Catechesi

dell'anno pastorale

2002 - 2003

 

a cura di

Don Carlo Salvador

LA PARABOLA DELLA CROCE

Parrocchia di Campolongo

Conegliano, settembre 2003

 

LA CROCE E LA LITURGIA PASQUALE

 

 

Nella catechesi quest’anno abbiamo considerato la croce come parabola della salvezza.

Grazie alla croce una nuova annunciazione attraversa lo spazio e il tempo.

Nella Chiesa delle origini la pasqua ha provocato una scelta di vita alternativa.

Quelli che accolsero la Parola ”erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42).

Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale. Per celebrare un’opera così grande Cristo è sempre presente nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche. Ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza e nessun’altra azione nella Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne eguaglia l’efficacia (cf. S.C. 6-7).

Vediamo come la nuova annunciazione è celebrata nella liturgia pasquale.

 

1   La quaresima e il triduo pasquale.

 

Nella Chiesa apostolica sono sorte per prime le feste della pasqua e della pentecoste, poi la veglia pasquale e infine la quaresima.

Il periodo quaresimale e il triduo pasquale formano un’unica unità celebrativa.

La quaresima è un tempo penitenziale che dispone alla celebrazione del mistero pasquale e alla mistagogia. Questo tempo preparava i penitenti alla riconciliazione, i catecumeni al battesimo e tutto il popolo cristiano alla pasqua annuale.

Il Concilio Vaticano II ha valorizzato questa configurazione.

I testi liturgici quaresimali richiamano, con la conversione, il digiuno e l’elemosina, il cammino verso la Pasqua, dove vengono celebrati i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

La liturgia pasquale si sviluppa lungo tre giorni, che formano il triduo pasquale.

Le norme per l’ordinamento dell’anno liturgico precisano che “il triduo pasquale della passione e della risurrezione del Signore ha inizio dalla Messa nella Cena del Signore, ha il suo fulcro nella Veglia pasquale e termina con i Vespri della Domenica di Risurrezione”.

Il Giovedì Santo è l’ultimo giorno di quaresima e non fa parte del Triduo.

 

2   La celebrazione di apertura.

 

Istituisce la memoria e i riti che la perpetuano nel tempo della Chiesa.

Il Messale pone la Messa «in coena domini» come apertura della celebrazione della «beata passione» e come istituzione del rito memoriale della pasqua di Cristo.

Secondo una tradizione antichissima viene celebrata un’unica eucaristia per la comunità.

Nella storia della salvezza ci sono due pasque:

- la pasqua del Signore, il suo passaggio nelle notte dell’uscita dall’Egitto (cf. Es.12),  rinnovata ogni anno nella memoria celebrata dai giudei (cf. Es 12,14 e 13, 8-9).

- la pasqua di Cristo, il suo passaggio da questo mondo al Padre (Gv 13,1), rinnovata ogni anno nella memoria celebrata dalla Chiesa.

Le letture della messa esprimono il significato dell’evento che viene celebrato:

- l’istituzione del memoriale della liberazione del popolo ebreo (Es 12);

- l’istituzione della santa cena, banchetto sacrificale e pasquale (1Cor 11, 23-26);

- l’istituzione della lavanda dei piedi, nel tempo del passaggio di Gesù al Padre (Gv 13).

L’istituzione dell’eucaristia e della lavanda dei piedi esprime la consegna che Gesù fa di sé.  Donando il suo corpo e il suo sangue e lavando i piedi Gesù annuncia la propria morte e indica quale dovrà essere la relazione dei discepoli tra di loro.

Gesù simboleggia così come la comunità cristiana vive la relazione con Dio e con i fratelli.

La Chiesa nasce dalla croce, quando Gesù associa la Madre e il Discepolo, figure di Israele santa e della Chiesa santa, e quando sangue ed acqua escono dal suo costato.

Gesù istituisce il culto e il servizio e li unisce fra loro nella cena. Il culto si compie nell’amore fraterno. L’eucaristia  fa la Chiesa e la lavanda dei piedi la mette in cammino.

Nell’esperienza umana il servizio marca la differenza tra il ricco e il povero o tra l’adulto e il bambino, generando una posizione di superiorità e di potere.

Anche Gesù dice la differenza che lo separa dai discepoli ma con la lavanda la dichiara libera da qualsiasi atteggiamento di potenza: “Voi mi chiamate maestro e signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il maestro e il signore, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,13-14). 

Al termine della celebrazione il pane eucaristico non consumato viene posto in un luogo adatto, per la comunione nel venerdì santo e per gli infermi.

