Omelie
di Quaresima 2006
a cura di
don Carlo Salvador
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05.03.2006 -
QUARESIMA 1
B 2006
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12.03.2006 -
QUARESIMA 2
B 2006
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19.03.2006 -
QUARESIMA 3
B 2006
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26.03.2006 -
QUARESIMA 4
B 2006
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02.04.2006 -
QUARESIMA 5
B 2006
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09.04.2006
- DOMENICA DELLE PALME
B 2006
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QUARESIMA
1 B
2006
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Dio
ha amato il mondo talmente da dare il Figlio, quello
unigenito, affinché chi crede in lui abbia la vita eterna. Gesù
nella sua vita terrena ci ha manifestato questo amore e nella sua
pasqua, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla
fine (Gv
3,16;13,1).
La
quaresima ci educa a celebrare nella liturgia e nella vita l’amore
divino, lasciandoci amare da Dio e amando anche noi, con l’amore
senza misura, sia Dio che gli uomini.
·
La liturgia è memoriale
del viaggio dell’umanità verso la meta promessa che la attende.
La coltiviamo nella fede e la
conosciamo nell’esperienza del cammino. Alcuni esempi: Adamo
lascia il giardino sconvolto dal suo peccato per raggiungere il
paradiso nuovo.
Dio
chiama Abramo a lasciare il paese dove abitava per andare in una
terra nuova.
Dio
chiama il suo popolo dall’Egitto della schiavitù ad una terra
promessa di libertà.
Il
figlio minore lascia la casa senza dialogo e vita per raggiungere la
casa della festa.
Gesù
lascia il battesimo di acqua per immergersi nel battesimo di morte e
risurrezione.
Noi
siamo iniziati nella fede e nei sacramenti per raggiungere la
visione e l’immortalità.
La
vita sulla terra è crescita, cammino e lotta per raggiungere la
pace desiderata.
·
Il deserto è il luogo
dove non si risiede ma si cammina verso la terra che dà acqua e
cibo; è il luogo del silenzio dove non siamo invasi da cose,
parole e immagini che vogliono occuparci ma siamo soli con noi
stessi, nella condizione di dialogare dentro/con di noi;
è il luogo della luce dove non ci sono tenebre, come
ambizioni, falsità e rivalse ma tutto è di tutti, come l’aria e
il sole e la sabbia e il cielo, e dove regna lo vita dello spirito.
Il
cristiano non vive secondo la carne ma secondo lo spirito. Dio lo
mette nella condizione di diventare quello che ha iniziato ad essere
nell’iniziazione cristiana.
Subito
dopo il battesimo lo Spirito sospinge Gesù nel deserto. Ed era
quaranta giorni nel deserto da subito tentato dal diavolo. Ogni
cristiano dopo il battesimo conosce la tentazione nella sua vita,
che è anche deserto. Sì, perché tra il mondo e il paradiso c’è
la fatica del viaggio, del distacco dalla propria terra e della
iniziazione a terra e cieli nuovi.
·
Dio ci porta nella
tentazione, perché vinciamo lo spirito del male, come lo sciatore
viene portato in cima alla pista perché vinca la gara. Si allena e
rischia l’insuccesso e la gloria. Gesù stava con le fiere.
Il profeta Isaia parla di una natura riconciliata in cui un
fanciullo conduce le fiere al pascolo, il lattante gioca sulla buca
della vipera e il bambino mette la mano nel covo del serpente. Gesù
è nel deserto ma vive nella pace della vittoria.
Gli
angeli servivano Gesù. La lettera degli Ebrei dice che gli
angeli hanno il ministero di servire coloro che erediteranno la
salvezza. Gesù dunque vive nel deserto ma è salvo.
In
Gesù il tempo è compiuto è il regno di Dio è vicino. In
noi non lo è ancora.
Egli
infatti ci invita a convertirci e a credere al vangelo
vincendo così la tentazione.
·
Impariamo a valorizzare
meglio l’atto penitenziale, all’inizio della celebrazione.
Gesù
prima nella cena pasquale ha lavato i piedi ai discepoli perché
fossero mondi e ha dato loro il potere di fare altrettanto. E’ un gesto
necessario per avere parte con lui, come avviene nella comunione.
Nell’atto penitenziale riconosciamo il peccato in noi e nel mondo
e chiediamo perdono, nelle varie forme previste. Una ragazza della
cresima mi ha detto: è troppo poco il tempo che c’è per farlo
bene. Occorre venire in chiesa per tempo, comporci con il luogo, e
ricordare che la preghiera inizia con la domanda di perdono.
