LA
CROCE, PARTO ALLA VITA
Ritiro di avvento
1 Dio viene.
In
Ap 1,4 sta scritto: «Pace da colui che è, che era e che viene».
Il
terzo verbo è “venire” invece che “essere”ed è al
presente invece che al futuro.
C’è
una differenza significativa tra “colui che è, che era e che
sarà” e “colui che è, che era e che viene“
“Colui
che è, che era e che sarà” esprime la mentalità greca e la
cultura dell’occidente. Essa ritiene che passato, presente e
futuro esprimono la pienezza del tempo e l’eternità.
Dio
è nell’eternità e abita i cieli mentre l’uomo è nel tempo e
abita la terra.
La
religione, che esprime l’incontro tra Dio e il popolo, consiste
in uno scambio di doni: il popolo dà a Dio adorazione e
obbedienza e Dio dona perdono e benedizione.
La
religione mette in contatto Dio con l’uomo ma manifesta anche la
diversità e la lontananza tra Dio e popolo. Dio resta sempre nei
cieli, irraggiungibile nella sua santità e l’umanità resta
sulla terra, entro il limite della sua natura e della creazione.
E’
la prospettiva di tutte le religioni naturali.
Teologia
e spiritualità sviluppano l’idea di obbedienza ai comandamenti
o alla via indicata da Dio e l’idea della riammissione nel paradeisos
(giardino) perduto, come premio
all’impegno religioso e morale dei credenti.
“Colui
che è, che era e che viene“ esprime la mentalità biblica e la
cultura dell’oriente.
La
bibbia racconta il Dio che viene nel mondo per costruire
un’alleanza insieme con l’uomo e l’accoglienza che l’uomo
riserva a lui e al suo progetto. Dio e l’uomo sono coinvolti in
una trasformazione che cambierà la realtà attuale in una nuova.
Dio
è il veniente (ercomenos).
Le tappe salienti del suo venire sono le promesse che egli ha
fatto, l’incarnazione del Figlio e il dono dello Spirito.
L’alleanza impegna Dio e il popolo nella comunione della vita e
dei beni. Dio diventa padre degli uomini ed essi formano in Cristo
e per opera dello Spirito la nuova famiglia di Dio. I frutti non
sono ancora maturi ma l’alleanza cresce perché Dio “viene”
verso gli uomini e cambia la storia, qualunque sia la loro
risposta. il Regno si rivelerà al tempo della mietitura e sarà
festa eterna.
Teologia
e spiritualità educano ad accogliere il venire di Dio, a fare con
lui una comunione di vita e ad annunciarla agli uomini.
2 Le Scritture rivelano
la venuta di Dio.
2.1 Dio viene nelle promesse.
Le
promesse di Dio aprono un futuro che egli vuole costruire con
l’uomo.
La
fede mette in cammino. L’alleanza con Dio genera eventi di
salvezza.
Eden,
Dio passeggia nel giardino e interpella Adamo (Gen 3).
“Udirono
la voce del Signore Dio, che passeggiava nel giardino al tramonto
e si nascosero, sia Adamo che sua moglie, dal volto di Dio, in
mezzo agli alberi del giardino”.
Il
testo presenta il paradiso al tramonto e Dio che viene a vedere, a
parlare all’uomo e a promettere la salvezza (Gen 3,15). L’uomo
ha paura del Dio che viene, perché si sente nudo davanti a lui,
come davanti ad un estraneo (Gen 3, 10).
Lungo
la storia Dio continua a passeggiare nel giardino e lo crea di
nuovo redimendolo, con la prospettiva di costituire il suo regno
eterno e la sua inabitazione nel creato.
Carran,
Dio promette ad Abramo una terra e una discendenza (Gen 12).
Il
Signore disse ad Abramo: “Esci dalla tua terra e dalla tua
parentela e dalla casa di tuo padre verso la terra che ti mostrerò.
E farò di te una nazione grande e ti benedirò e magnificherò il
tuo nome, e sarai benedetto. E benedirò quelli che ti benedicono,
e quelli che ti maledicono maledirò; e saranno benedette in te
tutte le tribù della terra”.
