LA
CROCE, CONSEGNA SOFFERTA E FECONDA
Ritiro di
Pasqua
Nella
pasqua di Gesù avviene una serie di consegne drammatiche, che
manifestano l’esistenza come odio e amore, morte e vita.
Esse
svelano il cuore di Dio e dell’uomo, l’amore di Dio e la
risposta degli uomini.
1
Consegne operate dall’uomo.
Gli
uomini consegnano Gesù alla morte.
·
Giuda
consegna Gesù, l’amico, agli avversari. “Allora Giuda
Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare
loro Gesù” (Mc 14,10).
Amicizia
è consegnare se stesso all’amico. Gesù consegna ai suoi amici
tutto quello che ha udito dal Padre, tutto se stesso (Gv 15,15).
Odio è consegnare l’amico alla dispersione. Giuda risponde
consegnando Gesù alla morte.
·
Il
Sinedrio, custode e rappresentante dell’alleanza, consegna Gesù
al rappresentante di Cesare, presentandolo come bestemmiatore.
“Al
mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto
il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù,
lo condussero e lo consegnarono a Pilato” (Mc
15,1).
Il
testo indica le persone (sacerdoti, anziani e scribi), la
rappresentanza (il sinedrio)
e la decisione sinodale (dopo aver tenuto consiglio).
Gesù
è venuto a rivelare la verità di Dio sul mondo. I rappresentanti
della religione dicono che egli bestemmia di Dio. La religione si
allea con la politica, per contrastare il regno di Dio annunciato
da Gesù come presente e in crescita. Da una parte l’amore di
Dio realizza le promesse e dall’altra Israele contrasta il loro
compimento.
·
Pilato
consegna Gesù perché venga crocifisso.
Pilato
è convinto dell’innocenza del prigioniero; infatti dice: “Che
male ha fatto?” (Mc
15,14). Pilato cede alla folla, per salvarsi dall’intrigo
in cui le autorità religiose lo pongono. “Dopo aver fatto
flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso” (Mc
15,15).
La
politica, che deve onorare l’innocenza e la giustizia, le mette
in croce per non inimicarsi l’autorità religiosa.
·
La
folla in alcune occasioni era stata l’estrema difesa di Gesù
perché l’autorità religiosa non metteva a morte Gesù per
paura della folla, che lo riteneva un profeta (Mt 21,45).
Durante
la passione, persuasa dall’autorità, reclama la morte di Gesù
(Mt 27,20).
Gesù,
abbandonato da tutti, rimane fedele a Dio e vive l’esodo da sé
e l’amore fino alla fine. La morte di Gesù è una delle tante
morti ingiuste della storia, che rivela come l’umanità
abbraccia non la vita ma la morte, perché un innocente è
ucciso dall’ingiustizia del mondo. In quest’ora gli uomini
calpestano i valori più preziosi della vita.
Possiamo
dire che la tragedia si consuma nella notte del mondo. Dopo che
hanno mangiato il boccone di Gesù, cioè la primizia del regno,
satana entra nel cuore degli uomini (Gv 13,26-30).
2
Consegne operate da Dio.
La
comunità cristiana nascente, segnata dall’esperienza
pasquale, legge la parola e la vita di Gesù alla luce delle
Scritture e comprende alcune
misteriose consegne da parte di Dio, segni del suo amore senza
confini per l’umanità e la creazione.
2.1
Il Padre consegna il Figlio.
In
principio il Verbo era pros ton
Jeon
e tutto è stato fatto per mezzo di lui (Gv 1,1-2).
Per
Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente,
nell’unità dello Spirito santo ogni onore e gloria per tutti i
secoli dei secoli (preghiera eucaristica).
Il
Padre vive per il Figlio e questi per il Padre. Essi sono una cosa
sola (Gv 17,11).
Che
cosa fa il Padre quando viene l’ora di Gesù? Gesù rivela che
“Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle
mani degli uomini e lo uccideranno” (Mc
9,31 e par.).