Il
celebrante recita la preghiera di assoluzione. Dio onnipotente
abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca
alla vita eterna. Il perdono dei nostri peccati di fragilità
viene dato dall’eucaristia che celebriamo, che è sacramento di
perdono. Altrimenti perché chiedere perdono se Dio non perdona? I
peccati gravi che separano da Dio e dalla comunità, vanno perdonati
nella riconciliazione prima della comunione.
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QUARESIMA
2 B
2006
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Quest’anno
viviamo la quaresima come un cammino verso la pasqua. Abbiamo posto
nella navata centrale della chiesa una corsia che simboleggia la
strada su cui i bambini e i ragazzi costruiscono su grandi orme il
segno del tema celebrativo di ogni domenica.
Domenica
scorsa era il deserto, luogo di transito caratterizzato dal silenzio
e dalla luce.
Ora
i bambini mettono sull’orma dei sassi, per significare il monte
dove Dio ci incontra.
·
La Bibbia colloca tanti
eventi importanti sul monte. Due accadono, dopo l’attraversata del
deserto. Mosè fa accampare il popolo ai piedi del Sinai e vi sale
per incontrare Dio. Uragano, terremoto e lampi manifestano la sua
presenza. Sul monte Sinai Dio e Mosè incidono su tavole di pietra
le parole della legge, cuore dell’alleanza.
Il
profeta Elia, dopo aver mangiato il pane di Dio e aver camminato nel
deserto 40 giorni e 40 notti, giunge al monte Oreb dove incontra il
Signore. Vento, terremoto e fuoco precedono il passaggio del
Signore. Egli parla con Elia nell’intimità indicata dal mormorio
di un vento leggero; questa intimità lo qualifica per compiere
alcune missioni importanti. Anche Gesù ha vissuto nel monte tempi
molto significativi per il Padre, per lui e per la missione che il
Padre gli affidava.
Meditiamo
i due avvenimenti proposti dalla letture di oggi e indicativi per
noi.
·
Abramo vive sul monte il
momento più alto della sua esperienza con Dio: il sacrifico del
figlio Isacco che egli amava, come figlio e come garanzia di Dio
alla promessa fatta.
Dio
tentò Abramo. Provami Signore e tentami, recita il salmo 25,2.
Lo Spirito sospinge Gesù nel deserto, per essere tentato. In
ogni tentazione c’è una realtà presentata o sentita come
importante e un risposta che la smentisce e fa emergere la volontà
di Dio.
Il
sacrifico di Isacco è posto fra due modi di sentire distinti che
occorre discernere.
Al
tempo di Abramo esistevano i
sacrifici umani come culto. E’ ovvio che sacrificare una persona
che si ama è per chi lo fa il sacrificio più grande possibile.
Abramo è disposto a dare tutto. Dio ha per l’umanità questo
amore grande: le dona il figlio unico. Non stendere la mano
contro il ragazzo e non fargli alcun male. Dio non vuole che
l’uomo venga ucciso o umiliato in suo nome. Al contrario l’amore
al prossimo e al nemico, è il culto che egli gradisce.
Gesù dona al Padre questo amore a tutti gli uomini.
Dio
tenta Abramo per insegnargli che la vita umana non va mai
sacrificata ma sempre salvata e onorata. E’ un forte insegnamento
per chi oggi giustifica guerre, pena di morte, ingiustizie e
maldicenze, lotta politica che distrugge tutto, attacchi di ogni
tipo ed intensità alla dignità umana. Lo è anche per noi, che
facciamo tanta fatica ad amare i fratelli, soprattutto quelli
diversi o ostili, anche dentro la nostra comunità. Dio sul monte
rinnova l’alleanza con le persone che amano l’uomo, non con
coloro che lo umiliano.
·
Gesù prende con sé e
conduce tre discepoli su un monte alto. Manifesta loro una cosa che
appare a tutti bella. L’evento prende il nome di trasfigurazione e
la meditazione si sofferma sulla glorificazione di Gesù. In realtà
però la trasfigurazione è presentata come una domanda ai
discepoli, li mette in tentazione, li provoca a scegliere. Il testo
greco dice che Pietro risponde, anche se nessuno gli aveva fatto
domande. E la sua risposta è una scelta: Rabbì, per noi è
bello essere qui. Pietro sceglie ciò che è bello e sceglie di
restare. Come viviamo questo nella liturgia? La scelta giusta sarà
indicata dalla risurrezione dai morti. Però bisogna capire cos’è
il risorgere dai morti. E’ spontaneo amare di stare solo con
Dio o la religione gratificante o la Messa bella che emoziona per i
canti o i riti.
