Catechesi

dell'anno pastorale

2002 - 2003

 

a cura di

Don Carlo Salvador

LA PARABOLA DELLA CROCE

Parrocchia di Campolongo

Conegliano, settembre 2003

 

IL CAMMINO DELL'AMORE

Ritiro di Pentecoste

 

In questo ritiro meditiamo due testi biblici di Giovanni, cercando di  discernere quello che dicono nel contesto della bibbia e della salvezza e di confrontarlo con l’esperienza, per migliorare la nostra vita personale e il cammino della comunità in cui viviamo.

I testi presentano la Chiesa santa, che si alimenta alla fede del discepolo che Gesù ama.

E’ la Chiesa di minoranza, che vive l’amore profondo che annuncia.

Nella nostra cultura l’amore è pensato e praticato in modi diversi.

Alcuni cercano solo di soddisfare il loro bisogno di relazione e di compagnia ma, quando il desiderio dell’altro si fonda sul proprio bisogno di gratificazione, l’altro diventa un prolungamento di sé e le persone non arricchiscono con il dono della loro diversità.

Altri amano senza cercare gratificazioni, magari per superare o evitare i conflitti della vita. Credono che la loro dedizione sia generosità, come quella di chi non si cura che la sua sinistra sappia quello che fa la sua destra (cf. Mt 6,3), ma anche la loro relazione è bloccata, perché non arrivano  ad esprimere se stessi né ad arricchire gli altri.

 

1Gv 4,7-10 presenta l’amore di Dio e Gv 15,19-27 presenta l’amore di Gesù.

Giovanni esprime qui le cose profonde esperimentate nell’amore privilegiato con Gesù e nella pienezza della fede raggiunta accanto a lui. Egli chiama i cristiani “amati” (1Gv 4,7.11); si rivolge a persone che sanno di essere amate da Dio e che vivono nel suo amore, quello indicato nei testi che meditiamo. Egli fa appello al cuore e richiama alla coscienza di essere consacrati in un’alleanza che è generata dall’amore di Dio e vive dell’amore. Infatti, amare è possibile partendo dall’esperienza di essere amati. Il discepolo di Gesù, divenuto figlio di Dio, può sempre contare sul suo amore e vivere una relazione intima con lui. Giovanni può descrivere l’amore di Dio grazie alla sua amicizia profonda con Gesù e alla fede che egli ha raggiunto accanto a lui.

Nella misura in cui il Padre e Gesù riversano l’amore nel loro cuore ed essi lo accolgono, i credenti possono partecipare all’amore divino e raccontare con gioia l’amore cristiano.

 

1Gv 4,7-10

 

 7 Amati,

amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio

e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio.

8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.

9 In questo si è manifestato l'amore di Dio fra noi:

Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio, l’unigenito,

perché noi viviamo per mezzo di lui.

10 In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio,

ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio

come sacrificio di espiazione per i nostri peccati.

 

 11 Amati,

se Dio ci ha amato così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.

12 Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri,

Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi.

Gv 15, 9-17

 

9 Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi.

9 Rimanete nell’amore quello mio.

10 Se osserverete i miei comandamenti, rimanete nel mio amore,

come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

11 Questo vi ho detto perché la gioia quella mia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

12 Questo è il comandamento, quello mio:

che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.

13 Nessuno ha amore più grande di questo:

che qualcuno ponga la sua vita per i propri amici.

14 Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando.

15 Non vi chiamo più schiavi, perché lo schiavo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.

16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti

perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga;

perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

 

Vediamo i tratti fondanti e il cammino dell’amore secondo questi scritti di Giovanni.

 

1   Dio e l’amore

 

1Gv 4,8 Dio è amore.

 

E’ il nome di Dio più bello. Amore di pura grazia che vivifica e rende amabili.

Il Padre è amore. Chi si sente amato da lui lo riconosce come amore. “Dio nessuno lo ha visto mai; l’Unigenito di Dio, quello che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1,18).

Colui che è nel seno del Padre è la Parola che è verso di lui (Gv 1,1), è colui che si sente il figlio suo, l’amato (Mt 3,17; 17,59; Lc 3,2). Egli riconosce colui che lo ama e lo rivela.

Gesù è amore. Il discepolo che egli ama lo conosce.

Il suo amore è come quello del Padre. Quello che Gesù dice di sé in Gv 15,9-17 è realizzazione di quello che 1Gv 47-10 rivela sull’amore di Dio.

La relazione tra il Padre e il Figlio è amore; consiste nell’essere amati e nell’amare. 

 

1Gv 4,7 L'amore è da Dio.

1Gv 4,10 Non noi abbiamo amato Dio, ma lui ha amato noi.

 

Dio è creatore e ogni vita proviene da lui.