E
partì Abramo come gli aveva ordinato il Signore (Gen 12,1-4).
Dio
chiede ad Abramo di lasciare tutto per lui e Abramo obbedisce
aspettando da Dio, nel futuro, la terra e la fecondità che ora
gli mancano.
Oreb,
Mosè va alla conquista della terra e della libertà
nell’alleanza con Dio (Es 3).
Dio
dice a Mosè dal roveto: «Io sono il Dio di tuo padre, Dio di
Abramo e Dio di Isacco e Dio di Giacobbe» (Es 3,6). Si presenta
come il Dio dei suoi padri, il Dio della storia.
Non
chiede a Mosè di rimanere sull’Oreb ma lo manda a condurre il
suo popolo verso la terra che egli gli promette e verso la libertà,
che raggiungerà nella alleanza con lui.
Essa
è alternativa all’alleanza con l’Egitto, che si è rivelata
causa di povertà e schiavitù.
Dio
lo precede come colonna di nube durante il giorno e colonna di
fuoco nella notte.
Dio
entra nelle relazioni che fanno la storia. La storia non è un
abitare ma un pellegrinare verso il futuro reso possibile
dall’alleanza feconda con Dio. Dio non è il Dio della montagna
o del tempio, ma colui che, camminando davanti al popolo, gli apre
il cammino.
Gerusalemme,
Dio costruisce la casa a Davide (2 Sam 7).
Dio
per mezzo di Natan dice a Davide: “Forse tu mi costruirai una
casa, perché io vi abiti? Ma io non ho abitato una casa da quando
ho fatto uscire gli Israeliti dall’Egitto fino ad oggi; sono
andato camminando sotto una tenda, in mezzo agli Israeliti.
Te
poi il Signore farà grande, poiché una casa farà a te il
Signore.
Quando
i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io
assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere e
renderò stabile il tuo regno” (2 Sam 7,5-6.11-13).
Dio
non abita una casa fatta dall’uomo ma prepara una regno in cui
l’uomo abiterà con lui, mediante Gesù, discendenza di Dio e di
Davide, figlio di Dio e dell’uomo.
2.2 Dio viene
nell’incarnazione.
Gesù
“cresceva in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e agli
uomini” (Lc 2,52).
Con
lui cresceva il regno di Dio.
Pietro
dopo la Pentecoste presenta Gesù con le parole seguenti.
“Gesù
di Nazaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di
miracoli, prodigi e segni che Dio stesso operò fra voi per opera
sua, come voi ben sapete – dopo che, secondo il prestabilito
disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l’avete
inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso.
Ma
Dio lo ha resuscitato avendo sciolto le doglie della morte, perché
non era possibile che questa lo tenesse in suo potere” (At
2,22-24).
Dio
opera in Gesù, lo libera dall’umiliazione della morte e lo
veste di gloria.
Il
Dio di Gesù è nei cieli, nell’universo. Con l’incarnazione
il regno dei cieli si è avvicinato alla terra (Mt 4,7), è vicino
(Mc 4,17), è in mezzo a noi (Lc 17,21).
La
preghiera insegnata da Gesù rivela un Dio familiare a noi (Mt
6,9-13).
Il
suo nome è Padre e sarà santificato, il suo regno verrà e la
sua volontà sarà fatta sulla terra. Gesù si chiama “figlio
dell’uomo”. Infatti, è uomo, ma anche colui che siede alla
destra di Dio e verrà sulle nubi del cielo ad inaugurare il suo
regno glorioso (Mt 26,64). Gesù incarna l’accoglienza al Dio
che viene e alla sua opera.
2.3 Dio viene nella pentecoste.
Il
Padre invia lo Spirito nel nome di Gesù. Egli dimorerà con i
discepoli di Gesù e renderà presente e operante quello che egli
ha detto e fatto, fino al compiersi della storia.
“Voi
conoscerete lo Spirito di verità, perché dimorerà presso di voi
e sarà in voi” (Gv 14-17). “Quando verrà lo Spirito di verità,
egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà
da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le
cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve
l’annunzierà” (Gv 16,12-15)
3 La profezia, traccia di
Dio che viene.
