LA CROCE
E LA LITURGIA PASQUALE
Nella
catechesi quest’anno abbiamo considerato la croce come parabola
della salvezza.
Grazie
alla croce una nuova annunciazione attraversa lo spazio e il
tempo.
Nella
Chiesa delle origini la pasqua ha provocato una scelta di vita
alternativa.
Quelli
che accolsero la Parola ”erano perseveranti
nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella
frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42).
Da
allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per
celebrare il mistero pasquale. Per celebrare un’opera così
grande Cristo è sempre presente nella sua Chiesa e in modo
speciale nelle azioni liturgiche. Ogni celebrazione liturgica, in
quanto opera di Cristo e del suo corpo, che è la Chiesa, è
azione sacra per eccellenza e nessun’altra azione nella Chiesa,
allo stesso titolo e allo stesso grado, ne eguaglia l’efficacia
(cf. S.C. 6-7).
Vediamo
come la nuova annunciazione è celebrata nella liturgia pasquale.
1
La quaresima e il triduo pasquale.
Nella
Chiesa apostolica sono sorte per prime le feste della pasqua e
della pentecoste, poi la veglia pasquale e infine la quaresima.
Il
periodo quaresimale e il triduo pasquale formano un’unica unità
celebrativa.
La
quaresima è un tempo penitenziale che dispone alla celebrazione
del mistero pasquale e alla mistagogia. Questo tempo preparava i
penitenti alla riconciliazione, i catecumeni al battesimo e tutto
il popolo cristiano alla pasqua annuale.
Il
Concilio Vaticano II ha valorizzato questa configurazione.
I
testi liturgici quaresimali richiamano, con la conversione, il
digiuno e l’elemosina, il cammino verso la Pasqua, dove vengono
celebrati i sacramenti dell’iniziazione cristiana.
La
liturgia pasquale si sviluppa lungo tre giorni, che formano il
triduo pasquale.
Le
norme per l’ordinamento dell’anno liturgico precisano che
“il triduo pasquale della passione e della risurrezione del
Signore ha inizio dalla Messa nella Cena del Signore, ha il suo
fulcro nella Veglia pasquale e termina con i Vespri della Domenica
di Risurrezione”.
Il
Giovedì Santo è l’ultimo giorno di quaresima e non fa parte
del Triduo.
2
La celebrazione di apertura.
Istituisce
la memoria e i riti che la perpetuano nel tempo della Chiesa.
Il
Messale pone la Messa «in coena domini» come apertura della
celebrazione della «beata passione» e come istituzione
del rito memoriale della pasqua di Cristo.
Secondo
una tradizione antichissima viene celebrata un’unica eucaristia
per la comunità.
Nella
storia della salvezza ci sono due pasque:
-
la pasqua del Signore,
il suo passaggio nelle notte dell’uscita dall’Egitto (cf.
Es.12), rinnovata
ogni anno nella memoria celebrata dai giudei (cf. Es 12,14 e 13,
8-9).
-
la pasqua di Cristo,
il suo passaggio da questo mondo al Padre (Gv 13,1), rinnovata
ogni anno nella memoria celebrata dalla Chiesa.
Le
letture della messa esprimono il significato dell’evento che
viene celebrato:
-
l’istituzione del memoriale della liberazione del popolo ebreo (Es
12);
-
l’istituzione della santa cena, banchetto sacrificale e pasquale
(1Cor 11, 23-26);
-
l’istituzione della lavanda dei piedi, nel tempo del passaggio
di Gesù al Padre (Gv 13).
L’istituzione
dell’eucaristia e della lavanda dei piedi esprime la consegna
che Gesù fa di sé. Donando
il suo corpo e il suo sangue e lavando i piedi Gesù annuncia la
propria morte e indica quale dovrà essere la relazione dei
discepoli tra di loro.
Gesù
simboleggia così come la comunità cristiana vive la relazione
con Dio e con i fratelli.
La
Chiesa nasce dalla croce, quando Gesù associa la Madre e il
Discepolo, figure di Israele santa e della Chiesa santa, e quando
sangue ed acqua escono dal suo costato.
Gesù
istituisce il culto e il servizio e li unisce fra loro nella cena.
Il culto si compie nell’amore fraterno. L’eucaristia
fa la Chiesa e la lavanda dei piedi la mette in cammino.
Nell’esperienza
umana il servizio marca la differenza tra il ricco e il povero o
tra l’adulto e il bambino, generando una posizione di superiorità
e di potere.
Anche
Gesù dice la differenza che lo separa dai discepoli ma con la
lavanda la dichiara libera da qualsiasi atteggiamento di potenza:
“Voi mi chiamate maestro e signore e dite bene, perché lo sono.
Se dunque io, il maestro e il signore, ho lavato i vostri piedi,
anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv
13,13-14).
Al
termine della celebrazione il pane eucaristico non consumato viene
posto in un luogo adatto, per la comunione nel venerdì santo e
per gli infermi.
3
Primo giorno: Il venerdì dell’umiltà e della gloria.
