Omelie  di Quaresima 2006

 

a cura di don Carlo Salvador

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05.03.2006 - QUARESIMA  1  B  2006
12.03.2006 - QUARESIMA  2  B  2006

19.03.2006 - QUARESIMA  3  B  2006

26.03.2006 - QUARESIMA  4  B  2006

02.04.2006 - QUARESIMA  5  B  2006

09.04.2006 - DOMENICA DELLE PALME  B 2006

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QUARESIMA  1  B  2006

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Dio ha amato il mondo talmente da dare il Figlio, quello unigenito, affinché chi crede in lui abbia la vita eterna. Gesù nella sua vita terrena ci ha manifestato questo amore e nella sua pasqua, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine (Gv 3,16;13,1).

La quaresima ci educa a celebrare nella liturgia e nella vita l’amore divino, lasciandoci amare da Dio e amando anche noi, con l’amore senza misura, sia Dio che gli uomini.

·        La liturgia è memoriale del viaggio dell’umanità verso la meta promessa che la attende. La coltiviamo nella fede e  la conosciamo nell’esperienza del cammino. Alcuni esempi: Adamo lascia il giardino sconvolto dal suo peccato per raggiungere il paradiso nuovo.

Dio chiama Abramo a lasciare il paese dove abitava per andare in una terra nuova.

Dio chiama il suo popolo dall’Egitto della schiavitù ad una terra promessa di libertà.

Il figlio minore lascia la casa senza dialogo e vita per raggiungere la casa della festa.

Gesù lascia il battesimo di acqua per immergersi nel battesimo di morte e risurrezione.

Noi siamo iniziati nella fede e nei sacramenti per raggiungere la visione e l’immortalità.

La vita sulla terra è crescita, cammino e lotta per raggiungere la pace desiderata.

·        Il deserto è il luogo dove non si risiede ma si cammina verso la terra che dà acqua e cibo; è il luogo del silenzio dove non siamo invasi da cose, parole e immagini che vogliono occuparci ma siamo soli con noi stessi, nella condizione di dialogare dentro/con di noi;   è il luogo della luce dove non ci sono tenebre, come ambizioni, falsità e rivalse ma tutto è di tutti, come l’aria e il sole e la sabbia e il cielo, e dove regna lo vita dello spirito.

Il cristiano non vive secondo la carne ma secondo lo spirito. Dio lo mette nella condizione di diventare quello che ha iniziato ad essere nell’iniziazione cristiana.

Subito dopo il battesimo lo Spirito sospinge Gesù nel deserto. Ed era quaranta giorni nel deserto da subito tentato dal diavolo. Ogni cristiano dopo il battesimo conosce la tentazione nella sua vita, che è anche deserto. Sì, perché tra il mondo e il paradiso c’è la fatica del viaggio, del distacco dalla propria terra e della iniziazione a terra e cieli nuovi.

·        Dio ci porta nella tentazione, perché vinciamo lo spirito del male, come lo sciatore viene portato in cima alla pista perché vinca la gara. Si allena e rischia l’insuccesso e la gloria. Gesù stava con le fiere. Il profeta Isaia parla di una natura riconciliata in cui un fanciullo conduce le fiere al pascolo, il lattante gioca sulla buca della vipera e il bambino mette la mano nel covo del serpente. Gesù è nel deserto ma vive nella pace della vittoria.

Gli angeli servivano Gesù. La lettera degli Ebrei dice che gli angeli hanno il ministero di servire coloro che erediteranno la salvezza. Gesù dunque vive nel deserto ma è salvo.

In Gesù il tempo è compiuto è il regno di Dio è vicino. In noi non lo è ancora.

Egli infatti ci invita a convertirci e a credere al vangelo vincendo così la tentazione.

·        Impariamo a valorizzare meglio l’atto penitenziale, all’inizio della celebrazione.

Gesù prima nella cena pasquale ha lavato i piedi ai discepoli perché fossero mondi e ha  dato loro il potere di fare altrettanto. E’ un gesto necessario per avere parte con lui, come avviene nella comunione. Nell’atto penitenziale riconosciamo il peccato in noi e nel mondo e chiediamo perdono, nelle varie forme previste. Una ragazza della cresima mi ha detto: è troppo poco il tempo che c’è per farlo bene. Occorre venire in chiesa per tempo, comporci con il luogo, e ricordare che la preghiera inizia con la domanda di perdono.