Ma
non può essere sempre così: occorre il dono totale e sofferto di
se stessi.
Dio
ci invita a Messa per tentarci. La parola è lampada ai nostri passi
ma occorre camminare e l’eucaristia il pane della comunione con
Gesù che ci domanda di entrare con lui nella morte e risurrezione.
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QUARESIMA
3 B
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Il
vangelo apre dicendo che era prossima la pasqua dei giudei. I
bambini hanno posto sulla strada che porta alla pasqua dei piccoli
mattoni. Sono segno che Dio nella pasqua costruisce qualcosa e noi
siamo chiamati a lasciarci modellare perché sia costruita.
Gesù
stesso dice che cosa vuol costruire. Disfate questo tempio e in
tre giorni lo innalzerò. Che cosa significa il tempio per
Israele?
·
L’idea di tempio cresce
con la storia del popolo ebreo. All’inizio era una tenda posta al
centro dell’accampamento dove Mosè andava a parlare con il
Signore. Da quel luogo Dio guidava la vita del suo popolo. Quando
Israele si insedia in Palestina, Davide vuole costruire una casa
grande e degna, perché Dio vi abiti con il suo popolo. Il tempio
diventa casa di Dio e del popolo. Nel tempio Dio parla e il popolo
ascolta, insieme celebrano le memorie e le feste della salvezza, il
popolo loda Dio e riceve benedizioni.
I
discepoli erano davanti ad un’opera notevole, che aveva richiesto
46 anni di lavoro e l’opera di molti operai e beni ingenti e che
era la casa più cara e preziosa di Israele.
Che
cosa significa il tempio per Gesù?
·
Gesù per prima cosa
difende l’idea biblica che il tempio è casa di preghiera, o come
lo chiama egli stesso, casa del padre mio. Gesù prepara una
sferza e scaccia dal tempio pecore e buoi, butta via la moneta dei
cambiavalute, rovescia i banchi e rimprovera anche i poveri che
vendevano le loro colombe: traspare il suo zelo per la casa di Dio,
che era ridotta a una casa- mercato. Anche per noi oggi la
chiesa è il luogo dell’incontro tra Dio e il suo popolo. Essa è
costruita in modo da rendere possibile la memoria con Dio degli
eventi della salvezza, proclamare la parola e celebrare i sacramenti
e la preghiera.
Ci
è chiesto di condividere lo zelo del Signore per la sua casa, perché
anche oggi c’è il pericolo che sia fatta casa- mercato dove,
invece che le liturgie che onorano Dio, si celebrano “cerimonie”
che onorano gli uomini, le loro feste e i loro interessi. Pensiamo
ai sacramenti, alla fede che chiedono, alle liturgie e ai
personalismi che talora sottendono.
·
Gesù però non si
riferisce solo al tempio di pietre ma parla del tempio del suo
corpo.
E
Gv nota che quando Gesù risuscitò dai morti i suoi discepoli si
ricordarono che aveva detto questo. I discepoli dunque collegano
la parola sul tempio e sul corpo con la morte e risurrezione di Gesù.
La pasqua di Gesù porta un elemento nuovo nell’idea di tempio.
Gesù
è il tempio vero e unico. Nella nascita di Gesù la comunione tra
Dio e umanità ha raggiunto la profondità più grande. Egli unifica
nella sua persona la vita divina e quella umana e ne fa una vita
sola, una comunione piena. A pasqua gli uomini disfano questo
tempio, perché in Gesù l’uomo muore, insieme il peccato che
porta in sé, e si separa dalla vita divina. Ma il terzo giorno
l’umanità di Gesù risorge libera dal peccato e si congiunge alla
natura divina nella persona del Risorto, così che questa si
manifesta completamente. Gesù è uguale a Dio; l’umiliazione che
l’aveva portato ad essere simile agli uomini, sottomesso alla
morte di croce è tolta; egli vive nella pienezza della sua divinità,
vero uomo fatto uguale a Dio. In Gesù risorto umanità e divinità
trovano la comunione piena.
Egli
è luogo- casa- tempio in cui umano e divino si incontrano.