Cristo
morì per i nostri peccati secondo le Scritture (1Cor 15, 3).
E’
il giorno di Cristo re. La liturgia ci fa contemplare il
sacrificio di Gesù e la sua morte, che i testi definiscono beata,
gloriosa e fonte di salvezza e quindi “molto buona” (cf. Gen
1).
Per
antichissima tradizione oggi non si celebra l’Eucaristia.
Il
rito è composto dalla liturgia della Parola, senza riti
introduttivi, dalla solenne preghiera dei fedeli,
dall’adorazione della Croce e dalla comunione.
Il
significato di questa azione liturgica è reso manifesto dalle
letture:
-
Is 52 e 53, il quarto canto del Servo: “Il mio servo avrà
successo, sarà innalzato, onorato, esaltato grandemente. Dopo il
suo intimo tormento vedrà la luce. Giustificherà molti. Perciò
io gli darò in premio le moltitudini”.
-
Eb 4 e 5: Cristo è sommo sacerdote, cui è dovuta la nostra
fedeltà e fiducia.
-
Gv 18 e 19: la passione.
E’
significativo che la liturgia proponga la passione secondo
Giovanni.
L’evangelista
non si sofferma sulla descrizione della sofferenza di Gesù ma
sulla sua ora, sulla sua regalità e sulla riunione in un’unica
famiglia dei figli di Dio dispersi.
La
croce rivela l’amore di Dio e il carattere sacerdotale della
consegna del Figlio.
L’ora
della morte è glorificazione, perché Gesù torna al Padre.
E’
il compimento delle scritture, del disegno del Padre e della
missione di Gesù.
“Come
Mosè innalzò il serpente nel deserto, così deve essere
innalzato il Figlio dell’uomo, affinché ogni credente in lui
abbia la vita eterna” (Gv 3,14).
Dalla
croce Gesù fa una nuova annunciazione. Quando il Discepolo prende
nelle sue cose Maria, la “donna” che le era consegnata come
madre, inizia il cammino della
Chiesa.
Maria,
madre della Chiesa santa nella pasqua di Gesù, deve recuperare
intensità rispetto alla prima annunciazione e al Natale e avere
la giusta celebrazione liturgica.
Si
forma la nuova famiglia dei figli di Dio, che abbiamo presentato
nella catechesi.
In
questo momento nuovo e solenne l’assemblea riunita prega per la
santità della Chiesa, per il Papa, per gli ordini sacri, per i
fedeli, per i catecumeni, per l’unità dei cristiani, per gli
Ebrei, per i non cristiani, per coloro che non credono in Dio, per
i governanti, per i tribolati.
La
Chiesa innalza la croce come segno di vittoria.
“Quando
innalzerete il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono.
Quando
sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 8, 28; 12,32).
La
Chiesa adora “il legno della croce”, al quale fu appeso il
Cristo, Salvatore del mondo”.
4
Secondo giorno: il sabato del deserto e dell’attesa.
Il
Cristo fu sepolto secondo le Scritture (1Cor 15,4).
Il
Messale romano presenta il sabato di Pasqua così: “In questo
giorno la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando
la sua passione e morte, astenendosi dal celebrare il sacrificio
della Messa fino alla solenne attesa notturna della
risurrezione”.
E’
giorno non liturgico. Si celebra solo la preghiera delle ore.
La
professione di fede nella discesa agli inferi viene inserita nel
Credo nel IV secolo.
Nell’AT
gli inferi sono il luogo del convegno di tutti i viventi che
muoiono.
I
Vangeli fanno convivere i giusti con i malvagi fino alla venuta
del Signore, come il grano con la zizzania nell’attesa della
mietitura (Mt 13, 24-30 e 38-43), come il ricco che vestiva di
porpora e bisso e tutti i giorni mangiava lautamente e Lazzaro che
giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di
quello che cadeva dalla mensa del ricco, fino alla morte di
ambedue (Lc 16, 29-31), come il giudizio finale, quando il figlio
dell’uomo verrà davanti alle genti e separerà gli uni dagli
altri, come il pastore separa le pecore dai capri, per la vita o
la morte eterna (Mt 25, 31-46).
Gesù
discende agli inferi per liberare i giusti.
La
sepoltura documenta che Gesù è «cadavere» (Mc 15, 45) e quindi
veramente uomo.
La
sepoltura appartiene al kérygma: “Cristo morì per i nostri
peccati secondo le scritture, fu sepolto ed è risuscitato secondo
le scritture” (1Cor 15, 3-4). “Io ero morto, ma ora vivo per
sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1,18).
La
spiritualità del sabato di pasqua è significata
dall’atteggiamento delle donne che “erano lì, davanti al
sepolcro” (Mt 27,61) nell’attesa di dare a Gesù onorata
sepoltura.
5
Il terzo giorno, la domenica della vita nuova.
Il
Cristo è risuscitato il terzo giorno secondo le scritture (1Cor
15,4)
La
solenne veglia pasquale.
Questa
notte sta al centro della celebrazione della pasqua. Appartiene
ancora al giorno della morte di Cristo e appartiene già al giorno
della sua risurrezione.