 

3     Primo giorno: Il venerdì dell’umiltà e della gloria.

Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture (1Cor 15, 3).

 

E’ il giorno di Cristo re. La liturgia ci fa contemplare il sacrificio di Gesù e la sua morte, che i testi definiscono beata, gloriosa e fonte di salvezza e quindi “molto buona” (cf. Gen 1).

Per antichissima tradizione oggi non si celebra l’Eucaristia.

Il rito è composto dalla liturgia della Parola, senza riti introduttivi, dalla solenne preghiera dei fedeli, dall’adorazione della Croce e dalla comunione.

Il significato di questa azione liturgica è reso manifesto dalle letture:

- Is 52 e 53, il quarto canto del Servo: “Il mio servo avrà successo, sarà innalzato, onorato, esaltato grandemente. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce. Giustificherà molti. Perciò io gli darò in premio le moltitudini”.

- Eb 4 e 5: Cristo è sommo sacerdote, cui è dovuta la nostra fedeltà e fiducia.

- Gv 18 e 19: la passione.

E’ significativo che la liturgia proponga la passione secondo Giovanni.

L’evangelista non si sofferma sulla descrizione della sofferenza di Gesù ma sulla sua ora, sulla sua regalità e sulla riunione in un’unica famiglia dei figli di Dio dispersi.

La croce rivela l’amore di Dio e il carattere sacerdotale della consegna del Figlio.

L’ora della morte è glorificazione, perché Gesù torna al Padre.

E’ il compimento delle scritture, del disegno del Padre e della missione di Gesù.

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere innalzato il Figlio dell’uomo, affinché ogni credente in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14).

Dalla croce Gesù fa una nuova annunciazione. Quando il Discepolo prende nelle sue cose Maria, la “donna” che le era consegnata come madre, inizia il cammino  della Chiesa.

Maria, madre della Chiesa santa nella pasqua di Gesù, deve recuperare intensità rispetto alla prima annunciazione e al Natale e avere la giusta celebrazione liturgica.

Si forma la nuova famiglia dei figli di Dio, che abbiamo presentato nella catechesi.

In questo momento nuovo e solenne l’assemblea riunita prega per la santità della Chiesa, per il Papa, per gli ordini sacri, per i fedeli, per i catecumeni, per l’unità dei cristiani, per gli Ebrei, per i non cristiani, per coloro che non credono in Dio, per i governanti, per i tribolati.

La Chiesa innalza la croce come segno di vittoria.

“Quando innalzerete il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono.

Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 8, 28; 12,32). 

La Chiesa adora “il legno della croce”, al quale fu appeso il Cristo, Salvatore del mondo”.

 

4         Secondo giorno: il sabato del deserto e dell’attesa.

Il Cristo fu sepolto secondo le Scritture (1Cor 15,4).

 

Il Messale romano presenta il sabato di Pasqua così: “In questo giorno la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa fino alla solenne attesa notturna della risurrezione”.

E’ giorno non liturgico. Si celebra solo la preghiera delle ore.

La professione di fede nella discesa agli inferi viene inserita nel Credo nel IV secolo.

Nell’AT gli inferi sono il luogo del convegno di tutti i viventi che muoiono.

I Vangeli fanno convivere i giusti con i malvagi fino alla venuta del Signore, come il grano con la zizzania nell’attesa della mietitura (Mt 13, 24-30 e 38-43), come il ricco che vestiva di porpora e bisso e tutti i giorni mangiava lautamente e Lazzaro che giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco, fino alla morte di ambedue (Lc 16, 29-31), come il giudizio finale, quando il figlio dell’uomo verrà davanti alle genti e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, per la vita o la morte eterna (Mt 25, 31-46).

Gesù discende agli inferi per liberare i giusti.

La sepoltura documenta che Gesù è «cadavere» (Mc 15, 45) e quindi veramente uomo.

La sepoltura appartiene al kérygma: “Cristo morì per i nostri peccati secondo le scritture, fu sepolto ed è risuscitato secondo le scritture” (1Cor 15, 3-4). “Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,18).

La spiritualità del sabato di pasqua è significata dall’atteggiamento delle donne che “erano lì, davanti al sepolcro” (Mt 27,61) nell’attesa di dare a Gesù onorata sepoltura.

 

5          Il terzo giorno, la domenica della vita nuova.

Il Cristo è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture (1Cor 15,4)

 

La solenne veglia pasquale.

 

Questa notte sta al centro della celebrazione della pasqua. Appartiene ancora al giorno della morte di Cristo e appartiene già al giorno della sua risurrezione.

