QUARESIMA
1 C 2004 (Lc 4,1-13)
Quest’anno,
nella quaresima, la celebrazione dell’eucaristia
festiva si apre con il rito di aspersione e un segno
posto dai bambini di fianco all’altare. Oggi hanno
composto il deserto. Esso è il teatro dell’esodo
ricordato nella professione di fede ebraica.
Il
popolo vi passò 40 anni, prima di entrare nella terra
promessa; Gesù vi passò 40 giorni prima di annunciare
il vangelo, nuova terra promessa. Gesù era condotto nel
deserto nello Spirito; ήγετο
può essere tradotto anche era preceduto, anticipato
dallo Spirito.
La
lotta e la vittoria su colui che divide sono la bella
notizia, il vangelo annunciato in Eden
Una
comunità/persona che nella tentazione vincono sono bella
notizia per il mondo.
Una
comunità/persona che crescono secondo il vangelo sono
tentate e perseguitate.
Quanto
più cresce la vita in Cristo tanto più cresce la
tentazione. La passione di Gesù è il
culmine della tentazione e il culmine
dell’amore, che diventa amore fino alla fine.
La
tentazione ha due provenienze. Proviene da satana, che
per invidia cerca di separare l’uomo da Dio, e dal
peccato che agisce nell’uomo, perché siamo tutti
vincolati al male.
La
tentazione al male non viene da Dio. Gesù libera dal
demonio e insegna a pregare il Padre: non farci
entrare nella tentazione del demonio ma a liberarsi dal
maligno.
La
tentazione proviene anche da Dio, che in essa ci allena
ad amare. La passione è voluta da Dio, è il calice che
egli offre ai figli. Gesù chiede di non bere a quel
calice ma insieme chiede che sia fatta la volontà del
Padre, il suo disegno di amore. Egli esprime il dramma
umano profondo che vorrebbe evitare ma anche il
battesimo che desidera ricevere.
E’
vincendo la tentazione che si diventa santi. Notiamo che
la tentazione è unica: quello che il demonio propone
come male Dio lo trasforma in occasione di bene.
La
stessa cosa è male nella suggestione demoniaca e
diventa bene nello Spirito santo.
Noi
siamo educati a essere fedeli ai comandamenti, occorre
che ci educhiamo a vivere secondo lo Spirito di Gesù,
che trasforma in bene ogni tentazione. Vita spirituale.
Il
tentatore fa leva sui bisogni umani immediati e sulle
tendenze più radicate nel mondo.
La
tentazione è presentata nel vangelo con tre binomi.
Pane,
sinonimo di mangiare (vita) e di consumismo (morte).
L’economia vive di questo circolo operativo: il lavoro
crea beni e il consumo crea lavoro. Mt dice che l’uomo
vive anche della parola di Dio; Lc non precisa. Pensiamo
all’eucaristia o alla carità, come vita.
Estasi.
L’uomo ha bisogno di estasi, di uscire da sé. C’è
l’estasi nel potere, che chiede l’adorazione del
male. Il demonio offre a Gesù il potere/gloria su
tutto. C’è l’estasi del servizio, la diaconia a Dio
e ai fratelli, adorazione che porta alla signoria del
cielo.
Miracolo.
E’ innato nell’uomo l’istinto di affermarsi con il
prodigioso e il miracoloso, ma è tentare Dio, che vuole
l’affermazione che si ottiene attraverso la croce.
La
quaresima ci propone la vittoria nella tentazione.
Il
deserto è il luogo dove essere liberi dal consumismo,
dall’estasi del potere con le schiavitù che richiede,
e dalla ricerca della religione dei miracoli e dei
prodigi.
Il
deserto rende possibili la gioia nella condivisione dei
beni, nella diaconia e nella croce. Gesù cerca chi
possa vegliare e pregare con lui, perché la vittoria
sulla tentazione è la vittoria di Gesù in noi e della
Chiesa sul mondo.
Noi
nel mondo siamo migranti, venuti nel mondo per divenire
figli di Dio, non integrati nel mondo, resi figli di
Dio, per la vittoria sul maligno e il compiersi della
volontà, degni di andare a vivere nella sua casa, il
regno dei cieli.
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QUARESIMA
2 C 2004 (Lc 9,28-36)
La celebrazione di questa seconda domenica di
quaresima si apre con il segno di una montagna,
costruita dai bambini. Siamo invitati a salire con Gesù
in alto, per partecipare nella preghiera a un evento
grande. I brani biblici che abbiamo ascoltato lo
rivelano.