Il
Messale ricorda che per antichissima tradizione questa è “la
notte di veglia in onore del Signore” (Es 12, 42). I fedeli sono
pronti con le cinture ai fianchi e le lucerne accese e aspettano
il signore che ritorna dalle nozze per aprigli subito, perché li
faccia sedere alla sua mensa (cf. Lc 12,35-36).
Nella
Pasqua giudaica il motivo della veglia era esplicitato dalle
Scritture.
Se
il Signore ha vegliato per gli israeliti, gli israeliti
veglieranno per il Signore.
“Notte
di veglia fu questa per il Signore, per farli uscire dal paese
d’Egitto; questa sarà una notte di veglia in onore del Signore
per tutti gli israeliti” (Es 12, 42).
In
questa Veglia gli Ebrei rendono attuale la salvezza operata da Dio
nell’esodo.
“Questo
giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del
Signore.
Quando
sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha
promesso, osserverete questo rito. Allora i vostri figli vi
chiederanno: “che significa questo atto di culto?”
Voi
direte loro: “E’ il sacrificio della Pasqua per il Signore, il
quale è passato oltre le case degli israeliti in Egitto, quando
colpì l’Egitto e salvò le nostre case” (Es 12,14.25-27).
La
Pasqua cristiana mantiene la stessa struttura celebrativa.
I
cristiani in questa notte celebrano la storia della salvezza, in
una visione unitaria e continua dei due testamenti, dalla
creazione alla parusia. La memoria della morte e della
risurrezione si fa attesa del suo ritorno, previsto “a
mezzanotte” (cf. Mt 25,6).
Le
norme generali dicono che la veglia pasquale è considerata come
“la madre di tutte le veglie”. In essa la Chiesa attende e
celebra la risurrezione di Cristo.
Quindi
tutta la celebrazione della veglia si deve svolgere di notte, in
modo che cominci dopo l’inizio della notte e termini prima
dell’alba della domenica.
Il
rito simboleggia gli eventi seguenti.
Il
lucernario che inizia con la benedizione del fuoco, segno
dell’amore di Dio, fiamma viva della sua gloria e del suo amore
e del passaggio dell’umanità dalle tenebre alla luce, che
scaturisce dalla morte di Cristo.
Gesù
risorgendo dal sepolcro fa splendere la notte come il giorno.
Il
cero viene acceso proclamando: “La luce del Cristo che risorge
glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito”. Il cero
acceso guida la processione solenne alla chiesa scandita dalla
acclamazione: “Cristo, luce del modo” ed è figura della
colonna di fuoco dell’esodo e simbolo della luce nuova accesa a
gloria di Dio.
L’annuncio
della pasqua proclama che il popolo viene liberato dal sangue
dell’agnello e canta la penetrazione della luce di Cristo nel
mondo per sottrarlo dalle tenebre del male.
Viene
qui magnificamente illustrato il tema della lotta fra luce e
tenebre annunciata nel prologo del vangelo di Giovanni.
Sette
letture dall’AT e due dal NT ripropongono il cammino della
storia della salvezza, dalla creazione alla risurrezione; esse
sono intercalate da salmi responsoriali e da preghiere che
invocano la grazia del battesimo, perché i cristiani, nati a
nuova vita, siano a loro volta luce nel Signore.
La
riforma liturgica invita a celebrare in questa notte i sacramenti
dell’iniziazione cristiana.
Sono
conservate la benedizione del fonte e il rinnovo delle promesse
battesimali.
Dalla
pasqua infatti nasce la famiglia di Dio. Il testo della
benedizione dell’acqua è una vera epiclesi dello
Spirito: “Discenda, o Padre, in quest’acqua, per opera del tuo
Figlio, la potenza dello Spirito Santo”. Nella veglia è
prevista anche la celebrazione della conferma-zione, con il rito
proprio. Si manifesta così il legame della Pasqua con la
Pentecoste.
L’eucaristia
costituisce il vertice della liturgia sacramentale, l’azione di
grazie più alta e significativa resa da Cristo e dalla Chiesa al
Padre. La Pasqua è l’origine dell’eucaristia ed è atto
costitutivo della Chiesa, che in essa nasce e si edifica.
L’iniziazione
rende il cristiano partecipe della pasqua di Cristo.
La
solenne celebrazione del giorno del Signore.
La
Chiesa nascente, per bocca di Pietro, annuncia che Gesù di
Nazareth, crocifisso dai Giudei e risuscitato da Dio, è
costituito giudice dei vivi e dei morti, cioè dell’umanità
intera. La Chiesa è chiamata a darne testimonianza fino ai
confini della terra e della storia.
La
pasqua cristiana celebra il passaggio di Dio per liberare tutta
l’umanità.
Ormai
la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio e il nostro compito
è la testimonianza.
Il
cristiano, che nella notte santa ha celebrato gli eventi della
salvezza, contempla con timore
e gioia grandi il Signore risorto e annuncia al mondo il suo
giorno senza tramonto.
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