TI LODERO’

 

IN MEZZO ALL’ASSEMBLEA

 

(Salmo 22, 23; Lettera agli Ebrei 2,12)

                                                                            

 

Parrocchia di Campolongo in Conegliano

Anno pastorale 2011-2012

 

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Introduzione.

 

Il Concilio Vaticano II ha dedicato alla liturgia la costituzione Sacrosantum Concilium, pubblicata il 4.12.1963.

Negli anni successivi la liturgia è stata riformata secondo le indicazioni dei padri conciliari, perché il modo di celebrare rispecchiasse la fede della Chiesa che si è manifestata nel Concilio.

Insieme con il Consiglio pastorale presento alcune disposizioni che guidano le nostre celebrazioni e propongo qualche aggiornamento in modo da aiutare tutti, anche le persone che si sono inserite nella nostra comunità in tempi successivi, a farsi parte attiva della celebrazione della Chiesa.

La liturgia trova alimento nella Scrittura e nella Tradizione. Esse non sono inerti ma sempre vive e comunicanti, perché scaturiscono dalla stessa sorgente divina, e accompagnano ogni giorno il cammino del popolo di Dio. Il Concilio nella costituzione Dei Verbum sulla rivelazione scrive: “La Tradizione che viene a noi dagli Apostoli progredisce nella Chiesa con l’aiuto dello Spirito santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole che vengono trasmesse”. La liturgia quindi è celebrazione di tutta la comunità. Essa, riunita nella casa del Signore, esercita la sua funzione di  popolo sacerdotale e, in comunione con Gesù sacerdote e con la Chiesa universale, secondo i vari carismi che lo Spirito santo dona ai suoi membri, rivolge a Dio la lode a lui gradita, fa memoria degli eventi della salvezza e santifica i fedeli con la grazia dei sacramenti. Giovanni XXIII scriveva: “La tradizione è il progresso che è stato fatto ieri, come il progresso che noi dobbiamo fare oggi. Esso costituirà la tradizione di domani”.

La comunità dunque valorizza la preghiera di coloro che l’hanno preceduta, la aggiorna e la trasmette alle nuove generazioni. Tutti i fedeli quindi hanno il diritto e il dovere di conoscere e condividere le modalità celebrative della loro comunità, in modo da parteciparvi con consapevolezza e da celebrare, in una liturgia viva, cose nuove e cose antiche. C'è stato un tempo in cui la liturgia era sovrastata da pratiche di devozione. Le devozioni hanno contribuito a mantenere la preghiera e la fede in tempo di crisi della parola di Dio. Il Concilio ha riaperto il tesoro della Parola, dei sacramenti e della liturgia delle ore a tutti i fedeli. Occorre conoscere queste realtà e celebrarle dando loro la precedenza sulle devozioni.

 

 

1.  La preparazione alle celebrazioni.

 

Le celebrazioni liturgiche vanno preparate. Ogni settimana “Annuncio” riporta in quarta pagina le indicazioni delle letture della domenica successiva, perché i fedeli possano leggere i testi biblici che verranno proclamati in chiesa. Anche la puntualità aiuta a celebrare bene. Essere in chiesa con un certo anticipo permette di sintonizzare il proprio animo con i luoghi della celebrazione: il trittico con l’affresco del crocifisso e dell’annunciazione, la natività, l’altare, l’ambone e la sede di chi presiede l’assemblea, il battistero e il confessionale. Abbiamo restaurato il presbiterio e l’arredo in modo che sia evidente la loro funzione liturgica e siano significativi di ciò che la liturgia celebra, evitando di sovrapporre immagini legate alle devozioni. Speriamo di curare presto un opuscolo che illustri i segni presenti nella chiesa in modo che comunichino ai fedeli il loro significato oltre che la loro bellezza. Essere in chiesa in anticipo permette anche di preparare con l’assemblea i testi, i riti e i canti. Ogni persona prenda posto dove può vedere e seguire la celebrazione. I bambini partecipino con i loro genitori o con i loro coetanei in modo da seguire bene il rito. Abbiamo cura di occupare tutti i posti vicino all’altare, che è al centro della celebrazione, e di non mancare all’atto penitenziale con cui inizia l’eucaristia. Gesù all’inizio della sua ultima cena con i discepoli, nella lavanda dei piedi, ha creato un clima di umiltà e di fraternità e li ha purificati, perché, in virtù di quella cena,  potessero aver parte con lui.

