Omelie
di Pasqua
2007
a cura di
don Carlo Salvador
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05.04.2007
GIOVEDI' SANTO
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06.04.2007
VENERDI'
SANTO
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07.04.2007
VEGLIA PASQUALE 2007
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08.04.2007
PASQUA
2007
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15.04.2007
PASQUA 2 C 2007
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22.04.2007
PASQUA 3 C 2007
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29.04.2007
PASQUA 4 C 2007
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06.05.2007
PASQUA 5 C 2007
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13.05.2007
PASQUA 6 C 2007
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20.05.2007
ASCENSIONE DEL SIGNORE C 2007
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27.05.2007
PENTECOSTE C 2007
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GIOVEDI
SANTO 2007
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La
cena del Signore ha due caratteristiche: è un rito ed è un modo di
esistere.
La
cena rituale è celebrata fin dalle origini, come testimoniano S.
Paolo e i tre vangeli sinottici. Manifesta l’amore di Gesù che
offre se stesso per vivere e nutrire la vita divina.
Giovanni
presenta la cena che inaugura in noi il modo divino di vivere
l’amore.
Il
giovedì santo le celebriamo insieme come sacramento dell’amore di
Dio che riscatta e libera. Non separiamo i segni che Gesù ha unito
per dire l’amore: pane e vino, come sacrificio gradito a Dio e
lavanda dei piedi come servizio ai fratelli che amiamo.
o
Giovanni dice che Gesù è consapevole di essere stato
mandato a fare una cosa grande.
La
pasqua contiene infatti tutto il suo cammino sulla terra e tutto il
senso della sua vita.
Questi
due segni simboleggiano che Gesù nell’amore diventa la porta
attraverso la quale Dio passa per santificarci e ci fa passare per
renderci capaci di amare come lui ama.
Per
questo siamo venuti nel mondo e siamo cristiani: per passare con Gesù
al Padre, facendo della nostra vita un dono sacrificale a Dio e un
atto d’amore ai fratelli.
La
domenica delle palme abbiamo ornato con l’ulivo il portale della
chiesa per indicare che, come Gesù e attraverso Gesù, passiamo
ogni giorno dall’umano al divino.
Oggi
abbiamo posto i fiori in modo da indicare che l’altare dove
celebriamo l’eucaristia e attorno al quale facciamo la lavanda dei
piedi è la porta che introduce a vivere l’amore in modo divino.
Riflettiamo su due aspetti della celebrazione del giovedì santo.
o
Gesù ci rivela il volto di Dio, un volto che nessuno
aveva mai visto. Gli uomini hanno sempre pensato Dio come
onnipotente, giudice e signore. Gesù dice: voi mi chiamate
maestro e signore e fate bene. Ma sono titoli dati a Dio
dall’uomo, secondo l’idea che egli si fa della vita. Ma la vita
di Dio è altra. Gesù è maestro e signore nell’amore.
Dio
si mette a servizio dell’uomo. Il volto nascosto di Dio rivelato
da Gesù è questo: Dio è grande perché è grande nell’amore.
Dal giovedì santo tutto, AT e NT, va letto così.
Per
noi è difficile riconoscere questo volto di Dio. Pietro reagisce
verso Gesù dicendo: non mi laverai mai i piedi. Ma il volto
di Dio non è negoziabile. O si è come lui o non si ha parte con
lui. Ognuno di noi è provocato. Siamo disposti a cambiare vita,
rispetto alla vita che viviamo nel mondo? Il servizio dell’amore
cristiano non appartiene al volontariato ma alla natura di
Cristo/Chiesa: o si è Chiesa così o non lo si è affatto.
o
Gesù rivela i segni dell’amore divino. Purtroppo la
traduzione svisa il significato.
Gesù
non dice: vi ho dato l’esempio o il modello affinché anche voi
facciate come ho fatto io. Se fosse così vorrebbe dire che noi
siamo capaci di fare da soli quello che ha fatto Gesù. Ma nessun
uomo è come Gesù. upodeigma
vuol dire anche simbolo/segno.
Gesù
ci dà un sacramento: Vi ho dato il segno, perché in virtù di
ciò che io ho fatto a voi, facciate anche voi. Gesù dà la
grazia di fare come lui, in virtù di ciò che ha fatto lui.
Ricupera tutti i servizi fatti per amore ad essere sacramento che
manifesta l’amore divino. Ogni volta che avete fatto questo a
uno di questi fratelli più piccoli l’avete fatto a me,
significa che l’amore ai fratelli, fatto nella grazia, è segno e
sacramento di salvezza.
o
Corpo e sangue donati e servizio ai fratelli in Gesù,
prolungano l’amore di Dio in terra.
La
cena del Signore mette insieme l’amore di Gesù e il nostro amore
ai fratelli.
La
cena non è il pane degli angeli o dei bambini innocenti; è
l’amore di Dio che rende innocenti e rende più degli angeli, in
quanto riscatta e libera da ogni peccato e egoismo, come la cena
pasquale in Egitto ha riscattato il popolo di Dio verso la libertà
divina.
Ringraziamo
il Signore che ci dona Gesù, porta attraverso cui passiamo al
divino.
Viviamo
l’amore che si dona fino alla fine, come la vera dignità dei
figli di Dio.
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VENERDI
SANTO 2007
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Il
racconto della passione secondo Giovanni è molto simbolico.
Narra
la vicenda umana di Gesù che
sale il monte dell’obbedienza al suo Dio.
