Omelie
di Natale 2008
a cura di
don Carlo Salvador
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NATALE
2008 Messa nella
notte
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La
messa nella notte di natale si apre con questa antifona: Rallegriamoci
tutti nel Signore, perché è nato nel mondo il Salvatore. Oggi la
vera pace è scesa a noi dal cielo. Il natale è un evento di
gioia e di pace. Lo annuncia Isaia nella prima lettura; lo riprende
il canto al vangelo; lo conferma il canto degli angeli: gloria a Dio
e pace agli uomini che egli ama. E’ naturale pensare che il natale
è stato gioia e pace per Gesù e domandarci come il natale può
portare oggi pace e gioia a noi e al mondo.
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Luca descrive la nascita
come un fatto ordinario, un entrare nella storia come tutti. Per
quattro volte nei cinque versetti iniziali Luca dice che la nascita
fu condizionata dal censimento indetto da Cesare Augusto. Il
censimento aveva lo scopo di far conoscere il numero degli abitanti,
per calcolare il prelievo fiscale e la forza militare di cui si
poteva disporre. Le due cose erano intrecciate: i soldi servivano
per combattere e la guerra si faceva per difendere o conquistare
terre e ricchezze.
La
nascita di Gesù avviene in un quadro di povertà, di provvisorietà
e di dipendenza dalle ambizioni e dai calcoli dei potenti, perché
Gesù non fu esonerato dalla condizione che aveva la gente
sottomessa al potere. Questa nascita ordinaria è segno evidente
dell’amore di Dio. Egli entra nella situazione umana umiliandosi,
senza finzioni e senza cercare privilegi rispetto agli altri uomini.
In Gesù Dio si fa umile e inerme; non viene nel mondo per essere
servito ma per servire; è la sua scelta di vita a cui rimane sempre
fedele e che ha raccomandato a tutti
gli uomini.
Celebrare
il natale significa capire e sposare le scelte di vita insite nella
sua nascita.
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L’angelo annuncia ai
pastori che Dio pone a Betlemme un segno di gioia e di pace.
La
nascita di Gesù è un segno di una realtà che non si vede; è una
cosa umana ma contiene una cosa divina. Troverete un bambino
avvolto in fasce: ogni vera nascita umana si avvera così. Il
bambino è vita in avvenire e ha bisogno di crescere entro le
relazioni della vita. La nascita richiede che il bambino sia accolto
e portato a maturità con dedizione e cura; chiede affetto, dono di
sé e del proprio tempo.
Il
bambino coinvolge e dona la possibilità di
costruire con lui un futuro diverso.
Il
bambino giace in una mangiatoia. La grotta non è abitazione
fatta dall’uomo, ma non è neppure provvisoria come la casa;
rappresenta il creato. Gesù nasce nel creato ed è posto accanto
agli animali, che allora dividevano gli spazi con l’uomo; la
grotta è luogo di familiarità con tutte le cose create per mezzo
di lui e in lui.
E’
posto in una mangiatoia, segno che la sua vita nutrirà quella di
altri e che farà di loro una comunione di persone; segno
dell’eucaristia, corpo donato e sangue versato per un’alleanza
eterna. L’angelo infatti annuncia che il bambino è il Cristo,
promesso e atteso, e che è il Signore, colui che risorgerà per
vivere nella gloria.
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La seconda lettura
afferma che il natale porta agli uomini la grazia di Dio, che ci
insegna a superare l’empietà e quindi a vivere nella fede e
nell’amore di Dio, nel realizzare la giustizia, cioè il disegno
di Dio, e nell’attesa che si manifesti in noi la gloria del
Risorto. Il natale non è sempre quello: più si conosce il mistero
di Gesù più si conosce il nostro e si partecipa alla gioia del
natale. Non dimentichiamolo.
Il
presepio che i giovani hanno allestito davanti all’altare rende
attuale il segno.
In
tempo di crisi, in cui ci preoccupiamo legittimamente per il lavoro
e i beni della vita, la natività è segno che si può vivere
dignitosamente anche nella sobrietà e nella povertà. Cristo ha
scelto questo stile di vita perché ha trovato pace e gioia nella
dimensione sacramentale e nell’essere salvatore di una moltitudine
di fratelli.