L’AT
è il tempo delle promesse di Dio. I fatti dell’esodo e
dell’occupazione della terra sono le loro concretizzazioni
storiche. Il tempio è il simbolo dell’alleanza tra Dio e il
popolo.
Il
Dio delle promesse, davanti alla fedeltà e all’infedeltà
dell’uomo, giudica la storia.
Nel
587, ad esempio, sotto il re Sedecia, Nabucodonosor, re di
Babilonia, distrugge Gerusalemme e il tempio e deporta i suoi
abitanti. Da allora Dio è sentito come nascosto e lontano, un Dio
che ha distolto il
suo volto da Israele.
I
profeti insegnano ad interpretare la catastrofe del 587 come un
giudizio di Dio.
Geremia
ha la visione dei due canestri, uno di fichi buoni e uno di fichi
cattivi.
I
fichi buoni rappresentano il popolo: Dio ha riguardo per esso e
annuncia il suo ritorno.
I
fichi cattivi rappresentano il re e i suoi collaboratori: Dio li
disperde (cf. Ger 24).
Il
giudizio apre per coloro che benedice un futuro nuovo, reso
possibile da Dio stesso.
Il
fondamento della salvezza ora passa dall’esperienza all’attesa
e la memoria degli eventi della salvezza prepara il futuro di Dio.
«Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose
antiche. Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia,
non ve ne accorgete?» (Is 43,18). Dio opera ora, nella storia, e
il popolo deve accorgersene adesso.
3.1
Il nuovo è frutto del giudizio sul vecchio.
La
creazione dal vecchio è creazione vera, come la creazione di
Adamo dal fango, della donna dalla costola di Adamo e del bambino
dai genitori.
I
profeti annunciano il ritorno dall’esilio come nuovo esodo,
nuova presa della terra, nuova alleanza e nuova Gerusalemme. Le
immagini acquisiscono qualcosa di più di ciò che rappresentavano
prima, poiché presentano, a chi ne fa memoria, le cose passate
diventate nuove. Ciò che è trascorso è primizia di quello che
deve ancora venire.
Il
nuovo costituisce una dominante nel linguaggio del NT.
La
risurrezione di Gesù non ha analogie nella storia di cui già si
è fatta esperienza.
Paolo
dice, in sintonia con Is 43,18: “Chi è in Cristo è creatura
nuova. Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”
(2 Cor 5,17).
Nella
risurrezione di Cristo il futuro della nuova creazione brilla nel
presente del mondo vecchio ed accende, nelle sofferenze del tempo
presente, la speranza della vita nuova.
Gesù
dice ai suoi che verrà di nuovo. Il suo non è un ritorno, perché
egli continua ad essere presente sulla terra. Colui che viene
nella carne, nello spirito e nella gloria è una presenza continua
che si manifesta negli eventi della storia della salvezza.
3.2
Il nuovo viene creato dal vecchio.
Il
Cristo risuscitato si sviluppa dal Cristo crocifisso per un
intervento creativo di Dio, che lo fa passare dalla morte alla
risurrezione.
Anche
la novità cristiana non scaturisce dalla realtà vecchia
spontaneamente.
Il
battesimo cristiano richiede il morire con Cristo a questo mondo e
trasforma chi lo riceve.
Il
nuovo non annienta il vecchio né subentra del tutto ad esso.
Paolo
dice che “è necessario che questo corpo corruttibile si vesta
di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità”
(1 Cor 15,53). Il Cristo risuscitato “trasfigurerà il nostro
misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,21).
Il
Dio che viene rimane fedele alla sua creazione e nello stesso
tempo la trasforma trasfigurandola e rendendola eterna. Essa si
manifesterà in modo compiuto quando il tempo confluirà
nell’eternità. Senza il venire di Dio la vita invecchia e
muore.
La
nostra speranza diventa attesa che Dio faccia nuove tutte le cose.
4 La croce, passaggio
dall’umiliazione alla gloria.