Ma con la risurrezione dei morti avviene anche
un’altra cosa. Cristo muore solo sulla croce ma si risveglia dalla
morte “sposo” della sua Chiesa che egli ha generato nel suo
sangue. Egli ora fa con lei un solo corpo. Facciamo un collegamento
con la liturgia. Pensiamo allo zelo come rispetto, silenzio e amore
per la chiesa casa di Dio; pensiamo alla comunione eucaristica che
nutre umano e divino nella nostra persona; pensiamo ad essere il
popolo che prega unito il Signore.
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QUARESIMA
4 B
2006
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I
bambini hanno costruito sull’orma una gradinata, come quarto segno
del cammino dalla quaresima alla pasqua. Questo segno indica la
vita. Vita è aggiungere minuto a minuto, sapere a sapere, amore ad
amore, lavoro a lavoro, fatica a fatica e gioia a gioia.
La
vita muta continuamente e l’uomo deve guidare i cambiamenti in
modo da salvarla.
La
prima lettura racconta un tratto significativo della storia di
Israele. Dio amava il suo popolo e la sua dimora ma esso si oppose a
Dio. I nemici demolirono il tempio e Gerusalemme e il popolo fu
deportato in Babilonia. Solo 70 anni dopo i figli dei deportati
salgono a Gerusalemme e costruiscono il tempio e la città. Israele
impara a sentire nostalgia di Dio e impara che per salvare la vita
occorre elevarla oltre le vicende umane, obbedendo a Dio. Il vangelo
riporta la parte conclusiva del dialogo di Gesù con Nicodemo. Che
cosa insegna il loro dialogo?
·
Innanzi tutto Gesù dice che ci sono due vite. Una
proviene dalla carne ed è la vita umana entro il mondo e il tempo,
la prima vita creata da Dio. L’altra proviene dallo Spirito ed è
la vita umana unita alla vita divina. Lo Spirito compie nei
cristiani quello che ha compiuto nell’incarnazione di Gesù: fa
nascere l’uomo dall’alto, cioè lo fa figlio di Dio. Gesù
insegna: bisogna che voi nasciate dall’alto. dei
significa una necessità assoluta.
Dio
ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza per farli
nascere di nuovo, nel Figlio incarnato, alla vita divina. O
raggiungono questa meta o perdono la loro vita.
·
Gesù rivela un uomo viene generato dallo Spirito.
L’uomo non lo sa.
Il
vento soffia dove vuole e noi ascoltiamo la sua voce ma non sappiamo
di dove viene e dove và. Così sappiamo che l’uomo nasce dallo
Spirito ma non sappiamo come.
Può
rivelarlo chi lo sperimenta nella sua persona. Gesù unisce in sé
la vita umana e la vita divina. Egli è primizia di quelli che
nascono dallo Spirito.
Gesù
cresce in sapienza, età e grazia fino alla pienezza dell’amore
che esprime sulla croce. Egli è unigenito figlio di Dio
quando è innalzato in croce. E’ la fede a cui arriva il
centurione romano. Gesù, nasce dallo Spirito sia
nell’incarnazione, sia nella passione e morte e risurrezione.
Questa è la vita umana e divina nella potenza dello Spirito.
·
La vita cristiana nasce dalla fede e dai sacramenti e
dall’obbedienza a Dio che ci eleva.
Dio,
scrive Paolo, per il grande amore con il quale ci ha amati, da
morti a causa del peccato, ci ha fatto vivere in Cristo. Siamo
figli perché siamo innalzati come Gesù.
Questa
verità sarà manifestata nel giudizio. Nell’ultima catechesi
abbiamo detto che il giudizio appartiene alla rivelazione ma non
sarà come è stato insegnato dalla teologia passata. Non è un dies
irae ma un dies lucis.
Il
giudizio è questo, dice Gesù, la luce è venuta nel mondo.
Quel giorno tutti vedranno lo gloria di Gesù innalzato nella morte
e nella risurrezione e la gloria di tutti quelli che lo hanno
incontrato amando i fratelli. Infatti chi opera la verità viene
alla luce.
Chi
crede che Gesù è figlio perché innalzato e viene innalzato come
lui viene alla luce.
Chi
non crede è già stato giudicato,
perché ha amato più le tenebre che la luce.
·
La
liturgia eucaristica si svolge sull’altare, posto in posizione
centrale ed elevata, simbolo di Cristo elevato tra terra e cielo,
candelabro della sua luce e trono della sua gloria. Mangiare il suo
corpo donato e bere il suo sangue versato ci riveste della stessa
missione di Gesù: essere elevati, per essere salvati e perché il
mondo creda.Ci dà la forza di salire, di portare la nostra vita in
alto, strappandola alla forza della morte e del male.