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NATALE
2008 Messa nel giorno
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La
liturgia del natale invita alla gioia e alla lode. La
Messa nel giorno pone il natale in contesti diversi,
presentati dalle letture che ci introducono a celebrarlo.
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Il natale è per la
liberazione e la salvezza.La prima lettura evoca il tempo in cui
Israele era in esilio. Il profeta vede il messaggero di Dio che
annuncia prossima la liberazione, che sarà vista da tutta la terra
e quindi da tutta l’umanità, anche da noi.
Questa
visione profetica presenta il natale come il ritorno di Dio nel suo
popolo, che si era allontanato da lui, per rinnovare su basi nuove
l’alleanza. La nascita del figlio di Dio nella carne ci libera dal
nostro esilio da Dio. Non è vero, forse, che il nostro tempo ci ha
riempito di beni ma ci ha separato da Dio e dai nostri fratelli?
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Il natale è la
rivelazione definitiva di Dio. La lettera agli ebrei, nei primi
sei versetti, ricorda che Dio ha parlato molte volte e in molti modi
attraverso il profeti ma alla fine ha parlato a noi attraverso il
Figlio. La vita del Figlio fatto uomo rivela Dio all’uomo nel modo
migliore possibile. L’incarnazione è la rivelazione più grande
che Dio ha fatto. Dio ha posto il Figlio erede di tutte le cose che
crea, redime e divinizza in lui. E ora Gesù è assiso alla destra
del Padre, perché Dio gli ha dato un nome superiore ad ogni altro
nome: ha dato il nome di figlio suo, che non ha dato neppure agli
angeli, a un uomo. Dio continua a scrivere nella carne di ogni uomo
che crede in Gesù e aderisce a lui il nome di figlio suo. Dopo
molte parole ora tutto viene rivelato nella comunione che Gesù ci
dona di avere con Dio. Ora chi conosce il Figlio conosce il Padre e
conosce il mistero della propria vita.
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Il natale risponde
alla ricerca di senso. Il prologo al vangelo rivela che ciò che
Dio ci dà in Gesù illumina la vita degli uomini e del creato e
rimane per sempre. Quante ideologie e filosofie documentano la
ricerca che gli uomini conducono sul senso della vita. Le filosofie
e la ragione non hanno trovato questo senso. Il natale ci conduce
all’inizio dove è rivelata e contenuta la natura della vita di
tutte le cose. L’uomo non ha parole che spieghino la gioia e il
dolore, la speranza e la disperazione, la vita e la morte. La morte
delle persone care, ad esempio, urta contro l’amore che nutriamo
per loro; il silenzio prende il posto delle parole.
Non
abbiamo parole che dicono il senso della morte e sono capaci di
confortare. Possiamo solo affidarci alla fatalità o alla speranza;
possiamo risalire all’inizio e accogliere quello che è presso Dio
da sempre, chiedere che il senso del vivere ci sia donato ed
aspettare che le promesse di Dio si compiano. La vita del bambino
Gesù viene a dilatare di senso la nostra vita, che riceve luce e
forza dalla sua.
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Il natale comunica la vita. In principio c’è
la Parola, cioè il disegno di Dio.
La
ragione non spiega tutto. La luce degli uomini non è la ragione ma
la vita che è in principio presso Dio e che viene trasmessa
all’umanità e al creato. Le idee non possono comprendere la vita
che fluisce da Dio, e quindi le fanno violenza.
La
grotta di Betlemme contiene la vita che fluisce fino ai confini
dello spazio e del tempo. Non c’era posto migliore per la nascita
di Gesù che una grotta, la casa della creazione, che l’umanità
genuina e fedele di Maria, di Giuseppe e dei pastori, che la
compagnia degli animali e di tutte le creature in cui la sua vita può
fluire. Impariamo a lasciarci portare dal fiume di vita che emana da
Gesù. Come ogni bambino egli non domanda parole sulla vita ma ce ne
offre il senso. Basta che accogliamo e serviamo la sua vita e saremo
liberi dall’esilio da Dio, in cui i beni fanno da padroni e ci
tengono schiavi di una vita senza senso e senza amore.