Dio promette ad Abramo una terra e una discendenza
numerosa. Abramo chiede: In che modo potrò conoscere
che la erediterò? Una eredità si ha quando ci sono
le condizioni.
Abramo prepara gli animali per il Signore. Avviene
però qualcosa di straordinario: un’estasi cade su
Abramo. έστασιν è la
stessa parola usata in Gen 2: il sonno di Adamo, quando
Dio crea Eva per consegnargliela come sposa, perché
diventi con lui una sola carne, e in Gv 19: il sonno del
Crocifisso, che Dio risveglia dalla morte per
consegnargli come sposa la Chiesa. L’estasi di Abramo
e di Gesù è accompagnata dalla paura tenebrosa che
accompagna ogni morte, anche quella che partorisce
all’alleanza eterna.
La fede vera sconvolge e fa paura, perché
trasforma l’esistenza.
Alla sera, quando si fa buio fitto, Dio manda un
fuoco a consumare il sacrificio. Abramo erediterà la
promessa credendo in Dio che si è impegnato nel
sacrificio di alleanza.
Il passaggio di Dio modifica la vita e nessuno può
rifiutarlo. L’uomo può rifiutarsi ad esso, ma
l’alleanza si compie lo stesso e trasforma la storia,
perché è un evento divino.
Noi sappiamo che l’eredità promessa è il regno
dei cieli. La prima condizione per ereditarlo è che
appartenga a Dio. Dio interviene nella storia e si fa
carne per assumerlo.
Assume la vita creata e la rende divina, la fa sua
non in senso possessivo, perché la ha creata o perché
può fare di essa quello che vuole, ma nel senso che la
condivide con noi e insieme con noi la fa umana e
divina, cioè una sola vita, un’alleanza.
Mosè ed Elia parlano con Gesù trasfigurato sul
monte dell’esodo che stava per compiere in
Gerusalemme: è la pasqua, il passaggio da questo mondo
al Padre. Prima che questo intervento nella storia,
voluto da Dio, si compia, Gesù lo celebra nella
liturgia pasquale. La trasfigurazione è profezia della
pasqua e è liturgia perché avviene mentre Gesù prega.
Il dialogo tra Mosé, Elia e Gesù è liturgia
della parola; la gloria che li avvolge è la presenza di
Dio che santifica, è il Dio che passa con la sua
potenza per abilitare il Figlio diletto Gesù e i suoi
discepoli, chiamati a partorire l’evento divino nella
storia.
La trasfigurazione prefigura la cena pasquale.
Anche i tre discepoli invitati sul monte dovranno
provare la paura; anche loro dovranno entrare nella
nube. Pietro, non sapendo cosa dire di fronte alla
trasfigurazione, aveva detto a Gesù: E’ bello per
noi stare qui e facciamo tre tende, una per te e una per
Mosè e una per Elia. Ma i discepoli devono lasciare
la contemplazione di Gesù trasfigurato e entrare nella
nube, sentire su di essi la voce che trasforma: Questi
è il figlio mio, l’eletto.
Gesù otto giorni prima aveva detto loro: “E’
necessario che il figlio dell’uomo soffra molto e sia
respinto dagli anziani e dai sommi sacerdoti e dagli
scribi e sia ucciso e il terzo giorno risorga”.
Aveva detto: Se qualcuno vuole venire dietro a me
rinneghi se stesso e prenda la sua croce ogni giorno e
mi segua. Chiunque infatti vuole salvare la propria vita
la perderà; chiunque invece perde la sua vita a causa
mia la salverà.
Sul monte Dio stesso esorta ad ascoltare Gesù. La
parola che Gesù aveva detto ai discepoli sulla pasqua
diventa una chiamata di Dio, una missione da compiere.
In questa seconda settimana di Pasqua saliamo in
alto, diamo più spazio alla preghiera in cui venire
trasfigurati e venire fortificati in vista dell’ora
che Dio ci chiamerà a vivere.
E’ necessaria. Senza la preghiera diventiamo come
i tre discepoli che durante l’agonia di Gesù
nell’orto si addormentano e durante la passione si
disperdono.
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QUARESIMA
3 C 2004 (Lc 13,1-9)
Il capitolo 3 della Genesi è una pagina miliare
nel cammino della salvezza.
L’angelo del Signore si fa vedere in una fiamma
di fuoco dal roveto.