Durante una celebrazione è possibile costruire dei segni che aiutino la partecipazione alla liturgia dell’assemblea o di parte di essa, come i bambini, i ragazzi e i malati, durante i tempi liturgici forti o in altre circostanze. Questi segni vanno concordati con il parroco, preparati con cura e presentati in modo opportuno all’assemblea.

 

 

2. Alcune componenti comuni alle celebrazioni.

 

Il canto.

 

Il 27 maggio 2007 il Consiglio pastorale ha regolato il canto nella liturgia in un proprio documento intitolato: Cantate al Signore un canto nuovo, la sua lode nell’assemblea dei fedeli. Qui aggiungiamo che il canto sacro è parte integrante della liturgia e che la musica, quando è unita all’azione liturgica, rende più solenni e belli i riti. Per favorire il canto di tutta l’assemblea è opportuno che l’animatore liturgico presenti i canti all’assemblea prima di ogni celebrazione festiva. Devono essere adeguati alla liturgia che si celebra e semplici così che l’assemblea li possa provare ed eseguire. In alcuni tempi liturgici, inoltre, è bene avere un’attenzione ulteriore, sia nella scelta dei canti, che devono essere adatti all’evento da celebrare, sia nelle prove del gruppo corale di sostegno dell’assemblea.

Se questo impegno può essere esteso possiamo proporre durante tutto l’anno canti nuovi ed anche canti polifonici.

Il canto dell’assemblea è un ministero ecclesiale suscitato dallo Spirito ed è bene che i fedeli siano disponibili alla sua azione.

Le offerte.

 

Per lunga tradizione in occasione della celebrazione dei sacramenti e dei funerali e nelle Messe festive vengono raccolte le elemosine dei fedeli  e un’offerta alla chiesa da parte delle famiglie interessate alla celebrazione. E’ un modo per manifestare riconoscenza al Signore e alla comunità per il dono ricevuto, per partecipare alle spese che la parrocchia sostiene per la pastorale e per i poveri.

Dal 2000, anno del giubileo, abbiamo istituito con l’approvazione del vescovo un fondo di solidarietà. Della gestione di questo fondo diamo resoconto nel foglio settimanale “Annuncio”.

 

I fiori.

 

I fiori accompagnano con un tocco di colore e di calore gli  eventi importanti della vita e rendono più belle le celebrazioni.

 Manifestano i sentimenti.  Un fiore rimanda alla creazione, opera di Dio, e rappresenta la bellezza della vita e la sua caducità. Nella liturgia i fiori vanno usati secondo il tempo liturgico e gli eventi che si celebrano e non secondo criteri e gusti personali. Non possono togliere evidenza all’altare, all’ambone e all’apparato iconografico e non vanno posati sull’altare e sui banchi. La nostra chiesa ha un presbiterio con spazi ristretti. Occorre dunque che gli addobbi floreali non invadano gli spazi celebrativi  ma che si armonizzino con i segni liturgici.  I luoghi più appropriati per la collocazione sono quelli ormai abituali. Anche per gli addobbi floreali la comunità cristiana è tenuta ad uno stile sobrio. La nostra chiesa è piena di luce e di calore per cui è decorosa anche con pochi fiori e con piante adatte. In occasione dei funerali si portino in chiesa solo i fiori per la celebrazione. Essi restino in chiesa anche dopo la celebrazione.

 

Le fotografie.

 

Noi amiamo riprendere gli eventi importanti della vita per conservarne memoria. Alcune celebrazioni religiose sono eventi grandi nella nostra esistenza. La chiesa però non è uno studio fotografico e le riprese vanno fatte secondo le norme stabilite dal vescovo, che consentono di fotografare nel rispetto di alcuni criteri e metodi. E’ consentita la presenza di un solo fotografo che conosca e rispetti la liturgia che si celebra. E’ consentita la ripresa video, purché la telecamera sia piazzata in un luogo che non disturba lo svolgimento della liturgia e non venga spostata durante la celebrazione.  Il fotografo prende accordi con il parroco ed opera fuori del presbiterio, con la discrezione dei movimenti e un abbigliamento rispettoso della casa di Dio.