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SANTA
FAMIGLIA B
2008
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La
Parola di Dio si fece carne in una famiglia. E’ un dato noto ma
incompreso.
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Com’era la famiglia in
cui visse Gesù? Maria era sua madre nella carne ma senza conoscere
uomo: una maternità diversa dalle nostre, con un di più diverso.
Giuseppe
era un padre? Quando ero bambino mi hanno insegnato che era padre
putativo, una parola ostica da capire: figurava come padre ma in
realtà non lo era. Oggi conosciamo la figura del padre adottivo,
che non è padre nella carne ma vero padre nell’amore, che a volte
è più grande e generoso di quello dei padri naturali.
Il
vangelo anche oggi dice che Giuseppe e Maria erano il padre e la
madre di Gesù, padre e madre veri. Abbiamo bisogno di bilanciare le
due figure. Giuseppe non è padre del figlio di un altro; o tutti i
genitori, anche Maria, sono padri o madri di un figlio di un altro.
Con la lettera agli ebrei diciamo che sono padri e madri per fede.
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La santa famiglia è una
famiglia aperta nel senso ampio del termine. La grotta, la casa più
significativa abitata da Gesù, non ha né porta né chiave. I
pastori entrano di diritto inviati dall’angelo del Signore. E
meravigliano, perché sanno cose che i genitori di Gesù non sanno.
Accadrà così anche con
i Magi. Sono i genitori a presentare Gesù o sono i vari ospiti del
bambino a presentarlo ai suoi genitori?
Il
vangelo oggi dice che vanno al tempio e riscattano Gesù con il
sacrificio e Samuele annuncia a Maria il sacrificio di Gesù e suo.
E quando Gesù ha 12 anni i suoi genitori lo perdono nel tempio.
Maria esprime l’angoscia che provano: figlio perché ci hai
fatto questo? Gesù non riconosce loro il diritto ad
angosciarsi: perché mi cercavate? Non sapevate che io devo
occuparmi delle cose del padre mio?
I
genitori non compresero. Gli eventi ricordano sempre che apparteneva
a un altro.
Abbiamo
interpretato le nozze di Cana come il segno dell’influenza di
Maria su Gesù e in realtà sono segno che Gesù fa il suo cammino
indipendente da Maria. Cambiando l’acqua in vino compie il
prodigio primo cioè inaugurale: i discepoli credono che è lo sposo
di un banchetto in cui il vino/la festa
sarà bella ed eterna.
Da
ultimo c’è la croce: prima di morire Gesù dice alla madre:
Donna, non sono più io tuo figlio, tuo figlio è Giovanni e quelli
di cui egli è simbolo. E Maria tace.
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Oggi le due prime letture
sono incentrare su Abramo. E’ la figura di riferimento di
quest’anno pastorale, in cui riscopriamo l’iniziazione
cristiana. Una famiglia e una comunità sono iniziate per fede, in
un cammino faticoso e lungo. Abramo uscì, senza sapere dove andava,
verso un luogo che stava per ricevere in eredità; egli aveva
desiderato a lungo un figlio e lo riceve oltre i limiti del tempo e
per offrirlo, quando Isacco era un giovane, a colui che glielo aveva
donato, riconoscendo che era del Signore. Sara riceve forza per
generare oltre il tempo dell’età, perché ritiene fedele colui
che glielo aveva promesso. Abramo pensava che Dio è capace di
risuscitare anche i morti. La fede nella risurrezione sostiene il
suo cammino quotidiano e Isacco, il figlio sacrificato, diventa
simbolo del Risorto.
Una
fede grande, la loro, imparata nell’obbedienza, come accadrà a
Gesù.
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La pastorale familiare è
molto difficile: la nostra comunità 23 anni fa è partita dalla
famiglia con entusiasmo ma sono rimaste poche tracce del cammino
fatto. In realtà siamo facilmente sensibili al lato umano della
famiglia ma solo le prove che superiamo fanno capire che la famiglia
è se stessa se è funzionale alla famiglia di Dio, che godiamo per
fede. La famiglia e la comunità cristiana non vivono per se stesse
ma per fede, e si compiono nella famiglia vera, quella del Padre dei
cieli.
