Non
si intende minimizzare la gravità della situazione che
stiamo vivendo. Non si intende dimenticare l’impegno
profuso da molte persone per la tutela della salute
pubblica. Non si intende ignorare l’appello alla
prudenza che anche in questi giorni siamo chiamati
responsabilmente ad accogliere e a tradurre in scelte
concrete.
Resta
tuttavia ancora presente in me una sorta di amarezza
dopo il DPCM del 26 aprile rispetto al quale la CEI ha
ritenuto di diffondere un significativo comunicato. Va
ribadito il fatto che la CEI non ha espresso alcuna
disobbedienza alla legge (il Papa ha precisato questo).
Ricordiamo che la Chiesa italiana ha sospeso le attività
pastorali “in presenza” fin dall’inizio
della quaresima (26 febbraio).
Molte
sono le questioni coinvolte, complesse e interconnesse.
Esse hanno a che fare con le specifiche relazioni che
sussistono tra vari aspetti rilevanti della fede:
preghiera personale e comunitaria; Parola di Dio e
Sacramenti; famiglia “piccola Chiesa” e comunità
cristiana locale ed universale; comunione sacramentale e
comunione spirituale; salvezza dell’anima e del corpo;
peccato personale e sociale; libertà e Grazia…. Non
è possibile affrontarle adeguatamente né qui né in
sommarie “discussioni” nei social-media o nei
talk-show. In ogni caso, non si tratta di
contrapporre (dividere) le varie modalità attraverso le
quali il Nostro Signore è presente ed agisce nelle vite
umane e nella storia, bensì di riconoscerne la
specificità per evitare equivoci, pressapochismi,
tensioni dannose o quanto meno inutili.
“Alla
Presidenza del Consiglio e al Comitato
tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere
tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise
di carattere sanitario – e quella della Chiesa,
chiamata ad organizzare la vita della comunità
cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella
pienezza della propria autonomia. I Vescovi italiani non
possono accettare di vedere compromesso l’esercizio
della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti
che l’impegno al servizio verso i poveri, così
significativo in questa emergenza, nasce da una fede che
deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare
la vita sacramentale”.
d.
Roberto
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