 

 

3.  I ministeri.

 

La liturgia richiede diversi ministeri. I ministri ordinati svolgono il loro servizio in virtù del sacramento ricevuto e del mandato del vescovo. Il presbitero presiede l’assemblea in tutte le liturgie che celebra. Tutti i ministeri che si svolgono in parrocchia sono regolati dal parroco. Il diacono svolge i servizi che gli sono affidati nelle celebrazioni liturgiche e nell’ambito della carità.

I ministri straordinari della comunione portano la comunione, specialmente di domenica e di festa, ai fedeli che lo desiderano e sono impediti da malattia a partecipare alla Messa insieme con l’assemblea; aiutano i ministri ordinati nella distribuzione dell’Eucaristia durante le Messe più frequentate; presiedono la celebrazione della comunione nei giorni feriali fissati dal parroco e la veglia di preghiera per i defunti.

I ministranti sono scelti dopo la prima comunione e preparati da una persona delegata dal parroco e servono le liturgie secondo il loro ufficio. I lettori proclamano la parola di Dio all’assemblea riunita per pregare, dopo avere avuto una formazione adeguata e secondo il turno stabilito. Gli animatori del canto e gli operatori degli strumenti musicali sostengono l’assemblea che partecipa alla liturgia con il canto di lode. I sacrestani e le persone addette alla cura dei fiori e della biancheria predispongono ciò che ogni celebrazione richiede.

Concorrono alla celebrazione le persone che svolgono alcune parti di essa come l’introduzione e la preghiera dei fedeli, la processione di offertorio e la raccolta delle elemosine. Anche i catechisti che preparano bambini e ragazzi a celebrare e i volontari che aiutano nelle varie necessità svolgono un servizio prezioso.

 

 

4.  Il giorno del Signore e della comunità.

 

Secondo la tradizione apostolica che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni sette giorni, in quello che si chiama giustamente ”giorno del Signore” o “domenica” (cf. Vaticano II, La Liturgia, 191). Questa denominazione compare in Ap 1,10, circa l’anno 95. La domenica è il giorno del Signore perché i fedeli si riuniscono per celebrare nella fede la sua risurrezione, partecipano al pasto comune nella carità e attendono la sua venuta nella speranza.

Scrive S. Paolo: Ogni volta infatti che mangiate questo pane e  bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga (1Cor 12,26). E dopo la consacrazione l’assemblea proclama: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione

 nell’attesa della tua venuta”. La domenica perpetua così la memoria di Gesù e della sua pasqua. San Basilio Magno, vescovo e Padre della Chiesa, morto a Cesarea in Cappadocia il 1 gennaio 379, ha scritto nel suo Trattato sullo Spirito santo che la domenica si prega in piedi. “Perché siamo risuscitati col Cristo e dobbiamo cercare le cose dell’alto, nel giorno della risurrezione, stando in piedi, ricordiamo la grazia che ci è stata data”.

Questo giorno è chiamato anche “primo giorno della settimana”, giorno della nuova creazione che ha origine dal Risorto. E’ l’ottavo giorno, in cui la vita è resa eterna.  A Troade, attorno a Paolo, i cristiani  “nel primo giorno della settimana erano riuniti per spezzare il pane” (At 20,6-12).

La domenica veicola così la profezia cristiana.

La domenica può essere chiamata ancora il giorno della comunità. Scrive il Vaticano II: La riunione in cui vene celebrata l’Eucaristia è il centro della comunità dei cristiani presieduta dal presbitero. Non è possibile edificare una comunità cristiana se essa non ha come radice e come cardine la celebrazione dell’eucaristia, dalla quale deve quindi iniziare qualsiasi educazione allo spirito di comunità (cf.  L’ordine dei presbiteri, 1254; 1261).

La Chiesa, scrive San Cipriano, è “un popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito santo”. E il Vaticano II scrive ancora: “Piacque a Dio santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse” (cf. La Chiesa, 288; 308). La carità si esprime anche nella solidarietà con coloro che vivono nel bisogno materiale.

S. Paolo, verso la pasqua dell’anno 57 comanda la raccolta di denaro per la solidarietà con i poveri. “Fate anche voi come ho ordinato alle Chiese della Galazia. Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi metta da parte ciò che è riuscito a risparmiare … per portare il dono della vostra generosità a Gerusalemme” (1 Cor 16,1-2).

