Catechesi

dell'anno pastorale

2002 - 2003

 

a cura di

Don Carlo Salvador

LA PARABOLA DELLA CROCE

Parrocchia di Campolongo

Conegliano, settembre 2003

 

LA CROCE E LA FAMIGLIA DI DIO

 

 

La croce è parabola della salvezza e nuova annunciazione.

Il crocifisso prima di morire rivela la sua volontà circa il futuro della salvezza.

“Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

Che cosa significa che la croce eleva tutti al livello del Figlio di Dio?

L’idea guida sottolinea che la croce trasforma i credenti in famiglia di Dio.

Il vangelo rivela un’idea suggestiva di famiglia, che non c’è nella realtà umana ma che si sviluppa nella storia della salvezza.

Gesù nasce e vive in una famiglia. La sua esperienza è fondale per la famiglia che Dio stesso si vuole creare. Essa è nuova, perché partecipa alla santità della famiglia trinitaria.

La famiglia santa è caratterizzata dalla relazione con Gesù e dall’obbedienza a Dio.

Essa cresce secondo la parola di Dio, perché è Dio a farla vivere.

 

·         Maria all’annuncio della sua maternità esprime una adesione incondizionata:

       “Ecco la serva del Signore; sia a me secondo la tua parola” (Lc 1,38).

 

·         Giuseppe, quando Maria si trova incinta, decide di rimandarla di nascosto.

 

L’angelo in sogno gli dice di prendere la moglie con sé ed allora Giuseppe, “alzatosi dal sonno fece come gli ordinò l’angelo del Signore e prese sua moglie” (cf. Mt 1,24).

La sua vita da allora prende un corso nuovo che dipende da Dio.

Maria e Giuseppe sono sposi e vergini, vivono come tutti vivremo nella risurrezione, cioè “come gli angeli nel cielo” (Mt 20,30).

Sono i genitori di Gesù ma egli fa riferimento al padre che è nei cieli.

 

·         Gesù dodicenne rimane in Gerusalemme.

 

Ed avviene che i genitori dopo tre giorni lo trovano nel tempio, seduto in mezzo ai maestri sia ascoltandoli sia interrogandoli.

Tutti coloro che lo ascoltavano erano stupefatti e i genitori rimangono sbigottiti.

Gesù rivendica il primato del Padre, la necessità di stare nella sua parola, anche di fronte all’angoscia dei genitori ed anche se loro non comprendono la sua parola.

“Non sapevate che è necessario che io sia nelle cose del padre mio?” (Lc 2,49).

Nella santa famiglia la parola di Dio gode il primato assoluto e le persone si spogliano di sé per fare la volontà di Dio.

 

·         A Cana di Galilea Gesù partecipa ad una festa di nozze.

 

E cambia l’acqua in vino perché la festa non sia turbata e interrotta (Gv 2,1-11).

Il primo dei segni riguarda la famiglia.

Dio ha benedetto la famiglia fin dal suo sorgere, facendola ad immagine della Trinità.

“Secondo l’immagine di Dio li fece, maschio e femmina li fece e li benedisse Dio dicendo: “Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e dominate su di essa” (Gen 1, 28).

Dio gode della famiglia che ha creato. “E vide Dio tutte quante le cose che aveva fatto, ed ecco erano belle assai” (Gen 1,31).

Gesù viene a dare alla famiglia una benedizione nuova e una bellezza nuova, che è goduta da Dio e dagli uomini. La presenza e l’azione di Gesù rendono il banchetto nuziale di Cana simbolo della famiglia che egli inaugurerà nelle sue nozze con la Chiesa.

La trasformazione dell’acqua in vino esprime la benedizione e origina la festa che non è turbata né interrotta nonostante il peccato dell’uomo.

“Tu hai conservato il vino buono fino ad ora” (Gv 2,10).

La famiglia mantiene la benedizione originaria attraverso una nuova benedizione.

La festa originaria diventa una festa nuova.

