i nostri criteri pastorali. Ma Dio dispone in modo diverso e dobbiamo obbedirgli anche se, al posto del risultato, si profilano la fatica, la passione e la croce.

I cristiani devono rendere testimonianza obbedendo allo Spirito con umiltà.

 

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ORDINARIO  7  B  2006

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Ci mettiamo di fronte a questa pagina di Mc come di fronte ad un quadro significativo. Il fatto e il messaggio che esso porta, li conosciamo. Ora guardiamo ai colori o ai chiaroscuri: ci fanno gustare le sfumature belle ed emozionanti della vita cristiana.

·        Domenica scorsa abbiamo ascoltato la preghiera del lebbroso: Signore, se vuoi puoi mondarmi; e la risposta di Gesù: lo voglio, sii mondato. Oggi non sentiamo preghiere ma vediamo un’azione, quella di quattro persone che portano a Gesù un paralitico, perché lo guarisca. Fanno un buco nel tetto e lo calano davanti a Gesù, manifestando così rispetto verso la gente che ascoltava Gesù e soprattutto la loro grande fede in lui. Gesù vede la fede nella loro azione. E’ bello sapere che c’è un’istanza nell’aiuto che diamo al prossimo, quando lo portiamo a Dio, e sapere che Dio la vede ed esaudisce.

·        Gesù dice al paralitico: Figlio ti sono rimessi i tuoi peccati. La frase è formulata al passivo. Gesù non perdona ma dichiara che la colpa è stata perdonata da Dio.

Una cosa analoga era accaduta a Davide. Il profeta Natan gli aveva detto: Il Signore ha perdonato il tuo peccato. Natan aveva constatato il perdono dato da Dio a Davide, non l’aveva perdonato lui. Dunque Gesù conferma la dottrina tradizionale: solo Dio perdona i peccati. Gli scribi interpretano in modo malevolo le sue parole, lo accusano di arrogarsi il potere divino. Dicendo così però suscitano una domanda: può egli perdonare i peccati o non può? La domanda evidenzia un fatto nuovo, l’incarnazione, e Gesù annuncia questa bella notizia: il figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati sulla terra, come ha il potere di guarire i malati. Il racconto della passione manifesta una dinamica simile. Gesù viene condannato a morte come bestemmiatore, come peccatore che si oppone a Dio. Dio reagisce a questa condanna e risorge Gesù da morte e dona la sua morte agli uomini come evento che li salva dalla loro morte.

Anche questo è bello. Gli uomini a volte sfidano Dio a fare l’impossibile ed egli li sorprende: lo fa in un altro modo e lo dona loro, se lo accolgono e hanno fiducia in lui.

·        Gesù risponde all’azione dei portatori con la sua azione, e cerca di spiegarla bene.

Domanda: Quale potere è più facile: perdonare o guarire?

Perdonare i peccati in sé è più difficile perché è azione divina, ma è meno rischioso nessuno può vedere se i peccati sono perdonati o non. Guarire è meno impegnativo ma espone di più, perché i presenti possono controllare. Gesù si espone, guarisce il paralitico e così dimostra che può rimettere i peccati. La sua azione è un appello a credere in lui, che è un uomo che può perdonare come Dio e quindi che è Dio.

Per gli scribi è difficile credere che colui che ritengono bestemmiatore di Dio sia Dio.

Un giorno i farisei dicono a Gesù: Non ti condanniamo perché hai fatto un’opera buona ma perché ti sei fatto Dio. Siamo chiamati a farci una idea teologica nuova su Dio. Credere in Gesù significa riconoscerlo come l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Egli, come dice Isaia nella prima lettura, ha compiuto una cosa nuova, ha aperto una strada nel mare: l’incarnazione e la morte di Gesù che liberano dal peccato.

Di fronte a questo il passaggio del mar Rosso e la pasqua ebraica impallidiscono. Dobbiamo domandarci seriamente come valutiamo il peccato e la redenzione.

·        Il peccato e la malattia sono entrambi manifestazione del male, che può essere vinto dall’intervento di Dio. Il salmo 103 recita: Il Signore perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie. Non significa che la malattia è causata dal peccato.

E’ una similitudine da sviluppare. Come combattiamo la malattia così dobbiamo combattere il peccato. Il regno di Dio è in mezzo agli uomini e il suo angelo è Gesù.