Narra
la vita divina che permea la sua umanità fino a renderla vangelo,
manifestazione del regno di Dio. Gesù è il figlio di Dio e il
figlio dell’uomo di cui abbiamo bisogno.
Commentare
il racconto luminoso di Giovanni comprende il rischio di rovinarlo.
L’altro
rischio è però che la lettura scivoli via senza lasciare in noi
una traccia profonda. Vi invito a leggerlo e meditarlo con calma con
la grazia di questa celebrazione, che ci dà
una traccia di lettura di una vita donata per amore e resa
partecipe della gloria di Dio.
o
Il racconto si apre con Gesù che entra con i suoi
discepoli in un giardino e si conclude con la deposizione di Gesù
in un sepolcro nuovo in mezzo a un giardino.
-
Il primo giardino simboleggia la creazione nel tempo del peccato.
Gesù,
l’innocente e
l’amato di Dio, viene consegnato da un suo discepolo per il
giudizio.
Di
fronte a Gesù, nessun povero prova vergogna della propria
sofferenza a causa della ingiustizia; nessuno ha motivo di reagire
con violenza alla violenza subita.
-
Il secondo giardino simboleggia la creazione che ospita il corpo di
Gesù, che attende di entrare nella gloria. Il senso della vita di
Gesù è tutto dentro la creazione.
La
libera per sempre dal peccato, perché rifiorisca per la bellezza e
la gioia di tutti.
o
Gesù appare come l’uomo che vive di Dio. Il mio
cibo è fare la volontà del padre mio.
Il
racconto sottolinea ripetutamente che Gesù fa sempre ciò che è
scritto di lui.
La
parola di Dio è il suo grande tesoro, la luce ai suoi passi.
E’
anche il nostro tesoro o noi la trascuriamo, la scartiamo o la
manipoliamo?
La
nostra religiosità senza la parola diventa umana e, come si dice
oggi, religione civile.
Ridurre
il vangelo a umanesimo è prendere in giro Gesù, che vive tutto
radicato in Dio.
Domandiamoci
con sincerità se è la parola di Dio a motivare le nostre scelte.
Se
non è così siamo destinati a seguire gli idoli del mondo.
o
Il racconto mette in luce il grande amore di Gesù per
l’umanità.
Il
sangue e l’acqua che escono dal suo costato trafitto, sono per
battezzare l’umanità.
Gesù
si dona perché noi ci divinizziamo e diventiamo la sua Chiesa, la
sua sposa.
I
cristiani apprezzano il sangue e l’acqua che esce dal costato e ne
danno testimonianza?
La
famiglia è un segno visibile dell’amore di Cristo per
la Chiesa
, amore accogliente, fedele e fecondo? O è unione senza impegno,
minacciata dagli egoismi?
La
comunità è la famiglia di Dio, in cui siamo ospiti suoi e
ospitiamo i nostri fratelli?
Siamo
capaci di accoglienza che perdona, che medica le ferite e che
guarisce e redime?
o
Gesù ha voluto accanto a sé, in tutta la sua vita,
anche sotto la croce, Maria, sua madre.
E
la ha donata a noi, perché cammini insieme con noi, educandoci a
riconoscere Dio.
Tanti
cristiani fanno di Maria una dea perché li protegga, una persona
che ascolta parole senza attualità, una devozione gratificante che
dia l’illusione di essere ancora cristiani.
Maria
ci educhi a vivere della parola, a fare corpo con Gesù, a camminare
in comunità.
Il
racconto della passione secondo Giovanni invita a rivedere la nostra
vita, a pregare per tutti, a valorizzare la croce, a testimoniare
umilmente l’amore a Dio e ai fratelli..
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VEGLIA
PASQUALE 2007
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Nella
veglia pasquale la liturgia percorre l’itinerario della memoria
dell’alleanza.
Il
fuoco ricorda che l’alleanza inizia da Dio, che scende e si
manifesta a Mosè nel roveto che arde senza bruciare, per andare con
lui e in lui a liberare il suo popolo.
Abbiamo
potuto benedire questo segno dell’amore di Dio in un braciere
posto sopra un bel monumento in pietra, che rimane nel sagrato come
segno e riconoscimento all’iniziativa di Dio che salva.
Dall’amore
di Dio è stato generato il Figlio di Dio fatto uomo.
Il
cero acceso al fuoco ricorda che nella persona di Gesù arde e
rifulge l’amore di Dio.
Il
cero rimane, come segno del Risorto, davanti all’altare
nell’ottava pasquale e accanto al battistero durante il resto
dell’anno. Anch’esso è su un supporto in pietra dignitoso.
All’ambone
è stato proclamata la parola di Dio che ha percorso la storia della
salvezza e la ha resa possibile. Dall’ambone proclamiamo i salmi,
risposta ispirata alla parola di Dio. L’ambone è in pietra e
posto in linea con l’altare, e forma con esso le due mense che Dio
prepara al suo popolo.
Nella
cappella battesimale faremo la benedizione dell’acqua che ricorda
le cose belle che Dio ha fatto in essa e attraverso di essa per
riversarle abbondanti nel battesimo.
Nella
veglia la liturgia battesimale è solenne per ricordare che in
questa notte da 20 secoli
la Chiesa
inizia i suoi figli
nella vita divina.
Anche
il battistero, come gli altri segni, è in pietra.
All’altare
porteremo le nostre offerte, quelle rituali e l’elemosina, che
sostiene la pastorale e la carità verso i fratelli che sono nel
bisogno. Tutto viene trasformato dallo Spirito, nella carità che
egli rende possibile, perché diventi cibo e bevanda di salvezza.