Israele è presente nella madre di Gesù, che egli chiama “donna”.

Essa rappresenta il popolo di Dio che attende nella fede e accoglie nell’obbedienza l’ora della benedizione di Dio e della festa piena.

“Manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui (Gv 2,11).

 

·         Gesù è ospite della famiglia di Lazzaro, Marta e Maria.

 

In essa si condivide generosamente il pane, il riposo e l’amicizia umana ma anche l’accoglienza della parola e di tutte le cose che Gesù ha udito dal Padre suo e che fa conoscere loro (Gv 15,15). Gesù forma con loro una famiglia che nasce da Dio e si nutre dello stesso pane e della stessa parola (Dt 8,3; Mt 4,4).

Risuscitando Lazzaro da morte Dio asciuga le lacrime di questa famiglia e simboleggia la risurrezione della famiglia, che chiama a far parte delle cose che non muoiono in eterno. Manifesta così la gloria di Dio e la sua.

Se credi, dice Gesù a Maria, vedrai la gloria di Dio (cf. Gv 11,1-44).

 

·         Gesù prende per mano la suocera di Pietro.

 

“E la febbre la lasciò e serviva loro” (Mc 1,29-31).  Gesù libera da ciò che impedisce di stare a tavola e di servire alla tavola, simbolo della famiglia che egli servirà nell’ultima cena e della famiglia che i discepoli saranno chiamati a servire (cf. Gv 13).

Infatti, Gesù forma con i discepoli una comunità che condivide i beni necessari alla vita, attraverso una cassa comune, e che fa riferimento al Padre dei cieli, “padre mio e padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Gv 20,17).

 

·         Gesù ama i bambini e li pone in mezzo agli adulti come segno per chi vuole entrare nel regno dei cieli.

 

“Chi non accoglie il regno come un bambino non entrerà in esso” (Mc 10,13-16).

Il Regno dunque è una famiglia, perché richiede la disponibilità verso Dio e una moltitudine di fratelli che il bambino ha verso i genitori e i fratelli, disponibilità a convivere disarmati per lasciarsi educare dall’amore.

 

·         Gesù manifesta la sua famiglia.

 

Alcuni gli avevano detto: “Ecco, tua madre e i tuoi fratel­li, fuori, ti cercano”.

Gesù aveva risposto loro: “Chi è mia madre e (chi sono) i miei fratelli?”. Poi, guardando in giro quelli che gli sedevano in­torno, aveva detto: “Ecco mia madre e i miei fratel­li! Chi fa la volontà di Dio, questi è mio fra­tello, sorella e madre” (Mc 3,32-35; Mt 12, 46-50);

“Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la fanno” (Lc 8,21).

Il rapporto con la parola è la carta d’identità della famiglia di Dio.

Gesù si distacca progressivamente dalle folle e costituisce una cerchia di relazioni primarie che sostituisce quella familiare. Lo fa nonostante le difficoltà che questo comportava per la sua famiglia d’origine. La tensione che si era creata nel tempio tra Gesù e i suoi genitori si ripropone tra i parenti e la nuova famiglia che Gesù si forma.

“Viene in casa e si radunò di nuovo la folla così che non potevano neppure mangiare.

Udito ciò i suoi vennero per prenderlo, poiché dicevano: “è fuori di sé” (Mc 3,20-21).

Per Gesù la nuova famiglia ha la precedenza su quella naturale.

 

·         La lettura sincronica di Gen 2,21-24 e Gv 19,33-34 e Ef 5,21-29 annuncia la nascita della famiglia di Gesù.

 

Infatti, fa capire che la famiglia umana e quella cristiana sono tra loro come profezia e compimento della famiglia di Dio che nasce dalla morte di Gesù in croce.

Gesù sulla croce entra nell’estasi della morte. Dio prende sangue ed acqua che sgorgano dal suo fianco e ne fa la nuova Israele, e la conduce da Gesù, risvegliato dall’estasi.