A
consegnarlo non sono gli uomini, perché viene consegnato
nelle loro mani, né è lui a consegnarsi, perché il testo dice
che è lui che viene consegnato.
Chi
lo consegna è Dio, suo Padre. Egli, come scrive Paolo, “non ha
risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per
tutti noi” (Rm 8,32). Che valore ha questa consegna?
La
Scrittura dice: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo
trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo
diventare per mezzo di lui giustizia di Dio”.
Il
Padre dona il Figlio perché ci ha predestinati ad essere conformi
all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito fra
molti fratelli (cf. Rm 8,29).
Il
Padre compie in Gesù il suo disegno di amore, costruire la grande
famiglia che Gesù è venuto ad annunciare e a formare. Gli uomini
rispondono all’amore di Dio uccidendo Gesù.
La
consegna del Padre è già significata e profetizzata nel sacrificio
che Abramo fa di Isacco suo figlio “unigenito” (cf. Gen
22,12).
2.2
Il Figlio consegna se stesso.
Paolo
afferma: “Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del
Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso
per me” (Gal 2,20). Il Figlio si consegna a Dio quando mette la
volontà del Padre prima della sua (cf. Lc 22,42).
Il
Figlio si consegna per amore nostro.
Quando
istituisce l’eucaristia dice: “Questo è il mio corpo, quello
consegnato per voi” (Lc 22,19). L’eucaristia è nel tempo e
nello spazio segno della consegna continua che Dio fa di sé.
Sulla croce Gesù chiede perdono al Padre per coloro che lo
mettono a morte, “perché non sanno cosa fanno” (Lc 23, 34).
C’è
dunque urgenza che si compia il mistero che l’uomo non
comprende.
Attraverso
questa consegna il Crocifisso prende su di sé il carico del
dolore e del peccato del mondo, come Dio aveva fatto suo il dolore
degli ebrei in Egitto, entra fino in fondo nell’esilio proprio
dei peccatori come il popolo ebreo era entrato nel deserto, un
esilio rispetto all’Eden cui era destinato. Gesù porta il suo
popolo nella nuova alleanza pasquale di cui quella dell’AT era
primizia e profezia.
Paolo
scrive: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della
legge, diventando lui stesso maledizione per noi, come sta
scritto: Maledetto chi pende dal legno, perché in Cristo Gesù la
benedizione di Abramo passasse alle genti e noi ricevessimo la
promessa dello Spirito mediante la fede” (Gal 3,13s).
La
benedizione ad Abramo come quella alla prima copia e alla
creazione passa al popolo mediante la consegna che Gesù fa di se
stesso
Il
grido di Gesù morente: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai
abbandonato?” (Mc
15,34) è il segno dell’esilio che il Figlio ha visitato
per assumere la sofferenza del mondo e portarlo alla patria
promessa dal Padre.
2.3
La consegna dello Spirito.
L’evangelista
Giovanni scrive che Gesù: “Chinato il capo, consegnò lo
Spirito” (Gv 19,30).
Secondo
Eb 9,14, è una consegna sacrificale. È con uno Spirito eterno
che il Cristo offrì se stesso senza macchia a Dio”.
La consegna di Gesù non è senza lo Spirito.
Il
Crocifisso consegna al Padre lo Spirito-Amore che aveva ricevuto
da lui. Perché?
Notiamo
che il Crocifisso, dopo aver consegnato l’amore, resta
abbandonato, nella lontananza da Dio e nella compagnia con i
peccatori.
Nella
consegna dello Spirito Santo al Padre si consuma l’abbandono del
Figlio da parte del Padre e si rende possibile il supremo esodo
del Figlio nell’alterità del mondo, il suo divenire
“maledizione” nella terra dei maledetti.
Se
Gesù non consegnasse lo Spirito o se lo Spirito non si lasciasse
consegnare l’ora delle tenebre diventerebbe una oscura morte di
Dio le tenebre
vincerebbero la luce.