Mosè vede il roveto che brucia di fuoco ma non si
consuma. Che un roveto bruci è esperienza, che non si
consumi è una grande visione. Mosè vuole avvicinarsi e
vederla.
Il roveto è segno di una cosa nota e di una novità
che Mosè non può accostare: è terra santa e lui
evidentemente non è santo. Dio però parla a Mosè e
gli rivela una cosa che già conosce e una nuova, lo
invita a fare il cammino che lo riporterà sullo stesso
monte a rendere culto a Dio, cioè lo porterà a vedere
quello che ora non può.
Vediamo le tre letture.
1 Io sono il
Dio di tuo padre, Dio di Abramo e Dio di Isacco e Dio di
Giacobbe.
Questa
è la cosa nota a Mosè e al popolo: Abramo, la promessa
e la fede; Isacco, la liberazione dalla morte e la
speranza, Giacobbe, la lotta con Dio e la pace
nell’amore.
E’ il Dio del passato, della tradizione, delle
mie origini che io non posso mai smentire.
Dio ha visto l’oppressione, ha udito il grido,
conosce il dolore del suo popolo.
Io sono figlio di un passato santo, di una storia
con Dio fatta di fedeltà e di infedeltà.
Sono sceso a strappare dalla mano degli Egiziani e a condurre verso una
terra buona.
Questa è la novità; un Dio che scende, si
incarna, passa in mezzo, strappa e conduce.
E’ il Dio della lotta all’ultimo sangue, della
passione, della vittoria e del trionfo.
Il dado è tratto, Dio è sceso, il suo passaggio
è liberatore. Occorre che il popolo sia informato e
creda, che i faraoni siano avvertiti, che i segnali
siano dati chiaramente in modo che tutti si dichiarino.
E’ convocazione e quasi una sfida, lotta legale,
storica, cosmica: è la pasqua del Signore. Questo è il
mio nome e il memoriale.
Il nome del Signore, nostra pasqua, viene rivelato,
di esso verrà fatto il memoriale, l’atto cultuale che
lo fa vivere per sempre, di generazioni in generazioni.
Il testo ebraico suona: έσομαι
οσ έσομαι, sarò
chi sarò; è un nome che si rivelerà nella storia
dell’esodo.
Di fronte a questo passaggio di Dio il popolo deve
radunarsi, rinnovare la fede di Abramo, la speranza di
Isacco e la carità di Giacobbe, rischiare la vita
nell’alleanza.
2 Paolo chiama
nostri padri non più Abramo, Isacco e Giacobbe ma tutti
quelli che furono nella nube e nel mare, che si
nutrirono del cibo e della bevanda spirituale, il Cristo
presente tra loro nel mistero per accompagnarli.
L’esodo ebraico è esodo cristiano.
3 Gesù chiama
questo nuovo inizio conversione, vertere
decisamente verso il nuovo, e dice che è decisiva:
occorre convertirsi per non perire. Il passato rivive
nel nuovo o si perde. Gesù dà questo annuncio
attraverso tre mini parabole.
Un bagno di sangue dei Galilei che stavano offrendo
i loro sacrifici, deciso da Pilato.
Segno dei delitti a carattere politico, che hanno
infestato e infestano la storia, e del carattere
religioso di cui l’oppressione si colora. Segno
drammatico entro la nostra epoca.
La rovina di una torre che porta con sé la morte
di uomini, segno delle calamità naturali, dovute alla
insipienza e all’incuria dell’uomo o, come
nell’inquinamento o nella genetica, di iniziative che
fanno tante vittime innocenti, per la sete di guadagno o
di onore.
Un fico che non fa frutti perché non è lavorato e
concimato o perché cresce lontano dall’acqua che
feconda. La celebrazione oggi ha il segno di un fico
senza frutti.
Quest’albero può rappresentare i cristiani che,
come Israele in Egitto, non conoscono il nome del
Signore. Conoscono
il nome che Dio ha rivelato ai padri nel passato; sono
forse custodi gelosi della tradizione, ma non conoscono
il nome del Dio, nostra pasqua.
Convertirsi a questo Dio è il cammino della
quaresima e della spiritualità cristiana.
Eucaristia è memoriale settimanale del passaggio
di Dio e del suo nome pieno ed eterno.
Dio alleato con il popolo strappa gli uomini al
divisore e li conduce alla terra buona.
