LA
CROCE COME PARABOLA
La
Chiesa ci impegna a guardare, lungo tre anni pastorali, al volto
di Cristo.
Quest’anno
ci propone di meditare la morte, e la morte di croce, di Gesù.
Quale
volto ci manifesta Gesù in croce?
1 La croce nei vangeli.
I
vangeli raccontano molteplici eventi accaduti sul Calvario che
danno origine a teologie diverse ed insieme complementari.
I
Sinottici descrivono la sofferenza di Gesù.
Mc
14, 34.36: La mia anima è triste fino alla morte. Padre,
allontana da me questo calice.
Lc
22, 43-44: Gli apparve un angelo a consolarlo. In preda
all’angoscia pregava.
Mt
26,38: La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e
pregate con me.
Giovanni
mette in luce piuttosto la gloria di Gesù che rifulge nella
passione.
Ad
esempio, l’arresto di Gesù nel Getsemani manifesta la sua
libertà (18,6) e le parole di Gesù sulla croce costituiscono una
nuova annunciazione (19,26-27).
2 La croce nella Chiesa.
La
Chiesa, lungo la sua storia, manifesta comprensioni diverse del
mistero della croce.
2.1 La nuda croce.
È
il patibolo dei crocifissi, segno di un dramma personale e
collettivo.
La
croce dice il dramma personale di Gesù, di Dio e dell’umanità.
E’
spartiacque tra due vite: la vita umana che finisce e la vita
risorta che inizia, la religione prima e dopo la croce. E’ il
simbolo più diffuso della religione cristiana; nell’iconografia
supera le rappresentazioni della risurrezione.
Quando
il cristianesimo diventa religione dell’impero la croce diventa
simbolo di trionfo.
Costantino
fa collocare nella basilica eretta a Gerusalemme una croce ornata
di gemme.
Fino
alla fine del IV secolo, cioè per 400 anni, vigeva una
iconografia alternativa alla croce. Venivano rappresentati il
sacrificio di Isacco, l’agnello immolato, e l’ancora, perché
la croce era ritenuta un patibolo infamante, che non poteva
raffigurare il Signore della vita e della gloria. Anche oggi è
poco evidente e sentito che la croce manifesti la gloria.
2.2
Il crocifisso.
E’
un simbolo il cui significato dipende da come Gesù è raffigurato
sulla croce.
Dal
V al X secolo incluso è stato raffigurato vestito, con gli occhi
aperti, in posizione eretta, ad indicare che Gesù regna dalla
croce. Da XI secolo ad oggi è raffigurato nel dolore, segno del
suo amore e dell’espiazione del peccato.
E’
il tempo dell’onda emotiva e popolare che si incentra sulle
sofferenze di Gesù.
Maria
è raffigurata mentre sviene sotto la croce per il grande dolore.
In
questo tempo viene trascurata la Scrittura, che presenta Gesù e
Maria come persone credenti, desiderose che si compia in loro la
volontà di Dio e testimoni del suo disegno.
L’icona
che contempliamo quest’anno è stata scritta alla fine del 1300
e raffigura Gesù nudo, con gli occhi chiusi, nello spasimo del
dolore, indicato dalla curva del ventre, dai lineamenti del volto
e dalle stimmate.
3 Una nuova lettura della croce.
Attorno
alla croce fioriscono eventi importanti. Essa può essere vista
come una parabola dell’amore di Dio e della salvezza
dell’umanità. La parabola è un racconto fantastico o reale
modellato sulla vita. Ad esempio, il pastore che perde una pecora,
il figlio che abbandona la casa paterna (cf. Lc 15,4ss.11ss).
La
parabola è un simbolo, dove il racconto serve a dire la verità
della fede.
L’alleanza
fra Dio e l’uomo intreccia i percorsi della vita: la vita
passata, nella quale è nata e si è perfezionata l’alleanza; la
vita presente, il tempo in cui il Regno cresce; la vita futura che
dà compimento al presente e al passato.
La
croce appare parabola di questa alleanza in quanto la riassume e
la simboleggia.
Gesù
spogliò e umiliò se stesso fino alla morte di croce. Per questo
Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome di Signore (cf. Fil
2,6-11).
La
croce rivela l’amore della Trinità che attira gli uomini a sé
nell’innalzato (Gv 12,32).
La
croce disegna il cammino della comunità cristiana e dei singoli
credenti. “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24).
4
Gli eventi che accadono attorno alla croce.
I
vangeli richiamano “presso la croce” i temi più grandi della
salvezza.
La
croce illumina questi temi e ne resta illuminata.
4.1
I sinottici presentano sei scene o parole prima della morte
e tre scene o parole dopo.
Padre,
perdonali, perché non sanno quello che fanno.
Temi:
ignoranza e peccato; misericordia di Dio.
Oltraggi
da parte dei passanti,
dei sacerdoti, degli scribi, degli anziani e dei ladroni.
Temi:
il peccato come fatto universale e come rifiuto di Dio.