Quando
il Figlio diventa “abbandonato” dal Padre in pratica viene
annoverato tra i peccatori e viene trattato da peccato” (2
Cor 5,21).
Quando
egli nella risurrezione riceve nuovamente lo Spirito realizza il
mistero nascosto nei secoli; quando compie la consegna dello
Spirito-Amore, in risposta obbedienza alla consegna-amore del
Padre, allora si compie l’alleanza nuova scritta nel cuore del
popolo e diventa un amore senza confini (cf. Ger 22, 31-34).
Nell’ora
della croce il figlio diventa altro dal Padre e si fa solidale con
i peccatori.
Il
Figlio è come diviso in due dalla morte e dal peccato.
Il
Figlio è vicino a noi e con noi, Emmanuele solidale con i
peccatori, che consente ai lontani di aprirsi la via dall’esilio
verso la patria della comunione trinitaria.
Il
Figlio cresciuto alla massima misura possibile all’uomo, è
nelle mani del Padre.
La
croce crea una situazione di disagio esistenziale, sofferenza,
incompletezza e attesa.
Si
crea una situazione crepuscolare. E’ l’ora di invocare con
insistenza Dio: “Rimani con noi perché ormai è sera ed è
declinato già il giorno” (Lc 24,29).
Il
secondo giorno, quello della creazione avvinta dal peccato, si
chiude in attesa del terzo giorno, quando Dio si alza nella sua
potenza e distende il suo braccio santo.
La
croce proclama che Gesù non muore perché l’uomo viva della
vita di Dio, il terzo giorno. La morte di Dio in cui Dio cede
all’egoismo dell’uomo è una bestemmia; la morte che provoca
la vita eterna dell’uomo è la buona novella.
Per
mezzo della croce l’umanità dispersa finisce l’esilio ed
entra nella terra promessa.
L’ora
della separazione rimanda a quella della riconciliazione, la morte
al trionfo della vita.
Il
venerdì santo segna l’alterità del Figlio dal Padre, che si
consuma nella dolorosa consegna dello Spirito, l’ora del Padre
che abbandona il Figlio trattandolo da peccato, l’esodo da sé
senza ritorno di Gesù, il suo discendere agli inferi, cioè il
farsi solidale con tutti quelli che furono, sono e saranno
prigionieri del peccato e della morte.
Nell’unità
del mistero pasquale tutto è orientato a quello che Dio genererà.
3
Intersecarsi delle consegne.
La
consegna è duplice, quella compiuta dall’uomo e quella compiuta
da Dio.
La
consegna fatta dall’uomo manifesta il suo peccato, la sua
fragilità e la sua ignoranza del mistero di Dio, del valore della
vita umana e della creazione stessa.
Fidandosi
solo di se stesso l’uomo finisce con il tradire se stesso escludendosi dal compiersi della promessa di Dio.
La
consegna fatta da Dio si avvale della sua sapienza e della sua
potenza creatrice.
Egli
è colui che crea nell’uomo un cuore nuovo e gli dona il suo
spirito che rende possibile in lui la santità, la fortezza e la
generosità (Sal 50,12).
Si
rivela così la profondità del suo amore per gli uomini.
“In
questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui
che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati” (1Gv
4,10).
Dio
manifesta nella croce la gravità del peccato del mondo, ma anche
la potenza del suo amore misericordioso. Come ha insegnato Gesù:
“Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i
propri amici. Voi siete miei amici” (Gv 15,13). Gesù che ha udito
dal Padre il mistero del suo amore lo fa conoscere a noi
nell’alto della croce, quando Dio esalta colui che era umiliato,
dandogli il nome che è al di sopra di ogni nome (Fil 2,5-11).
Gesù
mentre è consegnato dall’uomo, si consegna.
La
consegna umana acquista l’intensità attiva datale da Gesù:
diventa consegna salvifica.
Come
si incontrano la consegna di Dio e dell’uomo?
Sul
piano della storia è l’uomo che inizia la sua consegna e
consuma il suo peccato.