Il celebrante recita la preghiera di assoluzione. Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. Il perdono dei nostri peccati di fragilità viene dato dall’eucaristia che celebriamo, che è sacramento di perdono. Altrimenti perché chiedere perdono se Dio non perdona? I peccati gravi che separano da Dio e dalla comunità, vanno perdonati nella riconciliazione prima della comunione.

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QUARESIMA  2  B  2006

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Quest’anno viviamo la quaresima come un cammino verso la pasqua. Abbiamo posto nella navata centrale della chiesa una corsia che simboleggia la strada su cui i bambini e i ragazzi costruiscono su grandi orme il segno del tema celebrativo di ogni domenica.

Domenica scorsa era il deserto, luogo di transito caratterizzato dal silenzio e dalla luce.

Ora i bambini mettono sull’orma dei sassi, per significare il monte dove Dio ci incontra.

·        La Bibbia colloca tanti eventi importanti sul monte. Due accadono, dopo l’attraversata del deserto. Mosè fa accampare il popolo ai piedi del Sinai e vi sale per incontrare Dio. Uragano, terremoto e lampi manifestano la sua presenza. Sul monte Sinai Dio e Mosè incidono su tavole di pietra le parole della legge, cuore dell’alleanza.

Il profeta Elia, dopo aver mangiato il pane di Dio e aver camminato nel deserto 40 giorni e 40 notti, giunge al monte Oreb dove incontra il Signore. Vento, terremoto e fuoco precedono il passaggio del Signore. Egli parla con Elia nell’intimità indicata dal mormorio di un vento leggero; questa intimità lo qualifica per compiere alcune missioni importanti. Anche Gesù ha vissuto nel monte tempi molto significativi per il Padre, per lui e per la missione che il Padre gli affidava.

Meditiamo i due avvenimenti proposti dalla letture di oggi e indicativi per noi.

·        Abramo vive sul monte il momento più alto della sua esperienza con Dio: il sacrifico del figlio Isacco che egli amava, come figlio e come garanzia di Dio alla promessa fatta.

Dio tentò Abramo. Provami Signore e tentami, recita il salmo 25,2.  Lo Spirito sospinge Gesù nel deserto, per essere tentato. In ogni tentazione c’è una realtà presentata o sentita come importante e un risposta che la smentisce e fa emergere la volontà di Dio.

Il sacrifico di Isacco è posto fra due modi di sentire distinti che occorre discernere.

Al tempo di Abramo esistevano  i sacrifici umani come culto. E’ ovvio che sacrificare una persona che si ama è per chi lo fa il sacrificio più grande possibile. Abramo è disposto a dare tutto. Dio ha per l’umanità questo amore grande: le dona il figlio unico. Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male. Dio non vuole che l’uomo venga ucciso o umiliato in suo nome. Al contrario l’amore al prossimo e al nemico, è il culto che egli gradisce.  Gesù dona al Padre questo amore a tutti gli uomini.

Dio tenta Abramo per insegnargli che la vita umana non va mai sacrificata ma sempre salvata e onorata. E’ un forte insegnamento per chi oggi giustifica guerre, pena di morte, ingiustizie e maldicenze, lotta politica che distrugge tutto, attacchi di ogni tipo ed intensità alla dignità umana. Lo è anche per noi, che facciamo tanta fatica ad amare i fratelli, soprattutto quelli diversi o ostili, anche dentro la nostra comunità. Dio sul monte rinnova l’alleanza con le persone che amano l’uomo, non con coloro che lo umiliano.

·        Gesù prende con sé e conduce tre discepoli su un monte alto. Manifesta loro una cosa che appare a tutti bella. L’evento prende il nome di trasfigurazione e la meditazione si sofferma sulla glorificazione di Gesù. In realtà però la trasfigurazione è presentata come una domanda ai discepoli, li mette in tentazione, li provoca a scegliere. Il testo greco dice che Pietro risponde, anche se nessuno gli aveva fatto domande. E la sua risposta è una scelta: Rabbì, per noi è bello essere qui. Pietro sceglie ciò che è bello e sceglie di restare. Come viviamo questo nella liturgia? La scelta giusta sarà indicata dalla risurrezione dai morti. Però bisogna capire cos’è il risorgere dai morti. E’ spontaneo amare di stare solo con Dio o la religione gratificante o la Messa bella che emoziona per i canti o i riti.