L’altare,
formato da due blocchi di pietra a forma di croce, è simbolo di Gesù
che è stato sacrificato per noi e per noi diventa cibo di vita
eterna e di fraternità.
Al
centro del trittico abbiamo posto un riquadro del Risorto, ricava
dall’affresco della cappella. Esso rimarrà nell’ottava di
pasqua a ricordarci che Dio, rappresentato dall’angelo, chiama la
comunità cristiana, rappresentata da Maria, a rendersi disponibile
perché avvenga di essa ciò che la parola di Dio ha detto in
passato, dice oggi e dirà nel futuro alla sua Chiesa. Anche il
trittico è incorniciato nella roccia.
Questi
segni, legati tra loro dal materiale della pietra-roccia, che è
simbolo di Cristo, ci aiutino a vedere, nella celebrazione vigilare
e nelle celebrazioni sacramentali, il cammino dell’alleanza di
Dio, che viene offerto a noi, per mezzo di Cristo, con Cristo e in
Cristo, a lode e gloria della Trinità, per tutti i secoli e per
l’eternità.
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PASQUA
2007
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La Chiesa
celebra la pasqua da 2000 anni; noi la celebriamo dalla nostra
infanzia.
Le
consuetudini celebrative possono essere esperienza progressiva di
risurrezione o divenire impedimento al pullulare in noi della vita
verso il suo compimento finale.
Chi
non trova il senso della vita nella breve esperienza terrena ha una
domanda sospesa nel cuore. Che cosa fare per avere la vita
eterna? Come vivere oltre la morte?
Alcune
persone, come il dottore della legge e il giovane ricco, lo hanno
chiesto a Gesù.
I
discepoli dopo la morte di Gesù si sono chiesti se la sua vita, il
regno che aveva annunciato e inaugurato e
la speranza che aveva suscitato nei poveri potevano finire.
C’è
un’esperienza spirituale che conforta il cammino cristiano sulla
terra. Non è speranza ideale di risurrezione di cadaveri ma
esperienza spirituale in cui si recepisce che la propria vita non è
soffocata dalla morte né rubata dal ladro né corrosa dalla
ruggine.
Pilato
ha dato a Gesù una testimonianza di grande valore quando ha detto: Non
ho trovato in quest’uomo nessuna cosa che meriti la morte.
Pilato intendeva che niente in Gesù meritava la crocifissione. Ma
la sua affermazione è anche una profezia: tutte le cose che ci
sono in quest’uomo meritano la vita eterna, la vita oltre la morte
è già in lui.
I
testi sulla risurrezione adducono prove o segni all’esperienza
spirituale, e l’esperienza interiore non si può descrivere a
parole. Oggi il vangelo mette al centro il sepolcro vuoto, ma è un
segno che genera apprensione in Maria di Magdala, non comprensione
in Pietro e fede in Giovanni. Non prova da solo ma parla
all’esperienza che le singole persone hanno di Gesù. La prova
vincente viene dall’interno della vita spirituale di ognuno e
ognuno la apprende a mano a mano che consuma la propria vita
terrena; è nella vita.
Il
percorso quaresimale quest’anno fa vedere che cosa
in Gesù merita la vita eterna.
o
Egli ha unificato nella sua persona vita umana e vita
divina. Come è avvenuto?
La
domenica delle palme abbiamo celebrato Gesù come porta che
introduce nel divino. All’inizio si proponeva la vita umana. Era
come un campo e quella divina come un seme. Gli uomini frequentavano
quel campo e calpestavano quel seme. Alla fine la sua umanità
appariva devastata: Ecco, il mio servo non ha apparenza né
bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per potercene
compiacere(Is
53,2). Ma la sua divinità si è resa visibile. Il
centurione, vistolo morire in quel modo, disse: Veramente
quest’uomo era figlio di Dio!. Il pagano dove non si vede più
l’uomo “vide” la vita divina di Gesù.
o
Dal cuore trafitto del crocifisso esce sangue ed
acqua; è il tempio, simboleggiato nella visone del profeta
Ezechiele, da cui esce una sorgente che irriga e risana e fa vivere.
La
vita cristiana diventa come quella di Gesù sulla terra: campo umano
e seme divino.
Il
Giovedì santo ci ha presentato il segno del pane e del vino e il
segno della lavanda dei piedi, i sacramenti nei quali l’amore fino
alla fine di Gesù per il padre e per i fratelli vive nell’amore
dei discepoli. La vita che fa vivere altre vite sopravvive in loro.
o
Il Risorto verrà nella sua gloria per introdurci nel
regno che Dio ha preparato per noi fin dalla fondazione del mondo.
Egli è ancora porta del passaggio definitivo.
La Chiesa
che vive sulla terra come era vissuto Gesù, attende la venuta del
suo sposo e signore.
Nella
veglia abbiamo sostituito l’immagine del crocifisso con un
riquadro del Risorto che è affrescato in cappella.
L’annunciazione a Maria rivela il compiersi dell’annuncio di Dio
dopo il peccato. Il seme della donna ha vinto il serpente. Non c’è
nulla in lui che meriti la morte; anzi in lui ogni vita creata e
redenta da Dio trova risurrezione e bellezza.
Chi
celebra la pasqua cerca prove di risurrezione in se steso. La sua
vita spirituale, l’aver mangiato
e bevuto con il Risorto, lo rende testimone naturale di
risurrezione.