La
croce è il segno più grande del venire di Dio, la novità che
sconvolge la storia.
Il
presente lascia la sua condizione attuale perché da esso nasca
una realtà nuova.
4.1
Lora di Gesù.
“E’
giunta l’ora che sia glorificato il figlio dell’uomo. In verità,
in verità vi dico: se il chicco di grano caduto per terra non
muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi
ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la
conserverà per la vita eterna” (Gv 12,23-25).
La
croce è presente, a livelli diversi, nella vita di Gesù, dalla
nascita al calvario.
Il
trittico della nostra chiesa, ad esempio, illustra il legame tra
l’annunciazione e la croce.
Confrontandolo
con l’icona della croce che contempliamo quest’anno, notiamo:
-
la stessa composizione: il crocifisso al centro e due persone ai
lati:
-
lo stesso svolgimento tematico: la consegna di un figlio da parte
di Dio.
-
due tempi diversi della redenzione: l’inizio della vita di Gesù
sulla terra, nel trittico,
e
l’inizio della sua vita nella Chiesa, nell’icona.
Sia
l’annunciazione che la croce manifestano il disegno di Dio.
L’angelo
chiama la Vergine “piena di grazia” e le dice: “Ecco
concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà
grande e chiamato figlio dell’Altissimo. Il Signore Dio gli darà
il trono dì Davide e regnerà sulla casa di Giacobbe per i secoli
e il suo regno non avrà fine”. Il figlio della piena di grazia
diventerà, crescendo, Figlio di Dio.
La
piena di grazia diventerà madre di Dio. La croce è il trono da
cui Gesù regna.
Il
trono di Davide non è quello politico ma religioso, perché
Davide lo riceve dal Signore.
Gesù
regna dalla croce in nome di Dio, come Davide aveva regnato su
Israele.
Gesù
è colui per il quale tutte le cose sono state fatte e quindi
Signore e re per nascita.
Durante
la passione manifesta a Pilato la sua regalità: “Tu lo dici; io
sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel
mondo: per testimoniare la verità” (Gv 18,37).
Pilato
con la condanna a morte da a Gesù l’occasione per regnare dalla
croce.
Quando
è innalzato infatti Gesù attira tutti a sé.
L’annuncio
del trittico e dell’icona sono complementari. L’annunciazione
adombra la croce e la croce compie l’annunciazione. L’una ha
bisogno dell’altra.
Sulla
croce si rivela e si compie la verità, che è il disegno di amore
di Dio per gli uomini.
La
croce è presente nella morte degli innocenti, nel nascondimento
di Nazaret, nel tempio dove Gesù rimane per occuparsi delle cose
del Padre, mentre suo padre e sua madre lo cercano angosciati,
nell’amore fino alla fine che Gesù vive nel servizio,
simboleggiato dalla lavanda dei piedi e nel dono del suo corpo e
del suo sangue per sancire l’alleanza eterna. Nella croce il
venire di Dio si interseca con la vita umana e la creazione si
espone all’alto e viene trasformata dall’energia di Dio.
L’ora in cui Gesù viene innalzato è l’ora in cui egli è
posto verticale fra il cielo e la terra e in cui le sue braccia
stringono l’universo. In quell’ora Dio e l’uomo si
incontrano in una “unità” che non sarà più spezzata o
tradita.
4.2
L’ora della Chiesa.
Il
vangelo presenta il Regno che cresce e si trasforma nella
gestazione.
Dio
viene per pilotare il parto della creazione e del tempo verso il
nuovo paradeisos
(giardino) e l’eternità. “Tutta la creazione geme e soffre
fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola ma anche
noi, che possediamo la pienezza dello Spirito, gemiamo
interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del
nostro corpo” (Rm 8,22).
Il
volto della partoriente manifesta la sofferenza che prepara la
gioia.
La
donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua
ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non ricorda più
l’afflizione a causa della gioia, perché è nato nel mondo un
uomo (Gv 16,21). La croce apre lo splendore del Regno e fa
partecipi della sua festa, con la gioia di averlo partorito
insieme con lui.
Il
Regno va verso il suo compimento nei percorsi del cammino della
Chiesa entro la storia.