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MARIA
MADRE DI GESU’ 2009
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La
prima lettura riporta la benedizione che i sacerdoti davano al
popolo nell’AT.
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Il Signore dica bene
di te. Dio desidera dire il bene al popolo e nel dirlo lo
compie.
La
benedizione esprime dunque la protezione attiva di Dio sul suo
popolo.
Il
Signore mostra il suo volto pieno di luce e questo illumina e
rallegra ogni vita.
Il
volto di Dio esprime soprattutto pace, che è il frutto maturo del
suo amore.
La
benedizione di Dio esprime la sua benevolenza verso le creature e il
suo desiderio che siano belle e buone e che esprimano la luce della
vita.
Un
anno sarebbe davvero nuovo se avesse, oltre che la benedizione di
Dio, anche il nostro dir bene di tutti, soprattutto di coloro con
cui condividiamo la vita.
Nella
tre giorni che abbiamo trascorso con i giovani in montagna abbiamo
visto quanto è prezioso il dire bene di loro, un dire che sia anche
fare il loro bene, assicurare loro protezione, garantendo gli spazi
di cui hanno bisogno per crescere.
Il
dir bene e il comunicare cose positive è importante nella vita di
tutte le persone.
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La seconda lettura dice
ciò che avviene, quando il tempo è pronto a accogliere Dio.
Paolo
si riferisce alla nascita di Gesù. Come si compie il suo nascere
nella storia? Gesù è il figlio di Dio nato da donna per essere
riscattato dalla nascita nella carne e nascere dall’alto e dallo
Spirito santo. Gesù si è umiliato facendosi piccolo tra i piccoli,
per essere esaltato e prendere un nome che è al di sopra di ogni
altro nome.
Gesù
è nato sotto la legge e è cresciuto con essa nell’obbedienza a
Dio, ma per avere l’adozione a figlio di Dio nella sua carne
glorificata. La legge esprimeva la parola di Dio a un popolo di
testa dura nel comprendere e percorrere le vie di Dio.
Con
la nascita di Gesù inizia l’economia dell’amore in cui il
popolo è reso capace di amare come ama Gesù, di conoscere Gesù,
di aderirvi e di vivere come lui. Questo riscatto dalla natura umana
e dalla legge viene compiuto da Gesù e reso possibile ai suoi
discepoli. Per molti cristiani Gesù e Maria non sono nati per
divenire ma restano quello che erano nella vita umana. La nascita
umana invece è investimento per raggiungere un’altra vita: Gesù
nasce uomo perché l’uomo nasca Dio, Maria partorisce un uomo ed
è partorita da lui nella vita divina.
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Il vangelo propone la
risposta dei pastori all’annuncio della nascita di Gesù.
Passati
otto giorni dalla nascita, Gesù viene circonciso nella sua carne,
per divenire parte del popolo di Dio, che vuole vivere
l’esperienza di Abramo, padre nella fede, e ricevere il proprio
nome, la missione che è chiamato o svolgere per il popolo.
L’esperienza
dei pastori delinea questi percorsi della spiritualità cristiana:
-
la chiamata: si fa parte del popolo di Dio perché si è
chiamati di persona da lui.
-
la disponibilità, a dedicarsi a costruire il regno con Dio
secondo la chiamata.
-
il ritrovarsi come parte di un progetto incentrato su Gesù e
la sua missione.
-
il far parte a tutti del proprio carisma, condividere la
propria percezione di Gesù.
-
lo stupirsi di quello che comunicano coloro che sono parte
della missione.
-
il conservare le cose meditandole nel cuore, cioè tenendole
sempre calde e vive.
-
il glorificare e lodare Dio perché l’annuncio si è
verificato in chi lo ha sposato.
Maria
ha condiviso con Gesù e la Chiesa nascente questi percorsi di
spiritualità.
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Oggi celebriamo Maria
madre di Gesù: è il suo titolo più grande e purtroppo si perde
entro le tradizioni di festa per l’anno nuovo. Essere devoti di
Maria significa condividere la sua spiritualità, investire la vita
umana per raggiungere la vita divina; dire il bene di Dio e di tutti
e fare il bene che diciamo di Dio e dei fratelli.