Noi destiniamo le offerte che raccogliamo durante la Messa festiva per metà circa alla pastorale e per l’altra metà alla carità verso i poveri, attraverso il fondo di solidarietà della parrocchia e secondo le collette decise dal vescovo. La domenica promuove così la carità che ci unisce tutti in Gesù.

I cristiani dei primi secoli hanno vissuto intensamente la domenica perché ne conoscevano il mistero. Il 12 febbraio 304 quarantanove cristiani di Abitene, in Tunisia, con il loro presbitero Saturnino, arrestati per riunione illecita, rispondono al proconsole: “Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”.

Concludo ricordando quello che, a metà del terzo secolo, dichiara la Didascalia Apostolorum: “Abbandonate tutto nel giorno del Signore ed accorrete con diligenza alle vostre chiese, perché si celebra la lode di Dio. Altrimenti quale scusa avranno presso Dio quelli che non si riuniscono il giorno del Signore per ascoltare la parola di vita e per nutrirsi del nutrimento divino che rimane in eterno?”.

 

 

5.  La Liturgia delle Ore.

 

Gesù pregava al mattino presto, in altre ore del giorno, la sera e anche lungo la notte e ha raccomandato ai discepoli di pregare sempre senza stancarsi. Gli Atti degli apostoli attestano che i cristiani erano assidui nella preghiera e che si radunavano a pregare in varie ore del giorno. Queste preghiere fatte in comune furono poi ordinate in modo da formare un ciclo ben definito di ore e divennero preghiera ufficiale della Chiesa, chiamata liturgia delle Ore. In essa la Chiesa, in unione con Gesù, dà lode a Dio e intercede per la salvezza del mondo. Infatti tra Cristo e le membra del suo corpo intercorre un vincolo speciale che li coinvolge anche nella preghiera. La dignità della preghiera cristiana sta nel partecipare all’amore del Figlio che prega il Padre. La preghiera pubblica del popolo di Dio è dunque uno dei compiti principali della Chiesa ed essa la celebra nella liturgia. La Liturgia delle Ore, per antica tradizione, santifica il corso del giorno e della notte e in particolare il mattino e la sera. Essa è preghiera della Chiesa e cuore pulsante della vita cristiana. La nostra comunità, in occasione dell’ingresso di don Carlo, avvenuta il 29 settembre 1985, è stata esortata dal Vescovo a valorizzare la dimensione orante della vita cristiana con queste parole: “Fate in modo che la giornata si apra con il canto della lode e che la stanchezza della sera sia santificata dalla preghiera del vespro; invitate i vostri fratelli qui a pregare”.

La comunità ha promosso la preghiera delle Ore, dapprima in unione alla celebrazione della Messa e poi con altre modalità. Ora nei giorni feriali, nella cappella dell’eucaristia, santifichiamo l’inizio del giorno con il canto delle Lodi e il suo tramonto con il canto dei vespri. Alcune persone pregano le lodi e i vespri in famiglia o da sole. Intendiamo rimanere fedeli al mandato del vescovo e custodire con cura e con impegno la celebrazione della Liturgia delle Ore, ed invitiamo i cristiani a partecipare a questa preghiera liturgica, raccomandata dal Concilio. In quest’anno pastorale faremo conoscere meglio la preghiera delle Ore e le varie parti che la compongono, perché diventi insieme con la celebrazione eucaristica una liturgia amata e praticata dalla comunità.

 

 

6.  Alcune celebrazioni particolari.

 

a.  L’iniziazione cristiana

 

Il termine “iniziazione” viene dalle tradizioni religiose e culturali antiche e indica l’inizio di una nuova tappa della vita umana; il termine “cristiana” indica che la tappa è la relazione con Gesù Cristo che fonda l’alleanza. La fede suscitata dalla Parola di Dio immette il credente nella comunità cristiana, dove egli continua l’ascolto, fa esperienza della preghiera e cresce nella comunione ecclesiale.

In questo tempo si prepara a celebrare il dono del battesimo, dello Spirito santo e dell’eucaristia, che lo costituiscono cristiano idoneo a vivere la vita in Cristo e a testimoniarla.