Dio è padre. Il suo amore è all’origine di ogni altro; è come l’amore che i genitori riversano nei figli; il loro amore genera nei figli la capacità di amare.

Chi è coscienti che è bello (Gen 1,31) essere amati da Dio si decide per l’amore.

Coltivare la percezione di essere amati è attingere alla fonte della vita e rende possibili la riconoscenza, la benedizione e il desiderio dell’alleanza  e della riconciliazione.

Chi si lascia amare da Dio lo incontra nella creazione, nella varietà e ricchezza delle relazioni del “paradiso”, che è “bello” abitare con il Signore (cf. Gen 2,8; 3,8).

Quando l’amicizia si rompe, Adamo e sua moglie si nascondono dal volto del Signore.

Le relazioni della vita sono belle quando vivono della relazione fondante, quella con Dio, e il suo amore fluisce in loro.

 

2   La natura dell’amore.

 

In che cosa sta l’amore, quello vero? Lo vediamo da come si manifesta l’amore di Dio.

Giovanni presenta tre percorsi dell’amore divino.

 

2.1  Consegnare la vita.

 

1Gv 4,10  In questo è l'amore: che Dio ha mandato il suo Figlio come sacrificio di espiazione (ilasmon) per i nostri peccati.

Gv 15,13 Nessuno ha amore più grande di questo: che uno ponga la sua vita per i propri amici.

 

Se l’amore è da Dio noi lo possiamo comprendere da come egli ci ama.

Dio “consegna” la sua vita all’altro perché viva di essa. Consegnare la vita significa rischiarla nella relazione, gioire e soffrire di essa, guadagnarla o perderla in essa.

Dio fa ogni uomo e donna a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26) e nella pienezza dei tempi fa figli suoi coloro che hanno fede in Cristo e lo accolgono come primogenito di molti fratelli (cf. Rm 8,29). Dio mette a disposizione dei suoi figli la sua vita.

Anche Gesù dà la sua vita per amore e il suo martirio rimette in circolazione l’amore.

La sua esistenza, vissuta per amore al Padre e a noi, è sacrificio di espiazione, offerta gradita al Padre, capace di renderlo benevolo verso di noi. L’espressione sacrificio di espiazione (ilasmon) deriva da ilaskomai e significa rendere benevoli.

La vita viene dalla vita di altri e alimenta la vita di altri. Il dono dell’amore è capace di purificarla ed elevarla immettendola dentro il fiume grande dell’amore di Dio.

Chi ama fa unità di vita e quindi acquisisce l’altra vita nella propria dinamicità affettiva; allora i due fanno una carne sola e la vita persa viene ritrovata nell’unità.

 “Chi ha perduto la sua vita a causa mia la troverà” (Mt 10,39).

E’ questa la causa per cui Gesù è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto (Lc 15,4).

 

2.2  Amare fino alla fine.

 

Gesù, avendo amato i suoi, quelli nel mondo, li amò fino alla fine (Gv 13,1).

Dio manda il Figlio nel mondo, perché ami fino alla pienezza possibile all’uomo che è quella di porre la sua vita per gli amici e di conoscere la morte per amore (Gv 15,13).

Quello che Gesù vive nella sua carne è fatto proprio dal Figlio e dal Padre grazie alla loro comunione di vita con Gesù. In Gesù dunque Dio consegna la propria vita per amore.

E’ questa la pienezza dell’amore di Dio che redime e santifica la creazione.

Il sacrifico di Gesù che nell’eucaristia diventa anche l’offerta di tutta la Chiesa è memoria e comunione delle morti che generano vita, perché vissute per amore.

 

2.3  Vivere per mezzo dell’altro.

 

1Gv 4,9 In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi:

         Dio ha mandato nel mondo suo figlio, l’unigenito, perché noi viviamo per mezzo di lui.

Il creatore impegna la sua vita perché tutte le creature vivano di essa.

Gesù consegna la sua vita perché noi viviamo. “Io sono la vite, quella vera, e il Padre mio è l’agricoltore. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla (Gv 15,1.5)”. “Siamo membra del suo corpo” (Ef 5,30).

Siamo edificati come pietre vive per mezzo di Cristo come tempio spirituale per una sacerdozio santo (cf. 1Pt 2,5).

Dio dunque consegna il suo figlio a noi, perché noi partecipiamo alla sua vita e in lui diventiamo suoi figli in virtù dell’amore che egli ha riversato nel Figlio e, tramite lui, in noi.

 

Il nostro amore riflette la stessa natura dell’amore di Dio.

Amati da Dio diamo a nostra volta la vita perché altri vivano.

I genitori, quando hanno cresciuto i figli che hanno generato, hanno speso la loro vita.