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NATALE
2 B
2009
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All’inizio
dell’era cristiana la memoria del natale, della visita dei magi e
della rivelazione che Gesù era figlio di Dio, rivelazione avvenuta
nel battesimo ricevuto da Giovanni al Giordano, venivano celebrate
in un’unica festa, il 6 gennaio.
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La chiesa cristiana
dell’oriente continua ancora a celebrare queste memorie in
un’unica festa, il 6 gennaio. Nella chiesa cristiana
dell’occidente il papa Liberto nel 354 fissò la memoria del
natale al 25 dicembre e la memoria dell’epifania al 6 gennaio. La
memoria del battesimo fu collocata alla fine del tempo natalizio.
Ancora
oggi nella chiesa d’occidente si conserva un qualche legame tra le
tre feste.
Nel
giorno dell’epifania l’antifona al Benedetto dice così: Oggi
la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a
Cristo, suo sposo, accorrono i magi con doni alle nozze regali e
l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia.
E
l’antifona al Magnificat dice: Tre prodigi celebriamo in questo
giorno: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua
è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da
Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia.
Queste
antifone non accennano alla nascita di Gesù nella carne e la
sostituiscono con la memoria delle nozze di Cana. La celebrazione
degli eventi della salvezza non è legata a una data dell’anno
civile ma al ruolo che ha vari nei vari riti cristiani.
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La seconda domenica di
natale la celebriamo quando l’epifania non cade domenica.
E’ una ulteriore riflessione sul mistero di Cristo. Il
vangelo è quello che abbiamo letto nella messa nel giorno di
natale. La liturgia lo accosta a un brano del libro di Siracide in
cui parla la sapienza divina. Insieme rivelano il cammino che Dio fa
verso l’umanità per compiere il disegno creativo. Il nostro Dio
non è conservatore ma, come rivela Gesù, opera sempre. Poiché
opera in collaborazione con l’uomo, lo porta a realizzare con lui
il suo progetto divino, rispettando la libertà umana.
Siracide
rivela che il creatore creò la Sapienza “in principio” e per
l’eternità.
Essa,
uscita dalla bocca di Dio, sedeva sulle nubi e copriva come nube la
terra.
Il
prologo rivela che la Parola, detta da Dio, era “in principio” e
abitava presso di lui ed era Dio e che per mezzo di lui è stato
fatto tutto ciò che esiste.
Siracide
rivela che il creatore disse alla sapienza: Fissa la tenda in
Giacobbe e prendi in eredità Israele. La sapienza, che
officiava nella tenda santa davanti a Dio, si è stabilita in Sion,
in Gerusalemme, città amata, ed ha posto le sue radici in mezzo a
un popolo glorioso, porzione del Signore, sua eredità.
Il
prologo rivela chela Parola era la luce vera, quella che illumina
ogni uomo.
Quanti
lo hanno accolto sono stati generati da Dio e sono suo popolo di
illuminati.
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La seconda lettura
contiene i versetti iniziali della lettera agli Efesini.
Annuncia
che il Cristo è vangelo e primizia di ciò che Dio vuole operare.
Tutto
ciò che Dio compie nell’uomo e nel mondo avviene attraverso
Cristo.
Dio
in Cristo ci ha benedetti, scelti, predestinati, colmati di grazia,
redenti, fatti eredi. Gesù è dunque il punto di incontro decisivo
tra l’iniziativa generosa di
Dio e il bisogno di salvezza dell’universo. Il natale è vangelo
della redenzione universale.
L’epifania
farà memoria del cammino fatto dei magi dall’oriente fino a
Betlemme per riconoscere Gesù, in nato re. La grotta è punto di
incontro del cammino di Dio verso l’uomo e dell’umanità tutta
verso Dio. E’ segno dei cieli e terra nuovi, in cui Dio restaurerà
ogni cosa in Cristo, suo figlio unigenito. Noi siamo chiamati ad
andare alla grotta e riconoscere Cristo come sacerdote
dell’universo e salvatore.
