Omelie
di Quaresima
a cura di
don Carlo Salvador
.
.
,
,
QUARESIMA
1 A 2005
Omelia
tenuta dal diacono Elio Tardivo
Il
racconto del peccato originale, che abbiamo ascoltato nella prima
lettura, ci presenta Adamo nella situazione in cui deve scegliere
Dio creatore, di cui è immagine, o se stesso al suo posto. La
scelta è libera e gli viene data come prova. Ma con l’intervento
di satana, seduttore bugiardo, la prova diventa tentazione. L’uomo
ascolta il diavolo e sceglie la propria solitudine. Ingannato,
invece di trovare la vita, trova la propria nudità e la morte. Con
l’esperienza della prova, Dio ci coinvolge e ci interroga. Noi
liberamente mettiamo in gioco la nostra esistenza scegliendo la sua
promessa o le certezze umane. La prova esiste perché Dio ci ha
eletti e ci ha chiamati a partecipare alla vita divina. Dopo il
peccato originale, il deserto diventa luogo di elezione, dove Dio
ricostruisce l’alleanza e sposa Israele. Nel deserto Dio trasforma
uomini erranti in un popolo al quale manifesta la sua
tenerezza. Nel deserto il popolo fa esperienza di intimità e di
amore con Dio. Su questo amore riposa tutta la storia di Israele. Ma
il deserto è anche il luogo della prova. E’ una terra che Dio non
ha benedetto e che contrasta con il giardino del paradiso. Manca
l’acqua e la vegetazione, la vita è impossibile. E’ una terra
sterile, dove è presente il demonio. Dio fa passare Israele da
questo luogo desolato per metterlo alla prova. La tentazione vissuta
per quarant’anni è il non credere al Dio della Pasqua e il
preferire gli idoli e le cipolle d’Egitto. E’ non accettare Dio
come liberatore e preferire le sicurezze di ieri a un Dio incerto.
Dio non considera il deserto un luogo in cui rimanere per viverci.
E’ una via che egli sceglie espressamente per condurre Israele
verso la terra
promessa. Gesù è portato dallo Spirito nel deserto per un preciso
piano di Dio. L’andare nel deserto esprime la sua solidarietà con
la storia dell’uomo. Qui trova la tentazione, ma anche, nella
preghiera, l’intimità con il Padre.
Matteo,
Marco e Luca raccontano le tentazioni subito dopo l’evento del
battesimo nel Giordano. Al Giordano ci fu l’effusione dello
Spirito Santo e la solenne investitura per iniziare l’opera della
redenzione. Gesù venne chiamato a percorrere un duro cammino di Servo
sofferente, una via di umiliazione e di abbassamento per
compiere la giustizia che il Padre gli ha indicato. Qui nel
deserto, il diavolo gli prospetta una missione più facile, fatta di
onori umani e di vantaggi terreni per cercare di dividerlo dalla
volontà del Padre. Ma, a differenza di Adamo e degli ebrei nel
deserto, Gesù preferisce la parola di Dio al pane, la fedeltà
nella sofferenza all’esibizionismo miracoloso, il Regno di Dio al
regno terreno. Gesù sceglie il Padre. Questa scelta gli vale la
vittoria definitiva sul diavolo e sulla morte. Egli è il Figlio
primogenito nel quale si compie il destino di Israele. In lui tutte
le generazioni vedono realizzarsi la promessa di Dio.
La
simbologia del deserto esprime la condizione della Chiesa. Viviamo
nel deserto fino al ritorno di Cristo. Qui siamo messi alla prova
sulla nostra fedeltà al Vangelo. Qui siamo tentati dalla potenza di
satana. Le tentazioni sono le stesse di Gesù:
-
La tentazione di vivere
una vita magari onesta, ma solo umana, ignorando la comunione con
Dio, l’ascolto della sua Parola e la risposta alla sua chiamata.
-
La tentazione di cercare una
religione facile e appagante anziché accettare come
vocazione il disegno del Padre nella durezza della vita.