Il 3 settembre 1987 il vescovo ha consegnato alla diocesi il “Direttorio per l’iniziazione cristiana”. La nostra comunità ha trovato in esso ispirazione per impostare il cammino di preparazione dei sacramenti e la loro celebrazione. Negli ultimi tre anni pastorali, incentrati sul battesimo, abbiamo meditato ulteriormente su quello che l’iniziazione opera in noi. Indico di seguito le modalità celebrative a cui siamo rimasti fedeli, nonostante le resistenze incontrate. Riteniamo bello e decisivo che, in quest’anno pastorale in cui il vescovo invita la diocesi a convenire per verificare il cammino fatto fino ad oggi, siano comprese e condivise da tutti.

 

L’accoglienza.

 

Il vangelo rivela che Gesù è stato presentato nel tempio dai suoi genitori ed è stato accolto nel popolo di Dio da Simeone. Egli ha riconosciuto in lui la missione che Dio gli affidava di essere “luce perché Dio si riveli alle genti e gloria del suo popolo Israele” (Lc 2, 32). Nel rito di accoglienza la comunità, con gesti semplici e significativi, introduce una persona nella Chiesa e si impegna a sostenerla nella fede e a garantirle le iniziative adatte alla sua maturazione cristiana. L’inserimento nella comunità parrocchiale, in modo analogo a quello nella società civile, comprende l’iscrizione del nome e la partecipazione ai beni e agli impegni comuni. Nel caso dei bambini il cammino ecclesiale è garantito dai genitori che accompagnano il loro attivo inserimento nella Chiesa fino alla piena partecipazione all’eucaristia e dai padrini che li seguono a nome della comunità cristiana. L’accoglienza è il primo incontro con la comunità locale a cui seguirà la celebrazione del battesimo e degli altri sacramenti distanziati nel tempo, secondo la maturazione della vita cristiana. L’accoglienza è preparata in una apposita catechesi, che fa conoscere il rito dell’iniziazione e impegna i vari collaboratori e la comunità ecclesiale.

 

Il battesimo, prima tappa dell’iniziazione.

 

Il battesimo viene chiesto dalla famiglia e celebrato dopo un cammino adeguato di preparazione e nei tempi programmati dalla comunità. La preparazione e la celebrazione sono fatte in gruppo e coinvolgono la parrocchia. Il battesimo dei bambini richiede la preparazione dei genitori che li accompagnano nella maturazione cristiana; il battesimo dei fanciulli e dei ragazzi domanda anche la loro collaborazione. Il battesimo degli adulti richiede loro la domanda personale, la consapevolezza e l’impegno. Dopo il battesimo la parrocchia segue il compiersi del mistero celebrato nella vita del battezzato e promuove incontri per aiutare a perseverare nella grazia del battesimo. Il battesimo viene celebrato in una di queste tre date: la veglia pasquale, in cui tutta la liturgia è orientata alla pasqua e ai sacramenti dell’iniziazione, il battesimo di Gesù  e una domenica prima delle ferie estive.

Chi desidera il battesimo ne fa richiesta al parroco per tempo in modo che egli possa programmare gli incontri di preparazione a condividere la fede della Chiesa e a conoscere il rito con cui viene celebrato. Quello che è in uso da sempre per tutti i sacramenti è richiesto anche per il battesimo: la preparazione e la celebrazione comunitaria secondo il ritmo pastorale della comunità.

E’ un’opportunità per fare esperienza di Chiesa e per riconoscersi parte viva della propria comunità cristiana. In questo modo la catechesi e i sacramenti fanno crescere realmente il corpo di Cristo. Il Signore infatti affida la sua parola e i sacramenti alla Chiesa, sotto la responsabilità di chi la presiede in suo nome. Per questi motivi il battesimo si celebra nella parrocchia in cui la famiglia risiede.

 

La riconciliazione.