Ma non può essere sempre così: occorre il dono totale e sofferto di se stessi.

Dio ci invita a Messa per tentarci. La parola è lampada ai nostri passi ma occorre camminare e l’eucaristia il pane della comunione con Gesù che ci domanda di entrare con lui nella morte e risurrezione.

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QUARESIMA  3  B  2006

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Il vangelo apre dicendo che era prossima la pasqua dei giudei. I bambini hanno posto sulla strada che porta alla pasqua dei piccoli mattoni. Sono segno che Dio nella pasqua costruisce qualcosa e noi siamo chiamati a lasciarci modellare perché sia costruita.

Gesù stesso dice che cosa vuol costruire. Disfate questo tempio e in tre giorni lo innalzerò. Che cosa significa il tempio per Israele?

·        L’idea di tempio cresce con la storia del popolo ebreo. All’inizio era una tenda posta al centro dell’accampamento dove Mosè andava a parlare con il Signore. Da quel luogo Dio guidava la vita del suo popolo. Quando Israele si insedia in Palestina, Davide vuole costruire una casa grande e degna, perché Dio vi abiti con il suo popolo. Il tempio diventa casa di Dio e del popolo. Nel tempio Dio parla e il popolo ascolta, insieme celebrano le memorie e le feste della salvezza, il popolo loda Dio e riceve benedizioni.

I discepoli erano davanti ad un’opera notevole, che aveva richiesto 46 anni di lavoro e l’opera di molti operai e beni ingenti e che era la casa più cara e preziosa di Israele.

Che cosa significa il tempio per Gesù?

·        Gesù per prima cosa difende l’idea biblica che il tempio è casa di preghiera, o come lo chiama egli stesso, casa del padre mio. Gesù prepara una sferza e scaccia dal tempio pecore e buoi, butta via la moneta dei cambiavalute, rovescia i banchi e rimprovera anche i poveri che vendevano le loro colombe: traspare il suo zelo per la casa di Dio, che era ridotta a una casa- mercato. Anche per noi oggi la chiesa è il luogo dell’incontro tra Dio e il suo popolo. Essa è costruita in modo da rendere possibile la memoria con Dio degli eventi della salvezza, proclamare la parola e celebrare i sacramenti e la preghiera.

Ci è chiesto di condividere lo zelo del Signore per la sua casa, perché anche oggi c’è il pericolo che sia fatta casa- mercato dove, invece che le liturgie che onorano Dio, si celebrano “cerimonie” che onorano gli uomini, le loro feste e i loro interessi. Pensiamo ai sacramenti, alla fede che chiedono, alle liturgie e ai personalismi che talora sottendono.

·        Gesù però non si riferisce solo al tempio di pietre ma parla del tempio del suo corpo.

E Gv nota che quando Gesù risuscitò dai morti i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo. I discepoli dunque collegano la parola sul tempio e sul corpo con la morte e risurrezione di Gesù. La pasqua di Gesù porta un elemento nuovo nell’idea di tempio.

Gesù è il tempio vero e unico. Nella nascita di Gesù la comunione tra Dio e umanità ha raggiunto la profondità più grande. Egli unifica nella sua persona la vita divina e quella umana e ne fa una vita sola, una comunione piena. A pasqua gli uomini disfano questo tempio, perché in Gesù l’uomo muore, insieme il peccato che porta in sé, e si separa dalla vita divina. Ma il terzo giorno l’umanità di Gesù risorge libera dal peccato e si congiunge alla natura divina nella persona del Risorto, così che questa si manifesta completamente. Gesù è uguale a Dio; l’umiliazione che l’aveva portato ad essere simile agli uomini, sottomesso alla morte di croce è tolta; egli vive nella pienezza della sua divinità, vero uomo fatto uguale a Dio. In Gesù risorto umanità e divinità trovano la comunione piena.

Egli è luogo- casa- tempio in cui umano e divino si incontrano.

Ma con la risurrezione dei morti avviene anche un’altra cosa. Cristo muore solo sulla croce ma si risveglia dalla morte “sposo” della sua Chiesa che egli ha generato nel suo sangue. Egli ora fa con lei un solo corpo. Facciamo un collegamento con la liturgia. Pensiamo allo zelo come rispetto, silenzio e amore per la chiesa casa di Dio; pensiamo alla comunione eucaristica che nutre umano e divino nella nostra persona; pensiamo ad essere il popolo che prega unito il Signore.