La gente si incolonna di fronte alle apparizioni, vere o
presunte. Cosa cerca? Una verifica umanamente comprensibile, che si
possa palpare e vedere. Non solo segni esterni, come il sepolcro
vuoto, i segni che il risorto compie in un contesto diverso da
quello della sua vita terrena. Avere delle evidenze carnali delle
cose dello Spirito. Gi apostoli arrivano a una evidenza che li fa
certi che Gesù vive? Possiamo essere testimoni di avvenimenti
straordinari che non ci
ridanno l’anima e non modificano la vita interiore. La stesa fede
nella risurrezione è un festa religiosa più che un evento che
organizza la vita del discepolo e della comunità cristiana. La
religione diventa così una festa umana.
Abbiamo bisogno di esperienza interiore silenziosa di
illuminazione che modifichi e dia luce e profondità nuova a tutte
le cose. Beati coloro che crederanno senza aver visto.
Gesù
dice anche a noi come a Maria di Magdala e ai discepoli di Emmaus: non
mi trattenere nell’umano o nelle consuetudini spirituali
passate. Andate nella comunità, dai fratelli e li vi sarà
manifestato mi troveranno. .
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PASQUA
2 C
2007
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Ogni
anno il giorno ottavo di pasqua leggiamo questo brano di Giovanni.
Le
apparizioni descrivono come Gesù si è manifestato ai discepoli,
come
la Chiesa
si è formata e quindi
come è costituita per sua natura. Quest’anno sottolineiamo due
cose.
o
Gesù appare ai discepoli la sera di Pasqua, alita su
di loro e dice: Ricevete lo Spirito santo. La festa di Pasqua
si prolunga per una settimana di settimane, chiamate le sette
settimane della santa
pentecoste. Esse infatti formano come un solo giorno del Signore,
una sola domenica.. Luca scrive che lo Spirito discese a Gerusalemme
nel compiersi del giorno della pentecoste. Giorno indica il periodo
di tempo in cui si celebrava la solennità. E’ inutile cercare nei
testi sacri una cronologia precisa.
La Scrittura
rivela la fede così come è stato trasmessa, cioè attraverso
eventi accaduti in tempi e situazioni diverse.
E’
bello per noi recuperare la teologia espressa nel vangelo di
Giovanni.
La
pentecoste inizia la sera della risurrezione di Gesù e comprende il
tempo pasquale.
Esso
è il tempo speciale dell’azione dello Spirito che prende le cose
di Gesù e le fa vivere nei discepoli e nella comunità cristiana:
la parola, i sacramenti e la carità.
La Scrittura
rivela solo alcuni degli eventi operati dallo Spirito nelle comunità
cristiane.
Anche
oggi lo Spirito continua a operare nelle persone e in tutte le
comunità cristiane.
Basta
ricordare quanto è attuale il perdono dei peccati, che è compiuto
dallo Spirito.
o
La comunità cristiana si riunisce ogni settimana per
fare memoria di Gesù.
Inizia
il giorno di pasqua e si rinnova settimana dopo settimana.
L’esperienza di fede si fa nella Chiesa in cui continua la
presenza di Cristo.
La Chiesa
è sacramento, perché unisce dimensione umana e divina. Gesù univa
umano e divino nella sua persona.
La Chiesa
lo unisce in quanto è unita a Gesù, in quanto compone il suo
corpo.
Le
singole membra hanno la vita divina in quanto sono legate al corpo
di Gesù risorto..
C’è
un tabernacolo che raccoglie la presenza di Gesù nel pane
eucaristico conservato per la comunione ai malati e agli assenti, e
noi ci inginocchiamo davanti a pregare e adorare.
C’è
la comunità ecclesiale che contiene la stessa presenza di Gesù,
che comunica la vita divina a tutti i membri di una comunità e noi
dovremmo adorare anche questa presenza.
La Scrittura
dice che la
la Chiesa
è la sposa dell’Agnello, che l’ha conquistata con la sua morte
e la nutre con la sua vita. Per noi non è facile stimare questa
sposa ora che è ancora rivestita del peccato. Se qualcuno profana
il tabernacolo lo riteniamo un sacrilego; se qualcuno critica/umilia
la comunità ci lascia indifferenti e talora ottiene solidarietà.
La Scrittura
dice che Dio ci ha scelti e messi insieme. Non voi avete scelto
me ma io ho scelto voi. Nessuna comunità è senza difetti,
nessun prete e nessun cristiano.
Tutti
ci riconosciamo peccatori ma poi parliamo dei peccati degli altri e
noi dei nostri.
Iniziamo
la Messa
con l’atto penitenziale: ho peccato molto in pensieri, parole,
opere e omissioni. Ma fuori di Chiesa questo non è più vero.
Cominciamo a dire in pubblico i nostri peccati in pensieri, parole,
opere e omissioni, soprattutto quelli che fanno male. Voler bene
alla comunità significa mettere in luce l’amore di Dio per essa e
il bene che Dio compie in essa e farci carico, come ha fatto Gesù,
dei peccati del nostro prossimo.
Ogni
settimana la comunità si riunisce, per ascoltare Dio, per lavare i
piedi degli altri, per nutrirsi alla linfa vitale che è Cristo,
eucaristia che nutre di divino tutte le sue membra, per aprire le
strade del cammino ecclesiale entro un mondo pervaso anche oggi dal
peccato, per lasciarci guidare dalle persone che Dio ha chiamato a
questo compito.
Preghiamo
il Signore di aiutarci a vivere il tempo pasquale, o tempo dello
Spirito santo, come grazia e a valorizzare la comunità cristiana,
come facevano i cristiani delle origini.
