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QUARESIMA
E PASQUA 2004
ANNO C
A cura di Don Carlo Salvador
Campolongo di Conegliano |
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LE
PALME C
2004 (Lc 23,1-49)
Il
vangelo dedica le pagine più belle e intense alla
pasqua di Gesù. Non ci è possibile leggerle e
commentarle adeguatamente nella liturgia. Sta ad ogni
cristiano meditare in modo adeguato la pasqua, per
celebrarla. Quest’anno leggiamo la passione secondo
Luca nella forma breve; mi limito a commentare la scena
che precede la morte di Gesù.
Luca
ci dà una pagina originale molto bella. Gesù,
innalzato sulla croce, diceva: Padre perdona loro,
che non sanno cosa fanno. E’ questa l’icona
della pasqua: Gesù che muore in silenzio e per amore,
pregando in continuità per chi lo uccide. Ai suoi piedi
il popolo osserva. Noi siamo il popolo che osserva per
decidere cosa fare di fronte al crocifisso.
I
Sinottici scrivono: I passanti, i gran sacerdoti, gli
scribi e gli anziani lo insultavano:
Ha
salvato altri, salvi se stesso; scenda adesso dalla
croce e crederemo in lui.
Mt
e Mc aggiungono: Anche
quelli che erano crocifissi con lui lo insultavano.
Luca
sviluppa un dialogo tra i crocifissi: uno insulta Gesù
mentre l’altro lo difende. Tutti e due sono briganti;
non sono uno buono e uno cattivo, ma si comportano in
modo diverso rispetto al crocifisso. In questo modo Luca
ci insegna come il crocifisso ci salva. Quelli che
insultano Gesù in croce, cominciando dai capi, credono
che la salvezza venga dall’uomo, sia una
auto-salvezza; non hanno timore di Dio, il timore che
prova chi aspetta la salvezza da lui. Non capiscono
neppure la distinzione tra il dolore che è conseguenza
della schiavitù al male, e il dolore innocente, che
viene offerto con amore.
Ad
esempio, i tre crocifissi subiscono la stessa sorte ma
la loro situazione è diversa.
Chi
insulta Gesù non capisce questa diversità e aspetta
che Gesù si difenda.
Se
Gesù fosse sceso dalla croce, solo o con i due
briganti, avrebbe tradito il vangelo.
La
salvezza viene dall’amore di Dio tramite
l’obbedienza sofferta di Gesù.
L’altro
brigante riconosce l’innocenza di Gesù, come Pilato
ed Erode, ma a differenza di loro, crede in Gesù e lo
invoca. Tre sono i passaggi della sua testimonianza.
Sono
i passaggi richiesti a tutti coloro che desiderano
essere salvati da Gesù.
·
Distingue
tra la vita innocente e quella peccaminosa.
Confessa
l’innocenza di Gesù e il loro peccato di briganti. Gesù
non ha compiuto nessun misfatto. L’innocenza e la
colpevolezza sono diverse. Oggi gli uomini trattano
nello stesso modo innocenti e colpevoli, bugia e verità,
onestà e disonestà, anzi perseguitano le idee
positive. C’è una urgenza di onorare il valori della
vita e della convivenza.
·
Riconosce
il regno di Gesù, come diverso dai regni della terra.
Egli
diceva: Gesù ricordati di me quando andrai verso il
tuo regno.
Riconosce
Gesù re quando è ancora inchiodato in croce; riconosce
vera la scritta sulla croce. Riconosce anche che il
regno di Gesù, che muore perdonando i nemici, è
radicalmente diverso dai regni della terra, che
condannano a morte. Egli crede al vangelo, a quello che
i discepoli capiranno dopo le apparizioni e la discesa
dello Spirito.
·
Riconosce
che Gesù può ricordarsi di lui nella sua condizione
regale.
Lo
può fare mentre va verso il regno, prima ancora di
esservi arrivato. Il Regno di Dio comincia dalla croce e
può comprendere anche coloro che condividono il
patibolo, anche se condannati giustamente, purché
credano in lui. E’ la fede pasquale.
Questa
pagina è un bella omelia di Luca sulla salvezza: ci
aiuti a lasciarci riconciliare, riconoscendo l’amore
di Dio che si rivela nella pasqua e il nostro peccato.
Questa
domenica fa memoria sia dell’Hosanna delle folle a Gesù,
figlio di Davide, sia della passione e morte di Gesù e
ci dice che dobbiamo prendere posizione verso Cristo.