E’
il cammino verso il compimento, nella crescita e nella croce.
Il
cristiano nella liturgia celebra la memoria, perché gli eventi
della salvezza operino oggi e celebra l‘attesa, perché la
salvezza si compia nel futuro.
L’incontro
con il Veniente richiede la conversione e l’attesa del suo
futuro.
“Diventa
luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla
sopra di te” (Is 60,1).
“Convertitevi
perché si è avvicinato il regno dei cieli” (Mt 4,17).
“E’
vicino il regno di Dio, cambiate mentalità e credete nella bella
notizia” (Mc 1,15).
Gesù
chiama a convertirsi al regno dei cieli che viene.
Chi
crede che Dio viene, con il suo futuro, per incanalare il presente
verso l’eterno, si converte dal peccato e si allea con
l’azione trasformante di Dio.
Quando
il futuro di Dio e la conversione si incontrano, sottraggono il
divenire umano alla decadenza e lo fanno confluire nell’eterno.
Il
cammino ecclesiale va percorso alla luce del venire di Dio, della
conversione dell’uomo e della trasformazione da operare insieme.
Tutto, infatti, viene ricreato in Gesù.
I
pensieri di Dio non sono i nostri pensieri (Is 55,8).
L’accoglienza
della Parola unisce il nostro pensiero a quello di Dio mediante la
fede.
Per
questo l’ascolto continua tutta la vita.
La
celebrazione è memoria del venire di Dio nella creazione, per
rendere certa l’attesa.
I
sacramenti e la preghiera ci trasformano e ci fanno confluire
nell’eterno.
Le
vie di Dio non sono le nostre vie.
La
fraternità che Dio genera in noi non nasce dalla carne e dal
sangue ma nasce da Dio.
Lo
Spirito ci rende capaci di amare come figli, sposi, fratelli e
madri nella famiglia di Dio.
5 La parusia.
L’avvento
di Dio è “escatologico”, cioè Dio viene perché possano
esistere le cose ultime.
Viene
con la sua vita eterna e abita il tempo e il creato, perché
partecipino all’eterno.
L’alleanza
lega la vita dell’uomo, cioè il tempo e il creato, a Dio.
Dio
porta in dote all’uomo, dalla sua vita, l’eternità e
l’amore divino.
L’uomo
porta in dote a Dio la sua vita nel creato e nel tempo.
Si
forma un’alleanza feconda che trasforma l’uomo, il creato e il
tempo nel regno dei cieli.
Dio
non viene provvisoriamente per poi risalire ma viene per restare,
nella modalità di colui che trasforma progressivamente la realtà.
Essa
diventa simbolo o sacramento del regno dei cieli in mezzo a noi.
L’avvento
di Dio e la risposta dell’uomo rendono possibile per noi
l’essere che non muore più, una vita eterna, ed il tempo che
non passa più, un tempo eterno.
Le
cose ultime (escata)
abitano già il tempo e il creato. Dio si inserisce nella storia,
la permea, la trasforma e la conduce verso l’eternità. E’ il
modo di essere di Dio tra noi.
L’eternità
non è lontana dal tempo, ma crescita del futuro di Dio nel tempo.
Alla
luce dell’eternità di Dio il tempo non viene sperimentato quale
potenza tiranna e minacciosa o come tempo che passa, trascinando
tutto nella morte.
Il
tempo acquista un plusvalore e una fecondità dalla alleanza con
Dio.
La
creazione e il tempo sono chiamati a trascendere.
Sul
piano umano percepiamo un tempo passato, un tempo presente e un
tempo futuro.
Sul
piano cristiano siamo trasformati da Dio, che consegna il passato
al presente e il presente all’eterno. L’essere trasformati per
il futuro di Dio è più urgente e necessario del presente e del
passato.
L’avvento
della gloria di Dio e la trasformazione del creato rendono
possibile l’escatologia.
Alla
fine del tempo la gloria di Dio riempirà del suo splendore
l’universo intero, annullerà la morte e rivestirà la creazione
di uno splendore nuovo.
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