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PASQUA
3 C
2007
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Il
vangelo di Giovanni è aperto da un prologo e chiuso da un epilogo,
come da cornice.
Il
cap. 21 mostra che Gesù e i discepoli hanno ritrovato l’unità
nella cena offerta da Gesù, dopo la pesca miracolosa. Gesù destina
a Pietro e al discepolo che amava il ruolo entro la comunità
credente: Pietro sarà il pastore tipo e Giovanni il credente
privilegiato.
Il
testo è ben curato nell’insieme e nei particolari; è una pagina
bella della Scrittura.
Di
questo capitolo abbiamo proclamato il dialogo fra Gesù e Pietro. Su
esso riflettiamo.
o
Pietro è a tavola con gli altri discepoli e Gesù,
dopo la cena, rivolge la sua parola a lui.
Il
dialogo è bello per la relazione fra Pietro e Gesù e significativa
per la fede ecclesiale.
Può
essere tipo di ogni dialogo tra Gesù e un discepolo, e può
ispirare la nostra preghiera.
Gesù
parte dal momento in cui si era rotta la relazione con Pietro, non
per rimproverarlo ma perché la parola di Dio raggiunge sempre il
discepolo nella sua esistenza reale.
Pietro
aveva rinnegato tre volte Gesù in una situazione che non era
pericolosa per lui. Nessuno infatti cercava di arrestare i
discepoli. Giovanni, ad esempio, segue la passione.
Pietro
è sincero con Gesù e lo segue con generosità, ma è attaccato a
se stesso, fino a tradire i suoi ideali e a rinnegare l’amico.
Questa è la condizione di ogni discepolo, ad eccezione di quello
che Gesù amava. L’amore di Gesù preservava Giovanni dal male.
Pietro
è un discepolo normale, come noi. Gesù una volta lo chiama anche
diavolo: colui che lo divide da Dio. Prestiamo attenzione: il
discepolo è ogni giorno nella condizione di rinnegare Gesù, perché
è uomo e quindi debole di fronte alle esigenze del divino.
La
passione aveva manifestato a Pietro la sua debolezza e la potenza
dell’amore di Gesù.
o
Gesù non usa giri di parole o tattiche psicologiche o
diplomatiche. Va a guarire la ferità.
Simone,
ami me più di questi? La domanda ci rimanda alla parabola dei
due debitori a cui il padrone aveva rimesso il debito di 50 e di 500
denari. Quale debitore amerà di più quel padrone? A Pietro, a cui
ha perdonato un peccato più grande, Gesù chiede di amarlo di più
degli altri. Quando siamo perdonati più degli altri dobbiamo amare
più degli altri.
La
relazione che lega il pastore e i pastori scelti da lui è relazione
d’amore. Non altro.
Ogni
pastore sa di essere amato da colui che lo ha scelto e risponde
dell’amore a lui.
o
Gesù consegna a Pietro, in misura unica, il compito
di pascere il gregge di Gesù. Anche qui una sottolineatura forte:
le pecore non appartengono a Pietro, o ai pastori, ma a Gesù. Il
pastore ha un’autorità limitata sul gregge, non per eventuali
diritti del gregge ma per i diritti Gesù sul gregge che gli
appartiene. In altre parole il pastore non risponde al gregge ma a
Gesù. E’ molto più impegnativo rispondere a Gesù che al gregge,
ma è anche molto più gratificante, perché siamo più sicuri nelle
mani di Dio che in quelle degli uomini.
o
Gesù conclude il colloquio con Pietro con la parola: Seguimi!
Stenderai le mani ed un altro ti cingerà e ti porterà dove tu
non vuoi. Pietro morirà crocifisso come il pastore bello. Gesù
non promette titoli onorifici o carriere brillanti o amicizie
importanti o beni terreni e neppure la riconoscenza delle pecore che
Pietro pascerà in nome di Gesù.
Il pastore incontrerà la persecuzione, come Gesù.
Il pastore perseguitato è autentico. Beati voi, quando mentendo
diranno ogni sorte di male contro di voi a causa mia. Rallegratevi
ed esultate. Tra i pastori della Chiesa e il pastore bello c’è
una dipendenza esistenziale, la partecipazione alla passione di Gesù
è preludio alla partecipazione alla sua gloria. Ricordiamolo anche
oggi: Gesù non ha insegnato a organizzare manifestazioni di piazza
per difendere i valori del vangelo. Ha insegnato a stendere le
braccia e a lasciarci portare dove non vogliamo, perché come
insegna a Pietro, il cristiano è chiamato ad amare. Tutto qui,
l’amore, qualunque cosa succeda, anche la morte.
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PASQUA
4 C
2007
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Oggi
la parola ci presenta l’icona del pastore buono/bello: nell’AT
è Dio; nel NT è Gesù.
Nella
nostra cultura il pastore è quasi sconosciuto e parlare di pecore
è quasi offensivo. E’ considerato pecora chi non pensa in
proprio, non ha personalità e va dietro ad altri. Gregge è
sinonimo di massa amorfa dove i singoli non contano. Nel mondo
biblico pastore, gregge e pecora appartengono alle cose familiari e
indicano le relazioni vitali, naturali, mature. Dio ha scelto questa
immagine per rivelare se stesso in
relazione con noi. Ha dunque dei significati profondi oltre
il linguaggio umano e va capita nella cultura biblica, perché le
parole hanno il loro senso nel contesto culturale in cui Dio le ha
dette. Ascoltare o leggere le parole di Dio con la culture del mondo
devia dalla verità. /studio/
Prima
della comunione diciamo: Ecco, l’agnello di Dio. Agnello
dice bene il Gesù della fede: non violento, pronto sempre a
riconciliare e a rispettare la dignità delle persone e a
sacrificarsi per gli altri. La parola agnello fa capire la
natura delle relazioni cristiane.
o
Il brano del vangelo letto oggi mette in luce la prima
qualità della relazione con Dio.