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EPIFANIA
2009
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La
pagina del vangelo che abbiamo udito affascina bambini e adulti; ha
il sapore di una fiaba eppure suscita interrogativi profondi. I magi
e i pastori vengono da sponde opposte. I pastori appartengono al
popolo eletto, e sono la parte meno sapiente o stimata, che vive ai
margini del cammino culturale e religioso di Israele.
Conoscono
la nascita di Gesù perché Dio lo rivela loro per mezzo di un
angelo.
I
magi vengono dall’oriente; sono sapienti e ricchi, interessati da
una stella comparsa nel cielo e appassionati a ricercare un bimbo
tra i bimbi, il re del creato.
I
pastori sono poveri e piccoli, le persone che Dio predilige, e
vengono senza doni, vedono, riferiscono e ritornano ai pascoli
lodando Dio; i magi sono sapienti e apprezzati e adorano il bambino,
aprono i loro scrigni e offrono in dono beni preziosi, oro- incenso-
mirra, e ritornano al
loro paese senza ripassare da Erode.
ü
Primo interrogativo: come
discernere/ giudicare povertà e ricchezza?
Gesù
insegna che è più facile che un cammello passi per la cruna di un
ago che un ricco entri nel regno di Dio, ma riconosce che per Dio
tutte le cose sono possibili. Ci sono ricchi che, conosciuto Gesù,
aprono i loro scrigni e offrono in dono i loro beni preziosi. Dio
accoglie i ricchi che cercano Gesù disposti a dargli i loro beni.
Impariamo le sfumature della carità: quando doniamo al povero
doniamo a Dio.
Quando
un uomo cerca di Dio, disposto a sfidare il mondo per adorarlo,
significa che i beni non riempiono la sua vita e che si svuota per
ricevere i beni di Dio.
Per
ricchi così c’è posto accanto al bambino: essi sono santificati
nella ricchezza.
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Secondo interrogativo: come
discernere/ giudicare sapienza e ignoranza?
Gesù
insegna che Dio nasconde le sue cose a sapienti e intelligenti e le
rivela ai piccoli. Ma ci sono sapienti che non credono stolto
seguire una stella capricciosa né adorare il bambino, mentre la
gente normale giudica che queste siano cose stolte.
Dio
premia la loro ricerca e la loro disponibilità rivelando loro le
sue cose nascoste.
Per
sapienti così c’è posto accanto al bambino. Sono santificati
nella sapienza.
Poveri
e ricchi sono in realtà sullo stesso piano, come pubblicani e
prostitute sono sullo stesso piano di coloro che non lo sono.
Nessuno conosce le cose di Dio.
La
differenza sta nell’essere aperti o chiusi al futuro che Dio vuole
costruire in Cristo, appassionati o indifferenti a conoscere il
mistero dei cieli e terra nuovi.
Dio
rivela le cose divine a chi cerca oltre la ricchezza e la povertà
umane, oltre la sapienza o l’ignoranza umane.Chi lavora con
impegno e chi ricerca con dedizione, chi amministrando la mammona si
fa amici che lo salvino davanti a Dio, chi mette a frutto i talenti
ricevuti, chi è spinto dalla passione per le cose di Dio, quando
Dio gli rivelerà le sue cose, è allenato a servire Dio con più
passione e dedizione del povero o ignorante che non hanno cercato di
sollevarsi dalla loro sorte umana.
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Terzo interrogativo: come
discernere le cose di Dio entro le cose umane?
Nei
magi la sapienza conduce all’uso retto e solidale della ricchezza.
La
sapienza cristiana porta a rischiare nella ricerca e a scomporre la
vita nel donare, a cercare Gesù come riferimento e vivere la vita
non come dimora ma come esodo. L’epifania ci invita a cambiare il
nostro stile di vita. La ricchezza e la cultura non bastano a se
stesse e non possono essere il criterio ultimo delle nostre scelte.
Dobbiamo aprirci al dono riconoscendo che il bambino divino è in
colui che ha una dignità anche se non raggiunge standard di vita
apprezzati, che l’uomo non dipende dal suo reddito e dalla sua
cultura ma dalle cose divine che Dio gli dona in Cristo.
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