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QUARESIMA  4  B  2006

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I bambini hanno costruito sull’orma una gradinata, come quarto segno del cammino dalla quaresima alla pasqua. Questo segno indica la vita. Vita è aggiungere minuto a minuto, sapere a sapere, amore ad amore, lavoro a lavoro, fatica a fatica e gioia a gioia.

La vita muta continuamente e l’uomo deve guidare i cambiamenti in modo da salvarla.

La prima lettura racconta un tratto significativo della storia di Israele. Dio amava il suo popolo e la sua dimora ma esso si oppose a Dio. I nemici demolirono il tempio e Gerusalemme e il popolo fu deportato in Babilonia. Solo 70 anni dopo i figli dei deportati salgono a Gerusalemme e costruiscono il tempio e la città. Israele impara a sentire nostalgia di Dio e impara che per salvare la vita occorre elevarla oltre le vicende umane, obbedendo a Dio. Il vangelo riporta la parte conclusiva del dialogo di Gesù con Nicodemo. Che cosa insegna il loro dialogo?

·        Innanzi tutto Gesù dice che ci sono due vite. Una proviene dalla carne ed è la vita umana entro il mondo e il tempo, la prima vita creata da Dio. L’altra proviene dallo Spirito ed è la vita umana unita alla vita divina. Lo Spirito compie nei cristiani quello che ha compiuto nell’incarnazione di Gesù: fa nascere l’uomo dall’alto, cioè lo fa figlio di Dio. Gesù insegna: bisogna che voi nasciate dall’alto. dei significa una necessità assoluta.

Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza per farli nascere di nuovo, nel Figlio incarnato, alla vita divina. O raggiungono questa meta o perdono la loro vita.

·        Gesù rivela un uomo viene generato dallo Spirito. L’uomo non lo sa.

Il vento soffia dove vuole e noi ascoltiamo la sua voce ma non sappiamo di dove viene e dove và. Così sappiamo che l’uomo nasce dallo Spirito ma non sappiamo come.

Può rivelarlo chi lo sperimenta nella sua persona. Gesù unisce in sé la vita umana e la vita divina. Egli è primizia di quelli che nascono dallo Spirito.

Gesù cresce in sapienza, età e grazia fino alla pienezza dell’amore che esprime sulla croce. Egli è unigenito figlio di Dio quando è innalzato in croce. E’ la fede a cui arriva il centurione romano. Gesù, nasce dallo Spirito sia nell’incarnazione, sia nella passione e morte e risurrezione. Questa è la vita umana e divina nella potenza dello Spirito. 

·        La vita cristiana nasce dalla fede e dai sacramenti e dall’obbedienza a Dio che ci eleva.

Dio, scrive Paolo, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti a causa del peccato, ci ha fatto vivere in Cristo. Siamo figli perché siamo innalzati come Gesù.

Questa verità sarà manifestata nel giudizio. Nell’ultima catechesi abbiamo detto che il giudizio appartiene alla rivelazione ma non sarà come è stato insegnato dalla teologia passata. Non è un dies irae ma un dies lucis.

Il giudizio è questo, dice Gesù, la luce è venuta nel mondo. Quel giorno tutti vedranno lo gloria di Gesù innalzato nella morte e nella risurrezione e la gloria di tutti quelli che lo hanno incontrato amando i fratelli. Infatti chi opera la verità viene alla luce.

Chi crede che Gesù è figlio perché innalzato e viene innalzato come lui viene alla luce.

Chi non crede è già stato giudicato,  perché ha amato più le tenebre che la luce.

·     La liturgia eucaristica si svolge sull’altare, posto in posizione centrale ed elevata, simbolo di Cristo elevato tra terra e cielo, candelabro della sua luce e trono della sua gloria. Mangiare il suo corpo donato e bere il suo sangue versato ci riveste della stessa missione di Gesù: essere elevati, per essere salvati e perché il mondo creda.Ci dà la forza di salire, di portare la nostra vita in alto, strappandola alla forza della morte e del male.