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QUARESIMA
5 B
2006
I
chicchi di grano possono essere macinati per fare il pane o seminati
per la riproduzione. Il quinto segno della quaresima ci richiama la
volontà di Dio su di noi. Siamo qui nel mondo come grani sposati
alla terra per una speranza di vita, quella sognata da Dio.
Il
vangelo rivela la parola che Gesù ha detto nell’ultima festa di
pasqua, dopo che era entrato in Gerusalemme tra gli osanna della
folla. Le cose stanno compiendosi.
·
L’evento della pasqua
di Gesù è illuminato dall’AT, in cui appare che l’uomo non è
stato capace di onorare l’impegno dell’alleanza con Dio. Dio si
mantiene fedele e mantiene in vita lo stesso patto che veniva
presentato con metafore impegnative: il contratto sancito da un
sacrificio di comunione poi dimenticato, la relazione sponsale poi
tradita e la relazione tra padre e figlio, poi abbandonata. Le
immagini dicono bene l’intensità dell’amore di Dio e
l’incapacità dell’uomo di rimanere fedele a una cosa vitale per
lui. Geremia dice che Dio di fronte a questa incapacità fa una cosa
inedita. Dio non cambia i contenuti ma cambia l’uomo, il suo
cuore, il centro della sua persona. La legge abiterà nel cuore
umano e susciterà un dinamismo interiore che renderà obbedienti
alla parola.
·
Alcuni chiedono di vedere
Gesù. Sono ellhneV,
persone di religione ebraica ma che vivevano secondo la cultura e i
costumi greci. Oggi diremmo: i cristiani che vivono secondo la
mentalità del mondo. Ma c’erano molti che credevano a Gesù,
quelli che erano con lui quando aveva risuscitato Lazzaro ed anche
capi giudei che avevano paura di riconoscerlo apertamente, perché
amavano la gloria degli uomini più che quella di Dio. E’ urgente
rompere ogni indugio e dichiararsi per Gesù ma per farlo occorre
conoscere il senso degli eventi e vederli alla luce dell’amore di
Dio. Gesù rivela il valore della vita.
·
Gesù indica con quale
morte stava per morire e lo fa riferendosi al Padre. Infatti grida a
gran voce: Chi crede in me crede in colui che mi ha mandato e chi
vede me vede colui che mi ha mandato. Le cose che io dico, le dico
come il Padre le ha dette a me.
Siamo
di fronte al dramma della morte che provoca turbamento anche in lui.
Egli si affida completamente al disegno del Padre. L’incarnazione
del Figlio e la vita terrena di Gesù sono come il chicco di grano
che cade nella terra. Se non muore rimane solo, se muore porta molto
frutto. Dio desidera che la vita di Gesù porti frutto grande ed
è pronto a glorificarlo come l’ha glorificato in passato.
Posto davanti a questa alternativa Gesù decide di non amare la
propria vita terrena ma di odiarla, cioè di consegnarla. Così non
la perde. Il Padre la custodisce per la vita eterna. Coloro che
amano Gesù si mettono al suo servizio, seguendolo nella sua
decisione di consegnare la propria vita, perché si compia il
disegno del Padre. E il Padre, che ha glorificato il Figlio,
glorificherà anche loro.
·
La seconda lettura, presa
dalla lettera agli ebrei, dice che il figlio di Dio imparò
l’obbedienza dalle cose che patì. Nella nostra riflessione su
Cristo abbiamo molto accentuato la dimensione divina e accordato
poco spazio a quella umana. Gesù non ha recitato una parte per
insegnare a noi come vivere, ma ha attraversato la sofferenza così
da imparare da essa, è cresciuto alla scuola della fatica,
dell’angoscia e del dolore. Ha così aperto una via per noi:
trovare la vita mentre la perdiamo, vivere mentre moriamo.
L’obbedienza
è al centro dell’alleanza e l’ascolto della parola la rende
consapevole.
Nella
celebrazione eucaristica la consacrazione evidenzia che
sull’altare, segno di Gesù elevato da terra, ci sono chicchi,
fatti pane e corpo donato in sacrifico per gli uomini e acini, fatti
vino e sangue versato per la remissione dei peccati. Comunicando al
corpo e sangue di Gesù noi veniamo resi forti e perseveranti
nell’obbedienza in ogni condizione della vita, ma soprattutto
quando la perdiamo per la causa di Gesù e del suo vangelo.