Le
mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse seguono me.
Pensiamo
alla relazione della madre con il bambino: non si basa sui
ragionamenti ma sulla conoscenza; basta la voce della mamma perché
il bimbo senta la sua presenza e trovi serenità nella sua
compagnia. Il bambino segue la mamma, sta con lei ed è sereno.
Le
relazioni familiari sono le esperienze base anche delle relazioni
vere tra adulti e Dio.
Per
relazionarci con Dio abbiamo solo la parola resa viva dallo
Spirito santo: la parola ascoltata in comunione con
la Chiesa
, la preghiera liturgica fatta in Cristo e nella Chiesa.
Se
non sono in comunione l’ascolto e la lode non sono nella Chiesa e
neppure in Gesù.
Solo
l’ascolto che suscita la preghiera e la preghiera che nasce
dall’ascolto servono Dio.
Altrimenti
diventano devozioni: preghiere ripetute senza che illuminino il
cuore di senso. Il cuore è grande nelle devozioni ma è cuore che
manifesta sentimenti religiosi umani.
o
Venti bambini per la prima volta oggi celebrano
la Messa
come noi, con la comunione.
E’
un gruppo bello: ascolta la parola con incanto; è trasparente nel
celebrare.
Vivono
l’esperienza della comunione con Gesù, incontrato nella famiglia
e n. comunità.
I
bimbi diventando grandi si inquinano nella cultura umana e religiosa
degli adulti.
Noi
grandi siamo critici, autosufficienti, tendiamo a imporre il nostro
pensiero e il nostro sentire, chi nella vita di comunità e chi
isolandosi; abbiamo perso la capacità di ascoltare Dio con la
fiducia del bambino, di parlargli con il suo incanto.
La
prima comunione significa la prima Messa completa.
La Messa
non ha più, come prima, solo l’ascolto di Dio e la preghiera
eucaristica di risposta ma diventa spezzare insieme il pane, la
linfa che nutre la vita divina delle singole persone e della comunità.
La
vita cristiana è personale e comunitaria in modo inscindibile. Non
facciamo mancare ai bambini l’esperienza eucaristica; viviamola
con loro. Si allontanano quando non si nutrono più di Gesù
eucaristia, perché egli è il cibo necessario della vita cristiana.
o
Giornata delle vocazioni. esse mi seguono: si
consacrano al regno come sono io.
La
giornata del pastore. L’ascolto, la preghiera eucaristica e la
comunione sono possibilie se c’è il parroco che rappresenta Gesù
pastore nella comunità. Anche qui le cose sono inscindibili. Senza
pastore non c’è comunità cristiana.
Con
Cristo, per Cristo e in Cristo, comprende con il pastore che Dio
ci ha dato.
La
celebrazione del pastore, del pane di vita e delle vocazioni ci
rimanda alle relazioni base della vita cristiana a cui non possiamo
rinunciare.
Preghiamo
il Padre che ci riveli il Figlio, che è
vivo e vivificante nella comunità.
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PASQUA
5 C
2007
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Celebriamo
la festa dei fanciulli, con loro. Sono fanciulli battezzati,
cristiani che appartengono alla famiglia parrocchiale. Diamo loro
spazio nella comunità/celebrazione.
Per
i bambini di questa età la presenza più importante è quella dei
genitori: con loro c’è un rapporto intenso, in cui essi non sono
passivi ma protagonisti. Chi obbedisce?
Nella
parrocchia una presenza simile, un dono che Gesù fa loro per
incontrarli, è Maria.
o
Guardiamo alla nostra chiesa: abbiamo varie immagini
di Maria: impariamo/insegniamo a leggerle, perché richiamano una
presenza e stabiliscono un rapporto importante.
L’immagine
principale per collocazione e significato è quella affrescata nel
trittico.
Mostra
Maria in ascolto di Dio/angelo. Al centro c’è il crocifisso, ma
può essere Gesù in ogni momento della vita: è l’annunciato che
Maria segue/serve, come ogni genitore.
In
piccolo l’annunciazione è riprodotta nel dosso inferiore della
bella cornice in pietra che dà risalto all’affresco, esaltandone
ai nostri occhi la bellezza e l’importanza.
Un’altra
immagine è nell’icona della pentecoste e riproduce Maria vicina
al Risorto presente nello spazio vuoto tra lei e il discepolo che
Gesù amava. Maria è lì perché Gesù, in una nuova annunciazione,
le aveva affidato il discepolo amato,
la Chiesa
nascente.
Un’altra
icona di Maria è in cappella dipinta in atteggiamento di
venerazione davanti al tabernacolo che racchiude il mistero del
risorto che opera nel pane e nella creazione.
Altre
immagini sono: Maria nella natività, nell’affresco del
presbiterio, e Maria con il bambino in un bel bassorilievo in pietra
nell’edicola al lato destro del trittico.
o
Un’altra immagine è la statua lignea posta nella
navata laterale davanti al confessionale.
Il
Concilio ci educa a vedere Maria accanto a Gesù e alla Chiesa in
tutti gli eventi della salvezza.