Sul
piano del Regno che si compie viene prima la consegna di Dio. Essa
infatti era nascosta nei secoli e si è manifestata quando Dio, ha
cambiato di segno la consegna fatta dagli uomini inserendovi la
propria. Allora l’umiliazione di Gesù sveste il suo carattere
di peccato e veste il carattere dell’amore divino, che purifica
dal peccato e crea l’alleanza nuova nella risurrezione.
4
La sofferenza.
La
consegna di sé nell’amore fino alla fine genera un turbamento
profondo dell’esistenza umana. I teologi parlano anche della
sofferenza di Dio.
Quali
dinamiche manifesta la sofferenza?
La
cultura greca e latina ritiene che sia possibile solo una
sofferenza passiva, una sofferenza subita. Essa è una
imperfezione e quindi non si addice a Dio che è perfetto.
La
mentalità cristiana ammette un dolore attivo e scelto,
espressione della pienezza dell’amore. Il Dio cristiano non è
fuori della sofferenza del mondo, spettatore impassibile di fronte
ad essa.
Egli
fa propria la sofferenza delle sue creature per rendere possibile
in loro la vita nuova.
Gesù
lo annuncia esplicitamente quando si avvicina la passione e
nell’orto degli ulivi.
Egli
esprime il disagio esistenziale con queste parole: “Ora
l’anima mia è turbata. Che cosa dirò? Liberami da quest’ora?
Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27-28).
“La
mia anima è triste fino alla morte. Padre mio, se è possibile,
passi da me questo calice! Però non come voglio io ma come vuoi
tu” (Mt 26,36).
La
preghiera di Gesù al Padre “glorifica il tuo nome” riceve
questa risposta dal cielo: “l’ho glorificato e di nuovo lo
glorificherò!”. Il nome padre dice fecondità.
Dio
glorifica il suo nome quando sceglie di essere fecondo in Gesù,
cioè di innalzarlo.
E’
allora infatti che Gesù attira tutti a sé e diventa il
primogenito di molti fratelli.
La
sofferenza della croce non ha valore in sé ma in quello che Dio
compie attraverso di essa. Il volto del crocifisso non mette in
risalto la sofferenza ma la gloria del Padre.
Gesù
non sceglie la sofferenza ma la fecondità e la libertà di donare
se stesso.
L’amore
di Gesù non si ferma alle parole, non fa calcoli, non pone
confini o condizioni e non
conosce misure. Gesù propone ai suoi discepoli il vivere
esigente.
“Se
qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua
croce e mi segua” (Mc 8,34). La spiritualità dell’Innalzato
qualifica la vita cristiana.
Geremia
dice che Dio concluderà una nuova alleanza, che scriverà nel
cuore dell’uomo, dopo averlo perdonato e rigenerato. Sarà la
conoscenza diretta e l’amore perfetto.
Se
un amministratore fa il bilancio della sua azienda e lo trova in
profondo rosso non può che dichiarare fallimento. Dio ha altre
possibilità: può invertire i segni davanti alle cifre, mettere
il più dove c’è il meno. Dove è scritto peccato Dio scrive
perdono, dove c’è morte scrive vita, dove c’è sofferenza
scrive fecondità. Il bilancio risulta tutto positivo, senza
essere un falso, perché Dio ha creato una situazione esistenziale
nuova.
Paolo
scrive ai Romani: “La creazione nutre la speranza di essere
liberata dalla schiavitù della corruzione verso la libertà della
gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la
creazione geme insieme e soffre insieme le doglie del parto fino
ad ora; essa non è la sola ma anche noi, che abbiamo la primizia
dello Spirito, gemiamo insieme aspettando ansiosamente
l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rm 8,
20-23).
La
nascita della nuova vita comporta dedizione e sofferenza.
Dal
Venerdì Santo noi sappiamo che le sofferenze umane rimandano al
Dio cristiano.
Egli
soffre con l’uomo e lo rende capace di soffrire per amore.
Dio dà senso alla sofferenza del mondo, perché la
assume a tal punto da far fiorire la vita.
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