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QUARESIMA  5  B  2006

 

I chicchi di grano possono essere macinati per fare il pane o seminati per la riproduzione. Il quinto segno della quaresima ci richiama la volontà di Dio su di noi. Siamo qui nel mondo come grani sposati alla terra per una speranza di vita, quella sognata da Dio.

Il vangelo rivela la parola che Gesù ha detto nell’ultima festa di pasqua, dopo che era entrato in Gerusalemme tra gli osanna della folla. Le cose stanno compiendosi.

·        L’evento della pasqua di Gesù è illuminato dall’AT, in cui appare che l’uomo non è stato capace di onorare l’impegno dell’alleanza con Dio. Dio si mantiene fedele e mantiene in vita lo stesso patto che veniva presentato con metafore impegnative: il contratto sancito da un sacrificio di comunione poi dimenticato, la relazione sponsale poi tradita e la relazione tra padre e figlio, poi abbandonata. Le immagini dicono bene l’intensità dell’amore di Dio e l’incapacità dell’uomo di rimanere fedele a una cosa vitale per lui. Geremia dice che Dio di fronte a questa incapacità fa una cosa inedita. Dio non cambia i contenuti ma cambia l’uomo, il suo cuore, il centro della sua persona. La legge abiterà nel cuore umano e susciterà un dinamismo interiore che renderà obbedienti alla parola.

·        Alcuni chiedono di vedere Gesù. Sono ellhneV, persone di religione ebraica ma che vivevano secondo la cultura e i costumi greci. Oggi diremmo: i cristiani che vivono secondo la mentalità del mondo. Ma c’erano molti che credevano a Gesù, quelli che erano con lui quando aveva risuscitato Lazzaro ed anche capi giudei che avevano paura di riconoscerlo apertamente, perché amavano la gloria degli uomini più che quella di Dio. E’ urgente rompere ogni indugio e dichiararsi per Gesù ma per farlo occorre conoscere il senso degli eventi e vederli alla luce dell’amore di Dio. Gesù rivela il valore della vita.

·        Gesù indica con quale morte stava per morire e lo fa riferendosi al Padre. Infatti grida a gran voce: Chi crede in me crede in colui che mi ha mandato e chi vede me vede colui che mi ha mandato. Le cose che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me.

Siamo di fronte al dramma della morte che provoca turbamento anche in lui. Egli si affida completamente al disegno del Padre. L’incarnazione del Figlio e la vita terrena di Gesù sono come il chicco di grano che cade nella terra. Se non muore rimane solo, se muore porta molto frutto. Dio desidera che la vita di Gesù porti frutto grande ed  è pronto a glorificarlo come l’ha glorificato in passato. Posto davanti a questa alternativa Gesù decide di non amare la propria vita terrena ma di odiarla, cioè di consegnarla. Così non la perde. Il Padre la custodisce per la vita eterna. Coloro che amano Gesù si mettono al suo servizio, seguendolo nella sua decisione di consegnare la propria vita, perché si compia il disegno del Padre. E il Padre, che ha glorificato il Figlio, glorificherà anche loro.

·        La seconda lettura, presa dalla lettera agli ebrei, dice che il figlio di Dio imparò l’obbedienza dalle cose che patì. Nella nostra riflessione su Cristo abbiamo molto accentuato la dimensione divina e accordato poco spazio a quella umana. Gesù non ha recitato una parte per insegnare a noi come vivere, ma ha attraversato la sofferenza così da imparare da essa, è cresciuto alla scuola della fatica, dell’angoscia e del dolore. Ha così aperto una via per noi: trovare la vita mentre la perdiamo, vivere mentre moriamo.

L’obbedienza è al centro dell’alleanza e l’ascolto della parola la rende consapevole.

Nella celebrazione eucaristica la consacrazione evidenzia che sull’altare, segno di Gesù elevato da terra, ci sono chicchi, fatti pane e corpo donato in sacrifico per gli uomini e acini, fatti vino e sangue versato per la remissione dei peccati. Comunicando al corpo e sangue di Gesù noi veniamo resi forti e perseveranti nell’obbedienza in ogni condizione della vita, ma soprattutto quando la perdiamo per la causa di Gesù e del suo vangelo.