La statua ritrae Maria nella sua maternità, quando Gesù era
fanciullo.
I
genitori possono portare i fanciulli e dire loro: Maria tiene Gesù
in braccio come io tengo te: Gesù sta come te abbandonato in lei,
sicuro e contento e io sono contenta come lei. Maria è la mamma che
tiene in braccio i fanciulli, perché Gesù li ha affidati a lei.
La
comunità può guardare questa statua e dire. Anche noi abbiamo i
bambini da educare, da amare, dando loro il vangelo e la
testimonianza dei valori grandi. Tocca a noi ora fare quello che ha
fatto e detto Gesù: Ecco tua madre; ecco i discepoli che io amo.
Contemplando
questa immagine i genitori e la comunità cristiana si
responsabilizzano rispetto ai fanciulli, che sono importanti per il
domani e per l’oggi dell’umanità/Chiesa.
I
bambini portano i genitori alla parrocchia e la parrocchia a
lavorare per il domani.
In
questo modo la giornata dei fanciulli diventa giornata delle
famiglie e della comunità.
Riscoprono
la responsabilità e la gioia della maternità sacramentale, che è
insita nel matrimonio fra due sposi e fra Cristo e
la Chiesa.
o
La statua di Maria sta bene dove è collocata: non è
in un angolo perché non è solo là, è lì per i fanciulli; altre
immagini peri i grandi occupano altri spazi e illustrano altri
aspetti.
Maria
non manca all’assemblea, perché è nel trittico e nelle due
navate laterali.
La
statua è posta all’altezza del bambino in braccio o accompagnato
dalle catechiste.
Davanti
a lei c’è tutto lo spazio della navata laterale in cui sedersi,
contemplare e pregare.
I
bambini possono avvicinarsi, mettere un fiore e fare i gesti a loro
naturali/spontanei.
Oggi
doniamo la foto della statua,
perché aiuti a “scoprire” Maria i fanciulli nella chiesa.
Occorre
educarci ed educare. L’omelia che ho fatto non è estranea al
vangelo ascoltato.
o
Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi.
Amate i bambini dando loro la mamma come io l’ho data a voi, perché
possano accoglierla e imparare ad accogliere me.
I
grandi possono applicarla a tutta la vita cristiana. Ci amiamo come
Gesù ci ha amato?
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PASQUA
6 C
2007
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La
parola oggi ci suggerisce tre attenzioni.
o
Popoli tutti, lodate il Signore. Dio si era
scelto Israele come suo popolo fra tutti i popoli.
Gesù
è nato ed è cresciuto in questo popolo e ha annunciato il vangelo
entro i suoi confini; egli cresce in sapienza e grazia secondo le
scritture di Israele a cui ispira tutta la sua vita. Maria,
chiamata: “donna”, è simbolo di Israele e vive della sua
spiritualità.
Ma
alla fine della sua vita Gesù si rivelerà come il Figlio di Dio,
risorto e signore, una persona nuova rispetto alla sua vita terrena.
Una persona, a qualunque popolo appartenga, diventa cristiano quando
si converte alla novità di Cristo. Il crocifisso consegna Maria
come madre ai discepoli che ama. Anche Maria cambia appartenenza.
L’AT rimane ma cambia significato: va letto in funzione del
Risorto. Non ha più senso né valore appartenere alla religione
ebraica. Saulo, ebreo colto e zelante persecutore della Chiesa
nascente, cade da cavallo e diventa cieco: ha bisogno di iniziare da
capo e di essere condotto per mano. Il primo Concilio della Chiesa
tenuto a Gerusalemme riconosce che i pagani che si convertono non
hanno bisogno di entrare nella religione ebraica attraverso la
circoncisione. Se è così anche gli ebrei hanno bisogno di
conversione. Da questo Concilio nascono conseguenze grandi nella
storia della salvezza. Anche noi dobbiamo convincerci che la
salvezza viene non da una religione codificata e dalla sue
tradizioni ma dall’adesione a Cristo, mediante una conversione
della vita per farci uomini nuovi che partecipano della vita divina.
La crescita nella vita cristiana è l’imperativo cristiano.
o
La vita divina fiorisce così. Il Padre ama Gesù e
Gesù rimane nel suo amore osservando i suoi comandamenti. Non sono
i comandamenti dati a Israele attraverso Mosè ma sono le esigenze
dell’amore di Dio. Si tratta di conoscere ed accogliere la parola
che il Padre dice al figlio per accompagnare la sua crescita e
dell’obbedienza di Gesù che si lascia educare dalla parola del
Padre. Gesù dice che anche lui ama i discepoli come il Padre ama
lui e che i discepoli devono rimanere il lui osservando la sua
parola. Evangelizzare significa annunciare la parola di Dio. Sono
fuori strada i cristiani che ritengono che la catechesi non occorra
e che sia sufficiente quello che sanno e ascoltano la domenica in
chiesa.
La
parola di Dio è nuova sempre come le parole che diciamo alle
persone che amiamo.
Senza
la parola di Dio la preghiera si svuota, la fraternità esprime solo
l’esistenza umana. Sbagliano i cristiani che ritengono che nessuno
può giudicare la loro fede. La fede nasce e si alimenta dalla
parola e chi non ascolta la parola annunciata nella Chiesa non ha
fede. Come può
la Chiesa
formare alla fede senza discernere quale fede hanno i discepoli?
Per
salvarsi non basta osservare i comandamenti; anche i pagani li
osservano.
o
Lo Spirito santo è mandato dal Padre nel nome di Gesù.