Il Messale ricorda che per antichissima tradizione questa è “la notte di veglia in onore del Signore” (Es 12, 42). I fedeli sono pronti con le cinture ai fianchi e le lucerne accese e aspettano il signore che ritorna dalle nozze per aprigli subito, perché li  faccia sedere alla sua mensa (cf. Lc 12,35-36).

Nella Pasqua giudaica il motivo della veglia era esplicitato dalle Scritture.

Se il Signore ha vegliato per gli israeliti, gli israeliti veglieranno per il Signore.

“Notte di veglia fu questa per il Signore, per farli uscire dal paese d’Egitto; questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli israeliti” (Es 12, 42).

In questa Veglia gli Ebrei rendono attuale la salvezza operata da Dio nell’esodo.

“Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore.

Quando sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. Allora i vostri figli vi chiederanno: “che significa questo atto di culto?”

Voi direte loro: “E’ il sacrificio della Pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli israeliti in Egitto, quando colpì l’Egitto e salvò le nostre case” (Es 12,14.25-27).

La Pasqua cristiana mantiene la stessa struttura celebrativa.

I cristiani in questa notte celebrano la storia della salvezza, in una visione unitaria e continua dei due testamenti, dalla creazione alla parusia. La memoria della morte e della risurrezione si fa attesa del suo ritorno, previsto “a mezzanotte” (cf. Mt 25,6).

Le norme generali dicono che la veglia pasquale è considerata come “la madre di tutte le veglie”. In essa la Chiesa attende e celebra la risurrezione di Cristo.

Quindi tutta la celebrazione della veglia si deve svolgere di notte, in modo che cominci dopo l’inizio della notte e termini prima dell’alba della domenica.

Il rito simboleggia gli eventi seguenti.

Il lucernario che inizia con la benedizione del fuoco, segno dell’amore di Dio, fiamma viva della sua gloria e del suo amore e del passaggio dell’umanità dalle tenebre alla luce, che scaturisce dalla morte di Cristo.

Gesù risorgendo dal sepolcro fa splendere la notte come il giorno.

Il cero viene acceso proclamando: “La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito”. Il cero acceso guida la processione solenne alla chiesa scandita dalla acclamazione: “Cristo, luce del modo” ed è figura della colonna di fuoco dell’esodo e simbolo della luce nuova accesa a gloria di Dio.

L’annuncio della pasqua proclama che il popolo viene liberato dal sangue dell’agnello e canta la penetrazione della luce di Cristo nel mondo per sottrarlo dalle tenebre del male.

Viene qui magnificamente illustrato il tema della lotta fra luce e tenebre annunciata nel prologo del vangelo di Giovanni.

Sette letture dall’AT e due dal NT ripropongono il cammino della storia della salvezza, dalla creazione alla risurrezione; esse sono intercalate da salmi responsoriali e da preghiere che invocano la grazia del battesimo, perché i cristiani, nati a nuova vita, siano a loro volta luce nel Signore.

La riforma liturgica invita a celebrare in questa notte i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Sono conservate la benedizione del fonte e il rinnovo delle promesse battesimali.

Dalla pasqua infatti nasce la famiglia di Dio. Il testo della benedizione dell’acqua è una vera epiclesi dello Spirito: “Discenda, o Padre, in quest’acqua, per opera del tuo Figlio, la potenza dello Spirito Santo”. Nella veglia è prevista anche la celebrazione della conferma-zione, con il rito proprio. Si manifesta così il legame della Pasqua con la Pentecoste.

L’eucaristia costituisce il vertice della liturgia sacramentale, l’azione di grazie più alta e significativa resa da Cristo e dalla Chiesa al Padre. La Pasqua è l’origine dell’eucaristia ed è atto costitutivo della Chiesa, che in essa nasce e si edifica.

L’iniziazione rende il cristiano partecipe della pasqua di Cristo.

 

 La solenne celebrazione del giorno del Signore.

 

La Chiesa nascente, per bocca di Pietro, annuncia che Gesù di Nazareth, crocifisso dai Giudei e risuscitato da Dio, è costituito giudice dei vivi e dei morti, cioè dell’umanità intera. La Chiesa è chiamata a darne testimonianza fino ai confini della terra e della storia.

La pasqua cristiana celebra il passaggio di Dio per liberare tutta l’umanità.

Ormai la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio e il nostro compito è la testimonianza.

Il cristiano, che nella notte santa ha celebrato gli eventi della salvezza, contempla con  timore e gioia grandi il Signore risorto e annuncia al mondo il suo giorno senza tramonto.