 

Il sacramento della penitenza si inserisce nell’iniziazione verso l’età dei dieci anni, quando il bambino può partecipare al naturale sviluppo del battesimo in un cammino che lo educa a riconoscere l’amore di Dio e a corrispondervi, ma non è ancora pienamente iniziato agli impegni cristiani. La vittoria sul male avvenuta nel battesimo come dono di grazia diventa via via anche conquista cosciente nell’esperienza del perdono ricevuto e donato. La prima confessione viene celebrata entro una messa festiva. La parrocchia propone a tutti alcune celebrazioni penitenziali nei tempi forti e la riconciliazione personale una volta al mese circa. Ci formiamo così a confessare l’amore di Dio per noi e la fragilità della nostra risposta. E Dio ci dona nel sacramento lo Spirito del Risorto per amare come lui ha amato.

 

La confermazione, seconda tappa dell’iniziazione.

 

La confermazione comunica al battezzato lo Spirito santo come dono di piena incorporazione a Cristo sacerdote, re e profeta, che rende possibile la testimonianza. Il significato di questo dono è rivelato nel battesimo di Gesù al Giordano, dove lo Spirito porta il Figlio amato a compiere la sua missione, e nella pentecoste, dove lo Spirito si effonde dall’umanità glorificata di Cristo per strutturare la Chiesa nella varietà dei carismi e dei ministeri. Il cresimato è abilitato a seguire Cristo nel rendere a Dio il culto in spirito e verità e nell’adempiere la missione che il Padre ha affidato a Gesù, in un vincolo profondo con la Chiesa.  Abbiamo variato negli anni l’età della cresima nel tentativo di conciliarla con le problematiche vissute dai ragazzi e di dare continuità alla cresima nella pastorale giovanile in cui i cresimati possano inserirsi attivamente. Ora la cresima viene conferita verso i 15 anni.

 

L’eucaristia, culmine dell’iniziazione.

 

L’eucaristia rappresenta la vita cristiana, matura l’assimilazione del cristiano a Cristo e gli dà l’opportunità di offrire la sua vita al Padre, insieme a quella di Gesù. L’apostolo Paolo scrive che il cristiano offre se stesso come sacrifico vivente, santo e gradito a Dio, sacrificio che è il suo culto spirituale, quando rinnova il proprio modo di pensare, per potere discernere la volontà di Dio. (cf. Rm 12,1-2). Il Direttorio dell’iniziazione cristiana invita a celebrare questo mistero nel tempo in modo progressivo e diversificato e individua le due modalità seguenti.

 

Eucaristia di prima comunione.

I fanciulli sono ammessi all’Eucaristia all’età di circa undici anni e questo li introduce alla partecipazione sacramentale alla Messa.

I fanciulli però non possono ancora conoscere ed esprimere tutta la dinamica dell’eucaristia e non sono ancora capaci di fare scelte che determinano il loro avvenire e quello della comunità, a differenza degli adulti che sono parte attiva e responsabile nella famiglia, nel lavoro e negli altri ambiti sociali e religiosi. I fanciulli sviluppano questa capacità progressivamente, crescendo in sapienza e grazia e venendo consacrati con il dono dello Spirito santo nella cresima.

Eucaristia di maturità.

Il dopo cresima porta il giovane verso la maturità personale ed ecclesiale nella testimonianza e richiede l’esperienza di momenti forti ed aggreganti. In questa fase è opportuno accompagnare i ragazzi in un ulteriore tratto di cammino, perché arrivino a celebrare la pienezza di senso dell’eucaristia e impegnarsi a viverla con la maturità che essa domanda. Alla luce dell’eucaristia potrebbero così trovare piste di risposte sia i problemi di fede emergenti nell’età giovanile, sia le relazioni ecclesiali e sociali che richiedono la partecipazione dei cattolici. L’eucaristia è evento significativo della vita donata per amore e conduce all’unità ad immagine della Trinità. Per alcuni anni questa celebrazione è stata un evento bello per la nostra comunità, poi la abbiamo trascurata. Auspichiamo che  possa riprendere e portare frutto.

 

 

b. Il matrimonio

 

Il matrimonio costituisce un momento importante nella vita degli sposi e per questo essi desiderano regolarne la celebrazione secondo la loro sensibilità.  Ci si sposa dopo un adeguato cammino di preparazione accertato dal parroco, secondo la liturgia stabilita dalla Chiesa e concordando con il parroco le varie parti del rito.

