Catechesi

dell'anno pastorale

2004 - 2005

 

a cura di

Don Carlo Salvador

LA PENTECOSTE

Parrocchia di Campolongo

 

IDEA GUIDA 2004-2005

LA COMUNITA’ CRISTIANA RICORDA LA SUA ESPERIENZA CON DIO

 

1   Il ricordare

 

Il ricordare è una dimensione della vita umana. Pensiamo a quante cose ogni giorno ci ritornano alla mente e al cuore. L’uomo ricorda ciò che ha già vissuto e rivive sentimenti ed emozioni. Un uomo senza memoria è senza radici, vive l’oggi senza consapevolezza e non sa orientarsi rispetto al futuro. La memoria è ciò che tiene unito l’uomo al passato, ciò che riveste di significato l’oggi e che lo apre al futuro.

La memoria, importante nella relazione con se stessi e con gli altri, lo è anche nella relazione con Dio? La religione ha bisogno di ricordare?

Per rispondere guardiamo alla parola di Dio e alla liturgia, le strade sicure entro le quali Dio continua ad incontrarci.

Nella Bibbia la scansione del tempo non è cronologica ma salvifica. Il tempo e la storia sono considerati partendo da ciò che Dio compie in essi, perché è Dio a dare loro senso.

In questo modo la storia ed il tempo diventano i custodi dell’agire di Dio, i depositari del senso e dell’orientamento che egli intende dare all’umanità e alla creazione.

Dio è presente nelle tracce che lascia nella storia e l’uomo di ogni tempo può riconoscerlo, incontrarlo o ritornare a lui. Queste tracce sono eventi fondativi, che segnano una tappa nell’alleanza. Senza questi eventi il rapporto con Dio non sarebbe lo stesso.

Se il credente non ricorda il suo vissuto con Dio si allontana dal senso che Dio dà alla vita, non sa più leggere la propria e altrui esistenza e non sa più riconoscere cosa fare nella relazione con Dio. E’ Dio stesso ad educare l’uomo a ricordare per ripartire dagli eventi fondanti. Dio si rivela affinché la salvezza si compia oggi per noi.

La liturgia scandisce nel tempo gli eventi operati da Dio nella storia della salvezza e ricordati dalla Parola in modo che la memoria di essi segni il cammino dell’uomo.

Non è opzionale: se mi ricordo. Nella liturgia Dio e l’uomo che hanno fatto memoria crescono nell’amore.

In questo modo l’oggi diventa il tempo favorevole, il kairòs, e il domani la manifestazione definitiva del progetto di Dio, la parusia. La memoria nella parola e nella liturgia fa accadere oggi ciò che Dio aveva compiuto ieri ed orienta il presente e il futuro secondo il suo progetto. Si parte da Dio che agisce e lascia tracce.

La memoria impegna il cuore, che viene rinsaldato e purificato nella relazione con Dio. Il ricordo è affettivo.

 

1  La memoria nella Bibbia.

 

La Bibbia è il libro della memoria di quello che Dio ha fatto per e con il suo popolo e di come l’uomo ha risposto all’azione di Dio.

Nella storia di Israele c’è stato un evento straordinario: Dio ama Israele e lo sceglie tra tutti gli altri popoli.  

Dt 7,7: Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli - ma perché il Signore vi ama e, osservando il giuramento fatto ai vostri padri, vi ha fatto uscire con mano potente ...

Questo evento è l’Esodo. Lo ricordiamo brevemente attraverso ciò che Dio stesso dice.

Es 19,4: Voi stessi avete visto quanto ho fatto agli egiziani e vi ho sollevati come su ali di aquile e vi ho condotti accanto a me.

 

o        avete visto quanto ho fatto agli egiziani.

 

All’Egitto Dio ha tolto Israele, lo ha liberato dalla schiavitù, lo ha fatto passare attraverso il mare rosso ed ha gettato in mare i cavalli e i cavalieri del faraone.

La Bibbia ci dice perché Dio fa questo.

Gli Israeliti gemevano per i lavori e gridarono e il loro grido dai lavori salì a Dio.

E esaudì il loro gemito e ricordò la sua alleanza verso Abramo, Isacco e Giacobbe.

E vide Dio i figli di Israele e si fece conoscere a loro (Es 2,23-25).

Dio è il primo a ricordare. E fa memoria dell’impegno preso e intervenire per gli israeliti.

 

o        e vi ho sollevati come su ali di aquile

 

L’aquila mette i piccoli sulle ali perché non siano colpiti dai cacciatori.

E’ ciò che ha fatto Dio nei confronti di Israele durante tutto il cammino nel deserto.

Ma Israele nel deserto protesta e mormora e mette alla prova il Signore dubitando della sua presenza. Protestare significa chiamare in giudizio il Signore.

Mormorare è ribellarsi a qualcosa che non si avverte più come proprio e significativo.

Mettere alla prova significa pretendere che la potenza di Dio esaudisca il proprio desiderio: “Il Signore è in mezzo a noi si o no?”.

Eppure nel deserto il Signore usa pazienza e benevolenza verso Israele e fa scaturire l’acqua dalla roccia (Es 17,6) e fa piovere la manna dal cielo (Es 16,4).

Es 16,2-4: Tutta la comunità dei figli di Israele mormorava contro Mosè e contro Aronne e gli israeliti dissero contro di loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’ Egitto, quando eravamo seduti presso le marmitte delle carni e mangiavamo pane a sazietà; perché ci avete fatti uscire in questo deserto per uccidere di fame tutta questa comunità». Allora il Signore disse a Mosè: «Ecco, io faccio piovere per voi pane dal cielo ...

Pensiamo alla sosta presso il Sinai, luogo dell’incontro con Dio e della consegna della Legge, in cui Israele si impegna con Dio a vivere in alleanza e a perseguire il suo progetto.