E Gesù dice: “Questo sì, è osso delle mie ossa e carne della mia carne; essa sarà chiamata donna perché dal suo uomo è stata tratta. Nessuno mai ha odiato la sua carne, ma la nutre e la riscalda, come anche il Cristo la Chiesa, perché siamo membra del suo corpo. Per questo abbandonerà l’uomo suo padre e sua madre e aderirà alla sua sposa, e saranno, i due, una carne sola: questo mistero è grande, ma io lo dico in rapporto a Cristo e alla Chiesa”.

Sulla croce si compie il mistero annunciato in Gen 2.

Cristo e la Chiesa vengono congiunti da Dio, sono e vivono in una sola carne.

La sponsalità è segno, sacramentale e provvisorio nella storia, di ciò che si compie nella comunione misteriosa dei due, Cristo e la Chiesa.

Questa nuova realtà è sigillata e celebrata dalla croce. Per formare la famiglia dei figli di Dio Gesù deve compiere una scelta radicale e perenne, perché essa supera la famiglia naturale come il compiuto supera l’incompiuto e l’eterno supera il temporale.

La famiglia umana non è un assoluto ma è subordinata al progetto che Dio rivela sulla croce e perciò o confluisce nella famiglia di Dio o finisce nella morte.

La croce rende possibile lasciare la propria famiglia per la famiglia più ampia dei figli di Dio, dove tutti possono essere “fratello, sorella e madre”.

Si compie l’avventura fortunata di Abramo che se ne va dalla sua terra e dalla sua parentela e dalla casa di suo padre verso la terra che Dio gli mostra per diventare una nazione grande ed essere benedetto e diventare benedizione per tutte le famiglie della terra (cf. Gen 12,1ss).

Gesù ama la Chiesa fino alla fine, perché consegna se stesso per lei per santificarla purificandola con il lavacro di acqua nella parola, per presentare a se stesso la Chiesa gloriosa, senza macchia o ruga o alcunché di simile ma santa e irreprensibile (cf. Ef 5,25).

Questo amore modula la famiglia cristiana.

Cristo afferra l’amore dei battezzati, lo fermenta dal di dentro, lo purifica da tutte le inevitabili scorie che porta con sé ogni amore umano, per farne come un riflesso, un’immagine e una partecipazione della sua relazione con la Chiesa.

Questa viene nel tempo, perché i cristiani possano entrarvi attraverso il matrimonio e la verginità consacrata e salvarsi dalla fine del  tempo, vivendo nella sua ricchezza perenne.

La famiglia cristiana è sacramento che prepara la realtà nuova della famiglia di Dio.

Innamoramento, amore sponsale, paternità e maternità sono partecipazione all’amore di Dio e alla famiglia dei figli di Dio generata da lui in Gesù.

La famiglia cristiana è immersa nel mistero stesso di Dio (Ef 5,32).

L’amore di Cristo e della Chiesa è dilatazione dell’incarnazione e dell’amore trinitario.

Il matrimonio serve la crescita della Chiesa di cui è come una incipienza, nella misura in cui crea rapporti di amore e di fede fra tutti i suoi membri.

La sacramentalità della famiglia cristiana è fonte e riserva di grazia che educa all’amore che non muore.

 

·         Gesù sulla croce annuncia la famiglia dei figli di Dio.

 

Egli mira alla riunione dei figli di Dio, che è il compimento dell’opera ricevuta dal Padre.

Nelle parole alla madre e al Discepolo usa i termini «madre» e «figlio». Avvia la nuova “famiglia”, la sua, dalla croce. E’ formata dal popolo credente dell’AT e del NT.

Maria è, anche sotto la croce, Israele che attende e cui viene annunciato il disegno di Dio. Il Discepolo rappresenta la Chiesa santa che crede nel Figlio.

Tutti e due si offrono perché “sia” a loro e alla Chiesa secondo la sua parola (cf. Lc 1,38).