Da
mezzogiorno si fece buio su tutta la terra.
Tema:
ogni passione e ogni morte innocente aumenta il buio del mondo.
Dio
mio, Dio mio, perché mi
hai abbandonato?
Uno,
inzuppata una spugna di aceto, gli dava da bere.
Temi:
la morte come segno dell’abbandono di Dio; la risurrezione come
nuova creazione; la croce, salvezza del mondo; la sete dell’uomo
saziata dall’acqua di Dio.
Ricordati
di me quando entrerai nel tuo regno. Oggi sarai con me in paradiso
Temi:
la salvezza è la memoria che Gesù fa di noi davanti al Padre;
Gesù ci prepara un posto nel Regno (Gv 14,2).
Padre,
nelle tue mani consegno il mio spirito.
Tema:
consegna della vita cristiana, costola con cui Dio crea la nuova
alleanza.
Emesso
un altro grido, spirò.
Tema:
la morte, grido dell’uomo verso Dio.
Il
velo del tempio si squarciò; la terra si scosse, i sepolcri si
aprirono e molti resuscitarono.
Temi:
la fine del tempio e della liturgia terrestre, l’incontro dei
vivi con i morti.
Il
centurione e quelli che facevano la guardia dicevano: Davvero
costui era figlio di Dio!
Tutte
le folle che erano accorse a questo spettacolo se ne tornarono
percuotendosi il petto.
Temi:
La morte di Gesù suscita la fede e il cambiamento; la conversione
come domanda di salvezza; fede e salvezza cominciano dai pagani e
dai peccatori che si convertono.
Molte
donne che avevano seguito Gesù dalla Galilea osservavano da
lontano.
Temi:
La sequela di Gesù porta a “vedere” la salvezza; coloro che
sono tenuti lontani, come la donna, partecipano “da vicino”.
4.2
Giovanni presenta due eventi prima della morte di Gesù e
due dopo.
Egli
suggerisce la fecondità della morte di Gesù prima ancora che
sopraggiunga; svela quali avvenimenti sono importanti per la
comprensione di questa morte; racconta
la nuova creazione e testimonia che la fede del Discepolo nasce
dalla croce.
Giovanni,
dopo che Gesù è innalzato e prima della sepoltura, descrive
cinque brevi scene:
spartizione
delle vesti (23-24); parole alla madre e al discepolo (25-27);
morte di Gesù (28-30); trafittura del costato (31-34a); sangue e
acqua sorgente dell’alleanza (34b-37).
23-24:
spartizione delle vesti.
23
Allora i soldati, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue
vesti
e fecero
quattro parti, una per ciascun soldato; presero anche la tunica.
Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta in un unico
pezzo dall’alto.
24
Allora dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte per
essa di chi sarà,
perché si adempisse la Scrittura che dice:
Si sono divise tra loro le mie vesti
e sulla mia tunica hanno gettato la sorte. E i soldati
fecero queste cose.
L’azione
dei soldati è ostile. Infatti spartiscono la veste esterna
dell’innocente in quattro parti, una per ciascun soldato, e
tirano a sorte sulla tunica interna che resta indivisa.
Essi
realizzano così il Sal 22 che descrive i tormenti e le speranze
del giusto perseguitato. Ma la fede vera, vissuta sotto la croce,
inaugura relazioni nuove.
La
morte di Gesù ottiene che tutti i pagani, rappresentati dai
quattro soldati, possano aver parte con Gesù. Secondo i Sinottici
è il centurione a credere per primo.
Mt
25,54: Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a
Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono
presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di
Dio!». La tunica è simbolo della vita divina di Gesù, della sua
unità con la Trinità.
La
morte garantisce che l’unità che Gesù è venuto per portare al
mondo rimane integra.
25-27:
parole di Gesù alla madre e al discepolo.
25
Ora, presso la croce di Gesù stavano in piedi sua madre
e la sorella di sua madre, Maria, moglie di Cleofa, e Maria
di Magdala.
26
Gesù,
dunque, avendo visto la madre
e, in piedi presso di lei il discepolo che amava,
dice alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio”.
27
Poi dice al discepolo: “Ecco la tua madre”.
A partire da quell’ora il discepolo la prese in ciò che
gli appartiene.
La
scena indica la presenza fedele delle donne e la preoccupazione di
Gesù per coloro che ama. Mentre i sinottici dicono, in modo
generico, che le donne osservano quello che accade “di
lontano”, Giovanni ne presenta quattro, nella loro identità,
presso la croce.
Le
donne, in realtà, non si trovano presso la croce, perché ai
parenti, e soprattutto ai genitori e alle donne non era permesso
di avvicinarsi ai condannati a morte e ai crocifissi.
Ma
le donne sono vicine, più dei soldati, per la loro comunione con
Gesù.
Giovanni
crea fra le donne e i soldati un parallelo e un contrasto, per
dire il mistero.
28-30:
morte di Gesù
28
Dopo questo, sapendo che tutte le cose erano state ormai compiute,
per adempiere pienamente la Scrittura Gesù dice: « Ho
sete! ».