In risposta a Mosè che prende il libro dell’alleanza e lo legge alla presenza del popolo gli israeliti dicono: Tutto ciò di cui ha parlato il Signore faremo e ascolteremo (Es 24,7).

Israele non indugia a dare la risposta di alleanza ed esegue ancor prima di ascoltare, sapendo la proposta di Dio è una proposta di vita.

 

o       e vi ho condotti accanto a me.

 

Perché Dio intraprende tutto questo cammino con Israele?

Egli dice: e vi introdurrò nella terra sulla quale ho steso la mia mano per darla a Abramo e a Isacco e a Giacobbe e ve la darò in sorte: io, il Signore (Es 6,8).

Gs 24, 13: Vi diedi una terra, che voi non avevate lavorata, e abitate in città che voi non avete costruite, e mangiate i frutti delle vigne e degli oliveti, che non avete piantati.

 Lv 25, 23: E la terra non sarà venduta in modo stabile, perché la terra è mia e voi siete forestieri e inquilini davanti a me.

La terra promessa diventa il luogo in cui abitare e vivere con fede, nella  consapevolezza di non essere padroni ma ospiti e forestieri, perché la terra è dono di Dio.

 

o        per farvi abitare.

 

Abitare significa rimanere nell’alleanza con Dio. Infatti nella terra si vive con fede.

L’esodo è l’evento che fonda in modo indelebile la relazione.

Dio inventa il modo di essere presente a noi, così gli eventi ci riguardano direttamente.

 

 

2   Il memoriale.

 

A chi vive lontano nel tempo rispetto agli eventi fondatori, i testi biblici propongono di celebrare questi eventi come festa e come memoriale. Sorgono le feste di pellegrinaggio,  il sabato, l’anno sabbatico, il giubileo (Lv 25,8-17), la pasqua e la pentecoste.

Gli eventi ricordati nella parola e celebrati nella liturgia accadono per noi con la stessa potenza con cui sono stati compiuti da Dio. Il fare memoria è il modo che Dio ha “inventato” per continuare ad essere presente sempre in mezzo a noi.

Due testi biblici illustrano il memoriale.

Es 12,14: E sarà questo giorno (dell’uscita dall’Egitto) per voi memoriale e lo festeggerete, festa del Signore, in tutte le vostre generazioni: come norma eterna lo festeggerete.

Gs 24,1-8:

Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele in Sichem e disse a tutto il popolo: «Dice il Signore, Dio d’Israele: I vostri padri abitarono dai tempi antichi oltre il fiume e servirono altri dei.

Io presi il padre vostro Abramo da oltre il fiume e gli feci percorrere tutto il paese di Canaan; moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. Ad Isacco diedi Esaù e Giacobbe e Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto. Poi mandai Mosè e Aronne e colpii l’Egitto con i prodigi che feci in mezzo ad esso; dopo vi feci uscire. Feci dunque uscire dall’Egitto i vostri padri e voi arrivaste al mare. Gli egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mare Rosso. Quelli gridarono al Signore ed egli pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; poi spinsi sopra loro il mare, che li sommerse; i vostri occhi videro ciò che io avevo fatto agli egiziani. Dimoraste lungo tempo nel deserto. Io vi condussi poi nel paese degli Amorrei, che abitavano oltre il Giordano; essi combatterono contro di voi e io li misi in vostro potere; voi prendeste possesso del loro paese e io li distrussi dinanzi a voi”.

 

Il NT ci educa alla memoria. Quando celebriamo l’Eucaristia preghiamo: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta.

Siamo noi, oggi, che annunciamo la morte e proclamiamo la risurrezione, anche se noi non eravamo presenti quando questo è accaduto, perché la memoria rende l’evento contemporaneo. Gesù ricalca le tracce lasciate da Dio entro la storia di Israele e trova in esse il senso per la propria vita e la propria missione.

Gesù ordina di fare memoria: Fate questo in memoria di me (1Cor 11,26).

Nel Magnificat Maria annuncia come rivolte a sé le opere compiute da Dio lungo tutta la storia della salvezza: Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Il fare memoria  nella preghiera rende contemporanei e partecipi dell’evento compiuto da Dio.

Ogni persona che crede la storia della salvezza attesta che Dio ha liberato Israele, che lo ha nutrito quand’era nel deserto, che gli ha dato una terra, che ha consegnato il suo figlio per noi e ogni credente attesta: Dio mi ha liberato, mi ha nutrito di manna quand’ero nel deserto e mi ha dato una terra; Gesù è il mio Signore, la mia risurrezione e la mia vita.

La persona e la comunità rivivono gli interventi di Dio e cantano la gloria di Dio, mettendo in luce l’agire di Dio, il suo amore e la sua fedeltà. Senza questo ricordo non c’è vita spirituale, perché vivere alla presenza di Dio implica il ricordare la sua presenza, ritrovare nella storia i segni del suo agire, gli eventi fondativi attraverso i quali Dio ci salva.

Non cogliamo bene le cose quando ci viviamo dentro e perciò abbiamo bisogno di distanza e di silenzio. Chi non ricorda perde le radici da cui è nato e che lo costituiscono nella sua identità. Per noi significa perdere la propria specificità di figli e di popolo di Dio.

La comunità ricorda per non dimenticare e per gioire del cammino che Dio dona di fare. Quest’anno coltiveremo la memoria, ricorderemo le grandi opere compiute da Dio in mezzo a noi e per noi nella nostra storia con lui.

Una comunità di fede non può non riconoscere che Dio ha fatto qualcosa di speciale.

Sono gli eventi di Dio che non vanno lasciati cadere, per non smarrire il senso e l’orientamento che Dio dà alla nostra storia.

 

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