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DOMENICA
DELLE PALME B 2006
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Abbiamo
partecipato come folla all’ultima salita di Gesù a Gerusalemme
nei giorni della Pasqua, portando rami d’ulivo e cantando
“osanna”. Gesù è entrato con noi nella chiesa, in Gerusalemme
dove è radunato il popolo di Dio. E, dentro la città, anche noi,
come Israele, ci confrontiamo con lui: lo accogliamo come si è
rivelato o lo rifiutiamo? Abbiamo ascoltato quattro brani intensi di
rivelazione. Il racconto dell’ingresso scritto da Giovanni afferma
che Gesù viene in nome di Dio, e che è il re d’Israele seduto
sopra un puledro. Un carme di Isaia tratteggia la forte personalità
del Cristo: egli non si tira indietro di fronte alla passione
sicuro di non restare deluso. Un antico inno cristiano canta in
pochi versi il cammino del Cristo dal cielo alla terra e dalla terra
al Padre.
Cristo
si fa servo, obbediente fino alla morte di croce e diventa il
Signore dell’universo.
Abbiamo
fatto una lettura breve della passione. Invito tutti a leggere e
meditare in questi giorni i cap. 14 e 15 di Marco. Il racconto è
composto di tante scene brevi e significative, dove la gente si
confronta con Gesù. Occorre metterci dentro quelle scene,
riconoscere il Cristo che presentano e reagire davanti a lui, pro o
contro di lui.
·
Il racconto della
passione va letto su due piani: quello umano e quello divino. Gli
stessi eventi sono azioni degli uomini e di Dio. Sono opposti ma
realizzano lo stesso disegno.
C’è
un verbo significativo: paradoi
= consegnare. Può indicare donare e tradire.
Da
come ci comportiamo di fronte a Gesù noi lo doniamo o lo tradiamo.
Dio
consegna Gesù agli uomini perché diventi il cuore di tutto
l’universo, perché tutto esista per lui, con lui e in lui, e
perché sia lui che il mondo vengano glorificati. Dopo il peccato lo
consegna perché obbediscano a lui ed entrando nella sua obbedienza
vincano il peccato. Gli uomini consegnano Gesù alla croce come un
bestemmiatore, che deve cancellare
con la morte la sua bestemmia che ha inquinato l’alleanza. Il
peccato è di tutta la comunità. A consegnarlo sono tutti: Giuda e
Pietro, amici di Gesù, il sinedrio -sacerdoti e giudei-,
rappresentanti della religione. L’impero romano con Pilato e i
suoi soldati garantisce che l’esecuzione è legittima.
·
Gesù
viene delegittimato da un complotto. La folla dà la colpa ai capi
ma i capi hanno paura della folla. Infine è la folla che decide. Ci
sono momenti rivoluzionari, anche pacifici, in cui la folla vince
sui capi e determina un cambiamento epocale. Qui i capi ingannano la
folla ed essa tradisce gli osanna e chiede la condanna a morte di
Gesù.
La
storia documenta che questi eventi si ripropongono continuamente.
La
Chiesa, ad esempio, ha celebrato l’ultimo Concilio. Chi è
responsabile della sua fortuna o del suo fallimento: i capi
religiosi o il popolo? Tutti abbiamo l’opportunità di conoscere
il Concilio e di partecipare alla sua attuazione. Nessuno può
delegare altri in una cosa così importante. In effetti là dove la
gente ha creduto al Concilio sono nate cose grandi. Sabato scorso
sono stato a Bose a prendere l’icona. Impressiona vedere una
settantina di giovani monaci, uomini e donne, appartenenti a culture
e chiese diverse, riuniti nella preghiera e nella condivisione della
vita a servizio di Cristo e del vangelo. Perché loro hanno potuto
essere coerenti con il vangelo che professano e noi no?
Anche il vangelo documenta le eccezioni: alcuni non
sono responsabili della morte di Gesù. A Betania una donna viene in
casa di Simone con un vaso di alabastro pieno di unguento di nardo
genuino e molto costoso e lo versa sul capo di Gesù, perché
ritiene che la vita di Gesù è più preziosa dell’unguento e sa
che Gesù la dona gratuitamente. Gesù commenta: essa ha fatto
quello che poteva. Se ognuno, se il popolo di noi facesse quello che
può per il vangelo, come Maria e l’apostolo che Gesù amava sotto
la croce, come la Chiesa dopo la pentecoste, come tanti testimoni
durante la storia della Chiesa sarebbero possibili cose belle.
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