 

·         La famiglia di Dio è l’approdo del cammino del Verbo, raccontato nel prologo del vangelo di Giovanni.

 

Il Verbo “nelle cose proprie (eis ta idia) venne e i suoi non l’accolsero; a quanti però l’accolsero diede loro il potere di diventare figli di Dio, ai credenti nel suo nome, i quali non da sangui né da volontà di carne né da volontà di uomo ma da Dio sono stati generati.

E la parola divenne carne e pose la tenda fra noi, e contemplammo la sua gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,11-14).

Il neutro plu­rale ta idia indica in maniera generica ciò che uno possiede ma dice anche l’essere profondo di una persona, come l’essere del Verbo e del Discepolo.

Il Verbo prende eis ta idia l’umanità, si fa uomo per vivere in essa come in una carne sola e formare con essa la famiglia. Il Discepolo prende eis ta idia la madre perché la chiesa della promessa e quella del compimento si fondino nell’unità.

Quando il Discepolo, perfetto nell’adesione al Figlio e nella appropriazione della Parola, prende con sé la madre di Gesù e quando la Donna, che rappresenta l’obbedienza di Israele, va ad abitare con il Discepolo, si realizza la famiglia nuova, la Chiesa.

Per essa Gesù ha pregato “affinché tutti siano uno, come tu, Padre, in me e io in te, perché anch’essi in noi siano uno” (Gv 17,21).  Così diventano famiglia di Dio.

Siamo agli antipodi della situazione annunciata nel discorso di addio. Lì si diceva: “Ecco che viene l’ora ... in cui sarete dispersi ciascuno per conto suo (eis ta idia)” (16,32).

 Poiché non credono nel loro Maestro, i discepoli saranno abbandonati alla dispersio­ne, ciascu­no nella propria esistenza separa­ta da Gesù.

Sulla croce invece la situazione viene capovolta. Cristo fa dei due popoli una cosa sola abbattendo il muro divisorio, per riconciliare entrambi in un solo corpo a Dio per mezzo della croce, dopo aver ucciso in sé l’inimicizia (Ef 2,14-16). 

La croce è parabola del disegno e dell’opera di Dio.

 

·         Il Padre si prende cura della sua famiglia.

 

Egli educa gli uomini a vivere in Gesù.

Come il contadino pota e cura i tralci della vite perché portino frutto.

La famiglia di Dio cresce nel tempo seguendo i percorsi che egli stesso ha tracciato.

 

- Il rimanere in Gesù.

 

La parola di Dio attira nel mondo nuovo e quindi distoglie da quello segnato dal peccato.

In Gesù i credenti hanno accesso alla vita di Dio, perché egli è l’unigenito del Padre e il primogenito di molti fratelli.

Rimanere in Gesù è la condizione per partecipare alla famiglia di Dio.

Egli infatti ha detto:

“Io sono la vite quella vera e il padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto lo recide e ogni tralcio che porta frutto lo purifica, affinché porti più frutto.

Voi siete già puri per la parola che vi ho detto; rimanete in me, e io in voi.

Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neppure voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, questi porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,1-5).

 

- Il fare la parola di Dio.

 

E’ il percorso fatto dalla famiglia santa, prototipo e primizia della famiglia di Dio.

E’ il cammino compiuto da Gesù sulla terra.

La parola di Dio è creativa e porta sempre il frutto che Dio cerca.

Lo aveva annunciato già Isaia con queste parole: “Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza operare ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,10-11).

I credenti che adempiono le parole del Signore vengono santificati dall’unione con Gesù e saranno beati, come Maria, perché parteciperanno per sempre alla famiglia di Dio.

 

La famiglia di Dio è prefigurata nell’annunciazione, nasce come primizia nella famiglia santa di Giuseppe, Maria e Gesù e trova nella croce la piena rivelazione e la grazia di poter essere compiuta.

La famiglia di Dio è la Chiesa che continua a crescere nella crescita progressiva del Regno.