I figli sono la ragione della loro vita, la loro gioia, la loro trepidazione e la loro speranza.

Dio manda il Figlio nel Verbo per generare la sua famiglia. A quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12).

Questo amore è altra cosa dal buonismo che permea oggi le relazioni umane e religiose e che spaccia l’egoismo per amore e atrofizza il dono di sé.

L’esortazione di Gesù a saper consegnare la vita per le persone che si amano traduce l’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito e rende capaci di amare come Dio ama.

Questo stile di vita è reso possibile a noi perché “l’ amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo, quello che è stato donato a noi” (Rm 5,5).

 

3   Le esigenze dell’amore

 

L’amore domanda la fedeltà. L’alleanza che nasce dall’amore dura per sempre.

Un bambino rimane nel seno materno finché si compie il tempo del parto.

Due fidanzati si impegnano nel matrimonio finché il loro progetto sarà compiuto.

Anche chi fa una costruzione o affronta un nemico calcola prima se ha le forze per portare a termine l’opera (cf. Lc 14,28-32).

 

Gv 4,10 Se osserverete i miei comandamenti, rimanete nel mio amore,

come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

 

Nei nostri testi biblici la fedeltà è chiamata “rimanere nell’amore”.

Gesù dice che rimane nell’amore del Padre e chiede ai discepoli di rimanere nel suo.

Si tratta di adempiere un’esigenza che l’amore porta n sé.

Il prologo al vangelo di Giovanni esprime così la relazione tra il Padre e il Figlio.

Dio fa tutte le cose per mezzo della Parola. Ciò che fa è vita ed essa è luce degli uomini. La Parola è la luce, quella vera, che illumina ogni uomo.

Coloro che accolgono la luce vera sono generati da Dio (Gv 1,1ss).

 

Il Padre coinvolge il Figlio in un progetto d’amore in cui il Figlio è parte indispensabile.

Questo progetto viene compiuto per amore del Padre che lo genera e per l’amore del Figlio che lo accoglie e lo realizza. L’amore di Dio porta in se stesso un disegno, un comandamento, un’esigenza, un desiderio profondo che non può essere tradito.

E’ esigenza perché è una cosa necessaria perché l’amore si compia.

Gesù osserva il comandamento del Padre fino a donare la propria vita per gli uomini.

Il suo amore per gli uomini, contiene a sua volta, per i discepoli l’impegno di rimanere nel suo amore. Il comando di Gesù è che i discepoli si amino fra loro come lui li ha amati.

Così il mondo può credere e il disegno dell’amore universale amore di Dio può compiersi.

 

Di questo modo di amare troviamo tracce vive nella vita umana.

Nessuno si sposa o genera figli senza un sogno ed esso attende il compimento dalla risposta generosa di chi viene amato. Anche Gesù può compiere il comandamento del Padre se viene onorato del sì dell’umanità al suo dono d’amore.

I comandamenti sono spesso presentati come legge e legati all’immagine di un Dio padrone che premia e castiga e che decide la nostra vita.

Essi sono invece espressione dell’amore che Dio ha per noi e appello al nostro libero “amen” perché l’amore si compia.

I comandamenti di Dio non sono solo quelli elencati nel decalogo ma anche quelli indicati dal vangelo. Essi non appartengono solo alla morale ma anche alla fede.

Alla fine della sua vita terrena Gesù insegna ad amare come lui ha amato (Gv 15,12).

Il regno dei cieli è opera del Padre, del Figlio e di tutti quelli che sono parte di esso.

La volontà di Dio non è esterna all’uomo ma è creativa e domanda il sì dell’uomo.

Fare la volontà di Dio è rendere possibile che l’amore di Dio ci rigeneri e stabilisca tra di noi un legame fraterno di origine e natura divina. “Chiunque fa la volontà di Dio che è nei cieli questi è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,50).

 

4   I frutti dell’amore

 

4.1  L’amore genera la conoscenza.

 

La teologia porta a una conoscenza razionale, perché pensa Dio in categorie filosofiche. L’esperienza dell’amore permette di conoscerlo nella comunione di vita.

Dio è amore e quindi si dà a conoscere di persona; è come lampada, quella ardente e splendente, nella cui luce i figli si rallegrano (cf. Gv 5,35).

 

1Gv 4,7 Chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio.

          8 Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.

Gv15,15 Non vi chiamo più schiavi, perché lo schiavo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.

 

Chi ama nasce da Dio, perché è espressione del suo amore e quindi riceve la vita da lui.

Chi ama è reso capace di amare dall’esperienza dell’amore di Dio. La sua vita è da Dio.

Una relazione così intima e coinvolgente genera la conoscenza reciproca.

Anche nella famiglia la conoscenza reciproca dipende dal modo di amare delle persone.