Chiediamogli
di aggiungere fede alla nostra fede, la perseveranza
nella fede che salva.
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GIOVEDI
SANTO 2004
(Gv 13,1-15)
Il giovedì santo è il giorno del memoriale.
E’il rito liturgico che perpetua la memoria.
L’evento che celebriamo nel rito diventa presente
e operante come quando è avvenuto la prima volta. Le
tre letture proclamano questo memoriale: la pasqua
cristiana, compimen-to di quella ebraica. Il vangelo è
la lettura più importante. La lavanda dei piedi ha la
precedenza e qualifica l’istituzione
dell’eucaristia; dice come pasqua/eucaristia rivivono.
1 Gesù
istituisce un rito nel quale è possibile aver parte con
lui.
Gesù dice a Pietro: se non ti laverò …
Pietro capisce e si lascia trasformare.
Gesù vuole che i discepoli siano mondi.
Cosa significa? Egli fa riferimento al tradimento di
Giuda. Mondi sono coloro che sono senza il peccato di
tradimento, i discepoli che rimangono fedeli
all’amicizia con Gesù e che condividono la sua sorte.
Per avere comunione con Gesù e esservi fedeli occorre
lasciarsi amare da Gesù, perché la nostra fedeltà è
risposta al suo amore. Non voi avete scelto me, ma io
ho scelto voi e vi ho costituito (Gv 15,16). Nessuno
ama Dio per primo. Gesù genera in noi l’amore di
risposta.
2 La
lavanda dei piedi è il gesto di chi è maestro e
signore.
L’amore è dono gratuito, che si manifesta nel
servizio intimo e umile che fanno le persone mature.
Nella vita umana sono i gesti dei grandi verso i
piccoli, dei giovani verso gli anziani, dei sani verso i
malati, dei maestri verso i discepoli, dei genitori
verso i figli, di chi si sposa verso la persona che
sposa, del pastore verso i fedeli.
E’ l’amore di chi ha e condivide con chi non
ha, per creare fraternità.
3 L’amore
gratuito crea comunione.
Chi lava i piedi si mette sul piano dell’altro,
condivide la sua situazione, genera in lui gratitudine,
lo libera in un bisogno, genera una relazione. Dio è il
Signore, il giudice ma quando fa questo gesto è
percepito non come distante ma come solidale e
familiare.
E questo genera la risposta. Pietro lo percepiva
come lontano. Per questo lo rinnega.
Chi
riceve questo amore sa che Dio è sempre il suo signore
e maestro e quindi impara da lui che la cultura e la
signoria sono vere quando generano amore, non quando
dominano.
In
effetti Gesù rende possibili relazioni nuove di
fraternità, cioè la famiglia di Dio.
4 Il memoriale è un esempio
ma è soprattutto il segno.
Gesù dice ai suoi: vi ho lavato i piedi perché
in virtù di ciò che ho fatto a voi, facciate anche voi.
Gesù ci dà la capacità di fare quello che ha fatto
lui. Morendo in croce ha posto una forza di salvezza in
tutte le croci portate dai discepoli. Lavando i piedi
pone la sua forza in tutti i gesti analoghi che facciamo
in suo nome. Gesù ama attraverso noi.
Quando ripetiamo le parole della consacrazione si
rinnova l’eucaristia; così quando viviamo la lavanda
si rinnova la carità
di Gesù. Tutti i gesti di solidarietà che creano
comunione sono abitati da Gesù e quindi perpetuano il
suo amore.
5 La
lavanda dei piedi è beatitudine.
Se capite queste cose sarete beati se le fate.
Occorre capire e fare, fede e azione.
In questa liturgia il pastore lava i piedi ai
bambini e i bambini si lavano i piedi tra loro.
Gesù nel pastore rinnova il rito; i bambini
praticano quello che Gesù li abilita a fare.
La preghiera eucaristica
e la comunione eucarist. richiedono, per essere
pasqua, l’amore grande che lava i piedi. Lo richiedono
a tutti coloro che siedono alla tavola pasquale.
Di lo dona a chi celebra la liturgia ed abilita a
espandere questo amore nella vita.
Chi celebra l’eucaristia è chiamato a camminare
nella storia, a coinvolgere nell’esodo.
Il cammino missionario di Gesù continua nei piedi
che egli ha reso mondi.
Come sono belli sui monti i
piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la
pace.