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QUARESIMA
4 C 2004 (Lc 15,12-32)
Una delle belle pagine di Luca, parabola conosciuta
e buona notizia mai esaurita. E’ bene ascoltarla o
leggerla nel silenzio interiore e poi condividere. Ci
sono tre piani d lettura.
Il piano umano presenta una famiglia
disastrata: un padre sfortunato che ha due figli che non
lo riconoscono; due figli tonti che hanno un padre
saggio/buono e non lo sanno.
La parabola è attuale, parla alle relazioni
familiari ed educative che soffrono violenza e di
situazioni umane senza speranza. Che cosa dice la Parola
per questi casi?
Il piano divino presenta il perdere e
ritrovare la vita, il non conoscere e riconoscere Dio.
Il piano ecclesiale presenta situazioni
religiose contrastanti: farisei/scribi e pubblicani, la
giustizia divenuta tradizione fissa e il perdono
come creazione nuova. Il dramma sta nel vivere legati e
separati, perché non si rispetta la vita: il figlio
minore chiede la sua parte di beni (ουσία),
ritenendoli suoi esclusivi e dopo averli sperperati
pensa ai beni del padre.
Il figlio maggiore non chiede un capretto da
festeggiare con gli amici e rifiuta il fratello che ha
perso i beni. Per tutti due al centro ci sono i beni e
non l’amore. Il padre spartisce fra i due figli la sua
vita (βιόσ). Per lui i beni fanno
parte della vita vissuta in condivisione.
Le tre persone sono unite tra loro da una relazione
vitale e lontane per le scelte libere.
Il figlio giovane prende le cose che ritiene sue, e
va lontano dal padre ed al fratello.
Il figlio maggiore vive da separato in casa,
lontano dall’amore al padre e al fratello
Il padre ha solo quei due figli: vive una
situazione disperata? No; in realtà c’è un altro
figlio non è visibile nel racconto ma visibile a chi
comprende la parabola. C’è la potenza di un amore
grande. Il padre non si pensa fallito, non si agita, non
investe nei figli in modo soffocante, non corre loro
dietro, ma sta fermo nella verità e nella vita; è
custode sicuro della vita; fa la cosa veramente saggia:
mantiene aperti casa e amore, il bene. Come? Dio ha
davanti a sé il Verbo: era Dio, era la vita ed era la
luce degli uomini.
Quando il figlio minore si mette in cammino, non
ancora pentito né convertito ma conscio di aver
bisognoso dei beni del padre per non morire, il padre “si
commosse e, essendo corso, cadde sopra il suo collo e lo
baciò”. Questa corsa verso, questo cadere del
padre nel figlio, questo abbraccio da un supplemento di
amore genera di nuovo.
·
Il padre dona al figlio che ritorna la dignità del suo
figlio unico/amato.
- portate la veste quella migliore e rivestitelo:
è la veste di Gesù, quella del battesimo.
- date l’anello nella sua mano: è l’anello nuziale di Gesù
con la Chiesa sua sposa.
- date sandali a piedi: è l’inizio del cammino nuovo
dei risorti , libero e in comunione.
- portate il vitello grasso e mangiando facciamo festa:
è il banchetto messianico.
Dio compie nel figlio che ritorna il salmo 2: Mio
figlio sei tu, io oggi ti ho generato.
Supplemento di anima, creazione nuova, nascere
dall’alto.
·
Il Padre esce e prega l’altro figlio, il popolo
dell’alleanza, l’umanità della promessa.
Ormai bisogna rallegrarsi e fare festa, perché
c’è stata una creazione nuova, il fratello morto è
nato di nuovo e la relazione perduta è ritrovata.
Non dipende dalla conversione dell’uomo ma da
Dio, da un supplemento del suo amore. L’umanità è
rappresentata da due figli, uno nel cammino della libertà
e l’altro nella sicurezza delle tradizioni, tutti e
due lontani da Dio e tra loro.
La speranza di vita è riposta tutta nel padre, che
dona la comunione con Figlio amato.
Tanti drammi della vita possono essere sanati se
attingiamo a questo supplemento.
I bambini hanno portato all’altare e ai loro
genitori la preghiera di confessione.
Quaresima ci educa a lasciare le divisioni e a
confessare Dio e partecipare la sua festa.
Paolo ci invita a riscoprire la riconciliazione.
E’ urgente lasciarci riconciliare.