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DOMENICA DELLE PALME  B  2006

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Abbiamo partecipato come folla all’ultima salita di Gesù a Gerusalemme nei giorni della Pasqua, portando rami d’ulivo e cantando “osanna”. Gesù è entrato con noi nella chiesa, in Gerusalemme dove è radunato il popolo di Dio. E, dentro la città, anche noi, come Israele, ci confrontiamo con lui: lo accogliamo come si è rivelato o lo rifiutiamo? Abbiamo ascoltato quattro brani intensi di rivelazione. Il racconto dell’ingresso scritto da Giovanni afferma che Gesù viene in nome di Dio, e che è il re d’Israele seduto sopra un puledro. Un carme di Isaia tratteggia la forte personalità  del Cristo: egli non si tira indietro di fronte alla passione sicuro di non restare deluso. Un antico inno cristiano canta in pochi versi il cammino del Cristo dal cielo alla terra e dalla terra al Padre.

Cristo si fa servo, obbediente fino alla morte di croce e diventa il Signore dell’universo.

Abbiamo fatto una lettura breve della passione. Invito tutti a leggere e meditare in questi giorni i cap. 14 e 15 di Marco. Il racconto è composto di tante scene brevi e significative, dove la gente si confronta con Gesù. Occorre metterci dentro quelle scene, riconoscere il Cristo che presentano e reagire davanti a lui, pro o contro di lui.

·        Il racconto della passione va letto su due piani: quello umano e quello divino. Gli stessi eventi sono azioni degli uomini e di Dio. Sono opposti ma realizzano lo stesso disegno.

C’è un verbo significativo: paradoi = consegnare. Può indicare donare e tradire.

Da come ci comportiamo di fronte a Gesù noi lo doniamo o lo tradiamo.

Dio consegna Gesù agli uomini perché diventi il cuore di tutto l’universo, perché tutto esista per lui, con lui e in lui, e perché sia lui che il mondo vengano glorificati. Dopo il peccato lo consegna perché obbediscano a lui ed entrando nella sua obbedienza vincano il peccato. Gli uomini consegnano Gesù alla croce come un bestemmiatore, che deve  cancellare con la morte la sua bestemmia che ha inquinato l’alleanza. Il peccato è di tutta la comunità. A consegnarlo sono tutti: Giuda e Pietro, amici di Gesù, il sinedrio -sacerdoti e giudei-, rappresentanti della religione. L’impero romano con Pilato e i suoi soldati garantisce che l’esecuzione è legittima.

·    Gesù viene delegittimato da un complotto. La folla dà la colpa ai capi ma i capi hanno paura della folla. Infine è la folla che decide. Ci sono momenti rivoluzionari, anche pacifici, in cui la folla vince sui capi e determina un cambiamento epocale. Qui i capi ingannano la folla ed essa tradisce gli osanna e chiede la condanna a morte di Gesù.

La storia documenta che questi eventi si ripropongono continuamente.

La Chiesa, ad esempio, ha celebrato l’ultimo Concilio. Chi è responsabile della sua fortuna o del suo fallimento: i capi religiosi o il popolo? Tutti abbiamo l’opportunità di conoscere il Concilio e di partecipare alla sua attuazione. Nessuno può delegare altri in una cosa così importante. In effetti là dove la gente ha creduto al Concilio sono nate cose grandi. Sabato scorso sono stato a Bose a prendere l’icona. Impressiona vedere una settantina di giovani monaci, uomini e donne, appartenenti a culture e chiese diverse, riuniti nella preghiera e nella condivisione della vita a servizio di Cristo e del vangelo. Perché loro hanno potuto essere coerenti con il vangelo che professano e noi no?

Anche il vangelo documenta le eccezioni: alcuni non sono responsabili della morte di Gesù. A Betania una donna viene in casa di Simone con un vaso di alabastro pieno di unguento di nardo genuino e molto costoso e lo versa sul capo di Gesù, perché ritiene che la vita di Gesù è più preziosa dell’unguento e sa che Gesù la dona gratuitamente. Gesù commenta: essa ha fatto quello che poteva. Se ognuno, se il popolo di noi facesse quello che può per il vangelo, come Maria e l’apostolo che Gesù amava sotto la croce, come la Chiesa dopo la pentecoste, come tanti testimoni durante la storia della Chiesa sarebbero possibili cose belle.

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Pagina a cura del gruppo internet della Parrocchia dell'Annunciazione di Campolongo in Conegliano (TV)