Il suo compito è insegnare tutto.
Lo
Spirito prende quello che è di Gesù e lo fa vivere in noi. Se lo
Spirito insegna quello che ha insegnato Gesù significa che prende
la parola di Gesù e la rende attuale in noi.
La
parola di Gesù che lo Spirito insegna noi non la conosciamo ancora,
anche se è scritta nel vangelo o la riteniamo a memoria. Lo Spirito
vivifica la parola in modo che incida.
Gesù
dona ai discepoli la sua pace. Non è la pace che dà il mondo. Non
si esporta con la guerra ma con il dono di sé fino alla fine. E
questa capacità di dono non abbiamo la forza di accoglierla da
soli; ce la può trasmettere solo lo Spirito santo. Lo Spirito
ravviva il cuore turbato o pieno di timore e rende capaci di dare
testimonianza fino al martirio.
Quando
ci scambiamo il segno della pace trasmettiamo la pace di Gesù che
abita in noi ai fratelli. Se questa pace non ci abita non possiamo
trasmetterla e il gesto è solo umano.
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ASCENSIONE
DEL SIGNORE C
2007
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L’ascensione
è una solennità della pasqua del Signore. La pasqua è presentata
dagli evangelisti in modi e tempi diversi. Giovanni colloca nel
giorno dopo il sabato, cioè nello stesso evento, le apparizioni e
la discesa dello Spirito e non accenna all’ascensione.
I
Sinottici descrivono il tempo delle apparizioni che si concludono
con l’ascensione.
La
pentecoste inaugura il tempo della Chiesa ed è ricordata non nei
vangeli ma negli Atti.
o
In realtà la risurrezione, la glorificazione e la
discesa dello Spirito sono contemporanee.
In
quanto eventi che riguardano Gesù risorto, accadono nella vita
eterna, fuori del tempo e delle modalità che segnano la sua vita
terrena. In quanto riguardano i discepoli, hanno effetti dentro la
storia. I discepoli hanno bisogno di tempo per passare dalla
relazione con Gesù nella carne all’incontro con lui nello Spirito
santo. Anche la liturgia usa questa progressione per celebrare la
ricchezza della pasqua cristiana, per assimilarla e viverla.
o
L’ascensione mette in luce il modo nuovo con cui Gesù
si mette in relazione con i suoi discepoli, dopo la sua
glorificazione. Perché continuate a guardare verso il cielo?
Ed
essi andarono e operarono dappertutto mentre il Signore operava
insieme con loro.
I
discepoli non si fermano a fissare il passato straordinario che
hanno vissuto con Gesù sulla terra ma vivono il presente/futuro con
lui nella missione in cui operano insieme.
Salire
al cielo non significa andare in un altro luogo ma in un altro modo
di essere e di operare. La terra fa parte del cielo e
la Gesù
è con noi sulla terra fino alla fine dei secoli.
o
La liturgia ci educa a celebrare la memoria, nella
quale il passato diventa presente, in virtù dello Spirito santo che
lo prende e lo fa rivivere a noi. Accade nella predicazione della
parola, nei sacramenti e nella solidarietà, eventi nei quali Gesù
diventa presente a noi e opera la salvezza del mondo. Non sono
importanti l’interiorità in se stessa né la attività in se
stessa ma la missione in cui Gesù opera con
la Chiesa. Noi
non viviamo da soli, in uno sterile isolamento, ma dentro
la Chiesa
e nella sua missione: dove due o più sono uniti nel nome di Gesù,
sia nella contemplazione sia nella pastorale concreta.
I
discepoli hanno conosciuto Gesù nella vita terrena condivisa con
lui ma alla fine di essa lo hanno abbandonato; solo nella missione,
dopo la discesa dello Spirito, lo riconoscono fino al martirio,
perché nella missione incontrano Gesù che opera con loro.
o
I discepoli non incontrano Gesù da soli ma nel far
comunità, nella Chiesa missionaria.
Anche
Paolo, l’apostolo che si scontrava con molti, Pietro compreso, per
essere fedele alla missione che il Signore gli aveva affidata,
ricercava la comunione con la comunità.
Egli
si fa premura di consultare gli apostoli, per non rischiare di
correre invano.
o
Domenica prossima celebriamo la solennità della
pentecoste e la festa dell’appartenenza.
All’inizio
della Messa solenne delle 10.30 faremo la processione dalla fontana
alla chiesa, con i fedeli che partecipano, i consigli pastorali e i
gruppi. Pastorali. Porteremo ognuno una porzione di acqua attinta
dalla fontana. E’ acqua che zampilla e simboleggia lo Spirito
santo, effuso dal Padre
e dal Figlio, fontana inesauribile dell’amore.
Arrivati
in chiesa deporremo l’acqua in un vaso di vetro nel presbiterio,
riconoscendo che lo Spirito santo e i doni che ognuno di noi ha
ricevuto vanno messi insieme nella comunità, in cui ognuno, nel
condividere la parola, la grazia dei sacramenti e la fraternità
incontrerà il Signore e con lui si metterà in servizio della
missione della Chiesa.
Se
siamo figli di Dio la nostra famiglia è la comunità. Non possiamo
vivere senza.
Il Consiglio pastorale consegnerà anche un
messaggio. Serviamo il Signore nell’ascolto e nella lode,
nelle modalità possibili oggi nella nostra comunità, suscitando
adesioni nuove al cammino ecclesiale, per rendere possibile il
futuro che Dio vuole preparare.
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