-
La tentazione di restare attaccati alla terra, alla ricchezza, al potere per dominare sugli altri,
anziché considerarci popolo in cammino solidale e fraterno.
Cristo
ha inaugurato un tempo
nuovo. Battezzati nell’acqua e nello Spirito e nutriti con il pane
della vita, siamo diventati sue membra vive. Non siamo soli nella
tentazione. Paolo nella seconda lettura ci ricorda che Cristo ha
fatto molto di più che guarirci dal peccato originale, ci ha dato
la grazia di diventare in lui figli di Dio. Questa condizione ci dà
la certezza di vincere la tentazione. Il tempo quaresimale è un
esperienza particolare di deserto in cui siamo invitati ad un
ascolto più assiduo della Parola di Dio e ad una preghiera più
frequente. E’ un tempo che ci stimola al distacco dai beni terreni
per praticare più assiduamente la carità. In questo itinerario
verso la pasqua, la comunità dei credenti rivive la memoria del
proprio battesimo e rinnova gli impegni di fedeltà al suo Signore;
si riconosce peccatrice ed è disposta ad accogliere il perdono del
Padre.
Cristo
consacrò il tempo penitenziale con il digiuno e ci insegnò a
dominare le seduzioni del male, per farci risorgere con lui. Con
questa consapevolezza, ci disponiamo ora ad offrire al Padre il
sacrificio di nostro Signore e con lui anche la nostra vita.
scarica
il file in formato Word
.
.
.
QUARESIMA
2 A 2005
.
L’evento
che celebriamo è collocato dalla Parola in contesto di movimento e
direi di dispersione. Le persone chiamate da Dio non raggiungono la
promessa in questa vita ma, come il lievito si disperde nella pasta,
essi si disperdono nella storia successiva.
Esci
dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa si tuo padre
verso la terra che ti mostrerò… E partì Abramo, come gli aveva
ordinato il Signore. Arriva alla terra?
Arriverà
la sua discendenza e lui in essa. Anche la vita di Mosè è tutta in
cammino verso una terra promessa da Dio. Vi arriverà un resto del
suo popolo e lui in esso. Il profeta Elia, scoraggiato dalle
difficoltà che incontrava, dopo aver mangiato il pane del Signore,
cammina 40 giorni e 40
notti verso il monte di Dio, l’Oreb o Sinai, dove incontra, come
Mosè, il Dio dell’alleanza. Vede il compimento della sua
profezia? Egli lascia il suo spirito in eredità ad Eliseo e
continua nella sua profezia. La vita di Gesù è un cammino verso
Gerusalemme, l’altura dove si compie il suo destino di morte e di
risurrezione.
In
realtà Gesù continua nel cammino della Chiesa fino alla fine dei
tempi, vive cioè entro il suo nuovo corpo che è la Chiesa. E i
discepoli camminano dietro a Gesù e nella missione in cui egli li
invia. Arrivano a compiere la loro opera?
Essi
vivono dispersi nella missione della Chiesa, che continuerà fino
alla fine dei tempi.
La
chiamata dunque segna il cammino con Dio che si concluderà quando e
come Dio disporrà. Tutto questo ci dice come deve essere la
spiritualità cristiana. La fede non dà certezze; i catechismi
fanno conoscere la chiamata di Dio e la sua promessa; essa però si
avvera nella fede e nell’obbedienza. La definizione delle verità
di fede ha carattere teologico ma la verità non vive nelle parole
ma cammina o si perde con la vita; vive nella spiritualità. Si può
credere a tutte le verità di fede e non vivere nella verità.
E’
lo Spirito santo che educa a raggiungere la verità tutta intera,
aiutandoci a dare la risposta giusta alla chiamata di Dio che si
compie solo quando lui vuole. La vita spirituale è vita affidata
alla Spirito.