La celebrazione è presieduta dal parroco, il quale ha il compito di garantire che la liturgia esprima la verità del sacramento e della vita degli sposi. La chiesa viene preparata tenendo conto del desiderio degli sposi e in modo che risponda alle esigenze della celebrazione. L’assemblea è formata anche da parenti e amici, alcuni dei quali possono essere non praticanti e quindi poco sensibili alla fede o da persone di altre comunità che hanno altri stili celebrativi.

Il parroco ha il compito di regolare la celebrazione in modo che essa esprima e rispetti la sensibilità liturgica della nostra comunità.

A tutti è richiesto il rispetto del silenzio, del raccoglimento e del rito che viene proposto,ricordando che le realtà proprie dell’assemblea celebrante non possono essere commissionate a chi non partecipa alla fede della Chiesa.

Accade che alcuni matrimoni sfocino nel divorzio e le persone creino nuove unioni non sacramento. La Chiesa continua ad accogliere queste persone entro il cammino ecclesiale perché trovino in esso opportunità di salvezza e le invita a partecipare, in forza del battesimo ricevuto, alla Messa, quale momento fondamentale della vita e della preghiera del popolo di Dio, anche se non possono ricevere la comunione. I divorziati risposati o conviventi non possono ricevere il sacramento della penitenza finché perdura la loro situazione né svolgere nella parrocchia quei servizi che esigono una pienezza di testimonianza cristiana, come sono i servizi liturgici e in particolare quello di lettore, di catechista e di padrino per i sacramenti. Possono partecipare alla catechesi, alle celebrazioni penitenziali comunitarie e alle attività del Circolo ma non fare il servizio di animatori di queste attività. Occorre infatti che nella comunità sia riconoscibile la verità dell'amore cristiano.

 

 

c. La liturgia dei defunti.

 

La parrocchia cura la liturgia dei defunti in modo da annunciare e testimoniare alla famiglia colpita dal lutto e alle persone che partecipano, la fede nella risurrezione. La morte infatti segna la conclusione della vita terrena ma anche la glorificazione della vita divina posta in noi con il Battesimo; è ricordo del passato e profezia del futuro. La liturgia accompagna i defunti all’incontro con il Signore.  Per questo il funerale viene celebrato in chiesa per tutti i battezzati che lo richiedono, senza pregiudizi sulle persone e la loro vita terrena. La liturgia  dei defunti prevede due momenti:

 

-  la veglia funebre.

Viene fatta in chiesa la sera prima del funerale. E’ opportuno che la veglia sia segnalata per tempo nell’epigrafe, perché i fedeli vi possano partecipare. La veglia di norma è diretta dal diacono o dai ministri straordinari della comunione.

 

-  la celebrazione eucaristica.

Nella Messa in occasione del funerale noi osserviamo le modalità seguenti:

 

l’accoglienza della salma.

Viene fatta nel sagrato dal diacono o dal celebrante secondo il rito previsto. Il defunto viene ricordato dal celebrante nel saluto che precede l’atto penitenziale.

 

la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica.

Comprendono l’ascolto della parola di Dio, il ricordo del defunto nella preghiera dei fedeli, la preghiera di lode, di ringraziamento e di domanda, la comunione. Si proclamano le letture del lezionario feriale del giorno del funerale. L’omelia è riservata, come in ogni Messa, alla presentazione della parola di Dio, perché sia praticata nella preghiera e nella vita.

 

il commiato

La benedizione della salma del defunto è l’ultimo rito fatto in chiesa. Poi essa viene accompagnata nel sagrato. Quando la salma è destinata alla sepoltura in cimitero ed è accompagnata dal presbitero o dal diacono, si crea una continuità tra la celebrazione in chiesa e quella in cimitero, e il rito continua senza interruzioni per i saluti e le condoglianze o altro. Si mantengano il silenzio, la meditazione e la preghiera come è  richiesto da ogni celebrazione e dal rispetto del defunto e dei suoi parenti. Quando la salma è destinata alla cremazione il funerale termina con il commiato.