29Vi
era là un vaso pieno di aceto. Allora, avendo fissato una spugna
imbevuta di aceto intorno a una canna di issopo, la accostarono
alla sua bocca.
30
Quando ebbe preso l’aceto, Gesù disse: «E’ compiuto!».
E, chinato il capo, rese lo Spirito.
Il
v. 28 collega la morte di Gesù alla scena precedente. “Dopo
di ciò” si
riallaccia a ciò che è appena stato detto a proposito del
discepolo e della madre. Ad esempio, in Gv 2,12 indica cosa accade dopo il segno di Cana,
quando Gesù discese a Cafarnao e in 11,7 ciò che accade dopo
l’annuncio della morte di Lazzaro, quando Gesù va in Giudea.
Il
realismo fisico della sete attesta che Gesù è veramente uomo.
La
sete di Gesù si fonde con quella di tutti i morenti ma esprime
anche la sete di Dio (Sal 42-43,3; 63,2) e, nel contesto
giovanneo, il colloquio di Gesù con la samaritana (4,13-14) e il
suo grido nel tempio, nel grande giorno della festa (7,37-39).
Questa
morte è accesso alla vita, dove non c’è sete ma fontana
zampillante.
Le
ultime parole di Gesù morente illuminano tutto e hanno valore di
testamento.
Infine
Gesù reclina il capo e rende lo Spirito a differenza di tutti i
morenti che prima rendono lo spirito e poi reclinano il capo.
Significa
che nessuno gli toglie la vita ma è lui tesso a donarla.
31-34a:
trafittura del costato
31
I
Giudei, poiché era la Preparazione, perché i corpi non
rimanessero in croce durante il sabato, tanto più che quel sabato
era un grande giorno,
chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e
fossero tirati giù.
32
Vennero
dunque i soldati e spezzarono le gambe del primo
e poi dell’altro che era stato crocifisso insieme con
lui.
33
Venuti
da Gesù e avendo visto che era già morto, non gli spezzarono le
gambe,
34
ma
uno dei soldati gli colpi il fianco con la sua lancia
Il
colpo di lancia verifica la morte dei ladroni e la vita divina di
Gesù.
E’
segno dell’ostilità di chi lo ha crocifisso e lo collega alla
morte di Gesù.
34b-37:
sangue ed acqua, sorgenti della nuova alleanza.
e subito sgorgarono sangue e acqua.
35
E chi ha visto ha testimoniato e la sua testimonianza è vera,
ed egli sa che dice il vero, perché anche voi arriviate
alla fede.
36
Queste cose infatti avvennero perché si adempisse la Scrittura:
“Non saranno spezzate le sue ossa”.
37
E un’altra Scrittura dice ancora: “Guarderanno colui che hanno
trafitto”.
Il
sangue e l’acqua che sgorgano dal costato sono segno del grande
mistero dello sposalizio fra Gesù e la Chiesa. Gesù è a
disposizione di Dio perché egli crei una nuova vita per lui e per
l’umanità. Gesù infatti si sveglierà nella risurrezione come
sposo della Chiesa. Nel sangue si compie la figura dell’agnello
(1,29; 14) e nell’acqua il dono dello Spirito e la possibilità
della redenzione.
La
tematica del sangue è legata all’eucaristia e quella
dell’acqua ai racconti del Battista (c. 1), della tradizione
battesimale (c. 3) e della tradizione dell’acqua viva (c. 4 e c.
7).
Riprende
anche il tema del tempio. Dal lato destro di Gesù sgorga
l’acqua come dal lato destro del tempio (Ez 47,1-12). Viene
confermata l’affermazione di Gesù (2,21) che svela che il suo
corpo è il nuovo tempio nella gloria della morte che la
risurrezione confermerà.
Lo
sguardo al trafitto esprime l’accettazione del suo mistero e la
partecipazione alla salvezza portata da Gesù. Il dono di Gesù
morente si concretizza anche nei sacramenti.
La
descrizione della vita di Gesù sulla terra si conclude con
l’appello di Giovanni alla fede.
Essa
collega alla vita di Gesù e ne fa memoria.
Giovanni,
primo discepolo ad arrivare alla fede piena, si presenta come
primizia dei veri credenti. E’ il testimone che ha conoscenza
diretta dell’avvenimento e del suo significato profondo e li
annuncia (1,7; 3,11; 15,26-27).
5 Attorno alla croce fioriscono molteplici interpretazioni
della fede.
Alcune
le abbiamo già sviluppate nei cammini di fede per la celebrazione
dei sacramenti.
La
tradizione popolare, che domina dall’XI secolo e che è stata
proposta per quest’anno pastorale, si sofferma alla sofferenza
vista come segno dell’amore di Dio.
Noi
nelle catechesi seguenti privilegiamo Gv 19,25-27, che rivela la
croce come parabola di una nuova annunciazione che raccoglie
attorno all’Innalzato la famiglia dei figli di Dio.
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