Il
cristiano rifugge dal consumismo religioso, dalla pretesa che la
religione sia gratificante o evidente o che il vangelo si possa
vedere realizzato, senza il crepuscolo e la dispersione della
propria vita. Paolo esorta: soffri anche tu insieme con me per il
vangelo, aiutato dalla forza di Dio. La fede è una luce che
illumina i nostri passi, perché non veniamo meno, quando pregare è
arido, quando i nostri ideali si frantumano e i progetti, anche
quelli benedetti da Dio, si spezzano, e quando terribili eventi
naturali o decisi dalla violenza degli uomini rovesciano tutte le
nostre aspettative di vita. Se in questi momenti dubitiamo di Dio
non abbiamo la spiritualità cristiana. La quaresima è qui per
educarci.
Chi
sono i protagonisti della pagina evangelica? Chi fa esegeti o omelie
sosta più volentieri davanti alla trasfigurazione di Gesù tra Mosè
ed Elia. In realtà tutto l’evento è ordinato ai tre discepoli:
Pietro, Giacomo e Giovanni. Il testo dice che Gesù li prende e li
conduce su un alto monte, che si trasfigura per loro e che a loro
appaiono Mosè ed Elia.
La
nube avvolge i discepoli nell’ombra e a loro parla la voce dal
cielo accreditando Gesù come il figlio di Dio, l’amato. La Parola
provoca la caduta dei discepoli con la faccia a terra, suscita in
loro grande timore, li impegna a seguire Gesù che affronta la
passione.
La
trasfigurazione quindi è un evento pedagogico e accade per educare
i discepoli; non perché contemplino Gesù ma perché comprendano la
testimonianza di Gesù e lo seguano nella missione. La scena infatti
rimanda all’alleanza antica testimoniata dalla presenza di Mosè
ed Elia, la legge e i profeti, ma rimanda anche alla futura alleanza
sancita nel sangue di Cristo. I discepoli sono consegnati al
silenzio; non capiscono e non annunciano l’evento fino alla
risurrezione di Gesù. L’alleanza quindi ha bisogno di Gesù
risorto. L’alleanza è
unica e noi siamo i discepoli chiamati a prenderla in consegna e a
disperderci in essa come coloro che ci hanno preceduto, continuando
a navigare nel fiume della storia della salvezza. Un giorno Dio
deciderà di farlo sfociare in cieli e terra nuovi e di donarci la
promessa compiuta, perché la possiamo godere.
scarica
il file in formato Word
.
.
QUARESIMA
3 A
2005
.
In
primo piano oggi c’è il pozzo scavato da Giacobbe in una terra
arida, una sorgente d’acqua in profondità cui attingere per
placare la sete di uomini, bestiame e vegetazione.
Questa
sorgente è un dono che Giacobbe fa ai suoi figli e alle generazioni
successive.
E’
mezzogiorno quando Gesù, stanco del cammino e assetato, siede su
questo pozzo.
Non
ha un secchio e attende qualcuno che venga ad attingere per
chiedergli l’acqua. Avviene un passaggio di significato. C’è
un’acqua a disposizione di coloro che attingono e c’è
un’acqua che bisogna chiedere e donare, cioè che dipende dalle
relazioni umane. Dammi da bere, dice Gesù alla prima persona
venuta ad attingere, una donna samaritana. Nascono le difficoltà
relazionali. Un uomo chiede a una donna sconosciuta, quando tra uomo
e donna non c’era dialogo; un giudeo chiede a una samaritana,
quando tra giudei e samaritani le relazioni erano ostili. Di fronte
a queste difficoltà Gesù alza la posta, dicendo che c’è
un’acqua donata da Dio; che lui la possiede e la samaritana
dovrebbe chiederla a lui. Sorgono altre difficoltà. Quale acqua
possiede Gesù se chiede lui stesso da bere? Gesù dice che la sua
è l’acqua viva. Che cosa significa? Una luce viene dal profeta
Geremia. Il mio popolo ha abbandonato me, sorgente d’acqua
viva, per scavarsi cisterne, cisterne incrinate, che non contengono
acqua (2,13);
Chi si allontana da te, Signore, sarà scritto sulla polvere, perché
ha abbandonato il Signore, sorgente di acqua viva (17,13). L’acqua viva è Dio che può rispondere
all’attesa di vita del popolo.