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QUARESIMA
5 C 2004 (Gv 8,1-11)
Il
brano del vangelo che abbiamo proclamato ha una storia
singolare. Si trova nel vangelo di Gv ma non è scritto
da Gv. Non faceva parte dei vangeli originali, ma si è
conservato nella tradizione orale fino al IV secolo. La
Chiesa antica, da una parte non inserisce il perdono
all’adultera nel vangelo, perché considera
l’adulterio grave peccato, dall’altra conserva
questo evento di perdono. Si rivela una perla di grande
valore. Racconta di scribi e farisei che conducono una
donna sorpresa in adulterio e la pongono in mezzo, tra
loro e Gesù. Forse tengono le pietre in mano per
lapidarla. A loro però non interessa la donna e neppure
l’adulterio; infatti la pena di morte per gli adulteri
non era allora praticata. A loro interessa incastrare
Gesù. E lo fanno in modo drammatico.
Questa
volta non si tratta di una discussione ma di una vita
umana. Per loro l’adultero che tradisce l’alleanza e
che vogliono lapidare è Gesù. Se l’avesse condannata
avrebbe contraddetto il suo insegnamento sulla
misericordia di Dio; se l’avesse perdonata si sarebbe
messo contro Mosé, che aveva comandato di lapidare gli
adulteri. E’ un evento simile a quello del tributo da
dare a Cesare (Mt 22,17). Gesù risponde con gesti e
parole: si china e scrive sulla terra col dito due
volte; si drizza e parla due volte. Dice: Chi di voi
è senza peccato getti per primo la pietra su di lei.
Teniamo presente che Gesù aveva da che fare con esperti
delle Scritture. Nell’esodo era scritto che Mosè si
era recato sul monte e Dio aveva scritto la legge su
tavole di pietra. Mosè, sceso dal monte e visto che il
popolo adorava il vitello d’oro, scagliò le pietre su
di esso. Più tardi ritornò sul monte e Dio scrisse la
legge la seconda volta. Allora Mosè scese, fece
purificare il popolo, lesse la legge e sancì
l’alleanza tra Dio e il popolo con un sacrificio
solenne. Mosè sale e scende due volte, Dio scrive la
legge due volte. La prima volta vince il peccato e la
seconda vince la misericordia. Mentre Gesù scrive la
prima volta scribi e farisei si ostinano a interrogarlo
e quindi si radicano nel loro peccato di mettere a morte
Gesù. Quando scrive la seconda volta essi se ne vanno.
Hanno capito. Condannare è
ingiusto.
Siamo
tutti peccatori e quindi dovremmo condannare a morte
prima noi stessi.
E
Gesù, che è senza peccato, condanna?
La Bibbia rivela la misericordia di Dio. Dio è
fedele nell’amore anche se noi siamo peccatori; egli non
vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva;
non disprezza le cose create, è amante della vita (Ez
33,11; Sap 11,26).
Questo
episodio possiamo leggerlo in parallelo con le nozze di
Cana.
Sono
due episodi che hanno un nucleo storico: un matrimonio a
Cana e un adulterio nel brano odierno, ma
l’evangelista non scrive la vicenda personale degli
sposi.
Nell’episodio
odierno parla di Gesù e dell’adultera, posti uno di
fronte all’altro.
Gesù
è lo sposo tradito dall’adulterio, l’adultera è
Israele infedele.
A
Cana Gesù è lo sposo che assicura il vino e la festa e
Maria è Israele fedele. In tutte due si manifesta la
fedeltà di Dio: dà il vino buono e dice
Và e da ora non peccare più.
Per
noi cristiani è possibile anche il riferimento alla
Pasqua. Dio si abbassa fino a farsi peccato: il
Crocifisso è la prima scrittura che Dio fa di Gesù,
nuovo Adamo.
Dio
si china su Gesù morto e lo risuscita, glorifica
l’uomo con una vita nuova.
Il
Risorto è la seconda scrittura che Dio fa di Gesù e
dell’uomo, operata dal suo
amore che
perdona il peccato e rende possibile l’alleanza antica
ed eterna.
Oggi
bambini e ragazzi hanno preparato il segno della
riconciliazione individuale.
Dio
nella riconciliazione ci fa creature nuove. Lasciamoci
riconciliare. La riconciliazione soffre sempre nella
Chiesa ma è il sacramento che corona il cammino
quaresimale.
Confessare
almeno a Pasqua, si diceva. Non c’è pasqua se Dio non
ci riconcilia a sé.
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