Accade così tra madre e figlio, tra maestro e discepolo e tra amico e amico (Gv 15,15).

Il Padre dice al Figlio tutto se stesso, lo tratta da confidente. Noi abbiamo udito da Gesù quello che egli ha ricevuto dal Padre. L’amore genera l’intimità e l’attività, i percorsi vitali.

Chi invece è estraneo al mondo affettivo di una persona ignora la cosa più bella di lei, come il servo con il padrone.

4.2  L’amore genera la fraternità.

 

L’amore divino in noi ci porta a una relazione nuova anche con il prossimo.

 

1Gv 4,11 Se Dio ci ha amato così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.

           12 Se ci amiamo gli uni gli altri,l'amore di lui è perfetto in noi.

Gv 15,12 Questo è il comandamento quello mio: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.

           17 Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

 

La relazione con Dio è mediata dalla relazione che il prossimo ha con noi.

Dio mi ama nelle persone che si fanno prossime a me, come i familiari e gli amici.

Quando l’amore porta a preoccuparsi per l’esistenza dell’altro e ad essere responsabili degli uomini, fino ad farsi vicari di espiazione per loro, noi amiamo Dio che è Padre di tutti.

In un mondo che massifica l’uomo, lo diminuisce e lo degrada, i credenti sono segno che Dio ama l’uomo e lo porta alla piena realizzazione. 

“Lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi” (Sal 8,6-7).

L’amore di Dio è legato al nostro amore reciproco, alla nostra capacità di essere per gli altri e di farci vulnerabili e coraggiosi per affermare la dignità degli uomini.

 

4.3  L’amore genera la gioia.

 

Gv 15,11 Questo vi ho detto perché la gioia quella mia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

 

La gioia è frutto di un’esperienza positiva. L’esperienza dell’amore divino è la più grande possibile all’uomo e quindi porta alla gioia più grande.

La Bibbia cita, tra le altre, le esperienze seguenti.

La gioia per una nascita desiderata (Gv 16,21); di attingere acqua (Is 12,3); di essere salvato (Is 51,14).; di andare nella casa del Signore (Sal 112,1) e di incontrare il Risorto (Lc 24,52), della riconciliazione (Lc 15,7).

La mia gioia è nel Signore (Sal 104,34), è servire il Signore (Sal 100,2).

In cambio della gioia Gesù si sottomise alla croce (Ebr 12,2).

La felicità dell’uomo sta nel rimanere nell’amore di Dio.

 

5  I punti di forza dell’amore

 

Gv 15,16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti

perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga;

perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

 

I punti su cui poggia il cammino dell’amore sono i seguenti.

 

5.1  Scegliere.

 

La scelta di amare esprime la libertà e la responsabilità e il loro farsi dono.

Scegliere ed essere scelti stanno all’inizio dell’amore e lo animano.

Dio sceglie per primo e rende possibile la nostra scelta.

Gesù fa notare ai discepoli che sono scelti da lui.

L’amore dei discepoli che lasciano tutto e lo seguono è una risposta e insieme una scelta.

 

5.2  Costituire

 

Essere costituiti significa essere resi capaci di compiere ciò che l’amore esige.

 

  • Dio ci costituisce capaci di andare.  

Come andare al mondo se siamo mondo? Dio ci costituisce nel divino, così che siamo nel mondo ma non del mondo, forestieri al mondo, perché cittadini del regno dei cieli.

Noi siamo ancora tra i vivi ma i nostri nomi sono scritti nei cieli (Lc 10,20).

 

  • Dio ci costituisce capaci di portare frutto.

Il discepolo per portare frutti di vita eterna deve essere unito alla vite, quella vera; senza di essa non si può fare nulla (cf. Gv 15,1ss). I frutti che contengono la vita eterna rimangono.

 

  • Dio ci costituisce capaci di chiedere ed ottenere.

Il figlio ha il diritto di chiedere ai genitori quello che non può procurarsi da solo.

Il figlio di Dio ha accesso alla fonte della vita, perché può contare in colui che ci ha posto nelle mani del Figlio perché non andassimo perduti.

La coscienza di essere scelti e costituiti da Gesù e di poter contare sull’aiuto divino permette di rimanere di fronte alle difficoltà. Se la scelta fosse nostra potremmo pensare di aver sbagliato a fidarci (Ger 20,7); se non possedessimo la forza di Dio verremo meno nell’ora della tentazione (Mt 12,29); se non potessimo chiedere aiuto ci sentiremo perduti (cf. Mt 8,25).

Il giogo del Signore è buono e il peso leggero quando siamo come lui miti ed umili di cuore, quando cioè il nostro amore vive dell’amore di Dio (cf. Mt 11,29.30).