 

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ORDINARIO  8  B  2006

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Quando un gruppo religioso infrange le consuetudini viene considerato incoerente.

Si dice: Perché si comporta così? Il gruppo che si ritrova con Gesù non pratica il digiuno.

I gruppi religiosi del tempo invece digiunavano. Era un modo di riconoscere la signoria di Dio sull’uomo e di prepararsi a ricevere il Messia. Il Battista aveva educato a questo.

I discepoli di Gesù non digiunano, perché Gesù è il Messia e non ne attendono un altro.

Non è poi il momento di esprimere la sottomissione a Dio ma la gioia della comunione con lui, resa possibile da Gesù. Egli stesso insegna questo richiamando l’immagine delle nozze tra Dio e Israele. Isaia usa questa immagine per indicare il tempo della salvezza.

L’anima mia esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza come uno sposo si cinge il diadema e una sposa si adorna di gioielli. Si, come gioisce lo sposo per la sposa, così i tuo Dio gioirà per te. L’AT, e in particolare Osea, presenta Dio con il nome sposo ma non lo attribuisce al Messia. Gesù dunque annuncia una grande novità.

·        Gesù è lo sposo. L’idea che Dio è sposo d’Israele si compie in Gesù, nell’incarnazione.

Chiamare Gesù sposo significa riconoscerlo Messia e riconoscere che ha una qualità che l’AT attribuiva solo a Dio. Con Gesù la salvezza si fa prossima ad Israele, che ha la possibilità di vivere un’alleanza con Dio bella e forte come l’unione sponsale.

Nel tempo di Gesù si avvera la profezia di Osea: Dio attira Israele nel deserto e parla al suo cuore, suscita in lei canti di gioia, rinnova lo slancio della giovinezza e la gioia vissuta agli inizi del loro amore. Israele ritroverà la fedeltà e apparterrà a Dio per sempre, in una vita che sarà giusta e piena di amore. Israele aveva fatto esperienza del peccato e dell’infedeltà ma poi nell’esilio ha scoperto la verità e si è convertita a Dio.

·        Il digiuno vale anche per i cristiani, quando viene tolto loro lo sposo.

E’ il tempo della passione e morte di Gesù, il tempo che va dalla sua salita al cielo alla sua seconda venuta alla fine della storia, ma anche quello della tentazione del discepolo.

Il digiuno dei cristiani però assume il significato di attesa del compimento di ciò che hanno già vissuto nella fede e nella grazia come discepoli del Cristo.

·        C’è un messaggio per tutti noi: per essere cristiani non basta credere a una serie di verità.

I catechismi e la recita del credo nella Messa possono dare adito a questa idea.

La religione cristiana è un’alleanza tra persone che si amano; è un modo nuovo di amare i fratelli, che riconosciamo come figli di Dio; è un innamoramento, una passione di vita.

Fede è convergere la mente ma anche l’anima e il cuore a Dio, è generare quel calore di cui abbiamo bisogno perché la vita, anche quella con Dio, è desiderio di appartenersi. Gesù è lo sposo, la presenza di Dio in lui rende possibile l’incontro con Dio. L’uomo e Dio sono presenti nella sua persona, dove la vita umana e quella divina convivono.

Ma l’iniziazione cristiana ci ha innestati in Gesù; siamo diventati suoi amici e condividiamo tutto con lui. La sponsalità con Gesù ci introduce alla familiarità con Dio.

·        Chi rimane nella vecchia religiosità non può comprendere Gesù né entrare nella nuova.

Non è possibile mettere le toppe, cioè il nuovo sul vecchio o il vecchio sul nuovo.

La sponsalità è esclusiva. Dobbiamo misurarci con spazi ed orizzonti inediti nel modo di intendere la vita, il mondo e i rapporti con il Signore. Il brano della seconda lettera di Paolo ai Corinzi sviluppa ulteriormente il tema. I farisei possono scrutare le Scritture ma le interpretano secondo la toro tradizione. I cristiani invece possiedono lo Spirito santo, che illumina le Scritture in modo che rivelino il mistero di Gesù. Egli prende quello che è di Gesù e lo dona  ai discepoli, finché arrivano alla verità tutta intera.

La quaresima che inizia mercoledì è tempo di digiuno. Viviamolo come insegna Gesù.

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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo in Conegliano (TV)