Il
messaggio profetico non è facile da accogliere e da vivere. Nella
prima lettura si legge che il popolo nel deserto mormorava contro
Mosè per la mancanza di acqua. Diceva: Dio ci ha fatto uscire
dall’Egitto per farci morire nel deserto! Mosè, su invito di Dio
e sotto gli occhi degli anziani di Israele, colpisce la roccia e ne
esce l’acqua che disseta.
Israele
impara a credere che il Signore risponde alle sue attese.
Il
vangelo interpella anche noi come il popolo nel deserto e la
samaritana. Abbiamo questa fiducia in Dio nelle difficoltà?
Quando
qualcuno ci chiede aiuto ci dà fiducia in noi stessi, perché
sperimentiamo che la nostra vita è utile a qualcuno. C’è nel
nostro cuore una sete profonda che Dio sa saziare. Impariamo a
chiedere quando abbiamo sete di
Dio e a rispondere a chi ha sete di Dio.
La
parrocchia dovrebbe essere una comunità che sa parlare di Dio.
La
diversità fra l’acqua del pozzo e quella di Gesù è la diversità
tra il provvisorio e l’eterno. Molte volte siamo feriti per la
mancanza dell’umano e non facciamo spazio a Dio che vorrebbe darci
l’eterno. Ci manca una relazione eppure ci sono tante altre
relazioni belle possibili nel Signore. Quanto è importante essere
una comunità cristiana che coltiva relazioni di amicizia feconde,
con attenzione a chi è ferito nella sua umanità.
Gesù
dice: l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente
d’acqua zampillante per la vita eterna. Dio fa di noi un
pozzo, acqua che disseta e genera vita eterna per noi e per gli
altri, così che partecipiamo alla missione di Gesù che dona la
vita eterna.
Gesù
si dimostra profeta alla samaritana, e lei gli presenta il solito
problema religioso. Siamo divisi: i giudei adorano a Gerusalemme, i
samaritani adorano sul monte, dove c’è il loro tempio. Chi ha
ragione? E’ la domanda di chi non vuole capire in profondità e se
la cava incolpando gli altri. Le divisioni non devono scandalizzare
ma interpellarci a cercare la verità. Gesù risponde: non ci sono
piccole proprietà religiose private.
Adora
Dio chi lo adora nella verità e si lascia condurre dallo Spirito.
E’ l’economia cristiana. Si adora il Padre per mezzo di Gesù,
la verità, nella forza dello Spirito.
Vi
ho presentato qualche provocazione che viene da questa bella pagina
di Giovanni.
La
parrocchia segue l’insegnamento e la prassi di Gesù; interpella
le persone nelle omelie, nelle iniziative pastorali rivolte a tutti
quelli che incontra. La salvezza è per chi ha sete di Dio e lo
cerca; è in una comunità che parla di Dio, che coltiva amicizie e
che prega. Chi si ferma di fronte alle difficoltà non arriva
all’acqua viva.
scarica
il file in formato Word
QUARESIMA
4 A
2005
.
Domenica
scorsa Giovanni ha presentato Cristo come acqua viva che disseta.
Oggi
lo presenta come luce che illumina. La notte di pasqua riproporrà
la vita cristiana come glorioso migrare alla luce di Cristo,
raffigurato nel cero pasquale, come rinascere dall’acqua e dallo
Spirito e come divenire un solo corpo in Cristo, pane di vita.
La
vita cristiana è crescere in Cristo nella potenza dello Spirito
santo fino alla pienezza.
La
parola che abbiamo ascoltato evidenzia le tappe di questa esperienza
spirituale.
o
La coscienza di essere ciechi e mendicanti visitati
da Dio.
Davide
era il più piccolo degli otto
figli che Iesse aveva presentato al profeta Samuele.
Il
Signore lo sceglie e lo unge e lo accompagna e sarà un re grande e
amato da Israele.