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VENERDI
SANTO 2004
(Gv 18,1-19,42)
Abbiamo annunciato la passione di Gesù nella
profezia di Isaia, nel racconto di Giovanni e nella
riflessione della lettera agli Ebrei. Sottolineo alcune
idee, per la celebraz. e la vita.
Il processo occupa la parte centrale e più ampia: Anna-Caifa e
Pilato.
1 Evidenzia una giustizia degenerata, asservita
alle ragioni dello stato e della religione. L’autorità
religiosa era chiamata a valutare se Gesù fosse il
Cristo: lo ritiene malfattore, empio, perché si fa
figlio di Dio, lo rifiuta come re, preferendo il re
romano Cesare.
Pensavano che il Messia avrebbe confermato
l’esistente, le tradizioni e l’autorità.
Pilato era chiamato a vagliare se Gesù voleva
farsi re e era una minaccia per l’impero. Non trova in
lui nessuna colpa ma non fa valere il suo diritto di
innocente.
La giustizia normalmente tratta così, non lascia
molti spazi per i profeti e gli innovatori.
2 Evidenzia la statura di Gesù. Era al servizio
del futuro di Dio e della crescita della vita.
Viene tolto di mezzo, eliminato dalla terra dei
viventi, annoverato fra gli empi. Le ragioni di
stato vengono poste prima della persona. Gesù realizza
la sua vocazione, coerente al Vangelo. Gesù qui
riconosce che si tratta di colpa e sottolinea
soprattutto quella religiosa. Chi mi ha consegnato
nelle tue mani ha una colpa più grande. Infatti
nella religione la posta in gioco è più alta, è il
regno di Dio. Domandiamoci: anche oggi ci mettiamo
contro Dio? Siamo coerenti al vangelo?
Il dolore. Nella nostra epoca la teologia vera abita nelle
catacombe e quindi rifioriscono i fondamentalismi. Una
delle certezze oggi è che siamo salvati dal dolore
fisico di Gesù. Vero? Confrontiamo Isaia con la
passione di Gv. Il profeta presenta il servo del Signore
così: uomo dei dolori, al Signore è piaciuto
prostralo con dolori, sarà vittima che offre se
stesso in espiazione. Autorizza a credere che Gesù
ci ha salvato perché ha sofferto molto?
Il profeta Isaia fa capire che Gesù soffre un
dolore fecondo di senso e di frutti: vedrà la luce,
vedrà una discendenza, giustificherà molti. Accade
così nel parto: c’è il dolore ma noi non diciamo che
la nascita è frutto del dolore, perché sappiamo che la
nascita è frutto di cose più importanti. Il dolore
fisico di Gesù è durato meno di 24 ore ed è stato
entro il limite della sopportazione umana. Conosciamo
tante situazioni di dolore che dilatano la violenza.
La passione secondo Giovanni non parla del dolore
fisico, ma della testimonianza di Gesù, della gloria
della croce. La lettera agli Ebrei dice che Gesù è
stato provato in ogni cosa e imparò l’obbedienza
dalla cose che patì. Gesù si rivela fedele a se
stesso e al disegno del Padre. Su questo si era
scontrato con i giudei
ed essi volevano ucciderlo.
Cosa poteva spiegare ancora? Gli restava la
testimonianza del martirio, che affronta decisamente
senza paura. Erode e le altre autorità hanno paura. Ha
imparato che obbedire significa disobbedire agli uomini
rivestiti di autorità dall’alto e obbedire a Dio.
La sofferenza mette in luce la sua scelta
alternativa al giudaismo e la novità offerta da Dio. La
più bella lezione della vita di Gesù è offrire se
stesso in espiazione, cioè essere segno di
contraddizione per rendere possibile la salvezza, che
egli affida alla misericordia di Dio e alla fede dei
discepoli. Ai giudei non restano che le tradizioni
vuote, portatrici di morte.
Non entrano nel pretorio per non
contaminarsi e poter mangiare la pasqua; però
condannano a morte un innocente, per di più figlio di
Dio, e mangiano la pasqua.
Queste contraddizioni sono anche dentro la nostra
religiosità? La pratica e la passione.
La passione inizia nel giardino, al di là
del torrente Cedron e termina nel giardino, dove c’è
un sepolcro nuovo. E’ evidente il riferimento al
giardino dell’Eden, dove si è consu-mato il peccato
di Adamo. L’albero in mezzo al giardino viene
sostituito dalla croce.
Adorare la croce è atto di culto, mangiare dalla
croce è scelta di vita.
Sono le due azioni liturgiche che ora celebriamo.
Facciamole con la fede che salva.
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