E’ tradizione predisporre nel sagrato un tavolo per la raccolta delle firme e delle offerte in ricordo e in suffragio del defunto. Le offerte vengono poi unite a quelle dell’offertorio della Messa e destinate per gli stessi scopi. Manteniamo questa usanza perché le offerte e le opere buone sono, più ancora che i fiori, modi  concreti di onorare i defunti e di intercedere per loro e perché sono una forma di solidarietà verso la parrocchia. Per chiarezza verso gli offerenti, eventuali offerte che la famiglia del defunto intende destinare ad altri scopi vanno raccolte, a sua cura, in spazi diversi da quelli parrocchiali. Talora accade che familiari o amici del defunto, o persone provenienti da altre comunità o rappresentanti di gruppi o associazioni si propongano con i loro labari, con discorsi o con preghiere particolari. E’ opportuno che questi interventi avvengano in cimitero o in altro luogo.

 

Il suono delle campane

Tenuto conto della mutata sensibilità culturale e religiosa della gente e delle recenti disposizioni del vescovo in materia, il suono delle campane sarà così regolato: l’annuncio della morte viene dato con la campana maggiore. La S. Messa viene annunciata con le tre campane, per invitare la comunità a partecipare alla celebrazione eucaristica, come la domenica. Nessun suono per il commiato, come in tutte le altre celebrazioni.

 

 

d. La liturgia nelle case.

 

Nelle nostre case vivono persone malate o anziane che non possono

partecipare alla preghiera della comunità in chiesa nelle solennità e nel giorno del Signore. Il diacono e i ministri straordinari della comunione si prendono cura di loro e, in accordo con la famiglia, portano la comunione eucaristica a coloro che la desiderano, in una liturgia che comprende la lettura del vangelo, un commento ispirato all’omelia fatta in chiesa dal celebrante, la preghiera dei fedeli e il Padre nostro. I ministri consegnano il foglio settimanale Annuncio, in modo che i malati e gli anziani siano informati sul cammino pastorale della loro parrocchia e lo accompagnino con la loro preghiera. Nei tempi forti dell’anno liturgico, e quando qualcuno lo richiede, il parroco fa loro visita per la confessione e per l’unzione dei malati. Quando si presenta l’opportunità e la famiglia vi partecipa volentieri, l’unzione dei malati viene fatta con la celebrazione della Messa in casa, come si fa periodicamente in chiesa. Nella nostra tradizione è stata curata per tanti anni la benedizione annuale delle case: era momento di preghiera e occasione di incontro e conoscenza tra il parroco e le famiglie, permetteva di aggiornare l’anagrafe parrocchiale e di raccogliere l’offerta della famiglia per la chiesa e le opere parrocchiali.

Ora da noi la situazione è mutata e portare la benedizione nelle famiglie è problematico, perché tante famiglie non praticano e non pregano e perché gli orari di lavoro della gente e gli impegni del parroco lasciano pochi margini di tempo per questa iniziativa.

Il parroco continua a benedire le famiglie su richiesta della famiglia, previo appuntamento con essa, quando la visita è davvero opportunità pastorale di incontro e di preghiera, in particolare quando sono famiglie giovani o inserite di recente nella parrocchia.

 

Consegna.

 

La liturgia è preghiera di Cristo e della Chiesa. Si alimenta alla parola di Dio, attira la sua benevolenza e prepara i credenti a dare al mondo  la bella  testimonianza cristiana. La liturgia sta al cuore del cammino ecclesiale inaugurato nell’iniziazione cristiana.

Affidiamo queste note, nate da una lunga riflessione del Consiglio pastorale, all’accoglienza e all’obbedienza di tutti, nel desiderio che ci formino ad offrire al Signore un culto a lui gradito e favoriscano la partecipazione assidua e unanime alla preghiera comune, a gloria del Signore e nella gioia di  celebrare insieme gli eventi  della vita.

“Infatti, il Signore Gesù che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi” (Eb 2,11-12).

 

don Carlo e il Consiglio pastorale

 

 

   

 

Indice

 

Introduzione                                                                                   1

 

1  La preparazione alle celebrazioni.                                    2

 

2. Alcune componenti comuni alle celebrazioni.            3

 

Il canto

Le offerte

I fiori

Le fotografie

 

3.  I ministeri.                                                                                 5

 

4.  Il giorno del Signore e della comunità.                          6

 

5.  La liturgia delle ore                                                                8

 

6.  Alcune celebrazioni particolari                                         9

 

a. L’iniziazione cristiana                                              9

 

b. Il matrimonio                                                           14

 

c. La liturgia dei defunti                                            15

 

                               d. La liturgia nelle case                                              18

 

                Consegna.                                                                19

 

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