Il
cieco guarito esprime la sua esperienza con queste parole: prima
ero cieco ora ci vedo.
Egli
è cosciente di aver avuto dal Signore la vista, che nessuno gli
avrebbe potuto dare.
I
farisei invece rivendicano di essere discepoli di Mosè a cui ha
parlato Dio. Presumono che Mosè abbia già tutta la verità;
rifiutano ogni altra luce e quindi non crescono.
La
presunzione fa credere che per essere già salvi basta essere fedeli
alle tradizioni del passato e a pratiche religiose che rassicurano.
Ciò invece allontana da Dio, che continua a portare a compimento
quello che ha iniziato, in Gesù per opera dello Spirito.
La
religiosità dei farisei è presentata da Gesù come peccato. La
virtù base della vita spirituale è riconoscere di non poter
raggiungere il proprio bisogno di vita senza Dio.
E’
il primo nodo da tenere sempre sciolto per vivere una vita secondo
lo Spirito.
o
L’incontro con Gesù, la luce vera, quella che
illumina ogni uomo.
Egli
apre gli occhi al cieco nato spalmandoli con fango e lo manda a
lavarsi.
Avviene
a lui come a Adamo tratto dal fango e fatto essere vivente, avviene
una nuova creazione attraverso l’acqua della piscina di Siloe,
l’acqua che risana e trasforma.
Il
cieco infatti nasce di nuovo perché vive in modo nuovo la sua vita
personale e le relazioni con Dio, con gli uomini e con il creato.
Non vive da cieco né da mendicante.
Gesù
lo incontra di nuovo dopo che è stato espulso dalla sinagoga e lo
porta alla fede.
Come
dice il prologo del vangelo giovanneo Gesù dà il potere di
diventare figli di Dio a quanti credono nel suo nome. Essi nascono
dall’alto e vedono la vita con gli occhi di Dio. Quando Dio
interviene fa vedere la vita con altri occhi, come possibilità di
crescita.
I
farisei invece si pongono in antitesi con Dio. Il nostro Dio è il
Dio di Gesù Cristo.
E’
il secondo nodo da tener sciolto per una vita spirituale: essere in
comunione con Gesù, perché lo Spirito può operare in noi solo
quello che è di Gesù.
o
Una vita da illuminati e da consacrati.
La
fede non sta nell’abbandonare la vita presente, perché è
circondata dalle banalità o dal male, per abbracciarne un’altra
tutta spirituale; la fede è luce che illumina l’unica vita che ci
è donata, in modo da farci vedere il lato prezioso che contiene; la
grazia lo fa emergere e noi possiamo viverla bene anche se siamo
circondati da banalità e dal male.
Il
cieco guarito non ha abbandonato la vita di prima ma l’ha vissuta
con un sentire nuovo.
E’
questo il terzo nodo da tenere sciolto: Dio ci dona sempre qualcosa
di prezioso per vivere con impegno e con gioia. L’azione di Gesù
apre sempre un confronto nella libertà. Alcuni scoprono l’amore
che è dialogo di due libertà, altri si perdono nel loro passato.
C’è una cosa difficile da ammettere. Anche nella chiesa di oggi
ci sono i farisei che si oppongono a Dio in nome delle loro verità.
La Chiesa ci porta a Cristo ma, una volta che l’abbiamo
incontrato, sta a noi lasciarci trasformare da lui, anche se i
moderni farisei nella Chiesa pretendono di giudicarci e di
escluderci dalla comunità ecclesiale.
scarica
il file in formato Word
QUARESIMA
5 A
2005
Siamo
ormai vicini alla pasqua. Giovanni ci conduce a scoprire chi è quel
Gesù che a Pasqua incontreremo risorto. Abbiamo già visto che egli
è acqua viva in noi che zampilla per la vita eterna e luce
che dona a noi di vedere e quindi di dare il senso vero al
vivere. Oggi Giovanni ci presenta Gesù di fronte alla morte. E’
il tema decisivo per noi ed anche per Dio, perché manifesta
l’azione risolutiva della storia della salvezza.
Le
Scritture affermano, come oggi fa Ezechiele, che Dio aprirà le
tombe e risusciterà il suo popolo dalla morte, donandogli il suo
stesso Spirito, perché possa rivivere.
Paolo
ci insegna che la nostra risurrezione è legata a quella di Gesù: lo
Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in noi e
darà vita anche ai nostri corpi mortali.
Come
può accadere? Ci fermiamo a tre riflessioni.
o
Marta dice a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui
mio fratello non sarebbe morto.
La
presenza di Dio accanto a noi non è compatibile con la morte. Dio
non vuole la morte ma la vita. La morte deturpa l’uomo che Dio ha
creato molto bello; essa è anti-creazione. Gesù nell’agonia
prega intensamente: Padre, se vuoi, allontana da me questo
calice.
Sulla
croce prega: Dio mio, perché mi hai abbandonato? Il Padre è
alleato di Gesù contro la morte, ma si allontana anche da lui,
perché è stato fatto peccato per noi.
Gesù
non offre al Padre le sue sofferenze ma l’amore con cui ha assunto
la sua vita, comprese la sofferenza e la morte, amore fino alla fine
per il Padre e per gli uomini. Nella croce Gesù non offre la
sofferenza ma l’amore. La vita ha senso sacrificale in tutti i
suoi momenti, anche in quelli di gioia, quando diventa donazione e
amore.
Accanto
a Marta e Maria e a Lazzaro già morto, Gesù è segno di Dio che
non convive con la morte o con il peccato ma chiama l’uomo alla
vita. Gesù chiama Lazzaro alla vita di prima, perché sia segno
della gloria di Dio di fronte ai fratelli. Il Padre chiama Gesù
alla vita risorta immortale, perché sia speranza per tutti quelli
che muoiono nel Signore.
o
Gesù rivela a Marta: io sono la risurrezione e la
vita.
Dice
ciò che solo Dio può dire di se stesso; dice di essere vita di
tutti e non morte.
Rivela
anche di essere venuto perché l’uomo superi con lui l’ultima
barriera, la morte.
Se
non superiamo questa barriera tutto il lavoro precedente di Dio
diventa vano; se la superiamo non ci sono più ostacoli alla
salvezza, perché entriamo nella creazione nuova in cui il demonio
non ha più potere e viviamo la pace, liberi dal dolore e dalla
morte.
Sarebbe
qui opportuna una riflessione sul libro dell’Apocalisse che rivela
l’evento che sostiene la storia: Ecco io faccio nuove tutte le
cose. E’ la sola espressione che pronuncia colui che siede sul
trono e rivela la struttura dialogica e diabolica del cosmo.
Il
cosmo si edifica διά-λόγος,
nella Parola e muore διά-βολος,
nella divisione da Dio.
Nel
dialogo con Dio noi superiamo la struttura diabolica che porta morte
e ci liberiamo dalle cose vecchie. La storia prende valore non dal
passato ma da Gesù, risurrezione e vita. Il Dio del passato non
c’è più, e se noi lo manteniamo vivo diventa un idolo.
La
salvezza viene dal futuro, da colui che viene dalla risurrezione a
darci la vita nella Parola, nei sacramenti e nella carità, che fa
di noi un solo corpo, il suo stesso corpo.
o
Gesù dice: chi crede in me, anche se muore, vivrà.
La
vita eterna non è solo la vita dopo la morte ma è la qualità
pasquale della vita di chi crede in Gesù. E’ una vita piena
secondo lo Spirito che abita in noi, come scrive Paolo.
Nell’eucaristia
Gesù non offre la sofferenza ma se stesso risorto dalla morte e
vivo.
Anche
noi oggi offriamo la nostra via pasquale e la nostra obbedienza,
perché venga la pasqua cristiana per tutti e la salvezza fiorisca
nella creazione che la attende.
scarica
il file in formato Word
|